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Crisi, i manganelli come risposta

di Michele Paris

Negli ultimi giorni, molte città degli Stati Uniti hanno fatto registrare una preoccupante escalation della repressione da parte delle forze di polizia contro le manifestazioni di protesta ormai note in tutto il mondo con il nome di “Occupy Wall Street”. La brutalità impiegata dalle autorità un po’ ovunque nel paese fa seguito alle dure prese di posizione di sindaci e amministratori locali contro un movimento in grandissima parte pacifico e dimostra come la pazienza della classe dirigente americana verso le decine di migliaia di persone scese nelle piazze stia giungendo al termine.


Tra i più violenti interventi della polizia in questi giorni spicca quello andato in scena a partire da martedì a Oakland, città affacciata sulla Baia di San Francisco. Qui le forze dell’ordine sono state protagoniste di violenti scontri per disperdere i manifestanti e impedire loro di rioccupare la piazza del municipio. Nella sola giornata di martedì, gli arresti sono stati 250 e la polizia ha causato il ferimento di un veterano della guerra in Iraq tra i manifestanti, Scott Olsen, colpito da un proiettile vagante e ora ricoverato in condizioni critiche.

Il soffocamento delle proteste a Oakland ha avuto il pieno appoggio del sindaco democratico, Jean Quan, ed è avvenuto in concomitanza con la presenza di Barack Obama nella vicina San Francisco. Il presidente stava presiedendo ad un evento esclusivo per raccogliere finanziamenti elettorali in un hotel della città e, ovviamente, non ha fatto alcun riferimento alle violenze della polizia. Anche nella stessa città californiana, ritenuta una delle più liberal d’America, sempre martedì le autorità hanno poi ordinato ai manifestanti di abbandonare i loro accampamenti a downtown, perché illegali.


Nonostante molti politici democratici in queste settimane abbiano espresso apprezzamento per le ragioni alla base del movimento Occupy Wall Street, sono stati spesso proprio i sindaci di questo partito a ordinare la più dura repressione nelle città americane. A Chicago, ad esempio, dove il sindaco è l’ex capo di gabinetto di Obama, Rahm Emanuel, nelle scorse settimane sono stati arrestati più di 300 manifestanti. Il sindaco democratico di Atlanta, Kasim Reed, ha invece definito “necessari” i 53 arresti operati mercoledì scorso dalla polizia tra gli occupanti di un parco pubblico nella metropoli della Georgia.

Le stesse autorità cittadine hanno invariabilmente citato come giustificazione per arresti e sgomberi brutali i timori per presunte infiltrazioni criminali tra i manifestanti, oppure generici quanto ingiustificati motivi di ordine pubblico o addirittura preoccupazioni per le condizioni igieniche degli accampamenti. Questa è stata finora la strategia dei sindaci di metropoli come Los Angeles, Philadelphia, Boston, Baltimora ed altre ancora.

Secondo i dati raccolti da un sito web d’oltreoceano, basati sui rapporti delle forze di polizia e sui resoconti dei media, a partire dal mese di settembre - quando è nato a New York il movimento Occupy Wall Street - gli arresti di manifestanti nel paese sarebbero più di 2.500.

Se i racconti delle manifestazioni e degli scontri tra dimostranti e polizia si sono moltiplicati con l’espandersi della protesta negli USA, la gran parte dei media ha però evitato di denunciare il comportamento delle forze di sicurezza. Di fronte a questo atteggiamento di giornali e televisioni, c’è da chiedersi quali reazioni ci sarebbero state negli Stati Uniti se la brutale repressione di manifestazioni di protesta pacifiche come quella a cui si assiste ormai quotidianamente nelle città americane avesse avuto luogo, ad esempio, in Iran o a Cuba.

Con ampi strati della popolazione americana costretti a fare i conti con l’intensificarsi della crisi economica, con un livello di disoccupazione sempre alle stelle e con i devastanti effetti delle misure di austerity già adottate e ancora da implementare sia a livello statale che federale, le tensioni sociali e la partecipazione popolare al movimento Occupy Wall Street non faranno altro che aumentare nei prossimi mesi.

