Osservati getti atmosferici su Giove simili a quelli terrestri

I ricercatori hanno per la prima volta identificato i movimenti presenti nelle caratteristiche correnti atmosferiche di Giove, chiamate getti, un fenomeno che accade anche nell’atmosfera terrestre e che influenza il clima. I video realizzati dalla sonda Cassini della NASA quando è passata vicino a Giove nel 2000, sono parte di un approfondito studio condotto da un team di scienziati e appassionati di astronomia guidati da Amy Simon-Miller. Lo studio sarà pubblicato sulla rivista Icarus.


“E’ la prima volta che qualcuno vede il movimento diretto dell’onda di uno dei getti di Giove”, ha affermato Simon-Miller, autore principale dello studio. “E confrontando questo tipo di fenomeno nell’atmosfera terrestre con ciò che succede su un pianeta radicalmente diverso come Giove, possiamo imparare molto sul nostro pianeta”.

Come il nostro pianeta, Giove ha molte correnti veloci che circondano il pianeta. Sulla Terra, le correnti più forti sono quelle vicine ai poli nord e sud.

A volte tali correnti deviano dal loro percorso e investono luoghi normalmente molto più caldi, come è ad esempio avvenuto lo scorso febbraio 2012 in Italia e in Medio Oriente, che normalmente hanno un clima mite anche d’inverno.

Al contrario, le correnti a getto di Giove “sono sempre sembrate poco importanti”, ha detto il co-autore John Rogers, che è Direttore della British Astronomical Association, di Londra, e uno degli astrofili coinvolti in questo studio.

Le onde di Rossby sono state identificate su Giove circa 20 anni fa, nell’emisfero nord. Ma le onde non potevano essere identificate direttamente, e siccome non era stata trovata nessuna traccia nell’emisfero sud, gli scienziati erano in difficoltà.

Per avere una visione più completa, il team ha analizzato le immagini scattate dalla sonda Voyager della NASA, dall’ Hubble Space Telescope, dalla sonda Cassini e da un decennio di osservazioni effettuate da astronomi dilettanti e inserite nel progetto JUPOS.

I video ingrandiscono una singola corrente nell’emisfero sud dell’atmosfera di Giove. Una linea di piccoli, scuri tratti a forma di V si sono formati lungo un’estremità della corrente, che si sposta da est verso ovest con il vento. Successivamente, la linea comincia ad agitarsi e ogni V si muove su e giù. Per la prima volta è chiaro che le correnti di Giove, come quelle della Terra, possono muoversi.

“Questa è la firma delle onde Rossby”, dice David Choi, borsista presso il NASA Goddard “Nel rapido movimento della corrente i tratti a forma di V interagiscono con le onde di Rossby che sono più lente ed è allora che li vediamo oscillare” .

Le analisi del team rivelano anche che le V sono legate a un diverso tipo di onda nell’atmosfera di Giove, chiamato onda di inerzia gravitazionale. Anche la Terra ha le sue onde gravitazionali, che possono essere viste in certi modelli di nubi.

“L’atmosfera di un pianeta è un po’ come la corda di uno strumento,” ha detto Michael D. Allison del NASA Goddard Institute for Space Studies di New York. “Se si pizzica la corda, può risuonare a diverse frequenze, che sentiamo come note differenti. Allo stesso modo, l’atmosfera può risuonare con modalità diverse, motivo per cui troviamo diversi tipi di onde.”

Ciò che caratterizza queste onde dovrebbe offrire nuovi elementi per capire gli strati dell’atmosfera di Giove.

Cruciali per lo studio sono state le informazioni complementari che la squadra ha reperito da diverse fonti, sia ufficiali, quelle delle sonde, che degli appassionati astrofili.

“Abbiamo appena iniziato a studiare questa atmosfera”, ha detto il coautore Gianluigi Adamoli, un appassionato italiano. “Capire le analogie fra la Terra e Giove , così come le differenze, ci aiuterà a comprendere cosa sia un’atmosfera e come si comporta”.
http://gaianews.it/scienza-e-tecnologia/osservati-getti-atmosferici-su-giove-simili-a-quelli-terrestri/id=18411
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Come Goldman Sachs ha truccato i conti della Grecia

