Mettiamo in luce la struttura della violenza che mantiene in attività
l’economia mondiale. Con un intero pianeta che viene massacrato sotto
ai nostri occhi, è terrificante vedere la cultura stessa responsabile di
questo – la cultura della civiltà industriale, alimentata da una fonte
finita di combustibili fossili, in primo luogo da una fornitura di
petrolio in diminuzione – spinta in avanti solo per alimentare il suo
insaziabile appetito di “crescita”. Illusa da miti di progresso e
sofferente di psicosi da tecnomania complicata da dipendenza da riserve
di petrolio esauribili, la società industriale lascia al suo passaggio
un crescendo di atrocità.
Un elenco molto parziale includerebbe il disastro chimico di Bhopal,
numerose fuoriuscite di petrolio, l’occupazione illegale dell’Iraq a
colpi di uranio impoverito, l’Afghanistan, il “montaintop removal”
(rimozione delle cime delle montagna, tecnica di estrazione del carbone,
ndt.), la fusione nucleare di Fukushima, la rimozione permanente dei
grandi pesci dagli oceani (senza menzionare completamente il collasso
sistemico di quegli oceani), la sostituzione di comunità indigene con
pozzi di petrolio, le miniere di coltan per i telefoni cellulari e le
Playstation lungo il confine fra Repubblica Democratica del Congo e
Ruanda – dalle quali risultano le guerre tribali e la quasi estinzione
del gorilla dei bassipiani orientali.
Come se l’estinzione di 200 specie al giorno non fosse abbastanza,
il cambiamento climatico, un risultato diretto della combustione di
combustibili fossili, sì è rivelato non solo imprevedibile quanto reale,
ma distruttivo quanto imprevedibile. Le caratteristiche erratiche ed
imprevedibili di un pianeta che cambia e della sua atmosfera in
trasformazione stanno diventando la norma del ventunesimo secolo, il
loro impatto accelera ad un ritmo allarmante, portando questo pianeta
più vicino, prima o poi, al punto di inabitabile orrore. E ancora
l’apatia collettiva, l’ignoranza e il negazionismo auto imposto di
fronte a tutto questo sfruttamento ed alla violenza fa marciare questa
cultura più vicino all’autodistruzione.
Persa nelle fantasie misteriosamente confortanti di crescita
infinita, produzione e consumo, molta gente si attacca a cose come
Facebook, Twitter, “Jersey Shore” e musica pop senz’anima come se la sua
vita dipendesse da questo, identificandosi con una realtà che è
artificiale e costruita, che asseconda il desiderio piuttosto che la
necessità, che nasconde delicatamente la violenza che c’è dall’altro
lato di questa economia, una violenza così diffusa che non solo siamo
complici di ciò ad un certo livello (per esempio, se sei un
contribuente, aiuti a dare sussidio alla fabbricazione di armi di
distruzione di massa), ma anche vittime di ciò. Come ammoniva Chris
Hedges nei sui libri “L’Impero dell’Illusione: la Fine
dell’Alfabetizzazione” e “Il Trionfo dello Spettacolo”, ogni cultura che
non sa distinguere la realtà dall’illusione ucciderà sé stessa.
Inoltre, ogni cultura che non sa distinguere la realtà dell’illusione
ucciderà ogni cosa e tutti gli altri sulla sua strada come ucciderà sé
stesso.
Mentre il mondo brucia, mentre le specie si estinguono, mentre le
madri allattano i loro figli con latte materno contaminato da diossina,
mentre reattori nucleari fondono giù nel Pacifico e la diffusione aerea
dell’uranio esaurito danneggiano vite innocenti, rende perplessi il
fatto che così poche persone combattano contro un sistema che come
realtà per la maggior parte dei viventi ha l’orrore. E coloro che
combattono, che si oppongono alla cultura che sta dietro a tale abuso
grossolano e lo chiama col suo nome – un mega-stato genocida
(specialmente se credi che le vite dei non umani siano importanti come
la vostra lo è per voi e la mia lo è per me) – vengono trattati con
ostilità e odio, scherniti, perseguitati e persino torturati. Con così
tanto in gioco, perché la gente non tappa le orecchie ai balordi che
predicano un futuro di economie dalla crescita infinita? E perché così
tanta gente continua a mettere al primo posto “l’economia”, a prendere
il capitalismo industriale per come lo conosciamo come dato di fatto e
non combatterlo, difendendo ciò che rimane del mondo naturale?
