Socrate credeva, ottimisticamente, che tutti gli uomini aspirino al
bene e che, se compiono, invece, il male, ciò accade per ignoranza; ma
basterebbe illuminarli sul loro errore, per consentirne il ravvedimento.
Sarebbe
molto bello, e inoltre molto semplice, se davvero le cose stessero in
questo modo; ma, purtroppo, vi sono numerosi indizi che suggeriscono la
fallacia di una tale teoria.
La verità è che più si osserva il
comportamento degli esseri umani, più si finisce per ammettere che la
stragrande maggioranza di essi è formata da dormienti, che non
desiderano destarsi dal proprio sonno voluttuoso, e nemmeno dai propri
incubi; che vogliono continuare a dormire, a dispetto di tutti, anche se
la casa in cui vivono sta prendendo fuoco; che non provano alcuna
gratitudine nei confronti di coloro i quali cercano di destarli, ma, ben
al contrario, nutrono nei confronti di costoro un odio implacabile,
come se fossero i loro peggiori nemici, nel tempo stesso che onorano ed
applaudono i malvagi pifferai che favoriscono i loro sonni e il loro
sognare.
Per quella piccola minoranza di risvegliati, i quali
cominciano a rendersi conto della natura illusoria del mondo in cui
viviamo e del carattere risibile, se non addirittura pericoloso, della
maggior parte delle cose che suscitano, nei più, compiacimento e
desiderio di imitazione, il problema si pone in questi termini: che cosa
fare in un contesto di sogno generalizzato, di odio nei confronti della
verità, di rancore nei confronti di ogni voce che sia fuori del coro?
Come
fare per evitare il treno che, guidato da un macchinista impazzito e
carico di sonnambuli, sta per piombare addosso a coloro i quali sono
desti, ma non possono agire sugli scambi, per deviarne la folle corsa?
E,
ancora: è legittimo che il risvegliato cerchi di imporre ai dormienti
la verità, se essi le preferiscono, invece, un mondo di menzogna; è
giusto che cerchi di convincerli, di convertirli, di farli ravvedere, se
ciò che essi vogliono è tutt’altro? …
Certo,
il giardiniere è uso a strappare le erbacce le quali invadono il suo
giardino; ma il mondo non è un giardino, e ogni visione del mondo ha
diritto di sussistervi: anche quella che appare manifestamente erronea.
Sopprimere le visioni erronee non è compito del risvegliato; ma, semmai,
offrire a tutti gli strumenti per valutare che cosa sia giusto e che
cosa sia sbagliato: dopo di che, ciascuno deve assumersi la
responsabilità del sentiero che intende seguire.
Nessuno
può venire costretto ad essere virtuoso; nessuno può venire costretto a
cercare la verità, se non la desidera e se ad essa preferisce la
menzogna.
D’altra parte, è certo che, a quel punto, si pone
concretamente il problema della sopravvivenza di colui il quale ritiene
di essersi destato, e che si trova continuamente esposto agli urti e
alle aggressioni degli altri, ossia dei dormienti: e le aggressioni più
minacciose sono proprio quelle di quei dormienti che sono stati destati a
forza per essere illuminati.
È una questione di sopravvivenza.
La
storia ci offre sin troppi esempi di saggi, i quali sono stati
crocifissi da una moltitudine che non voleva essere illuminata, che
desiderava continuare a vivere nelle tenebre. E la moderna società di
massa è la società dei ciechi e dei dormienti per eccellenza: è il
vertice dell’attuale Kali Yuga, della Età Oscura nel ciclo della vicenda
cosmica.
A meno che voglia andare incontro al martirio,
dunque – e vi sono, indubbiamente, degli ideali che meritano di essere
perseguiti fino al martirio – il risvegliato è indotto a interrogarsi
sul senso del suo vivere nella società, e sulle modalità con le quali
deve gestire il suo rapporto con il prossimo.
In effetti,
nessuno è disposto a modificare la propria concezione del mondo, o a
lavorare seriamente su se stesso, se non sulla base di una profonda e
sentita esigenza interiore; e quest’ultima non potrà mai venire da un
agente esterno, se non in coincidenza con un impulso interno.
Quel
che vogliamo dire, è che le persone sono disponibili ad affrontare un
salto qualitativo nella propria evoluzione spirituale, solo se, e
quando, decidono di prendere coscienza del problema; ossia, in genere,
quando si rendono conto, non solo di essere insoddisfatte della propria
vita attuale – ciò che accade a molti -, ma di essere disposte a
mettersi in gioco per uscire dal punto morto in cui si trovano.
In
quella fase, e solo in quella fase, un evento esterno può fungere da
detonatore della loro crisi benefica e affrettare una presa di
coscienza: può essere l’incontro con una persona buona e saggia, o con
un libro, o con una situazione inconsueta e stimolante (magari anche in
apparenza negativa, come una malattia o il distacco da una persona
cara).
