L’antico druidismo e la vibrazione primordiale creatrice dell’Universo. La fisica moderna e la teoria delle “stringhe vibranti” all’origine della materia. Le proprietà creative della Nah-sinnar, l’antica musica dello sciamanesimo druidico.
di Giancarlo Barbadoro
Il Suono all’origine dell’universo
La Natura è fonte di innumerevoli forme di suono che portano il loro messaggio all’attenzione dell’individuo. Suoni che divengono musicali nel soffio prolungato e melodico del vento o nel ritmo del battito del cuore. Suoni che sono in grado di sollecitare il profondo della psiche di ogni individuo producendo una varia gamma di sensazioni emotive, di intuizioni poetiche e di visioni oniriche.
Per l’antico sciamanesimo druidico la musica rappresentava una qualità della Natura che si manifestava in maniera invisibile, ma che tuttavia stimolava un potere creativo sull’individuo. Un potere che secondo i druidi non agiva solo sulla mente degli individui, ma poteva addirittura aver agito, all’inizio dei tempi, anche nei confronti di tutto quanto esisteva, dalle foreste al cielo stellato.
Gli sciamani ritenevano infatti che la Natura manifestasse attraverso la musica un profondo e segreto messaggio che poteva portare alla conoscenza dell’origine e della natura reale dell’Universo.
Un messaggio che rivelava come la musica rappresentasse anche un evento più profondo, che si identificava con la vibrazione primordiale che aveva dato vita all’universo e costituiva il cuore pulsante e vitale di ogni cosa.
L’esperienza vibrazionale del fenomeno ondulatorio era ben conosciuta dagli antichi sciamani e ritenuta, insieme alla matematica, un fenomeno di base per tutte le cose esistenti ...
Secondo la cosmologia dell’antico druidismo europeo, l’universo avrebbe avuto origine da un Suono primordiale, quale riflesso di una Causa prima, che nella sua espansione sotto forma di una vibrazione ondulatoria avrebbe creato tutte le cose esistenti
Gli sciamani avevano osservato e studiato il fenomeno della vibrazione delle corde degli strumenti e della propagazione ondulatoria del suono che essi producevano. Un fenomeno apparentemente immateriale, come credevano fosse l’aspetto reale dell’universo, ma in grado di raggiungere l’attenzione degli individui e risultare soggettivamente concreto.
Avevano osservato come le onde prodotte da un oggetto lanciato in uno stagno si allargavano da un centro formando un cerchio e, sebbene fossero di natura inconsistente, coinvolgevano gli oggetti che vi galleggiavano. Avevano altresì osservato come i terremoti producessero fenomeni ondulatori che si propagavano da un epicentro per procedere in cerchio come le onde di uno stagno.
Il dio egizio Thot. Secondo l’esoterismo dell’antico Egitto l’universo avrebbe avuto origine dal suono primordiale che Thot emise all’inizio dei tempi
L’antico sciamanesimo druidico aveva quindi interpretato il fenomeno del suono per spiegare la struttura più intima dell’universo, determinandone la nascita attraverso l’archetipo ondulatorio, e dando vita alla formazione della materia.
La tradizione druidica riporta che all’origine dell’universo si era manifestata una condizione di esistenza definita con il termine “Baktà”. Un campo energetico con una sua potenzialità creativa.
All’inizio, secondo gli antichi testi, il Baktà primordiale si richiuse su se stesso divenendo incandescente e piccolo quanto non avrebbe potuto essere altrimenti. Il nuovo stato in cui il campo energetico si era trasformato produsse al suo interno una “insofferenza” di cui si liberò con una immane eruzione energetica. Evento che produsse un fenomeno ondulatorio di colossale potenza, che si propagò in tutte le direzioni, creando l’esistenza.
Praticamente una descrizione ante-litteram del Big bang ipotizzato dagli astrofisici moderni.
Nella violenza del rilascio energetico si erano formati vortici di “baktà secondario”, differenti dalla natura posseduta da quello primordiale, che raffreddandosi portavano a creare una varietà di istanze energetiche di ogni genere da cui sarebbe sorta poi la materia.