”Una delle ragioni per cui non ci sono persone che lavorano per far
crollare il sistema che sta uccidendo il pianeta è che le loro vite
dipendono dal sistema,” mi ha detto l’autore ed attivista ambientale
Derrick Jensen dalla sua casa in California dove l’ho intervistato al
telefono di recente. “Se la tua esperienza è che il tuo cibo viene dal
negozio di alimentari e la tua acqua dal rubinetto, allora difenderai
alla morte il sistema che ti porta quelle cose perché dipendi da loro,”
ha spiegato Jensen. “Se la tua esperienza è, tuttavia, che il tuo cibo
viene da un terreno e la tua acqua da un ruscello, be’, allora
difenderai alla morte quel terreno e quel ruscello. Quindi, parte del
problema è che siamo diventati così dipendenti da questo sistema che ci
sfrutta e ci uccide che è diventato quasi impossibile per noi immaginare
di viverne al di fuori ed è molto difficile per noi viverne fisicamente
al di fuori.”
“L’altro problema è quella paura che abbiamo di avere ancora
qualcosa da perdere. Ciò che voglio dire con questo è che in realtà amo
la mia vita adesso, così come molta gente. Abbiamo molto da perdere se
questa cultura dovesse crollare. Una ragione primaria per la quale così
tanti di noi non vogliono vincere questa guerra – o persino riconoscere
che sia in corso – è che abbiamo dei benefici materiali dal saccheggio
di questa guerra. Non sono davvero sicuro di quanti di noi
rinuncerebbero alle nostre automobili e cellulari, docce calde e luce
elettrica, ai nostri negozi di alimentari e vestiti. Ma la realtà è che
il sistema che porta a queste cose, che porta agli avanzamenti
tecnologici ed alla nostra identità come esseri civilizzati, ci sta
uccidendo e, più importante, sta uccidendo il pianeta.” Anche in assenza
del riscaldamento globale, questa cultura ucciderebbe ancora il
pianeta, facendo fuori branchi di balene e stormi di uccelli, facendo
saltare le cime delle montagne per accedere agli strati di carbone e
bauxite, eliminando interi ecosistemi. Tutta questa violenza inflitta ad
un intero pianeta per far funzionare un’economia basata sulla nozione
folle ed immorale che possiamo sostenere le società industriali, il
tutto mentre buttiamo la vita e gli ecosistemi del pianeta basati sulla
terra. E la fantastica retorica che promulgano coloro che insistono
sull’adattamento a questi cambiamenti – che la tecnologia troverà una
soluzione, che ci possiamo adattare, che il pianeta può e si conformerà
alle soluzioni nel mercato – è pericolosa.
“Un’altra parte del problema,” mi ha detto Jensen, “ sono le
narrazioni che stanno dietro al modo di vivere di questa cultura. Le
premesse di queste narrazioni ci accordano i diritti ed i privilegi
esclusivi di dominio su questo pianeta. Che tu aderisca alla religione
della Scienza o della Cristianità, queste narrazioni ci dicono che la
nostra intelligenza e le nostre capacità ci permettono diritti e
privilegi esclusivi di esercitare il nostro volere sul mondo, che è qui
perché noi lo usiamo. Il problema di queste storie, che voi ci crediate o
no, è che queste hanno effetti reali sul mondo fisico. Le storie che ci
hanno raccontato sul mondo plasmano il modo in cui percepiamo il mondo
plasma il modo in cui ci comportiamo nel mondo. Le storie del
capitalismo industriale – che possiamo sostenere economie dalla crescita
infinita – plasma il modo in cui questa cultura si comporta nel mondo. E
questo comportamento sta uccidendo il pianeta. Che le storie che ci
hanno raccontato siano fantasia oppure no non importa, ciò che importa è
che le narrazioni siano fisiche: le storie della Cristianità potrebbero
essere di fantasia – fingiamo per un momento che Dio non esista – bene,
le Crociate sono comunque avvenute; la nozione di razza o genere
possono essere oggetto di discussione ma, ovviamente, razza e genere
contano e questo atteggiamento postmoderno mi fa impazzire perché, sì,
razza e genere non sono una cosa reale, ma tutto ciò ha effetti sul
mondo reale – Gli Afroamericani costituiscono il 58% della popolazione
carceraria e un terzo di tutti gli uomini di colore compreso nell’età
fra i 20 e i 29 anni sono sotto qualche forma di sorveglianza da parte
della giustizia criminale; come per i generi, i veri maschi stuprano le
donne.