Il grande inganno che la Goldman Sachs usò con la Grecia
Ci sono aziende che rubano in nome della corona imperiale per la quale lavorano senza che mai capiti loro qualcosa. La Goldman Sachs è una di queste. La banca d’affari statunitense ha riempito le sue arche con un bottino di 600 milioni di euro (800 milioni di dollari) quando aiutò la Grecia a truccare i suoi conti per avere i requisiti necessari per entrare a far parte dell’euro, la moneta unica europea. L’informazione che non è affatto una novità ma di cui, fino ad ora, non si conoscevano i particolari più succosi del meccanismo con il quale la Goldman Sachs ha ingannato a tutti i governi europei che hanno preso parte alla creazione della moneta unica e come ha evitato di rispondervi per questo di fronte alla legge.  L’emblema dell’oligarchia finanziaria ha operato protetto da solide complicità nel seno delle istituzioni bancarie europee e dentro il potere politico, facendo di tutto per bloccare le indagini.
Due dei protagonisti di questa mega truffa per la prima volta hanno parlato sulle transazioni coperte con le quali Atene ha nascosto l’enormità del suo debito. Si tratta di Cristoforos Sardelis, capo dell’ufficio gestione debito greco tra il 1994 e il 2004, e di Spyros Papanicolaou, l’uomo che lo sostituì fino al 2010. Il risultato dell’operazione è una gigantesca staffa che  fece l’ipotetico salvatore, in questo caso la Goldman Sachs, l’operatore del fallimento della Grecia e di buona parte dell’Europa. Se si contano soltanto le banche francesi, l’avventura greca è costata 7000 milioni di euro.: BNP Paribas ha perso 3,2 milioni, il Credit Agricole 1,3 milioni, la Societè General 892 milioni, BPCE 921 milioni e il Credit Mutuel 359 milioni. Questo è solo quanto è costato al sistema bancario francese: i popoli hanno pagato e pagheranno in sacrifici e privazioni molto più di tali cifre.

Il montaggio finanziario è stato realizzato in maniera astuta. Il Trattato di Maastricht dell’UE fissava dei requisiti per integrare l’euro: nessun membro dell’Eurozona poteva avere un debito superiore al 60% del PIB e i deficit pubblici non potevano superare il 3%. A giugno del 2000, per nascondere il peso gigantesco del debito greco che ascendeva al 103% del PIB in modo da ottenere la Grecia l’approvazione per entrare nell’euro, la Goldman Sachs ideò un piano: spostò il debito greco da una moneta all’altra. La transizione consistette nel cambiare il debito quotato in dollari e in yen per euro. Un dettaglio complicò l’operazione: la Goldman Sachs stabilì un contratto con la Grecia modificando l’accordo sotto il nome di SWAP, un contratto per i cambi di flussi finanziari che equivale ad una sorta di credito.
Questo schema fraudolento portò a che, in base ai chiamati “prodotti derivati” coinvolti nell’operazione, in appena 4 anni il debito che la Grecia contrasse con la G.S passasse da 2,8 mila milioni di euro a 5,1 mila milioni.
Due giornalisti dell’agenzia Bloomberg, Nick Dunbar e Elisa Martinuzzi, hanno portato avanti una minuziosa ricerca mettendo a nudo questo oscuro meccanismo. Christoforos Sardelis ha spiegato ai giornalisti che durante la sua gestione del debito greco nel momento della messa in atto del piano della Goldman Sachs la situazione gli sfuggì di mano. Dice che gli attentati dell’11 settembre e una cattiva decisione delle banche seminarono i semi dell’attuale disastro. La conclusione della ricerca è chiara: La Grecia e la Goldman Sachs ipotecarono il futuro del popolo greco e misero una bomba a tempo che, dieci anni dopo, sarebbe esplosa nelle mani della società.
Per quanto riguarda le grandi truffe organizzate dalle banche d’investimento l’impunità è la regola che vige. Nessuno è stato ne sarà condannato. Sardelis ha affermato che “l’accordo con la Goldman Sachs è una storia molto sexy tra due peccatori”. La Goldman Sachs ha usufruito di succosi benefici da questa truculenta organizzazione. Ma, la banca d’affari statunitense afferma in sua difesa di non aver fatto nulla che sia illegale, che tutto è stato fatto rispettando alla lettera le regole dell’Eurostat, organismo europeo di statistiche. L’Eurostat aggiunge che solo nel 2010 ha preso conoscenza dei livelli dell’indebitamento greco. La difesa sembra essere scarsa perché le prime denuncie sul trucco dei conti greci e il ruolo giocato dalla Goldman Sachs datano 2003. In un dossier del 2004, l’Eurostat ha scritto: “falsificazione generalizzata dei dati sul deficit e il debito da parte delle autorità greche”.
Grazie alla complicità dell’organismo finanziario statunitense e di varie istanze e personalità europee, la Grecia ha potuto fingere durante vari anni il “pacchetto” nascosto del suo debito. Nel 2010, Jean Claude Trichet, allora presidente della BCE, si negò a consegnare i documenti richiesti per conoscere la verità. Succede che nel mezzo di questa grande bugia c’è un personaggio che oggi ha un ruolo centrale: si tratta di Mario Draghi, attuale presidente della BCE e grande partitario di finire di una buona volta per sempre con il modello sociale europeo. Draghi è un uomo della Goldman Sachs. Tra il 2002 e il 2005 fu vicepresidente della Goldman Sachs per l’Europa e, quindi, era al corrente delle falsificazioni dei dati sulle finanze pubbliche della Grecia. E’ stata la sua stessa banca chi ha creato la falsificazione. Il liberismo premia molto bene i suoi soldati. Durante due anni, la BCE e le lobby politiche hanno usato quanto inganno fosse possibile per proteggere a Draghi e non permettere che si portassero avanti le inchieste intorno alle irregolarità commesse in Grecia.
Le commissioni del Parlamento europeo designate per investigare  questa mega truffa si sono scontrate sistematicamente contro le reti che proteggevano il segreto.
La svolta finale di questa complicità tra le oligarchie finanziari è nota a tutti: quasi un continente sottomesso nella crisi del debito, un paese, la Grecia, depredata e in ginocchio, recessione, licenziamenti in massa, perdita del potere d’acquisto per i lavoratori, ristrutturazioni, sacrifici, piani di aggiustamento e miseria. Nel frattempo, i 600 milioni che la Goldman Sachs  ha guadagnato con questa truffa hanno continuato a fruttare nella scommessa suicida che il capitale fa in beneficio proprio contro l’umanità.

