22 nov 2013 - Riconosciuto il nesso causa effetto. Il ministero prima ha ammesso il danno, poi ha sostenuto che la pratica per chiedere il risarcimento fosse stata presentata troppo tardi, infine che andavano i risarciti i danneggiati a partire da una sentenza del Consiglio di Stato
di Giuseppe Pipitone
Ha riportato danni gravissimi e permanenti dopo le vaccinazioni obbligatorie prescritte dalla
legge, ma non sarà risarcito dal ministero della Salute. Tutto questo nonostante una sentenza del Consiglio di Stato inchiodi il dicastero di viale Ribotta alle sue responsabilità. È un vero e proprio dramma quello vissuto negli ultimi anni dalla famiglia Palazzolo di Terrasini, in provincia di Palermo. Un situazione terribile con tanto di amara beffa alla fine.
A raccontare la storia drammatica è Antonio Palazzolo, che ha diffuso un video sul web dal blog di Beppe Grillo “Mio figlio – racconta l’uomo è nato a febbraio del 2000. Dopo tre mesi dalla nascita abbiamo fatto la prima vaccinazione, e poi in seguito tutte le altre fino ad arrivare alla terza vaccinazione del febbraio del 2001, quando stava compiendo un anno”. Un passo importante la vaccinazione dei bambini, che tutte le famiglie italiane sono obbligate a fare dato che è previsto dalla legge, e che prevede la somministrazione dei vaccini anti Difterite, Tetano e Pertosse. Solo che da quel febbraio di dodici anni fa, la vita del piccolo Palazzolo cambia per sempre. “Da quel momento – continua a raccontare il padre - ci furono una serie di conseguenze di salute molto rilevanti: il bambino fu ricoverato in ospedale in preda alle convulsioni e alla febbre. Ci siamo rivolti al pediatra e al centro di vaccinazione ma ci dicono di non preoccuparci e continuare il protocollo di vaccinazione e così facciamo fino al febbraio del 2004”. A quel punto,però, la situazione del piccolo Palazzolo è già compromessa dato che presenta gravi regressioni delle abilità già acquisite da neonato: se appena nato reagiva in modo corretto a certi stimoli, a tre anni d’età quelle reazioni erano svanite.
“Decidemmo di fare una visita neuropsichiatrica – dice il signor Palazzolo - la diagnosi parlava di gravissimo deficit cognitivo con disturbo pervasivo dello sviluppo”. Tradotto: il bambino presenta gli stessi medesimi sintomi dell’autismo. Un caso molto strano dato che nelle cartelle cliniche compilate subito dopo la nascita non c’è nessun indicazione che lasci presagire questo sviluppo drammatico della crescita. È per questo che i genitori non demordono, e decidono di iniziare delle indagini cliniche. “Su alcuni siti statunitensi – dice il signor Palazzolo – scopriamo che può esserci una connessione tra i problemi di nostro figlio e i vaccini obbligatori”. Nel frattempo analisi approfondite rivelano anche altro: si scopre che il piccolo è intossicato da metalli pesanti e che ha il sistema immunitario completamente distrutto. C’è però una legge, la numero 210 del 1992, che prevede un risarcimento per chi ha subito danni permanenti dopo le vaccinazioni obbligatorie. Da quel momento per la famiglia Palazzolo comincia un lungo iter giudiziario per tentare di dimostrare come il loro bambino non sia nato autistico, ma ci sia diventato dopo i vaccini somministrati per legge. Il nesso causale tra la condizione del bambino, diventata ormai patologica, e le vaccinazioni viene riconosciuto, come previsto dalla legge, dalla commissione medica dell’Ospedale Militare del territorio. La stessa commissione però nega il risarcimento al piccolo Palazzolo, perché la domanda non sarebbe stata presentata entro i tre anni previsti dalla legge, nonostante nel frattempo venga scritto nero su bianco come la grave patologia sia stata provocata dai vaccini.
I genitori però sostengono di essersi accorti del danno procurato dalle vaccinazioni, soltanto dopo alcuni anni e di essere quindi entro i termini di legge: presentando le cartelle cliniche con tanto di data ottengono la verifica positiva degli stessi medici del Ministero. Che però nel frattempo fa un passo indietro cancellando il nesso di causalità già sancito dalla commissione medica. Per la commissione sanitaria dell’ospedale il bambino si sarebbe ammalato a causa dei vaccini, ma le pratiche per il risarcimento sarebbero state presentate in ritardo, mentre per il Ministero è vero esattamente il contrario: un corto circuito burocratico che richiede un parere del Consiglio di Stato.
La sentenza arriva nel settembre 2011: il ministero ha sbagliato ad occuparsi di nesso causale. Quindi è vero che il piccolo Palazzolo si è ammalato a causa delle vaccinazioni obbligatorie, e i suoi genitori hanno presentato le pratiche per il risarcimento in tempo. Toccherebbe quindi al ministero della Sanità provvedere a riparare il danno fatto. E invece ecco l’ennesimo colpo di scena: il ministero ammette l’errore, annuncia di cambiare iter dopo la sentenza del febbraio 2011, ma non intende risarcire i casi precedenti alla sentenza del Consiglio di Stato. È questo il senso della risposta fornita dal sottosegretario alla Salute Paolo Fadda all’interrogazione del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati. “Gli Uffici competenti del Ministero della salute – scrive Fadda - appena acquisito il citato parere del Consiglio di Stato, hanno da quel momento, modificato l’espletamento dei criteri di valutazione delle istanze, adeguando gli stessi alle nuove indicazioni del Consiglio di Stato. Decidendo nel contempo di non dover rivedere anche i provvedimenti di rigetto assunti precedentemente a tale parere”. Indignata invece la reazione di Giulia Di Vita, esponente dei 5 Stelle: “Siamo esterrefatti – dice – approfondiremo ulteriormente il caso: vogliamo conoscere i numeri delle pratiche simili al caso di Terrasini, non vorremmo scoprire che dietro tutto questo possano esserci mere ragioni economiche, non è sulla pelle dei cittadini più svantaggiati che si risparmia”. Da questo momento quindi tutti i casi simili a quello della famiglia siciliana verranno risarciti. Chi invece ha chiesto il risarcimento prima del 2011, non avrà diritto a nulla. Una decisione probabilmente corretta in punta di diritto. La giustizia è forse un’altra cosa.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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