La composizione della materia secondo la fisica moderna: 1) lo stato della materia come appare a livello del piano umano; 2) la struttura molecolare della materia costituita dal legame di più atomi; 3) l’atomo nella sua rappresentazione schematica, formato da un nucleo centrale costituito da protoni e neutroni e da uno sciame orbitante esterno di elettroni; 4) la posizione orbitale di un elettrone; 5) i quark, le particelle basilari che costituiscono gli elementi dell’atomo; 6) le stringhe, corde vibranti di energia che costituiscono i quark
Per l’antico sciamanesimo druidico che era giunto a questa teoria cosmologica, la mente umana poteva avere difficoltà a immaginare un simile processo cosmologico, ma poteva benissimo rappresentarlo attraverso l’esperienza umana dell’archetipo ondulatorio del suono.
Gli antichi sciamani colsero quindi l’esempio dell’individuo che incamera l’aria con il suo respiro e la emette dalla bocca con la modulazione della voce. Il processo cosmologico che aveva dato origine all’universo poteva essere quindi compreso con l’esempio dell’atto dell’inspirazione che portava a trattenere in sé, concentrandola, tutta l’energia dell’aria per poi emetterla attraverso un urlo possente le cui vibrazioni sonore giungevano a mostrare valori di un preciso significato concettuale.
Gli antichi sciamani descrissero così la nascita dell’universo, attraverso l’azione di una essenza plasmatica che, dopo essersi concentrata su se stessa, si era liberata violentemente, come un urlo umano, producendo un flusso ondulatorio a tutto campo che espandendosi, intersecandosi con altri vortici e anche nella sua frammentazione, creava le basi della materia.
Seguendo la logica espressa dalla simbologia del respiro umano, gli antichi druidi nella loro cosmologia ritennero quindi che l’universo era costituito da una vibrazione cosmica nata da un Suono primordiale, generato da una Causa Prima. Un ente posto al di là della possibile immaginazione umana, che rappresentava un Mistero esaustivo a se stesso, immanente a tutto l’esistente.
L’intero universo e ogni forma di vita non erano altro che l’effetto del Suono primordiale che si esprimeva nella sua vibrazione cosmica. Il Suono primordiale manteneva il timbro musicale nella sua vibrazione, inafferrabile rispetto alla capacità percettiva ordinaria dell’individuo, ma in grado di edificare i mondi e l’uomo stesso.
Il Suono primordiale aveva dato vita a tutto quanto esisteva a mezzo di una vibrazione che si era estesa nell’infinito, come una corda vibrante crea le note e le melodie e le espande nello spazio sino ad essere rilevate dagli individui che le ascoltano. Una vibrazione cosmica globale divenuta percepibile dall’individuo come le note di una melodia, attraverso le forme che essa aveva creato, dall’immensità dei fenomeni della Natura sino allo stesso individuo.
Secondo l’antico sciamanesimo druidico, parte del Baktà nella sua manifestazione vibratoria aveva preso forma nella materia e nell’uomo, dando vita alle leggi e al cronotopo dello spazio-tempo. Tuttavia la matrice fondamentale che costituiva l’essenza del campo energetico del Baktà continuava a esistere e costituiva la base vibrazionale dell’universo.
Secondo questa concezione cosmologica tutto risultava esistente nella vibrazione primordiale. Non esisteva differenza tra l’individuo e il resto di quanto esisteva in natura. Tutto era legato a questa stessa matrice vibrazionale e quindi rispettivamente comunicante nello stesso stato fenomenico. Non esisteva neppure la distinzione di passato, presente e futuro, ma solo un eterno presente accessibile allo stato di coscienza superiore dell’Io che riusciva ad uscire dalla soggettività proposta dai suoi sensi. Tutto si rivelava come una identica cosa che aveva avuto origine dal Suono primordiale, esistente sulla base del perdurare della sua vibrazione nel cosmo.
E qui possiamo prendere in considerazione le moderne teorie della fisica quantistica che sembrano supportare la concezione cosmologica dell’antico sciamanesimo druidico.