Viceversa, se il momento non è giunto e la persona non è
ancora pronta, nessun saggio, nessun libro e nessuna situazione
stimolante potrebbero innescare una evoluzione spirituale; come dice il
Libro dell’Ecclesiaste, vi è un tempo per ogni cosa: per parlare e per
tacere, per dormire e per vegliare, per vivere e per morire. E, così
come la natura fisica non fa salti, la stessa cosa può dirsi per la vita
dell’anima: il suo processo evolutivo non può essere forzato.
Questo,
difatti, è l’errore di fondo di tutte le rivoluzioni politiche e
sociali: pensare che il mondo possa diventare migliore, una volta che si
sia compresa una formula e la si sia messa in pratica,
indipendentemente dalla vita interiore delle persone. Ma se non c’è una
evoluzione spirituale, nessuna formula, per quanto perfetta in teoria,
potrà rivelarsi capace di rendere il mondo migliore; al contrario, la
storia è piena di esempi di formule ideali che si sono trasformate in
terribili strumenti di oppressione e di malvagità, trovandosi nelle mani
di persone che non avevano saputo compiere alcuna evoluzione interiore.
Per
la persona che sia disponibile ad aprirsi, a mettersi in gioco, a
evolvere spiritualmente, la vita offre infinite occasioni di
miglioramento, purché le si sappia vedere.
Un disturbo fisico,
ad esempio, è certamente un segnale: un segnale che il nostro corpo ci
manda, e che contiene informazioni preziose circa la disarmonia presente
nella nostra vita. In ultima analisi, ogni disturbo fisico è
riconducibile alla dimensione spirituale; ed è veramente sconcertante
vedere come la grande maggioranza degli esseri umani si disinteressa del
problema, sforzandosi di mettere a tacere il sintomo – ossia il
campanello d’allarme -, invece di andare alla ricerca del problema
profondo che il corpo ha segnalato.
Peggio
ancora: se il disturbo persiste, moltissime persone si affidano
ciecamente a farmaci e a medici, come se farmaci e medici potessero
sostituirsi alla doverosa presa di coscienza del proprio problema; e le
stesse persone che delegano in questo modo la salvaguardia della propria
salute, firmando una cambiale in bianco nei confronti dell’apparato
sanitario ufficiale, sono poi quelle che esigono di occuparsi in prima
persona, e fin nei minimi dettagli, di cose assolutamente banali e
secondarie, come la scelta del nuovo modello di automobile da acquistare
o l’intervento di chirurgia estetica per aumentare le dimensioni del
seno.
Un altro esempio di questa tendenza a delegare le
questioni davvero rilevanti ad agenzie esterne, è offerto dalla
politica. La grande maggioranza delle persone non si informa
adeguatamente di ciò che attiene a questa sfera e preferisce firmare una
cambiale in bianco ai partiti, i quali mandano in Parlamento i loro
uomini di fiducia, una legione di “yes-men» dalla schiena flessibile,
fedeli esecutori delle direttive ricevute dalle rispettive segreterie.
Un
discorso analogo si può fare per la pubblica amministrazione. Il
risultato è che i nostri sindaci e assessori, che si muovono nella sfera
del quantitativo e di ciò che ha un alto grado di visibilità
(indipendentemente dalla sua efficacia), difficilmente riescono a
concepire delle soluzioni innovative per i problemi che devono
affrontare.
Un pezzo grosso dell’amministrazione provinciale,
ora divenuto ministro, qualche tempo fa propose di porre rimedio
all’alto numero di incidenti mortali del sabato sera, facendo tagliare
migliaia di platani lungo uno storica strada provinciale: come se il
problema fosse quello dei platani (i quali, comunque, hanno anch’essi il
diritto di vivere) e non quello di uno stile di vita sbagliato e di uno
scarso senso di responsabilità da parte di molti giovani.
Ma
torniamo al problema del risvegliato che deve confrontarsi, tutti i
santi giorni, con una folla di sonnambuli, i quali si muovono
pericolosamente e reagiscono in maniera aggressiva se qualcuno tenta di
destarli e di responsabilizzarli.
Julius Evola suggeriva che,
in tempi di Kali Tuga, l’unica cosa da fare è imparare a “cavalcare la
tigre»: ossia, anziché opporsi frontalmente ad una situazione negativa
generalizzata, sfruttare la corrente, per procedere in maniera da non
ricevere troppi danni e, addirittura, per riuscire a volgere a proprio
favore le stesse caratteristiche di quella situazione, allo scopo di
preservare il bene della propria interiorità.
Sia come sia,
che impari a cavalcare la tigre, oppure che si abitui ad assecondare la
corrente, il risvegliato ha la piena consapevolezza di non essere un
superuomo e di non poter modificare, egli solo, una determinata
situazione, diffusa nella società in cui egli si trova a vivere; e,
inoltre, che non sarebbe saggio cercar di forzare l’evoluzione
spirituale degli altri esseri umani, per le ragioni che abbiamo detto
più sopra.
Che cosa dovrà fare, allora?
