Henry Kissinger: “Controlliamo il petrolio e controlleremo le Nazioni, controlliamo il cibo e controlleremo i Popoli”
Ci sono piccole storie che pochi conoscono e che hanno cambiato radicalmente i nostri consumi e il nostro cibo. Il grano, il cereale più presente nell’alimentazione mondiale, è stato spesso la vittima di interessi lucrativi, dalle speculazioni di borsa alla manipolazione genetica. Ci sono però piccole storie come questa che voglio raccontarvi che rimangono sconosciute alle masse ma che esemplificano il modo in cui i governi e le multinazionali agiscono spesso a sproposito su quella fetta di pane che mettiamo sul nostro tavolo.
Verso l’inizio degli anni Novanta, le grandi multinazionali che trattavano OGM cominciarono a guardare le risorse alimentari mondiali, a collezionare dati su produzioni, coltivatori, sementi. In questo furono facilitate e appoggiate in primis dalla WTO (World Trade Organization, l’organizzazione mondiale del commercio che dovrebbe solo supervisionare gli accordi commerciali tra gli stati membri) e dal governo americano che ha una ben nota propensione a cercare di controllare il cibo nel mondo. Ricorderei solo al volo l’affermazione di Kissinger al Congresso: «Controlliamo il petrolio e controlleremo le nazioni, controlliamo il cibo e controlleremo i popoli».
Bene, in questo assembramento di occhi puntati su quello che facevano gli agricoltori nel mondo, si accorsero di una cosa elementare: tutto parte dai semi. È l’acquisto della semenza da parte del contadino che innesca tutto il processo, non la raccolta del grano o la sua quotazione in borsa, lì è ormai troppo tardi. All’origine di tutto, scoprirono, c’è il seme e il seme diventa frutto e fa altri semi quindi se il contadino prende un seme brevettato dalla multinazionale, potrebbe ottenere un numero esponenziale di nuovi semi gratis. Un po’ quello che scopriamo noi alla terza strofa quando all’asilo ascoltiamo: «Per fare un tavolo ci vuole il legno». Il problema è che la stessa informazione nelle mani sbagliate produce risultati nefasti.
A questo punto le multinazionali costruirono uno strumento collettivo che gli consentisse di vendere solo dei semi che non si potessero riprodurre, il GURT (Genetic Use Restriction Technology), ribattezzato poco dopo “Terminator”, dal nome del celebre film del tempo. Leggendo i documenti di costituzione di Terminator, si apprende che questa tecnologia viene impiegata (questa è divertente!) per tutelare le multinazionali dai contadini furbetti che utilizzavano i semi brevettati senza pagare i giusti diritti. Ovvero, la tecnologia Terminator doveva impedire ai contadini di riprodurre i semi, costringendoli a comprarli dalle multinazionali. In pratica, questo Terminator non era altro che una tecnologia brevettata applicabile a molte specie vegetali che consentiva alle multinazionali proprietarie di creare dei semi sterili intervenendo sul DNA della pianta, facendo in modo che fosse la pianta stessa ad uccidere i propri embrioni e quindi ad auto-sterilizzarsi. Questo è stato il momento esatto in cui l’uomo ha deciso coscientemente di devastare il più grande equilibrio naturale, la più grande risorsa rigenerativa che abbiamo: il ciclo seme – pianta – altri semi – altre piante. Le prime ad applicare questa tecnologia Terminator furono la Delta & Pine Land per il cotone e la Monsanto per soia e grano. I semi Terminator di grano erano geneticamente programmati per non riprodursi dopo il raccolto. Seminati, non crescevano piante. In particolare riuscivano a fare questo suicidio perché sviluppavano una tossina, in fase di germogliazione, che uccideva gli embrioni. Furono sperimentati e utilizzati quasi esclusivamente nel Terzo Mondo, impoverendo ulteriormente i contadini locali, costretti a comprare le sementi ogni anno.