Esse propongono infatti l’esistenza del fenomeno dell’entanglement che prevede che tutto l’universo non sia altro che un “campo quantico” dove tutti i fenomeni coesistono istantaneamente e sono correlati, in maniera altrettanto istantanea, tra di loro. Non ci sarebbe alcuno scambio di informazioni tra gli oggetti, ma sussisterebbe l’informazione per se stessa, totale e immediata.
È un classico la prova eseguita su una coppia di fotoni che, dopo essere stati lanciati ciascuno in direzione opposta dell’altro, mostravano egualmente, sebbene a distanza, le stesse condizioni fenomeniche a cui uno dei due veniva sottoposto in sede di laboratorio.
I miti cosmologici del Suono primordiale
Sul principio del fenomeno vibrazionale esistono vari miti cosmologici, di popoli lontani tra di loro, che legano il concetto del Suono primordiale alla creazione dell’universo.
Uno di questi è quello del mito druidico del Drago ancestrale. Il druidismo portava a concepire la creazione dell’universo attribuendola alla figura simbolica di un Drago di fuoco, apparso all’improvviso da una voragine che si era aperta sull’abisso primordiale.
Il mito narra che per prima cosa il Drago, identificabile nella moderna teoria del Big bang, si rannicchiò su se stesso chiudendosi come l’uovo generatore per poi alzarsi in piedi e stendersi in tutta la sua altezza aprendo le braccia, che diventarono gigantesche e possenti ali, dispiegandole in tutta la loro estensione. A questo punto il Drago lanciò il suo possente urlo verso il grande vuoto che lo circondava, tanto forte da risvegliare la vita che esso nascondeva. Il suo urlo rappresentava il primo suono della Natura. La vibrazione archetipale che avrebbe creato le forme e gli esseri umani.
Il Suono quindi era inteso come il riflesso della Causa Prima che si esprimeva come la vibrazione che scuoteva l’esistere dall’inizio dei tempi portandolo allo stato di consapevolezza.
La leggenda druidica riporta anche che il Drago portò le braccia sui fianchi sollevandole sino a serrare le mani sul petto per trovare tutta la forza di cui poteva disporre, e accennò al suo primo passo di danza. Una citazione che unisce indelebilmente il Drago primordiale alla danza sacra della Kemò-vad, la “danza nel vento”, altro simbolo della modalità partecipativa dell’individuo all’immaterialità dell’esistenza. Lo Shan degli antichi druidi.
Un esempio del concetto di onda, qui riferita ai fenomeni dell’elettromagnetismo. Tutti i fenomeni ondulatori si comportano con le stesse caratteristiche descrittive
Un’altra tradizione relativa al potere vibrazionale del suono è quella degli Aborigeni australiani, che riprende l’evento del Suono primordiale attraverso il mito del “rombo sonoro”, conosciuto con il termine anglosassone di “bullroarer”.
Nell’esoterismo aborigeno del “Tempo del Sogno”, il Dreamtime, corpus mitologico della cultura aborigena, viene detto che dal suono del rombo primordiale scaturì tutta la vita dell’universo. Dal suo suono stridulo e sibilante,come un suono metallico, si sviluppò un processo evolutivo in sillabe sonore e note musicali ben determinate. Le prime materializzazioni di questi suoni furono gli astri e le costellazioni zodiacali, e poi vennero gli uomini.
Il rombo sonoro viene prodotto, durante gli incontri rituali, da una tavoletta fatta ruotare dai partecipanti appesa a una cordicella. Il suono che ne esce, propriamente quello di un suono continuo, viene ritenuto come la voce degli Dei che hanno creato l’universo.
Ancora un altro mito, appartenente alla tradizione dell’antico Egitto, fa eco al simbolismo del Suono primordiale del Drago dei Nativi europei attraverso il mito del dio Thot.