“Un altro esempio [di come le cose che non sono davvero reali hanno
tuttavia effetti nel mondo reale],” ha continuato Jensen, “è che c’era
quel serial killer poco tempo fa che uccideva le donne a Santa Cruz.
Delle voci nella sua testa gli dicevano che se non uccideva quelle donne
la California sarebbe scivolata nell’Oceano. E’ evidente che questo
tizio fosse delirante, un pazzo totale e malato in testa, ma le sue
illusioni hanno comunque avuto effetti nel mondo reale. Anche Hitler
aveva il delirio che gli Ebrei stessero avvelenando la razza. Quel
delirio ha avuto effetti nel mondo reale. E possiamo sederci in cerchio a
discutere se Weyerhaeuser
esista veramente, ma le foreste continuerebbero ad essere abbattute. O,
meglio ancora, è chiaro che sia stupido credere realmente che il mondo
non sarà a corto di petrolio… e poi è improvvisamente chiaro che non è
così stupido – c’è una realtà fisica. Nel mondo reale non ci può essere
una scissione fra cultura e natura, ma in questa cultura si può e questo
ha affetti reali sul mondo fisico. Non si può vivere in un pianeta ed
ucciderlo allo stesso tempo.”
Il problema si trova con un’economia di produzione industriale
quando apri la parola “produzione”. Come Jensen chiarisce nel suo libro
“La Cultura del far Credere”, la produzione è essenzialmente la
conversione del vivente nel morto: animali in salumi, montagne e fiumi
in lattine d’alluminio per la birra, alberi in carta igienica, petrolio
in plastiche e computer (un computer contiene dieci volte la propria
massa in combustibili fossili). Stare senza carta non è essere verdi, o
forse sì, a seconda di quale sfumatura di verde stiamo parlando qui. Di
fondo, ogni bene col quale si viene in contatto è imbevuto di petrolio,
fatto di risorse, contrassegnato, per come la mette Jensen, dalla
trasformazione del vivente in morto: la produzione industriale. E con
conflitti e guerre siamo condotti o istigati da questa cultura ad
accedere (rubare) le risorse necessarie per alimentare la colossale
macchina di questa economia, questa cultura liquida, massacrando intere
comunità di persone non industrializzate… i vecchi, i bambini che si
attaccano alle loro madri mentre droni cacciano spettatori barcollanti…
l’innocente ed il vulnerabile riportato come “danno collaterale”.
Himmler usava un epiteto simile per Ebrei, Gitani, Polacchi, Serbi,
Bielorussi ed altri popoli Slavi in un libretto pubblicato e distribuito
dalla Sede Centrale per la Soluzione e la Razza delle SS:
“Untermenschen” (Subumani).
Questo è un prezzo accettabile che dobbiamo pagare, così ci viene
detto. Negli Stati Uniti vengono perdute più vite settimanalmente a
causa di cancri evitabili ed altre malattie di quante se ne perdano in
10 anni di attacchi terroristici. E le multinazionali per le quali
questa cultura combatte dall’altra parte dell’oceano, sono le stesse
organizzazioni imputabili di queste morti interne settimanali. La lista
di vittime le cui vite sono soggette ad assalti violenti ed estinzioni
per alimentare la “produzione” di questa cultura è lunga e variegata
quanto volete. “Un’economia di crescita infinita non è solo folle ed
impossibile, “ ha sottolineato Jensen, “è anche ingiuriosa, con questo
intendo che è basata sulla stessa presunzione di forme di abuso più
personali. Di fatto è la consacrazione macroeconomica del comportamento
di abuso. Il principio guida del comportamento di abuso è che chi abusa
rifiuta di rispettare o di conformarsi a limiti o confini messi dalle
vittime. Le economie della crescita sono essenzialmente incontrollate e
spingeranno oltre ogni confine posto da nessun altro che non siano i
perpetratori.
