di Gianni Lannes
Per l’Etna parlano da sole le immagini rabbiose diffuse dalle televisioni di mezzo mondo ad ogni eruzione. Nella vicina base Usa di Sigonella sono state accumulati ordigni atomici, in violazione del Trattato internazionale di non proliferazione nucleare. Che succederà? Altrettanto inquietanti, ma sottovalutate, sono le proiezioni riferite all’apparentemente tranquillo collega napoletano. Gli esperti si confrontano sull’eventualità di un’ora X per l’eruzione. Rischierebbero la vita almeno un milione e mezzo di persone nell’area napoletana. Ma è meglio non farlo sapere all’opinione pubblica. Vero presidente Monti?
Previsione scientifica - Su di lui, però, ha le idee chiare il professor Flavio Dobran docente della New York University. Qual è la previsione dell’esperto americano? "All’improvviso il Vesuvio che sonnecchia dal 1944, esploderà con una potenza mai vista. Una colonna di gas, cenere e lapilli si innalzerà per duemila metri sopra il cratere. Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo e una temperatura di 1000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di sette chilometri, spazzando via strade e case, bruciando alberi, asfissiando animali, uccidendo forse un milione di esseri umani". Il tutto in appena 15 minuti.
Uno scenario catastrofico? Semplicemente un’ipotesi documentata, frutto di accurati studi, da non sottovalutare. Con una sola incognita: il giorno in cui scatterà la terribile esplosione. "Questa purtroppo non possiamo prevederla - precisa il professor Dobran - Certo non sarà tra due settimane, però sappiamo con certezza che il momento del grande botto sia per l’Etna che però il Vesuvio, anche se è su quest’ultimo che i nostri test si sono soffermati con particolare attenzione. La conferma viene dalla storia: le eruzioni su larga scala arrivano una volta ogni millennio. Quelle su media scala una volta ogni 4-5 secoli. Quelle su piccola scala ogni 30 anni. Ebbene, l’ultima gigantesca eruzione su larga scala è quella descritta da Plinio il Vecchio: quella che il 24 agosto del 79 dopo Cristo distrusse Ercolano e Pompei uccidendo più di duemila persone. La più recente eruzione su media scala è quella del 1631, che rase al suolo Torre del Greco e Torre Annunziata, facendo 4 mila morti in poche ore".
Il magma che alimenta il Vesuvio se ne sta tranquillo nel suo serbatoio profondo o sta risalendo? "E’ il magma che spinge e vuole salire a far tremare il suolo della Campania". La tesi è di un vulcanologo napoletano, il professor Giuseppe Luongo , ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che non condivide la diagnosi rassicurante fatta da un suo collega, Paolo Gasparini che descrive il vulcano come "un cono edificato dai prodotti eterogenei delle eruzioni, poggiato su un basamento di calcare che inizia a 2-3 chilometri di profondità". Molto al di sotto, a circa 10 km, la tomografia sismica a tre dimensioni individua materiali fluidi, interpretati come il bacino magmatico che alimenta il vulcano. Nei limiti della tomografia, che non distingue masse inferiori a circa 300 metri di diametro, Gasparini precisa che "non si vedono altre sacche magmatiche sopra il bacino, cioè sopra i 10 km". Luongo contesta queste interpretazioni e avanza l’ipotesi, rilevante per le implicazioni di protezione civile, che potrebbero esistere canali di risalita già colmi di magma, senza interruzione, dal bacino profondo 10 km, fino alle parti più superficiali, con dimensioni al di sotto del potere risolutivo della tomografia. "Il magma, per risalire in superficie, non dovrà vincere la resistenza di rocce rigide che lo sovrastano per uno spessore di 10 km, al contrario potrebbe trovare una facile via di risalita lungo i percorsi già occupati da masse a temperature elevata". Questo scenario, aggiunge Luongo, "sarebbe compatibile con un quadro fenomenologico dei precursori meno appariscente di quello atteso". Analizzare il passato può servire allora a immaginare il futuro.
Ed è proprio ciò che ha fatto il vulcanologo statunitense, Dobran, progettando il simulatore vulcanico globale. Si tratta di un modello informatico in grado di ricostruire le passate eruzioni del Vesuvio, per descrivere quelle future. Oltre ai dati storici nel computer vengono inseriti anche quelli sullo stato attuale del vulcano: l’attività sismica più recente, le emissioni di gas, i cambiamenti dei campi magnetici. "Abbiamo cercato di riprodurre al computer l’eruzione del 79 - dice Dobran - E il simulatore vulcanico globale, dopo aver analizzato i dati, ha disegnato uno scenario infernale: appena 20 secondi dopo l’esplosione il fungo di gas e ceneri incandescenti ha già raggiunto i 3 mila metri di altezza, da dove collassa lungo i fianchi del cono. Un minuto dopo, la valanga ardente si trova già a due chilometri dal cratere. In tre minuti ha già raggiunto Ottaviano, Somma Vesuviana e Boscoreale. In quattro minuti sono spacciate Torre del Greco ed Ercolano. Sessanta secondi dopo è la volta di Torre Annunziata". E’ successo in passato, potrebbe accadere in futuro. Gli esperti ne sono sicuri, anche se il giorno esatto non lo conosce nessuno.
Trivellazioni - Scavare una galleria sotterranea per spingere delle sonde fino alla caldera flegrea sotto il mare di Pozzuoli è considerato da molti altamente pericoloso. Il “Campi Flegrei Deep Drilling Project”, coordinato dall’ingegnere Giuseppe De Natale, costa 15 milioni di dollari e servirebbe a monitorare il rischio di terremoti ed eruzioni oltre che a studiare il bradisismo e a sfruttare l’energia del sottosuolo. Ma numerosi esperti mettono in guardia sugli effetti disastrosi che le trivellazioni potrebbero avere sul territorio. Gli ultimi avvertimenti in ordine di tempo provengono da due media americani, il “Popular Science” e la rivista scientifica “Nature”. Secondo entrambi le trivelle potrebbero incontrare sulla propria strada del magma sotto pressione, causando delle eruzioni e dei terremoti in tutta la zona intorno al Vesuvio. Clay Dillow, dalle pagine del Popular Science, si chiede se “il tentativo di difendere i Campi Flegrei, che nel mondo sono uno dei luoghi più a rischio di eruzioni vulcaniche, non possa addirittura peggiorare la situazione”.
Sulla questione si è espresso anche Benedetto De Vivo, ordinario di Geochimica ambientale alla Federico II di Napoli e consulente della procura sull’area dei Campi Flegrei. De Vivo ha inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in cui ha sottolineato il rischio di effettuare le rilevazioni in prossimità di centri abitati come Bagnoli, allegando pubblicazioni su altri incidenti «clamorosi» avvenuti in Nuova Zelanda e Islanda. Il professor De Vivo ha sottolineato che degli esami nel territorio «sono possibili, si fanno, ma in zone disabitate e in questo caso sono inutili, perché sappiamo già tutto della caldera flegrea». I precedenti del Vesuvio non sono in effetti confortanti.
1 commento:
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