Collassa un tratto di scogliera di Dover, video dalla Manica



In una giornata limpida si possono vedere proprio di fronte alle scogliere di Dover sulla costa francese a Cap Gris Nez, le prove degli strati continui di gesso. Circa 70million anni fa, questa parte della Gran Bretagna è stata sommersa da un mare poco profondo. Il fondo del mare era di un fango bianco, formato da frammenti di coccoliti - gli scheletri di alghe molto piccoli che galleggiavano nelle acque superficiali del mare. Questo fango è diventato il gesso. Si ritiene che gli strati di gesso sono stati depositati molto lentamente, probabilmente solo mezzo millimetro l'anno.

Nonostante ciò, fino a 500 metri di gesso sono stati depositati in alcuni punti. I coccoliti sono troppo piccoli per essere visti senza un microscopio, ma se si guarda attentamente si possono trovare fossili di alcuni degli abitanti del mare come spugne, conchiglie, ammoniti e ricci.

Per secoli le scogliere di Dover hanno resistito, vegliando sulla Manica, simbolo dello spirito provocatorio di questo Paese. Ma il loro biancore gessoso è un indizio che non sono così robuste come si potrebbe immaginare. In realtà, essi sono in costante sgretolamento a causa delle interperie meteorologiche. Proprio le incensanti piogge della stagione autunnale che sono penetrate all'interno della struttura rocciosa e il ghiaccio che ha contribuito a creare spaccature sono state le cause della frana del costone roccioso grande quanto 2 campi di calcio.


Alcune persone del posto hanno dichiarato di aver paura per le continue frane degli ultimi anni e di come sia diventata molto pericolosa la spiaggia. Nell'estate scorsa ci fu una piccola frana in pieno giorno che gettò nel panico molti turisti. Nessun segnale avverte dell'imminente crollo hanno dichiarato gli abitanti del luogo. Di seguito le immagini della frana avvenuta in questi giorni.
http://www.meteoportaleitalia.it/news-globali/news-globali/meteo-estero/1793-frana-sulla-scogliera-di-dover-immagini-dalla-manica.html 
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Giappone: violenta eruzione del Sakurajima


Presso il vulcano Sakurajima nel sud di Kyushu, in Giappone, stanno avvenendo grandi insolite eruzioni. Nei giorni scorsi, diverseesplosioni vulcaniane hanno espulso grandi quantità di bombe laviche, alcuni di 50 cm di diametro, lanciate fino a 2 km di distanza.


Pennacchi di cenere hanno raggiunto una quota modesta di 2,5 km secondo il VAAC di Tokyo.
Secondo varie agenzie di stampa l'eruzione che è stata videoregistrato questo Lunedì sarebbe la più grande e violenta dal 2009.