Questo dio, che mostra per la sua figura iniziatrice della cultura dell’Egitto un forte paragone con il mito di Fetonte dei Nativi europei, è una figura particolare per l’importanza che le viene attribuita. Lo si trova menzionato dalla cosmologia egizia già al momento in cui avviene la creazione del mondo, ma lo si ritrova anche a posteriori, all’epoca della storia umana, quando egli insegna le scienze, le arti e la scrittura basata su un alfabeto di ventidue lettere con cui lascia all’umanità tutto il suo sapere. A lui è attribuito, ancora come per Fetonte, il Gran Libro della Natura, costituito da ventidue lamine simboliche identificate nel suo alfabeto e oggi nelle lamine del gioco dei Tarocchi, che avrebbe lasciato all’umanità prima del suo congedo dall’Egitto.
La leggenda vuole che Thot abbia donato agli antichi egizi anche la musica alla quale verrà attribuito un ruolo molto importante sia nei riti che nella definizione cosmologica dell’universo.
Gli egizi si riferivano infatti al Suono rappresentato dal grido cosmico che il dio Thot aveva scagliato nel nulla all’inizio dei tempi per dare origine al tutto. A seguito del suo grido, o della sua risata articolata su sette note musicali crescenti, sarebbero nate varie realtà divinizzate come la Terra, il destino, il giorno, la notte e così via.
Come ultima citazione, fa eco alle narrazioni dei precedenti miti quanto viene detto dalla Bibbia nel Libro della Genesi nel momento in cui Dio crea l’universo attraverso il potere del suo “verbo”.
Il fenomeno ondulatorio può essere applicato ai vari fenomeni dell’universo e all’esperienza umana. La lunghezza dell’onda, ovvero la distanza tra le creste, caratterizza genericamente i vari elementi della materia esistente nell’universo: dalle onde radio, alla finestra dei colori visibili dall’occhio umano, sino alle radiazioni più nocive. Più la lunghezza dell’onda è ridotta, maggiore è la sua penetrabilità nei corpi e nella materia. Si stima che all’estrema vibrazione ondulatoria l’onda possa comportarsi come una particella subatomica. Una stringa vibrante per l’appunto
Infatti la citazione biblica dice esplicitamente: “Disse Dio, si faccia la luce”. Nuovamente il Suono è rappresentato come facoltà creativa. La Parola di Dio diviene sostanza, la “vibrazione divina” crea la vita sulla Terra esattamente come narrano i miti delle altre culture.
Concetto creativo che viene ripreso dall’evangelista Giovanni che inizia la sua opera dicendo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”.
La materia e la teoria delle “stringhe”
La moderna fisica sembra avallare ancora una volta le conclusioni a cui era giunto l’antico sciamanesimo druidico. Nel lavoro attuato dai fisici per definire l’architettura dell’universo è stata sviluppata infatti la cosiddetta “teoria delle stringhe”. Una nuovissima concezione della materia, che unifica la meccanica quantistica e la teoria della relatività e che va a supportare la cosmologia vibrazionale degli antichi druidi.
Secondo il paradigma del “Modello standard”, adottato in larga parte dai fisici per descrivere l’architettura dell’universo, la materia è composta da varie particelle interpretate come corpuscoli puntiformi indivisibili, come ad esempio i “quark” che si combinano in vari modi giungendo a formare protoni, neutroni e l’ampia gamma di particelle e di molecole che costituiscono l’universo.
La moderna teoria delle stringhe non nega il ruolo essenziale di queste particelle, ma ritiene che esse non siano puntiformi, ma risultino costituite da un sottile filamento di energia, centinaia di miliardi più piccolo di un nucleo atomico. Un filamento di energia che è paragonabile a una cordicella, come quella di un violino, in continua vibrazione.
Le varie visioni all’interno della teoria delle stringhe, e di quella denominata delle Superstringhe, prevedono oggetti essenzialmente a una sola dimensione che possono essere aperti o chiusi e che vibrano in maniera diversa tra di loro manifestando in tal modo differenti cariche energetiche che vanno a costituire i vari elementi subatomici più o meno pesanti. Così come una corda di violino può vibrare in modi diversi producendo differenti note musicali, anche i filamenti della teoria delle stringhe possono vibrare in più modi producendo, a seconda dell’intensità del ciclo vibrazionale, particelle con massa e proprietà diverse tra di loro. Particelle, più o meno pesanti, che vanno ad arricchire il panorama definito dal “Modello standard”.
