Ecco cosa provoco' la strage dell'Influenza Spagnola

22/05/2021 - Iniziamo con l'intervista ad una testimone oculare dell’epidemia del 1918.
I medici e tutte quelle persone che vissero l’epidemia d’influenza chiamata Spagnola sono concordi nel affermare che è stata la malattia più terribile che il mondo abbia mai visto. Anche uomini forti e in ottima salute potevano morire nell’intervallo di un giorno.”

Quali caratteristiche aveva la malattia?

Aveva le caratteristiche della peste nera, con l’aggiunta di tifo, polmonite, vaiolo e di quelle malattie contro le quali la gente era stata vaccinata alla fine della prima Guerra Mondiale.

Qual è la sua teoria sulla pandemia?

L’intera popolazione era stata inseminata con sieri tossici contenenti una dozzina o più di malattie. Quando iniziarono a manifestarsi tutte assieme, il risultato fu tragico.

La pandemia si trascinò per due anni, mantenuta viva dall’aggiunta di altri farmaci velenosi dispensati dai medici nel vano tentativo di sopprimere i sintomi.

La mia personale osservazione è che la pandemia colpì solo le persone vaccinate. Quelli che rifiutarono le vaccinazioni non si ammalarono.

La mia famiglia aveva rifiutato le vaccinazioni e restammo sempre in buona salute. Sapevamo, dagli insegnamenti di Graham, Trail, Tilden e altri che non si può contaminare il corpo con veleni senza causare una malattia.

Com’era vissuta la Spagnola dalla popolazione?

Quando l’influenza era al suo picco, tutti i negozi erano chiusi, come le scuole, gli uffici e le fabbriche. Anche l’ospedale era chiuso, dato che i medici e le infermiere che erano stati vaccinati furono colpiti dalla malattia. Era come vivere in una città fantasma.
Dato che non avevamo preso il vaccino, sembravamo essere l’unica famiglia nel vicinato a non avere l’influenza.
I miei genitori andavano di casa in casa facendo il possibile per aiutare gli ammalati, poiché era impossibile ottenere le cure di un medico.Se germi, batteri, virus o bacilli fossero stati la causa della malattia, questi avrebbero avuto tante opportunità d’attaccare i miei genitori, quando passavano molte ore nelle stanze degli ammalati.
Ma non presero l’influenza e non portarono nessun germe a casa ad attaccare noi bambini. Nessuno della famiglia contrasse l’influenza, neanche uno starnuto, benché mi ricordo che quell’inverno la neve era alta in giardino.
“Si è detto che l’epidemia uccise 50 milioni di persone in tutto il mondo. In realtà sono stati i medici a ucciderle, con i loro trattamenti crudi e mortali. Questa è un’accusa dura ma vera, a giudicare dal successo che ebbero invece quei medici che trattarono i malati senza usare alcun farmaco.”
Qual è la sua ipotesi sul lavoro svolto dai medici per arrestare la pandemia?
Mentre i medici ortodossi e gli ospedali stavano perdendo il 33% dei ricoverati, altri ospedali che seguivano terapie naturali, come Battle Creek, Kellogg e Macfadden stavano ottenendo quasi il 100% di guarigioni, usando terapie come la cura delle acque, il lavaggio del colon e diete che usavano cibi naturali. Un medico non perse un solo paziente in otto anni.
“La malattia colpiva sette volte di più i soldati vaccinati che i civili non vaccinati, e le malattie dalle quali morivano erano quelle per le quali erano stati vaccinati! Un soldato che era ritornato dalla guerra mi disse che gli ospedali militari erano pieni di casi di paralisi infantile e mi chiese come fosse possibile che adulti possano contrarre una malattia che dovrebbe colpire solo i bambini. Ora sappiamo che la paralisi è una conseguenza comune di avvelenamento da vaccino. Tra i civili non ci furono casi di paralisi infantile se non dopo la campagna di vaccinazione del 1918.” .