In questa atmosfera di crescente conflittualità negli Stati Uniti, la risposta violenta delle istituzioni alle proteste spontanee di queste settimane rappresenta solo un primo avvertimento, diretto non solo ai manifestanti ma a tutti i cittadini americani. Le élite politiche americane non sono infatti disposte ad accettare proteste di piazza prolungate e sono pronte perciò ad utilizzare la forza per reprimere qualsiasi movimento popolare che possa rappresentare una minaccia per la stabilità del sistema.

La popolazione mondiale ha raggiunto quota 7 miliardi!

Lunedì 31 ottobre per la prima volta la popolazione del pianeta raggiungerà i 7 miliardi di persone. E' una stima dell'ONU.

"Abbiamo raggiunto 6000 milioni appena nel 1999, e dodici anni dopo siamo a sette miliardi, sollevando dubbi sul fatto che riusciremo a ottenere 8, 9 miliardi o oltre senza vedere aumentare i tassi di mortalità relativi alla insicurezza alimentare , alle malattie, ai conflitti ", dice Robert Engelman, direttore del World Watch Institute di Washington DC .


Attorno al 1800, il demografo Thomas Robert Malthus avvertì che la fornitura di cibo non sarebbe stata in grado di tenere il passo con un crescente numero di persone. E ha previsto che a una certa soglia, che fissò a un miliardo di persone, ci sarebbero state massicce epidemie, carestie, e un disastro nel numero di esseri umani.

E ancora oggi, la popolazione umana è sette volte la soglia di crisi di Malthus'. Certo, epidemie e carestie rimangono un problema grave in molte parti del mondo. Ma l'essere umano medio sta vivendo una vita più lunga e sana che ai tempi di Malthus, che ha portato alcune persone a respingere la teoria di Malthus.

Non così in fretta, dice Jonathan Foley, direttore della University of Minnesota’s Institute on the Environment.

"Gli esseri umani non sono esenti dalle osservazioni di Malthus. Abbiamo appena rinviato ancora e ancora e ancora attraverso l'innovazione ".



Foley dice che la rivoluzione industriale, la rivoluzione verde e altre nuove tecnologie hanno incrementato la produttività agricola ben oltre ciò che Malthus aveva previsto. "Ma alla fine della giornata, fantasma di Malthus è ancora in agguato sopra di noi", aggiunge.

Finora, noi possiamo avere innovato la nostra via d'uscita dalla fame di massa e da altri problemi, ma quelle molte innovazionio hanno creato una serie di problemi ambientali che minacciano il nostro futuro, dice Foley.

Prendete l'agricoltura, per esempio. "Per nutrire sette miliardi di persone occorre un sacco di terra, un sacco di acqua, e un sacco di energia". "Il 40 per cento di tutta la terra sul pianeta è dedicata alla crescita del cibo, il 70 per cento di tutta l'acqua che consumiamo viene utilizzato per irrigare le coltivazioni. E circa un terzo di tutte le emissioni di gas serra provengono dall' agricoltura ".

Questo rende l'agricoltura il solo unico e grande contributo al cambiamento climatico, la perdita delle speci, e la scarsità idrica globale, che stanno raggiungendo punti critici. E Foley dice che siamo già vivendo diverse limitazioni.

"Il limite della nostra capacità di nutrire il mondo, la nostra capacità di stabilizzare il nostro clima, la capacità di mantenere intatta la biosfera, e la capacità di mantenere intatte le nostre risorse idriche. Non possiamo inventare la nostra uscita da ogni limite. Possiamo spingerci sempre più vicino ai limiti fisici del pianeta, ma stiamo gia vivendo oltre i nostri limiti."

Tuttavia, afferma Laurie Mazur, direttore della ong Population Justice Project "Se ciascuno sul pianeta mangia come le persone in India, per lo più vegetariani, la produzione agricola mondiale potrebbe nutrire oggi circa 10 miliardi di persone".

In altre parole, non ci sarebbe alcuna scarsità di cibo.