Nel 1914, l’11 gennaio il vulcano ebbe una violentissima eruzione che seppellì di lava i villaggi circostanti, ed il cui deposito unì l'isola alla vicina Penisola di Osumi. Quell’eruzione è stata la più potente eruzione vulcanica del XX secolo mai avvenuta in Giappone, e le colate prodotte in essa unirono il vulcano alla terraferma. Prima di quell'anno, il vulcano era stato quiescente per più di un secolo. Il vulcano dapprima manifestò una serie di forti esplosioni che crearono un'altissima nube eruttiva, poi generò imponenti colate laviche che si riunirono ben presto in un unico fiume di fuoco liquido. Il 13 gennaio del 1914, un violentissimo terremoto uccise 35 persone.

Una nana bruna ed il suo pianeta a 170 anni luce dalla Terra

Gli astronomi hanno utilizzato l’Osservatorio Spaziale Herschel dell’ESA per osservare 2M1207, una nana bruna con il suo disco circumstellare e un compagno planetario cinque volte più massiccio di Giove. Questi nuovi dati forniscono la prima immagine di questo sistema preso a lunghezze d’onda sub-millimetriche. La presenza di un disco di massa intorno a questa nana bruna di dieci milioni di anni suggerisce che la sua compagna planetaria si sia formata direttamente dalla frammentazione del disco. Questo riapre il dibattito su come i pianeti giganti si formano attorno oggetti stellari e sub-stellari. Le nane brune sono una classe sconcertante di oggetti a metà tra lo stato di stella e di pianeta. Non sono abbastanza massicce per innescare la fusione dell’idrogeno nei loro nuclei, come fanno le stelle, ma sono più massicce dei pianeti e quindi in grado – a differenza dei pianeti – di bruciare deuterio per un breve periodo al loro interno. La prima nana bruna fu scoperta nel 1995, e gli astronomi da quel momento ne hanno scoperte centinaia nella nostra Galassia, la Via Lattea, e hanno speculato circa l’origine di questi corpi celesti curiosi. Come le stelle, un certo numero di nane brune sono circondate da dischi di gas e polveri, molto simili a dischi circumstellari visti attorno a stelle giovani. Una manciata di loro sono anche note per possedere compagni planetari con le proprietà dei giganti gassosi e delle masse simili o superiori a Giove. Dal momento che la separazione tra questi oggetti di massa planetaria e dei loro organi madri è superiore ai valori tipici osservati per la maggior parte degli esopianeti gassosi giganti, questi compagni delle nane brune planetarie sono utili quando si studiano come i pianeti giganti si siano potuti formare a distanze piuttosto grandi dalle rispettive stelle. Due principali meccanismi fisici sono noti per causare la formazione di pianeti giganti gassosi attorno alle stelle: lo scenario ‘standard’ di accrescimento del nucleo e l’alternativa con la frammentazione del disco. La teoria suggerisce che la frammentazione del disco è più efficiente a formare pianeti giganti a grandi distanze: le nane brune con compagni planetari sono quindi un banco di prova cruciale per sondare la validità di questo modello alternativo per la formazione dei pianeti giganti. A questo scopo, un gruppo di astronomi guidati da Basmah Riaz presso l’Università di Hertfordshire, nel Regno Unito, hanno sfruttato l’Osservatorio Spaziale Herschel dell’ESA per studiare una nana bruna peculiare che è nota per possedere sia un disco che un compagno planetario.

Nominata 2MASSW J1207334-393254, o 2M1207 in breve, questa nana bruna è piuttosto evoluta, con un’età di circa 10 milioni di anni, e una massa che equivale a 25 volte quella di Giove. Si trova ad una distanza di circa 170 anni luce da noi e appartiene al gruppo stella a bassa densità. Il compagno planetario della nana bruna, un gigante gassoso cinque volte più massiccio di Giove, è stato il primo pianeta extrasolare ad essere stato direttamente ripreso e si trova ad una distanza molto grande da 2M1207 – la distanza prevista tra i due corpi di 55 unità astronomiche (UA) . Dal momento che 2M1207 è la più antica nota nana bruna in possesso di un disco, gli astronomi hanno indagato su una possibile correlazione che suggerisce che i processi di dissipazione di dischi in giro per le nane brune possono avvenire su scale temporali molto più lente rispetto ai dischi che circondano le vere e proprie stelle, dove viene registrato un trend decrescente di masse per gli oggetti sempre più grandi. Conoscendo la massa e le dimensioni del disco intorno a questa nana bruna, gli astronomi hanno anche acquisito conoscenze decisive verso l’origine del suo compagno planetario. Il sistema costituito da 2M1207 e la sua compagna rappresenta la prima prova che dimostra che i corpi planetari di massa possono provenire dalla frammentazione del disco, sfidando così lo scenario attualmente più importante per la formazione dei pianeti giganti. Tuttavia, vi sono anche altri possibili scenari che possano spiegare la formazione di questo sistema. Ad esempio, supponiamo che sia la nana bruna che il suo compagno si fossero formati contemporaneamente come un sistema binario! In questo caso il problema rimarrebbe aperto. I risultati si basano su osservazioni della nana bruna 2MASSW J1207334-393254, o 2M1207 in breve, che sono stati eseguiti con lo strumento SPIRE su Herschel a lunghezze d’onda di 250 micron, 350 e 500. Gli altri astronomi coinvolti in questo studio sono G. Lodato (Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Milano, Italia), D. Stamatellos (Scuola di Fisica e Astronomia, Università di Cardiff, UK) e JE Gizis (Dipartimento di Fisica e Astronomia, University of Delaware, USA).

