In Europa J.P. Morgan ha calcolato tutto, anche il genocidio

sterminio
6 lug – Il titolo che hanno dato al documento è: “The Euro Area Adjustment: about halfway there” ovvero: “Normalizzazione dell’Area Euro: siamo quasi a metà strada”. A redigerlo e firmarlo sono 5 analisti ricercatori della J.P. Morgan Chase, la piu’ grande banca americana. Essi però non sono gli ideatori del piano, sono solo … diciamo così… i fotografi.
E’ comunque importante capire ciò che dicono perché le loro conclusioni assomigliano molto, nella sostanza, a quelle dei famosi “prima e dopo la cura” riferiti solitamente alle cure dimagranti dei ciccioni. Qui però a dover fare la cura dimagrante sono tutti i cittadini d’Europa.

Il documento è pubblico, ma non è aperto a tutti, solo i clienti investitori della J.P. Morgan ne hanno accesso, io l’ho avuto da una amica italo-olandese.
E’ un documento molto lungo (16 pagine) e molto tecnico, quindi esporrò qui, in sintesi e in linguaggio semplificato, solo gli aspetti essenziali dello stesso a fine informativo, e non al fine di suggerire, come è invece lo scopo dello stesso, il clima politico e finanziario che puo’ aspettarsi l’investitore cliente della banca.
Tuttavia, benché il documento sia nella forma solo un rapporto previsionale rivolto a degli investitori, usando la tecnica degli astronomi è possibile individuare chiaramente anche le orbite nascoste, non immediatamente visibili a occhio nudo ma agevolmente calcolabili anche semplicemente per deduzione.
Lo studio dei cinque analisti è impostato come una serie di passaggi necessari a raggiungere determinati obbiettivi, ovvero come valutazione di un percorso da compiere (in inglese usano il termine “journey”). Esemplifichiamo paragonandolo ad una tappa in salita del Giro di Francia: ci sono diversi corridori in gara, alcuni sono in testa e danno il ritmo alla corsa, gli altri arrancano all’inseguimento.
Il documento comincia infatti dividendo l’area Euro in due dimensioni, la prima è riferita alla necessità di apportare agli Stati europei importanti modifiche istituzionali, la seconda riguarda invece la duttilità o rigidità che gli Stati stessi dimostrano di avere per questa attuazione, sia che i problemi fossero già presenti all’atto dell’ingresso nell’Unione Europea, sia che siano sopravvenuti in seguito.
Sotto questo profilo gli analisti mettono in rilievo il fatto che la Germania è la nazione più forte (quella che da’ il ritmo alla corsa nel nostro esempio precedente), quindi è lei che decide come la crisi deve essere affrontata e pretende che ogni problema nazionale capace di ostacolare il cammino comune del progetto sia risolto prima di entrare nella nuova dimensione comunitaria.
Appare evidente dalle stesse parole degli analisti che la Germania sta attuando un abuso di posizione dominante e che finora nessuno, salvo ovviamente gli inglesi (che però son fuori dall’euro) e, in qualche occasione, il nuovo presidente francese, abbia saputo mettere un freno a questo strapotere.
Nei passi successivi il documento illustra la complessità del percorso, composto da diversi passaggi obbligati (come nei “tapponi alpini” per tornare all’esempio ciclistico). I passi da scalare sono almeno sei: “sovereign deleveraging” (riduzione della sovranità nazionale); “competitiveness adjustments” (miglioramento della competitività); “household deleveraging” (riduzione dei debiti sui mutui); “bank deleveraging” (aumento della capitalizzazione delle banche); “structural reforms” (riforme strutturali); “national level political reforms” (riforme della politica sul piano nazionale, includendo anche riforme costituzionali dove occorre nelle Costituzioni nazionali).
Altro che tappone alpino, questo è un vero e proprio programma di sterminio di massa!
Infatti subito dopo gli analisti (che pur facendo realistiche previsioni non hanno interesse a far scappare gli investitori terrorizzandoli) dicono che in qualche area (dell’Europa Comunitaria) molti progressi sono già stati fatti, ma in altre aree il cammino è appena cominciato. Nella media il “gruppo” è circa a metà del percorso.