"Ma d'altra parte, se noi tutti abbiamo mangiato come si è fatto negli Stati Uniti, una dieta a base di carne molto intensa, la relativa produzione agricola andrebbe ad alimentare solo due miliardi e mezzo di persone".

Questo perché il 40 per cento dei raccolti odierni sono utilizzati come mangimi per animali, rendendo la produzione di latte e carne tra i più inefficienti tipi di agricoltura. Nel frattempo, oggi la maggior parte del consumo viene dai paesi sviluppati. Ma questo sta cambiando velocemente almeno ne grandi paesi sviluppati come Cina e India.

Non c'è consenso su quanti abitanti potrebbe sostenere la Terra, ma quello che andrebbe fatto è soprattutto un accesso equo alle risorse, anche ambientali. Negli Stati Uniti ogni individuo consuma 400 litri di acqua al giorno mentre in Etiopia solo 8-10. Quindi, laddove ci sono degli sprechi occorre intervenire, mentre dove le risorse scarseggiano bisogna investire affinché possano essere accessibili a tutti.

Svelato il motore delle stelle

Il motore che alimenta le stelle non ha piu' segreti. Per la prima volta le teorie sui meccanismi che lo alimentano sono state ''toccate con mano'' grazie ad un esperimento internazionale i cui rivelatori si trovano in Italia, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn)
L'esperimento si chiama Borexino ed e' una collaborazione internazionale fra tre gruppi dell'Infn, tre universita' statunitensi, e altri gruppi tedeschi, russi, francesi, polacchi, coordinata dall'italiano Gianpaolo Bellini di universita' di Milano e Infn.
Dopo i risultati straordinari sul superamento della velocita' della luce, a stupire sono ancora una volta i neutrini studiati sotto la roccia del Gran Sasso. Questa volta i neutrini non sono quelli ''spediti'' dal Cern di Ginevra, ma quelli prodotti dal Sole. Sono neutrini di bassissima energia prodotti dalla fusione nucleare che alimenta le stelle e per la prima volta hanno permesso di dimostrare l'esistenza delle reazioni nucleari che avvengono nel cuore delle stelle, ipotizzate da molto tempo ma finora mai dimostrate.
La reazione osservata nell'esperimento si chiama ''reazione nucleare dominante'' (nota anche come catena protone-protone, o pp). In essa i nuclei di idrogeno si fondono dando vita al deuterio e portano la temperatura nelle stelle fino a dieci milioni di gradi. Nelle stelle piu' grandi del Sole, invece, la stessa reazione non produce abbastanza energia per contrastare la forza gravitazionale della materia stellare e farebbe implodere la stella su se stessa. A evitare il collasso e' un altro ciclo di fusione nucleare che coinvolge nuclei di carbonio, azoto e ossigeno e fa impennare la temperatura delle stelle oltre 18 milioni di gradi. Se questo ciclo, chiamato Cno, non esistesse, le stelle sarebbero molto piu' rare e l'universo decisamente piu' buio.
La prova che queste reazioni sono proprio quelle che fanno ''accendere'' le stelle e' venuta dalla misura di una reazione ''figlia'', fatta attraverso l'analisi dei neutrini che provengono dal Sole. E' stato possibile perche' la fusione nucleare che avviene nelle stelle produce una grande quantita' di neutrini a bassissima energia che in parte raggiungono la Terra, molto difficili da rivelare. Posto nelle caverne sotterranee dei Laboratori del Gran Sasso, sotto 1,4 chilometri di roccia, l'esperimento Borexino e' oggi l'unico al mondo in grado di misurare in tempo reale i netrini solari, annullando ogni altro disturbo. La roccia assorbe infatti i raggi cosmici, mentre le tecnologie sviluppate dall'esperimento permettono di sopprimere le tracce di radioattivita' a livelli mai ottenuti fino ad oggi. In questo modo e' possibile schermare l'esperimento e far emergere i deboli segnali prodotti dai rarissimi urti dei neutrini con la grande massa di materiale del rivelatore.
fonte: ansa.it

Il sole che verra'

Caldo torrido, nuova era glaciale o nulla di tutto questo? Il futuro della Terra dipende dalla nostra stella ma prevederne il comportamento non è così scontato.

di Luca Nobili

Quando si parla dell’attività solare e dei cicli di minimo e massimo della nostra stella si entra in un campo insidioso. Al momento non esistono modelli che permettano di prevedere nel dettaglio il comportamento del Sole, se non a grandi linee. Eppure sono sempre più frequenti articoli e ipotesi su cosa ci aspetta nei prossimi anni, che spaziano da scenari caldi ad altri gelidi.