Approfondimenti

Pubblicato sul quotidiano Irish Examiner l’8 maggio 2003, autore Patrick J Carroll.
RYLE DWYER scrive sull’orrore della pandemia del 1918-20 che la propaganda afferma essere stata causata dalla Influenza Spagnola (Irish Examiner, 1 Maggio).
Come potevano sapere che era stato il virus dell’influenza spagnola a uccidere milioni di civili e di soldati? Il disastro si è verificato quando i virus erano sconosciuti alla scienza medica. Ci volle un team scientifico britannico per identificare il primo virus nell’uomo nel 1933.
Per quanto riguarda l’origine dell’epidemia, egli riferisce che un alto ufficiale dell’esercito americano suggerì che i tedeschi avrebbero potuto essere i responsabili del (rilascio del) microbo come parte del loro sforzo bellico, diffondendolo nei teatri o nei posti in cui si assemblava un gran numero di persone. Lo hanno anche diffuso tra la propria gente, uccidendo 400.000 persone come viene riportato?
Ryle vorrebbe farci credere che tutti quei soldati americani che non sono morti a causa dei combattimenti potrebbero essere morti di influenza spagnola.
Ma i registri dell’esercito statunitense mostrano che sette uomini sono morti dopo essere stati vaccinati.
Un rapporto del Ministro della guerra statunitense Henry L Stimson, non solo ha verificato questi decessi, ma ha anche affermato che ci sono stati 63 decessi e 28.585 casi di epatite come risultato diretto della vaccinazione contro la febbre gialla avvenuti nel corso di solo sei mesi di guerra. Quello era solo uno dei 14-25 vaccini dati alle reclute.
I registri dell’esercito rivelano inoltre che dopo che la vaccinazione divenne obbligatoria nell’esercito statunitense nel 1911, non solo il tifo aumentò rapidamente, ma tutte le altre malattie per le quali si vaccinava aumentarono a un ritmo allarmante. Dopo che l’America entrò in guerra nel 1917, il tasso di mortalità per vaccinazione contro il tifo salì al punto più alto nella storia dell’esercito USA.
Le morti si sono verificate dopo che i vaccini erano stati somministrati negli ospedali sanitari americani e in campi militari ben supervisionati in Francia, dove i servizi igienico-sanitari erano stati praticati per anni.
Il rapporto del chirurgo generale dell’esercito americano mostra che nel corso del 1917 furono ricoverati negli ospedali dell’esercito 19.608 uomini che soffrivano di inoculazione e vaccino anti-tifoide. Ciò non tiene conto delle persone le cui malattie da vaccino sono state attribuite ad altre cause.
I medici dell’esercito sapevano che tutti questi casi di malattia e morte erano dovuti alla vaccinazione ed erano abbastanza onesti da ammetterlo nei loro referti medici. Quando i medici dell’esercito hanno cercato di minimizzare i sintomi del tifo con un vaccino più forte, questo ha causato una forma peggiore di paratifo tifoide.
Ma quando hanno messo a punto un vaccino ancora più forte per sopprimere quest’ultima malattia, hanno creato una malattia ancora peggiore (che fu denominata) Influenza Spagnola.
Dopo la guerra, questo era uno dei vaccini usati per proteggere un mondo colpito dal panico, dai soldati che ritornavano dal fronte della Prima Guerra Mondiale infettati da malattie pericolose.
Il resto è storia.

