- Maria Ferdinanda Piva -
Dal terreno uscirebbero azoto, metano e anidride carbonica. Ho aspettato invano qualche giorno, nella speranza che superassero lo stadio delle “indiscrezioni” gli esiti delle analisi sul terreno che ribolle in una vigna a San Giovanni del Dosso, in provincia di Mantova.
Gli accertamenti sullo strano fenomeno e su altri analoghi casi che si stanno verificando nelle zone colpite un anno fa dal terremoto in Emilia e in Lombardia avvengono – come si suol dire – ai massimi livelli: coinvolti università, enti i ricerca e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Però molte domande sono ancora senza risposta.
All’inizio – ricordate? – a San Giovanni del Dosso era stata esclusa la fuoriuscita di metano: i primi ad accorrere sul posto avevano accostato la fiamma di un accendino al sottosuolo borbottante e non era successo nulla.
Invece il metano – si scopre ora – c’è. Lo scrive la Gazzetta di Mantova, riportando le “anticipazioni” sugli esiti delle indagini affidate alla dottoressa Carmela Vaccaro, del dipartimento di Fisica e scienze della terra dell’Università di Ferrara, ed al professor Daniel Gustavo Nieto Yabar, delll’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste. Tutti i dati sono stati inviati all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Non si sa però da quale profondità arrivano i gas di San Giovanni del Dosso. Se si sono semplicemente aperti una via verso la superficie a causa del terremoto o se sono la conseguenza di fenomeni di sovrappressione nel sottosuolo.
Per il momento, la pozzanghera nella vigna si è calmata. Ma è piovuto, il terreno è argilloso: le crepe che consentivano la fuoriuscita del gas potrebbero essersi sigillate e il fenomeno potrebbe ripresentarsi altrove.
In vari punti della Bassa emiliana e lombarda, infatti, si sono visti recentemente “vulcanetti” e fuoriuscite di gas e fluidi dal terreno, mentre è inaspettatamente aumentata la pressione in alcuni pozzi di metano ormai sfruttati e chiusi.
Il caso è seguito da uno studio chiamato S3 che indaga i processi di preparazione dei terremoti: lo portano avanti l’Unità funzionale geochimica dei fluidi dell’Ingv, il dipartimento di Protezione civile dell’Emilia-Romagna e l’Università di Ferrara; coordina Fedora Quattrocchi, ricercatrice dell’Ingv.
La stessa Quattrocchi ha diffuso il suo indirizzo email – fedora.quattrocchi@ingv.it – precisando che non si sa ancora cosa significhino queste perdite di gas dal terremo ma che è importante raccogliere segnalazioni di “eventi strani che potrebbero ripetersi anche a distanza di tempo dal terremoto più forte”.
Sono le sue stesse parole riportate dalla Gazzetta di Mantova. La ricercatrice ha anche aggiunto, sempre testualmente: “Ricordo che il sisma analogo a quello di un anno fa in pianura Padana, a fine ’500, durò quattro anni”.
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