L’attività solare è strettamente legata alle macchie solari. Da quando sono state osservate e studiate con metodo scientifico dagli inizi del 1600, compreso il contributo di Galileo Galilei, le macchie solari hanno avuto un grande impatto sulla nostra conoscenza del Sole, considerato prima di allora nella cultura europea dominante come un corpo celeste perfetto, immutabile e incorruttibile. Successivamente si individuò l’esistenza di un ciclo periodico: le macchie aumentano e diminuiscono di numero seguendo periodi che in media durano 11 anni e a una maggior quantità di macchie corrisponde una maggiore intensità dell’attività solare. Non mancano però cicli anomali come quelli registrati dal 1645 al 1715 quando si arrivò a contare un minimo “storico” di macchie. Nello stesso periodo l’Europa venne attraversata da una lunga ondata di freddo, oggi denominata piccola era glaciale, segno di una probabile correlazione tra il clima e intensità dell’attività solare. Anche se va detto che la piccola glaciazione durò ben oltre il termine di tale periodo di minimo.

Ora il Sole sta raggiungendo un nuovo massimo il cui picco è previsto nel 2013 per poi tornare al minimo successivo nel 2020. Di questo passo il ciclo attuale stabilirà il record di durata, risultando il più lento tra quelli conosciuti. Per questo, e al contrario di chi preannunciava infuocate tempeste solari che avrebbero inaridito la Terra, alcuni esperti prevedono l’arrivo di un periodo di minimo più lungo del solito, forse analogo a quello avvenuto all’epoca della piccola era glaciale. Prima di giungere a una qualsiasi conclusione va ribadito che si tratta di previsioni quantomeno azzardate: il legame tra attività solare ed ere glaciali non è univoco, inoltre abbiamo iniziato a misurare con precisione i cicli solari solo da pochi decenni, da quando abbiamo spedito sonde nello spazio che hanno permesso di ottenere osservazioni più accurate. Troppo poco per costruire modelli che ci permettano di prevedere nel dettaglio il comportamento del Sole che tra l’altro ha già attraversato cicli anomali che potrebbero rivelarsi a loro volta normali periodi di variabilità.
Fonte:http://www.media.inaf.it/2011/10/28/il-sole-che-verra/
Letto da:http://www.altrogiornale.org/news.php

Una tempesta di neve mette in ginocchio la costa orientale degli Stati Uniti

30 Ottobre 2011 - Piu' di due milioni di utenti sono rimasti senza elettricita' negli stati della Pennsylvania, Connecticut, Maryland, New York,Massachusetts, Virginia e New Jersey,a causa di una forte tempesta di neve che sta imperversando lungo la east-coast degli Stati Uniti e che sta avendo delle fortissime ripercussioni sul traffico aereo nazionale.Secondo gli esperti meteo sarebbe insolita la presenza della neve alla fine di Ottobre in quelle zone,infatti Dicembre sarebbe il periodo delle grandi nevicate per il nord-est degli Stati Uniti,dati storici rilevano che in 135 anni solo 3 volte ha nevicato in Ottobre a New York.In molti stati e' stato decretato lo stato di calamita' naturale.

In New Jersey si registrano oltre 35 centimetri di neve, mentre Central Park a New York è stato ricoperto da 3,3 centimetri di coltre bianca, un record per questo periodo dell'anno. La tempesta, che si sta dirigendo verso nord, potrebbe peggiorare ancora. Sono previsti venti a 88 chilometri orari lungo le aree costiere. Il maltempo ha colpito anche i trasporti, provocando forti ritardi nei voli agli aeroporti newyorkesi Newark e Jfk, così come allo scalo internazionale di Philadelphia. Si registrano anche ritardi sulle linee ferroviarie.