La prima vaccinazione obbligatoria dei soldati?
In merito all’affermazione «questa fu la prima guerra nella quale tutti i vaccini allora noti furono somministrati obbligatoriamente a tutti i militari» non risulta affatto esatta. Le prime vaccinazioni di massa nell’esercito americano vennero fatte più di un secolo prima, nel 1777, e successivamente vennero fatte diverse campagne di immunizzazione durante i conflitti nel 1800: Secondo quanto riportato in un paper del 2006 della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health dal titolo “Immunization to Protect the US Armed Forces: Heritage, Current Practice, and Prospects” leggiamo che durante la prima guerra mondiale i soldati americani vennero vaccinati contro diverse malattie come il tifo, e allora si registrarono 2000 casi di febbre tifoide e 227 morti su circa 4 milioni di soldati….All’epoca il problema non fu una malattia come il vaiolo, il tifo o altra per le quali c’erano dei vaccini. Il problema era una malattia respiratoria che prese il nome di influenza e per la quale venne fatto un vaccino quasi vent’anni dopo la fine del primo conflitto mondiale. gnola e per la quale venne fatto un vaccino quasi vent’anni dopo la fine del primo conflitto mondiale. orti su circa 4 milioni di soldati.
Il vaccino di Pfeiffer
All’epoca non si era possibile usufruire della tecnologia di cui disponiamo oggi, tanto che inizialmente ci fu talmente tanta confusione e incertezza da far pensare che la causa della malattia fosse di origine batterica. Per questo motivo vennero riposte molte speranze sul vaccino sviluppato dal bacillo di Pfeiffer, ma risultava inutile contro l’influenza Spagnola visto che questa era dovuta a un virus. A quanto pare tutto nasceva dal fatto che numerosi casi contraevano anche l’infezione batterica e la comunità scientifica dell’epoca considerò la possibilità che alla base dell’influenza Spagnola ci fossero gli esperimenti di Richard Pfeiffer, il quale inoculò il batterio in alcuni pazienti che avevano avuto l’influenza stagionale.
DUE DOCUMENTI INTERESSANTI DA CONSIDERARE
1. UN PO’ DI STORIA
Gli estratti in seguito in originale qui https://www.infezmed.it/media/journal/Vol_15_4_2007_8.pdf
Il problema dell’origine della pandemia del 1918 è stato lungamente dibattuto sul piano scientifico e i pareri sono molto discordi. Non è chiara l’entità della prima ondata epidemica, che iniziò nel marzo, come non si è chiarito definitivamente se il ceppo virale primaverile avesse una qualche relazione con il virus che si scatenò nella tarda estate e, con effetti drammatici, in autunno e durante l’inverno del 1919. All’inizio dell’epidemia, durante la fase primaverile, le autorità sanitarie non imponevano la denuncia dei casi di influenza, come fu in seguito stabilito a partire dagli Stati Uniti quando scoppiò la seconda ondata, pertanto le informazioni sugli inizi delle diverse subepidemie sono scarse e frammentarie. Già nel marzo, negli Stati Uniti, alla Ford Motor Company più di mille operai contrassero l’influenza, ma la mortalità non fu degna di rilievo. In aprile e maggio, nel carcere di San Quintino 500 su 1.900 detenuti si ammalarono e, sempre nei primi giorni di marzo, l’influenza arrivò nel Kansas, a Camp Funston, una base di addestramento che ospitava 20.000 reclute. Nello stesso mese di aprile l’influenza colpì oltre una dozzina di altre basi militari. Ad aprile l’epidemia fu segnalata in Francia, con il contagio delle truppe franco-britanniche e della popolazione civile; in giugno furono invase l’Inghilterra e l’Italia, ma contemporaneamente erano colpite, in oriente, Cina e Giappone.
Questa prima ondata ad alta morbilità costrinse decine di miglia di militari al letto e ne condizionò l’operatività. Nel frattempo, anche le truppe austro-tedesche venivano contagiate, tanto da bloccare gli sforzi bellici messi in atto per concludere vittoriosamente la guerra.
Lo stesso generale Erich von Ludendorff, capo dell’esercito tedesco, si spinse in seguito ad affermare che l’influenza aveva contribuito a fiaccare l’offensiva bellica che gli Imperi Centrali avevano scatenato nel mese di luglio, con il fine dichiarato di vincere la guerra. Interessante è il rilievo dell’incidenza, tra i soldati austriaci e della mortalità che fu quasi tripla rispetto ai soldati italiani, questa differenza fu attribuita principalmente al fatto che i militari dell’Impero Austro-Ungarico erano impegnati su diversi fronti quindi esposti a più fonti di contagio. Un altro aspetto da sottolineare è che la dieta alimentare degli austriaci era a base di carne, mentre quella degli italiani era più vitaminica, basata prevalentemente su verdura e frutta, rendendo pertanto l’organismo maggiormente in grado di contrastare la virosi.
Quando ad agosto si manifestò la seconda ondata, alla caratteristica dell’alta contagiosità si aggiunse la natura letale della sindrome. Da un punto di vista demografico, studi effettuati in seguito dimostrarono già in quel mese tassi di mortalità insolitamente alti tra i giovani adulti nel sub-continente indiano, nel Sud-Est asiatico, in Giappone, in Cina, in gran parte dei Carabi, in ampie zone del Sud America e dell’America centrale.