Poi però (più per vizio professionale che per onestà intellettuale) riconoscono che questo approccio alla crisi che ne è scaturita ha avuto un enorme impatto sulla macro-economia europea, deprimendo in linea generale le performances e allargando il livello di dispersione sull’efficienza operativa.
Essendo l’Europa Comunitaria mediamente solo a metà del percorso programmato, essi temono che altri tre anni di questa “cura” potrebbero non essere tollerati. Ma subito si riprendono da questa pericolosa ammissione e insinuano che ciò non significa obbligatoriamente nuova recessione e comunque “QUELLO CHE CONTA” non è il vento contrario che fa cadere alcuni “corridori”, ma è l’obbiettivo che la corsa possa raggiungere il suo traguardo. (Come nelle guerre Napoleoniche: l’attacco alla collina poteva costare la vita a qualche migliaio di fanti, ma se il fine di conquistare l’obbiettivo veniva raggiunto le perdite erano sempre giustificate).
Poi i 5 alfieri di J.P Morgan, per aggiungere ulteriore ottimismo alla loro tragiche previsioni, dicono che in fondo il vento contrario potrebbe anche calare (durante la tappa) nonostante le previsioni (quelle vere, non quelle appositamente educolrate) dicano che è in arrivo tempesta.
Poi, guardando l’operato della Banca Centrale Europea (e mettendolo probabilmente a confronto con quello delle altre maggiori banche centrali), ricadono nel pessimismo e dicono che occorre un maggiormente aggressivo approccio della BCE a sostegno della manovra (ma si sono già dimenticati che è la Germania a non volerlo?), altrimenti la “regione” rimane vulnerabile agli “shock” della crisi, e comunque, il meglio che ci si puo’ aspettare in questa fase è una crescita dell’ 1% o al massimo 1,5% .
Concludono quindi (ma questa è solo la pagina del riassunto, seguono le altre 15 pagine dei dettagli) dicendo che ad un certo punto i cambiamenti cominceranno ad avere effetto e la “nuova Europa” comincerà a camminare, a meno che nella “periferia” dell’Europa (l’Italia ne fa parte) prevalgano irresistibili pressioni ed opposizioni a questa costruzione. E poiché entrambe queste forze sono attualmente in campo, essi prevedono che l’attuale fase (di crisi) continui ancora per qualche tempo “senza tuttavia inficiare il percorso complessivo”.
Un punto di estrema gravità di questo documento è che in alcuni punti entra a “gamba tesa” sui diritti dei cittadini arrivando persino a indicare alcune modifiche necessarie alle Costituzioni Nazionali al fine di perseguire lo scopo di completare il suddetto percorso, ma mai, nemmeno una volta in tutto il documento, si sognano di dire che tutto questo dovrebbe essere almeno portato alla decisione dei cittadini tramite un referendum popolare.
E’ democrazia imporre tutto questo ai popoli senza nemmeno sentire cosa ne pensno?
Altro punto gravissimo è che questo documento disegna un preciso piano, da realizzare con un percorso di trasformazione dell’Europa che considera solo i passaggi necessari al piano stesso, esprimendo totale indifferenza a ciò che è già costato, e che ancor più costerà alle popolazioni europee per trasformare il più rapidamente possibile l’Europa in un soggetto con caratteristiche economiche (e politiche) compatibili a quelli che sono i precisi desideri degli ideatori di questo progetto. Ideatori che, appare evidente, non sono loro, i cinque estensori di questo documento. Loro si limitano a dire dove il piano di trasformazione è arrivato e cosa bisognerebbe fare per completarlo in fretta.
Bisogna chiedersi allora dove è nato questo piano, chi lo ha scritto, chi lo sostiene? E soprattutto bisogna chiedersi: a chi conviene?
Siamo proprio sicuri che convenga all’insieme dei popoli europei sottoporsi a tutte queste “purghe” staliniane, solo per stare ordinatamente e supinamente agli ordini della Germania che a sua volta, finito il periodo dell’interregno, dovrà inchinarsi al volere del grande capitalismo internazionale, unico soggetto ad avere palesemente da guadagnare in tutta questa allucinante manovra?
Roberto Marchesi



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