È molto semplice.
Primo,
dovrà proseguire incessantemente a lavorare su se stesso: perché la
propria evoluzione spirituale è un compito che non finisce mai, e che si
rivela più impegnativo, mano a mano che una persona vi si addentra.
Secondo,
offrire – nella misura delle sue possibilità – una diversa prospettiva a
coloro che gli stanno intorno e che gli sembrano aperti ad un
cambiamento, ma senza illudersi di vederli cambiare dall’oggi al domani e
senza attendersi gratitudine, né amicizia; ma, al contrario, mettendo
in conto un certo grado di incomprensione, se non addirittura di aperta
ostilità.
In ogni caso, egli sa che le cose accadono quando è
giunto il tempo in cui devono accadere: non un minuto prima, né un
minuto dopo.
In ciò consiste l’armonia del tutto: che ogni
cosa è come deve essere; e che quelle cose, le quali ci appaiono
negative, in realtà sono tali solo nella misura in cui noi non siamo in
grado di farne una occasione di crescita e di perfezionamento.
In
altre parole, la disarmonia è in noi, non nel creato; è nostra la
responsabilità di non essere abbastanza evoluti da gestire in maniera
responsabile e proficua le occasioni che la vita ci offre, per quanto
esse possano presentarsi, talvolta, nella rude veste di eventi dolorosi.
Il
risvegliato, pertanto, è colui che, ad un certo punto, decide di
cogliere le occasioni che la vita gli offre per riprendere possesso di
sé, per tornare ad essere il vero protagonista del proprio volere e del
proprio agire. È colui che decide di non dare più ad altri la delega in
bianco di ciò che lo riguarda in prima persona; di ascoltare i segni e
di imparare a riconoscere gli avvertimenti.
Il mondo è pieno
di segni, la vita è piena di avvertimenti. Si può dire che non vi è
persona, situazione o evento che noi incontriamo nel nostro cammino
terreno, che non costituiscano altrettanti segni, indicazioni,
suggerimenti o stimoli.
Tutto ci parla, se siamo disposti ad
ascoltare; ma, naturalmente, per saper fare questo, bisogna prima
imparare a fare silenzio. Troppi rumori inutili, fuori e dentro di noi,
ci impediscono di udire l’essenziale; la cacofonia dei rumori inutili e
disarmonici ci impedisce di udire e di godere del magnifico concerto
dell’Essere.
Finché continuiamo a dormire, i nostri orecchi
sono chiusi all’armonia dell’Essere e i nostri occhi sono chiusi al suo
splendore.
Impariamo ad aprire occhi e orecchi, cominciamo a
destarci: ce n’è, di giorno, che ancora deve sorgere, per noi che siamo
immersi nel sonno.
L’unica luce del giorno è quella che ci trova ben desti, pronti e desiderosi di accoglierla in noi.
8 commenti:
già capirlo questo articolo e una buona cosa,resta anche da capire che non è tutto male ciò che e fuori da noi ma che ci sono molti che destati dal sonno combattono ogni giorno per proteggere dal vento della società la loro fiamma di consapevolezza;V
Condivido in buona misura quanto scritto, a volte cercare di svegliare un sonnambulo può rivelarsi molto difficile se non addirittura pericoloso.
Anni di lavaggio televisivo del cervello, senza contare le nuove "tecnologie" telefonini, i phone, i pade, facebook, wazzup... hanno senza dubbio contribuito al rincretinimento del popolino.
Risvegliarsi è un percorso lungo e tortuoso irto di difficoltà, non tutti vogliono tornare a loro stessi, molti preferiscono evadere con dei diversivi, è mia opinione che la percentuale di svegli sia del tutto risibile.
Continuate a dormire bambini spastici, continuate che la World War 3 è cominciata ahahahhahaaahaa
Per anonimo delle 22;48 Ecco un perfetto esempio di commento stupido, della serie non c'è peggior sciocco di chi si crede furbo.
Sarò pure sciocco, ma almeno so fare 2+2, a casa mia quando l'america provoca la russia vuol dire "war"!! Non ragiono come quei poveri idioti che pensano di vivere per sempre ahahhaa mi fanno pena, credono che agli americani gliene freghi qualcosa delle loro vite quando da vent'anni ci innaffiano con l'aerosol clandestino. Dovete sapere che i padroni del mondo vogliono eliminare almeno tre miliardi di persone, e con questo ho detto tutto!!
quindi quando l america provoca la russia ci sarebbero guerre mondiali giusto?
sicuro di conoscere la storia?
io non tanto ma mi affido a te che sembri illuminato.
Aahahahahahahahahahahahahahahahahaahahhahhaahahahahahahahahahahahahahaahahahahahahahahahaahhaahha dormite, dormite non svegliatevi, ma quanno se svejenooooooooooooooooooooooooooo ormai son tutti rincojoniti co quel cesso di televisione di merda!
...e pure tutti inpecoriti...behhheehheehhheehheeehhhhh
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