Negli Stati Uniti, la seconda ondata raggiunse Boston il 28 agosto, quando una nave militare che trasportava truppe, attraccò al Commonwealth Pier. Quel giorno 8 marinai si ammalarono, il giorno seguente 58, e il 31 agosto erano 81. Il 7 settembre i militari colpiti salivano a 119, ma si registrò anche il primo malato tra i civili [1]. Il giorno successivo si contarono i primi tre decessi: un marinaio militare, uno civile e un cittadino di Boston. Proprio in quei giorni l’epidemia toccò Fort Devens, base militare a 50 km da Boston, o ve erano stanziati 50.000 uomini e lì, per la prima volta, si percepì che questa influenza aveva caratteristiche oltre modo speciali
In quei giorni, un medico della base di Fort Devens scrisse una lettera; questo scritto, ritrovato sessanta anni dopo, a Detroit, in un baule, è stato pubblicato sul British Medical Journal. In questa testimonianza viene descritto il quadro clinico drammatico con cui si presentava la sindrome influenzale. La malattia esordiva come una comune influenza, ma quando il paziente entrava in ospedale immediatamente peggiorava a causa di una polmonite acuta, compariva la cianosi, in poco tempo si manifestava dispnea acuta e l’exitus sopraggiungeva per soffocamento. Il medico scrisse che già dagli esordi si contavano 8 decessi al giorno, ma la cifra tendeva ad aumentare. Sappiamo che il 20% dei malati contraeva l’influenza in forma leggera, gli ammalati si ammassavano negli ospedali militari e l’organizzazione sanitaria scricchiolava sotto la pressione dell’epidemia tanto che si era costretti a organizzare ospedali da campo per accogliere i malati. Nei pazienti più gravi l’insufficienza respiratoria si manifestava acutamente perché i polmoni venivano invasi dall’essudato, compariva febbre altissima, il malato peggiorava, in preda al delirio perdeva conoscenza e moriva in pochi giorni o in poche ore
Altri pazienti accusavano i comuni sintomi influenzali: brividi, febbre e mialgie, però in quarta o quinta giornata i polmoni venivano colpiti da una polmonite batterica che portava al decesso o, nei casi più favorevoli, esitava in una lunga convalescenza.
Scorrendo i necrologi pubblicati sui giornali di quei giorni di settembre del 1918, emerge il numero impressionante di testimonianze di giovani scomparsi “nel rigoglio della giovinezza” e “per un fatale e improvviso morbo” e di donne appartenenti, in genere, alla borghesia italiana. Si era sgomenti perché quella malattia, che in pochi giorni cancellava la vita, colpiva prevalentemente giovani in buona salute lasciando stare vecchi e malati.
IL RUOLO DEI VACCINI?
La pandemia influenzale spagnola del 1918-19 e lo sviluppo del vaccino
Quando si scrive della pandemia di influenza spagnola del 1918-19, di solito si inizia con lo sconcertante numero di morti a livello mondiale, l’enorme numero di persone infettate dal virus pandemico e l’incapacità del campo medico di fare qualcosa per aiutare gli infettati. E mentre questi aspetti sono stati il carattere distintivo di questo episodio devastante, i ricercatori e gli operatori sanitari negli Stati Uniti e in Europa hanno ideato fiduciosamente i vaccini e hanno immunizzato centinaia di migliaia di persone in quello che è stato un esperimento medico su vasta scala. Quali sono stati i vaccini che hanno ideato? Hanno fatto qualcosa per proteggere i vaccini immunizzati e fermare la diffusione della malattia?
All’epoca erano disponibili alcuni vaccini per prevenire altre malattie – il vaccino contro il vaiolo era stato usato, ovviamente, per più di 100 anni; Louis Pasteur aveva sviluppato un vaccino contro la rabbia per la profilassi post-esposizione dopo l’incontro con un animale rabbioso; erano stati sviluppati vaccini contro la febbre tifoide. L’antitossina antidifterica – un farmaco ricavato dal sangue di animali precedentemente contagiati – era stata usata per il trattamento sin dalla fine del 1800; era stata usata una forma precoce di vaccino antidifterico; ed erano stati sviluppati vaccini sperimentali per il colera. Almroth Wright aveva testato un vaccino pneumococcico a cellule intere nei cercatori d’oro sudafricani nel 1911. I produttori avevano sviluppato e venduto vari vaccini di dubbia utilità.
FONTE ORIGINALE delle citazionihttps://www.historyofvaccines.org/content/blog/vaccine-development-spanish-flu
Molti vaccini furono sviluppati e utilizzati durante la pandemia del 1918-1919. La letteratura medica era piena di affermazioni contraddittorie sul loro successo; apparentemente non c’era un consenso su come giudicare i risultati di queste sperimentazioni di vaccini….I produttori di farmaci hanno promosso in modo aggressivo i vaccini che avevano per raffreddori e influenza di cui avevano scorte. Questi vaccini avevano una composizione non divulgata.
Man mano che l’ansia e la domanda del pubblico aumentavano…ieri come oggi.