E chi abusa con successo si assicurerà sempre che ci sia qualche
‘beneficio’ per la vittima, in questo caso, per esempio possiamo
guardare la TV, possiamo avere il computer e l’accesso per giocare
online – otteniamo ‘benefici’ che ci tengono sostanzialmente allineati.
“Inoltre, secondo le storie del capitalismo industriale, questo sistema
economico deve costantemente aumentare la produzione per crescere e
cos’è, dopotutto, la produzione? Di fatto è la conversione del vivente
nel morto, la conversione di foreste viventi in “ two-by-four”
(tipo di taglio di legname, ndt.), fiumi viventi in bacini stagnanti
per generare elettricità, pesce vivente in bastoncini di pesce ed infine
tutto questo in soldi. E cos’è in realtà il PIL? E’ una misura di
questa conversione del vivente in morto. Più rapidamente il mondo
vivente viene convertito in prodotti morti, più alto è il PIL. E queste
semplici equazioni sono complicate dal fatto che quando il PIL scende,
spesso la gente perde il lavoro. Non c’è da meravigliarsi che il mondo
venga ucciso.”
“E se prendessimo qui in considerazione il riscaldamento globale –
ah e io credo l’ultimo studio sul riscaldamento globale abbia menzionato
fra le righe del fatto che il pianeta sia sulla strada per riscaldarsi
fino a 29 gradi (si suppone Fahrenheit, ma l’autore non specifica, ndt)
nei prossimi 80 anni… se questo non venisse immediatamente ridotto,
nessuno sopravviverà a questo… E così tutte le cosiddette soluzioni al
riscaldamento globale danno il capitalismo industriale per scontate. Qui
vediamo lo stesso comportamento di abuso: le narrazioni non vengono
create intorno alla percezione dei perpetratori, per esempio chi ha il
potere, ma vengono spinte su di noi da loro, quindi noi arriviamo a
credere alle narrazioni e le accettiamo come dati di fatto. E,
essenzialmente, dare per scontato il capitalismo industriale quando si
tratta di soluzioni al riscaldamento globale è assolutamente assurdo e
folle. Non è in contatto con la realtà fisica. Inoltre ha effetti
disastrosi sulla realtà fisica. Se spingi un pianeta a conformarsi ad
una ideologia si ottiene quello che si ottiene.
“Poco prima ho avuto una conversazione con un anarchico che si
lamentava del fatto che fossi “troppo ideologico” e che la mia ideologia
fosse ‘la salute della Terra’. Be’, in realtà la Terra non è e non
potrà mai essere un’ideologia: La Terra è fisica. E’ reale. Ed è
fondamentale. Senza suolo non c’è terreno sano e senza terreno sano non
mangi, muori. Senza acqua potabile e pulita muori.” E questo è uno dei
problemi della nostra cultura: la mancanza di capacità di separare
ideologia – il tipo di ideologia che contiene il massimo piacere e
dominio – dai bisogni del mondo naturale. E così, se le soluzioni al
riscaldamento globale non affrontano immediatamente i bisogni
fondamentali del pianeta, be… siamo fottuti.