L’attività coordinata delle stringhe giunge a creare non solamente l’entità dello spazio, ma anche quella del tempo. La teoria delle stringhe allarga i confini immaginabili dell’universo poiché prevede che debbano esistere ulteriori dimensioni spaziali in cui le stringhe possano esistere con le loro caratteristiche che portano a concepire fino ventiquattro dimensioni oltre a quelle che conosciamo.
Ciò che accomuna la visione moderna della Teoria delle stringhe a quella cosmologica dell’antico sciamanesimo druidico è il fatto che i filamenti di stringa non costuiscono di per sé un ente materiale. La stringa è da intendersi come una "unità vibratoria" immateriale che con la sua vibrazione crea il fenomeno della materia così come la percepiamo. Una stringa di energia che vibra all’infinito senza smettere mai.
Secondo la cosmologia dell’antico sciamanesimo druidico la vita dell’universo sarebbe apparsa a seguito dell’urlo immane del drago primordiale sorto dall’abisso del nulla
Viene facile sovrapporre la teoria delle stringhe con quanto concepito dalla cosmologia dell’antico sciamanesimo druidico secondo cui esiste una vibrazione cosmica che si espande per tutto l’universo e che dà vita all’universo stesso attraverso le increspature ondulatorie, identificabili nelle stringhe, che danno corpo alle particelle e agli atomi che costituiscono la materia e lo stesso individuo.
Si potrebbe dire che l’universo sia una grande sinfonia cosmica in cui le note e il loro abbinamento creano la varietà delle forme, gli astri e tutte le forme viventi che possono ospitare.
Un’architettura in definitiva determinata da un campo ondulatorio vibrante assolutamente inconsistente e invisibile, che esiste solo per i sensi che la rilevano, peraltro anch’essi appartenenti alla stessa logica del sistema vibrazionale.
Il Suono e il potere creativo degli sciamani
L’idea, sostenuta dai miti, del principio del Suono primordiale come evento che diede origine alla vibrazione, portando alla creazione delle forme, delle creature e dei fenomeni dell’universo, indusse gli antichi sciamani a concepire la possibilità di attuare azioni creative basate sulla musica.
A questo scopo gli antichi sciamani idearono la Nah-sinnar, una melodia che riproponeva in schemi matematici i più profondi e nascosti archetipi della Natura, rivelando di essere in grado di operare sulle cose e sugli esseri umani.
Gli sciamani, nell’impiego della Nah-sinnar, usavano la voce e altri strumenti, come il flauto, attraverso i quali esprimere il proprio “koran”, il potere interiore del respiro che veniva unito alle facoltà creative della Nah-sinnar.
In tal modo gli antichi sciamani realizzavano azioni terapeutiche attivando i loro cristalli o comunicando con la loro musica un’esperienza di armonia propria del Silenzio interiore, in grado di suscitare benessere e conoscenza.
Sempre attraverso la Nah-sinnar, riuscivano anche a creare le “kels”, creature mitiche semi-viventi costituite dalla permanenza del suono vibratorio.
Gli antichi sciamani impiegavano essenzialmente le kels come propri aiutanti magici al fine di difendersi dalle forze occulte che potevano aggredirli, ma se ne servivano anche per attuare azioni terapeutiche verso individui lontani o le utilizzavano come messaggeri nei sogni. Non disdegnavano, all’occorrenza, di usarle per osservare le mosse dei propri avversari oppure, come nel caso delle pratiche aborigene ancora oggi in uso, per neutralizzarli.
Creature artificiali basate sulla proprietà vibrazionale del suono, realizzate sullo stesso principio menzionato dalla tradizione ebraica che narra del “Golem”, la creatura fatta con l’argilla e resa viva dalla “parola di potere” dei Rabbini che a loro volta si rifacevano al potere della Parola del “verbo divino” che aveva creato il mondo.