2. L’USO DEI VACCINI INTORNO AL 1918

Traduzione di Corrado Penna
Riporto qui la traduzione di alcuni stralci significativi dell’articolo The State of Science, Microbiology, and Vaccines Circa 1918 pubblicato su Public Health Reports, autore John M Eyler https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2862332/. Come si legge nell’articolo, ai tempi dell’influenza spagnola si pensava all’influenza come ad una malattia batterica anche se il microrganismo che avrebbe isolato lo scopritore ( bacillo di Pfeiffer) inoculato nelle cavie non aveva prodotto la malattia. Per altro le manifestazioni cliniche di ciò che veniva definito “influenza” apparivano molto differenti a seconda dell’età, e già si iniziavano a scoprire delle differenze che facevano pensare a delle patologie para-influenzali, ma in assenza della precisa identificazione dei vari agenti patogeni responsabili delle varie forme patologiche c’era ancora una notevole confusione. Solo in seguito apparvero prove che il bacillo incriminato si trovava solo nel in una piccola percentuale dei malati di influenza, ma nel frattempo i rapporti sui vaccini “contro l’influenza” preparati in realtà come vaccini contro il bacillo di Pfeiffer e anche contro altri batteri furono generalmente positivi 1.
Alcune somiglianze tra allora e oggi sono sconcertanti. Fortunatamente, la mortalità di COVID19 non è paragonabile, e possiamo solo sperare che questo non cambi. Infettare 7 miliardi di persone con un misterioso vaccino di nuova generazione promette cattive notizie.
Questo stupro collettivo non deve avvenire.