“Ci si dovrebbe chiedere,” ha insistito Jensen, “se gli squali
martello potessero fornire delle soluzioni, se gli indigeni potessero
fornire soluzioni e se ascoltassimo le soluzioni che stanno già
fornendo, queste soluzioni darebbero per scontato il capitalismo
industriale? La linea di fondo è che le soluzioni capitaliste al
riscaldamento globale provengono dai sostenitori del capitalismo, da
coloro che sono in carica e che sono responsabili di averci sfruttato e
distrutto e, più importante, il pianeta”. Negli anni 40, in Germania, i “camion a gas”
di Arthur Nebe era ampiamente in uso. Coloro che li guidavano non hanno
mai pensato a sé stessi come degli assassini, solo come ad uno
qualsiasi pagato per guidare un camion, per fare un lavoro. Oggi, coloro
che lavorano per Boeing, Ratheon, Weyerhaeuser, Exxon Mobil, BP, il
Pentagono… si vedranno sempre come impiegati, non assassini. Vedranno
sempre sé stessi come qualcuno che fa un lavoro che dev’essere fatto.
Quei membri di questa cultura che ciecamente seguono senza
interrogarsi le narrazioni della cultura, che si identificano con la
patologia di questa cultura, si vedranno sempre solo come altri membri
della società. Per questa gente, l’assassinio di un pianeta sembra
economico; sembra normale dopo essere stati spinti fuori dalla
consapevolezza da carriere, stili e mode. Potrebbe sentirsi come un
niente assoluto dopo essere stata stordita da radio commerciali, sitcom,
smart phone, video game… Ma dall’altro lato di queste scintillanti
distrazioni c’è un’incessante serie di violenze, povertà, degrado
ambientale. “L’altro giorno ho visto quell’adesivo per auto della destra
che dice ‘Potrai avere la mia pistola quando la prenderai dalle mie
mani morte e fredde’, ma non sono solo le pistole: dovremo staccare
artigli rigidi da volanti, flaconi di spray per capelli, telecomandi di
televisori e da bottiglie da due litri di Jolt Cola,” ha ammonito
Jensen. “Ognuna di queste cose individualmente e tutte collettivamente
sono più importanti per molta gente delle lamprede, dei salmoni, dei
gufi maculati, degli storioni, delle tigri e delle nostre stesse vite. E
questa è una parte enorme del problema. Quindi, naturalmente, non
vogliamo vincere. Perderemmo la nostra TV via cavo. Ma io voglio
vincere. Col mondo che viene ucciso, io voglio vincere e farò qualsiasi
cosa serva per vincere.”
Quando Adolph Eichmann si è trovato di fronte alla Corte
Distrettuale di Gerusalemme e gli è stato chiesto perché è stato
d’accordo con la deportazione degli ebrei nei ghetti e nei campi di
concentramento, la sua risposta è stata ‘nessuno mi ha mai detto cosa
stavo facendo di sbagliato’. Oggi, 200 specie si sono estinte, un’altra
comunità indigena scomparirà da questo pianeta per sempre, un’intera
foresta sarà abbattuta e milioni di vite umane saranno costrette a
sopportare le agonie di carestia, guerra, malattia, sete, della perdita
della loro terra, della loro comunità, del loro stile di vita. Le
persone che si sono fatte avanti per dire che ciò che questa cultura sta
facendo al pianeta è sbagliato, non sono abbastanza. Bene, eccoci
gente: ciò che questa cultura sta facendo a noi stessi, quello che sta
facendo al pianeta è sbagliato. Dannatamente sbagliato. E prima
sostituiremo questa economia, prima potremo dissolvere queste illusioni
tossiche e le loro narrazioni formative. Solo allora, potremo cominciare
a vivere le vite libere che siamo nati per vivere e vincere la
battaglia.
Versione originale:
Derrick Jensen e Frank Joseph Smecker
Fonte: http://truth-out.org
Link: http://truth-out.org/opinion/item/2102:you-cant-kill-a-planet-and-live!%20-on-it-too
Derrick Jensen e Frank Joseph Smecker
Fonte: http://truth-out.org
Link: http://truth-out.org/opinion/item/2102:you-cant-kill-a-planet-and-live!%20-on-it-too
Versione italiana:
Fonte: http://ugobardi.blogspot.it/
Link: http://ugobardi.blogspot.it/2013/01/non-si-puo-uccidere-un-pianeta-e.html
Fonte: http://ugobardi.blogspot.it/
Link: http://ugobardi.blogspot.it/2013/01/non-si-puo-uccidere-un-pianeta-e.html
Traduzione a cura di MR
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