3 commenti:
Sono d'accordo con l'articolo al 100 per 100. Il creatore è tutto questo, non quello descritto dalle religioni.
Tutto è suono e tutto è nella coscienza.
Best...
namastè
Viandante
info notizie:
Accuse alla NASA per aver nascosto e distrutto le prove di vita oltre la Terra. Acceso dibattito nel mondo scientifico!
La NASA, che tutto sa e tutto nasconde della vita extraterrestre – almeno secondo alcuni complottisti, di cui chi scrive si fregia di far parte – l’avrebbe fatto ancora: omettere al grande pubblico la scoperta delle prove di vita oltre la Terra che potrebbero rivoluzionare il mondo. Perché il mondo ha, sì, bisogno di una bella rivoluzione, almeno di coscienza, ma non secondo i poteri in essere, che controllano anche l’agenzia spaziale statunitense. Secondo Richard Hoover, astrobiologo che ha lavorato 60 per la NASA, fondando l’AIN Astrobiology Research Group presso il NASA/Marshall
Space Flight Center e guadagnandosi fama internazionale grazie ai suoi studi sui microfossili nei meteoriti, l’esistenza di forme di vita microbiche nei meteoriti sarebbe già stata scoperta e prontamente “coperta” dalla Agency. Lo ha scritto in diversi articoli scientifici e ribadito al 2014 International UFO Congress (Arizona) il 13 febbraio. Forte del suo curriculum presso il più famoso e più influente centro di ricerche spaziali del mondo, e del suo attuale lavoro presso la Athens State University (nonché della carica di visiting researh professor alla University of Buckingham), lui la preparazione scientifica adeguata per avere voce in capitolo ce l’ha e le sue dichiarazioni si sono guadagnate un posto di primo piano in molti media importanti di lingua inglese.
richard B Hover
Richard Hoover
Crinoidi su Marte?
Durante l’UFO Congress, Hoover, in un’intervista video rilasciata a Lee Spiegel, noto giornalista dell’Huffington Post,
ha dichiarato «Sono assolutamente convinto che la vita non sia limitata al pianeta Terra, perché ho trovato i resti di forme di vita che sono assolutamente, definitivamente extraterrestri». Come ha fatto notare Spiegel, le sue dichiarazioni hanno incontrato le critiche di molti scettici, al che Hoover ha risposto, «Questi critici non discutono con me in un aperto forum scientifico. Sarei assolutamente disponibile a un dibattito al Cosmos Club di Washington, ad andare in qualsiasi università e affrontare una discussione scientifica». Non contento, nell’intervista Hoover ha dichiarato di più
e di peggio: «Il rover Opportunity nel 2004 ha scattato un’immagine di un’affascinante struttura marziana che mostra forme strutturali coerenti con organismi conosciuti sulla Terra come crinoidi…
I crinoidi sono echinodermi spinose forme di vita marine, ndt), come le stelle marine… e quindi questi sono animali!
Quello che sto dicendo è che Opportunity ha scattato una fotografia su Marte che mostra forme coerenti con quelle da noi conosciute come cronoidi…
La cosa incredibile è che in questo caso abbiamo un possibile fossile di un organismo interessantissimo in una roccia marziana e tre ore e mezza dopo che la foto è stata fatta, la roccia è stata distrutta dallo strumento di abrasione (del rover, ndr)». Hoover avrebbe chiesto all’astrobiolofgo della NASA David McKay (scomparso nel febbraio 2013) perché quella roccia sarebbe stata distrutta, e gli è stato risposto «per cercare del carbon fossile al suo interno». La spiegazione non ha convinto Hoover, però, che spiega: «Chiunque sappia qualcosa di paleontologia, sa anche che non è necessario trovare carbon fossile per trovare fossili (…). Se un paleontologo trovasse sulla Terra una roccia contenente un fossile interessante, lo raccoglierebbe. Non trovereste mai un paleontologo che dicesse, “Eih, questo potrebbe rappresentare un nuovo genere di vita sulla terra. Dov’è il mio martello? Voglio farlo a pezzi».
hoover
articolo completo visibile qui:
www.segnidalcielo.it
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