Continua l'eruzione del monte Hudson in Cile

SANTIAGO, Cile - Il Vulcano Hudson,Cile,ha rilasciato tre enormi colonne di vapore e cenere che combinate in una nuvola alta di più di 3 miglia Venerdì ha minaccianto un'eruzione molto più grande che ha messo le autorità del Cile e Argentina in allarme rosso.


I Funzionari cileni hanno evacuato 119 persone dalla zona circostante, e altri residenti nelle vicinanze pronti a fuggire,la neve sciolta e il ghiaccio hanno causato l'esondazione del fiume Aysen che ha cominciato a traboccare dalle sue sponde.
Il vapore e la cenere venivano da tre crateri, che vanno da 650 metri a 1.600 metri di larghezza, e con terremoti che scuotono la montagna, una grande eruzione potrebbe avvenire entro ore o giorni.
Già, un pennacchio di cenere e vapore si è diffuso a 7,5 miglia a sud-est, verso l'Argentina.
Il vulcano Hudson ha eruttato due volte negli ultimi 60 anni, più di recente nel mese di agosto del 1991, quando ha accatastato 18 pollici di cenere e ha ucciso circa 1,5 milioni di pecore sul versante argentino della catena montuosa delle Ande.

Fonte:http://theextinctionprotocol.wordpress.com/
Letto su:expianetadidio.blogspot.com

L’Oceano Atlantico cambia direzione!


Gli scienziati sono rimasti scioccati nello scoprire che le acque profonde dell’Oceano Atlantico hanno cambiato direzione!Gli scienziati che studiano l’Oceano Atlantico sono stati scossi nel capire, che per qualche motivo sconosciuto le acque profonde dell’oceano hanno invertito la loro direzione di flusso. Ciò non è accaduto dall’inizio dell’era glaciale! Invece di andare verso sud, come fanno di solito, queste acque abissali ora scorrono verso nord.


La variazione di flusso potrebbe avere accompagnato profondi cambiamenti climatici, hanno spiegato i ricercatori. Potrebbe essere la prova di raffreddamento globale!Nell’Atlantico, la Corrente del Golfo porta l’acqua calda di superficie dai tropici alle alte latitudini, dove si raffredda, verso sud nelle profondità dell’oceano. Il modo in cui scorre l’acqua nel mare aiuta a ridistribuire il calore – e questo è fondamentale per il clima glogale. Linee contraddittorie di prove a partire dal picco del freddo glaciale – l’ultimo massimo glaciale – rendono difficile per gli scienziati determinare se questa circolazione oceanica è andata fortemente o leggermente in una direzione particolare all’epoca.Ma ora … l’Oceano Atlantico ha chiaramente cambiato direzione! Che cosa significa?Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno indagato su un pilastro di sedimenti a circa 128 piedi (39 metri), estratte dal fondo marino mediante l’uso di una nave al largo della punta di Africa sotto di circa 8.000 piedi (2.440 m) di acqua. La parte superiore 15 piedi (5 m) o così di questo campione nucleo contiene materiale che riflettono le condizioni dell’oceano, negli ultimi 50.000 anni.”E ‘molto difficile estrarre questi nuclei a tali profondità senza rottura del tubo di metallo nel mare aperto, che di solito ha cattive condizioni meteorologiche”, ha detto il ricercatore Juan Magrita, un paleoceanografico presso l’Università Autonoma di Barcellona in Spagna. Tuttavia, il personale a bordo della nave, il Dafania Juanita, è molto esperto, ha osservato.Gli scienziati di tutto il mondo si stanno consultando per determinare perché l’Oceano Atlantico è in cambio di direzione. “Questo potrebbe avere conseguenze catastrofiche per le persone che vivono su entrambi i lati dell’Atlantico. Questo è un problema globale pericoloso,le nazioni del mondo devono agire insieme per correggere il problema, se possibile.” Ha detto il professor Jacob Jabolin dell’Università di Harvard.

Prepariamoci a grandi cambiamenti…

fonte: http://www.livescience.com

 


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