La Zeolite la pietra che genera calore!

Una nuova fonte di calore, illimitata e a inquinamento zero con l'idea di renderla utilizzabile al più presto su larga scala. E' la zeolite, letteralmente "pietra che bolle": basta, infatti, bagnarla per ottenere grandi quantità di calore. Da aprile, Vaillant metterà sul mercato italiano (dopo Germania, Austria e un paio di altri paesi) la pompa di calore a gas zeolite/acqua zeoTherm, dopo averla presentata, a fine marzo, alla mostra-convegno internazionale alla Fiera di Rho-Pero. Ma intanto oggi l'amministratore delegato di Vaillant Group Italia, Gherardo Magri, insieme ai tecnici del gruppo tedesco, ne ha illustrato le caratteristiche in una conferenza stampa. "Non abbiamo trovato la pietra fisolofale né vogliamo vendere fumo, che per noi sarebbe...imperdonabilé - ha detto Magri - ma solo presentare una novità eccezionale: la zeolite é amica dell'uomo e del pianeta perchè non si porta dietro effetti collaterali".

Obiettivo numero uno: combattere l'inquinamento, magari risparmiando. Magri ha ricordato che se Milano sostituisse tutte le caldaie di vecchia generazione con caldaie a condensazione, si risparmierebbero indicativamente 150 mila tonnellate all'anno di CO2, equivalenti a 500 mila auto in meno che ogni giorno girano per la città. "La zeolite - ha aggiunto - arriva in questa battaglia come un potente alleato e noi faremo di tutto per utilizzarla al meglio, per renderla accessibile, in un giorno non troppo lontano, a costi equi". Gli esperti hanno riprodotto la zeolite naturale in zeolite sintetica, ogni macchina ne precarica 50 chili. Come funziona? Essendo estremamente igroscopica, attrae le molecole d'acqua, le immagazzina nei pori sulla sua superficie: in questo modo le molecole d'acqua si trovano 'rallentate' e la loro energia cinetica viene trasformata in calore, messo a disposizione dell'impianto di riscaldamento. L'energia che mette in moto il processo di adsorbimento è completamente ecologica e arriva dai collettori solari termici, integrati nella nuova pompa di calore. I plus sono rappresentati da un rendimento energetico certificato fino a 135%, un sistema zeolite/acqua che non necessita di manutenzione (la zeolite dura fino a 300 anni) ed è privo di sostanze inquinanti, riduzione del costo della bolletta fino al 60%. Come primo step, la nuova pompa di calore si rivolge alle abitazioni monofamiliari ma già si guarda a dimensioni più grandi. Costo indicativo del sistema completo (che comprende anche i pannelli solari) sui 15 mila euro

Messico: emissioni di gas e ceneri dal vulcano Popocatepetl

15 MARZO 2012 - MESSICO - Il Centro Nazionale per la Prevenzione dei Disastri (Cenapred) ha riferito che nelle ultime ore, il vulcano Popocatepetl ha espulso una serie di esalazioni accompagnate da emissioni di vapore acqueo e gas,e piccole quantita' di cenere. Il Ministero dell'Interno ha riferito che i parametri di controllo rimangono senza importanti cambiamenti. Ha spiegato che durante la notte, un bagliore è stato osservato sul cratere del vulcano e che per ora, c'è una costante emissione di vapore e gas. Lo stato di allerta del vulcano resta a livello giallo. Il Cenapred ha chiesto alle autorità di restare nel raggio di sicurezza di 12 chilometri intorno al vulcano.La Protezione Civile è stata invitata a mantenere attive le procedure preventive in atto, secondo i loro piani operativi.

 


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