Quindi, tra gli anniversari celebrati nel 2018, ce ne è stato uno particolarmente significativo: i cento anni dell’epidemia detta “Spagnola”. Una delle più grandi catastrofi sanitarie di tutti i tempi, in grado di far impallidire il ricordo della peste del '300, del vaiolo, e di qualunque altra pandemia del passato. Periodicamente, quando fanno la loro comparsa nuovi virus come Ebola o Sars oppure si paventa l’arrivo di qualche nuova forma virale, viene evocato un nome che ai più non dice molto: l’influenza Spagnola, o più semplicemente “la Spagnola”.
È il buco nero nella storia della medicina moderna, un assassino di massa mai consegnato alla giustizia. L'influenza Spagnola che tra l'ottobre 1918 e i primi mesi dell'anno successivo colpì un quinto della popolazione mondiale, lasciandosi alle spalle una spaventosa, immane scia di morti - settanta milioni - resta ancora oggi un mistero, oltre che un incubo sempre latente.
La Spagnola apparve improvvisamente agli inizi del 1918 senza destare particolari allarmi, si attenuò durante l’estate per ricomparire con tutta la sua virulenza nell’autunno dello stesso anno, per poi scomparire rapidamente e definitivamente al termine dell’inverno successivo. Nell’arco di quei soli sei mesi a cavallo tra il 1918 – 19 uccise più esseri umani di qualsiasi altra malattia nella storia. Le vittime furono in gran parte giovani e giovanissimi, al di sotto dei 35 anni, e ciò rappresenta un primo dato anomalo, dal momento che solitamente le persone colpite in modo più grave dai virus influenzali sono quelle anziane.
La pandemia non conobbe limiti geografici e climatici: iI 90% della popolazione eschimese fu distrutta, negli Usa si contarono almeno 500.000 morti, perdite superiori a quelle registrate sommando due guerre mondiali, quella in Corea e in Vietnam. In Oriente, specialmente in India, l’ecatombe fu pressoché incalcolabile. Esordiva con febbre elevata, dolori muscolari e spossatezza. Nel volgere di pochi giorni, tuttavia la febbre subiva un ulteriore innalzamento, i tessuti degeneravano, comparivano muco e sangue nei polmoni, portando rapidamente a morte anche uomini e donne in perfette condizioni fisiche.
Perché venne chiamata “Spagnola”?semplicemente perchè la Spagna, che non era coinvolta nella guerra e nei relativi condizionamenti propagandistici, fu l’unica nazione a non occultare quello che stava avvenendo: i suoi giornali, nella primavera del 1918, diedero apertamente notizia di una strana forma di malattia epidemica comparsa a Madrid e poi progressivamente diffusa in tutta la penisola iberica. In realtà da dove venisse e da dove fosse originata, non si è mai venuti a sapere.
Alcuni ipotizzano che la fonte del virus fosse negli Stati Uniti, portato in Europa dalle truppe statunitensi che a partire dall’aprile 1917 confluirono in Francia a seguito dell’entrata nel conflitto degli Usa. Un’ipotesi suffragata dagli studi fatti a partire dalle biopsie di alcuni militari americani deceduti per l’influenza. Anche i dati epidemiologici relativi alla diffusione della malattia tra le forze armate sono significativi: nel 1918 si ammalarono il 40% degli effettivi della Marina americana e il 36% di quelli dell'esercito. Le forze in campo furono sconvolte perché i militari divennero il bersaglio preferito del virus, per il sovraffollamento delle caserme e delle trincee e le relative precarie condizioni igieniche.
Di fronte all’aggressione virale, gli uomini progrediti del XX secolo si trovarono disarmati quanto i loro antenati dell’antichità. L’unica differenza è che ci si rese conto che il responsabile di questa apocalisse era un virus, senza tuttavia poterlo individuare né combatterlo. Il virus apparso in quel fatidico 1918 si rivelò un killer spietato, arrivando ad incidere profondamente anche negli esiti stessi della Grande Guerra. Sicuramente decise le sorti del conflitto italo-austriaco: pur uccidendo infatti moltissimi soldati italiani, la Spagnola colpì maggiormente l’Austria-Ungheria, facendo circa due milioni di morti. La cifra ufficiale dei morti italiani fu di 375.000, che tuttavia è un dato quasi certamente sottostimato e falsato dalle preoccupazioni di propaganda bellica, morti passati sotto un imbarazzante silenzio per l'azione specifica del governo italiano che, come altri stati belligeranti, non voleva che il morale delle popolazioni scendesse ulteriormente.
In ogni caso tra i soldati austriaci l’incidenza della mortalità fu quasi tripla rispetto ai soldati italiani. Ciò probabilmente perché i soldati dell’Impero austro-ungarico erano impegnati su più fronti e quindi esposti a più fonti di contagio. Anche e soprattutto per questo fu impossibile all’Austria, dopo il trionfo di Caporetto e l’inarrestabile avanzata fino al Piave, sferrare il colpo finale che le avrebbe dato la vittoria e cambiato le sorti d’Europa.
Nel maggio 1918 l’epidemia era ormai diffusissima e incontrollabile. A fine settembre la Spagnola si diffuse in modo inarrestabile ed iniziò l’ecatombe: lo spostamento di molte popolazioni, la fame e la miseria, i militari in licenza ed il ritorno dei feriti diffusero il virus in tutta Europa e negli Stati Uniti con violenza estrema. Ai primi di novembre la guerra mondiale finì, ma la Spagnola raggiunse la fase più acuta. Al termine del gennaio 1919, improvvisa e misteriosa come era arrivata, la pandemia scomparve.
Da 100 anni la Medicina si interroga su questo virus misterioso, di cui non si è mai riusciti a mappare il genoma, e perciò allo stato attuale delle conoscenze scientifiche si possono formulare soltanto ipotesi. Gli scoop giornalistici di chi asserisce che il virus era un H1N1, o addirittura un virus dell’influenza aviaria trasmesso all’uomo, non hanno in realtà avuto finora nessuna conferma scientifica.
Se oggi questo virus tornasse in circolazione, saremmo in grado di affrontarlo? Se il virus del 1918 riuscì a spostarsi dall’America all’Europa e giungere fino in India, cosa accadrebbe oggi, con l’attuale mobilità di persone enormemente più alta rispetto a cento anni fa? I farmaci antivirali esistenti sarebbero in grado di sconfiggerlo? Si potrebbe prevenire? Sarebbe possibile realizzare in tempi brevi un vaccino? Sono tutti interrogativi che non hanno risposte certe, sono sfide che chiedono alla Medicina del XXI secolo di lavorare umilmente al servizio dell’uomo.

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1 commento:

Maria Flavia ha detto...

Più che un commento una domanda: quando è stato intervistato il testimone oculare? Perché ora dovrebbe essere vecchio come Matusalemme ... Sono precisazioni che renderebbero reale questo articolo, e non presterebbero il fianco a sberleffi.

 


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