Ma è alla seconda generazione dei semi Terminator verso la fine degli anni ‘90 che si iniziano a vedere risultati un po’ diversi, tanto che questi semi vennero rinominati Traditori. Non bastava più, infatti, fare delle sementi che producevano piante con semi sterili. Arrivarono a fare delle sementi modificando o aggiungendo un gene, detto gene interruttore, che veniva attivato solo in presenza di un particolare prodotto chimico. In pratica, i semi di grano erano inermi finché il contadino non li irrorava del prodotto attivatore. Di conseguenza, le coltivazioni OGM di grano potevano resistere ai patogeni più comuni solo utilizzando un prodotto chimico specifico, chiaramente acquistabile dalle multinazionali stesse. Nessun interesse per la qualità del prodotto e la sua iterazione con l’uomo che se ne nutre, l’unico interesse di tutta questa sperimentazione e chiusura del mercato è stato unicamente il mercato e il capitale. Grazie a questi nuovi semi di grano Terminator, si arrivò anche a brevetti in cui le piante dovevano essere attivate con un prodotto per germogliare, proponendo la cosa come un sistema ideale per evitare problemi climatici. Per esempio: il contadino semina ma vede che sta arrivando una gelata, non attiva i semi, attende che sia passata e solo allora utilizza il prodotto per innescare la crescita.
Ma perché un governo dovrebbe appoggiare un piano del genere? Perché, semplicemente, queste aziende sono americane e questi brevetti sono di conseguenza americani. Negli USA l’accordo sugli OGM Terminator prevedeva che il 5% dei diritti andasse al governo americano. Ecco quindi da dove nasce la grande spinta dell’America nel cercare di rifilare gli OGM all’Europa, dopo averne impestato tutto il Terzo Mondo. Solo il brevetto di grano, soia e cotone Terminator fu utilizzato in 78 nazioni diverse con un introito di milioni di dollari di allora per il governo.
Chiaramente, ci furono anche delle proteste, soprattutto da parte di chi aveva capito che il controllo dei semi attuato da poche multinazionali nel mondo era un disastro ambientale, sociale e agrotecnico. I governi dopo un po’, soprattutto quelli europei e tra loro quelli meno filo-americani come i francesi, cominciarono a interrogarsi su che cosa fosse effettivamente il grano Terminator, se magari questa manipolazione genetica non potesse influire sul prodotto finale, sulla fetta di pane in tavola tutti i giorni, sul piatto di pasta. Nel frattempo, arriviamo al 1998 tra le proteste, ma con il perseverare della vendita dei semi Terminator e degli incassi del governo americano sull’utilizzo del brevetto. Il 1998 però è anche l’anno in cui la Monsanto cerca di annettersi la Delta & Pine Land, tentando in pratica di diventare l’unico distributore dei semi brevettati che avrebbe venduto ai contadini di tutto il mondo. Valse a fermarla l’allora nascente campagna contro i cibi OGM finché però nel 1999 intervenne il presidente della Rockfeller Foundation a chiedere che si fermasse la commercializzazione dei semi Terminator. Apparentemente fu una ritirata dopo aver scatenato l’opinione pubblica, in effetti invece fu una mossa strategica: erano in corso di sviluppo altre tecnologie OGM, il grano Terminator era ormai cosa vecchia e obsoleta, ma lo tennero parcheggiato qualche anno fino a farlo ricomparire quasi in sordina verso il 2007-2008, grazie al fatto che l’opinione pubblica e la stampa che la guida se ne erano completamente scordati.
Oggi, la tecnologia OGM è più che mai presente e pressante alle porte dell’Europa, si infiltra dai paesi più compiacenti e arriva sulle nostre tavole in prodotti in cui non è specificato se il grano sia Terminator o altro. Ci arrivano anche travestiti da progetto ecologico. Dal giugno 2003 infatti, la Monsanto presenta i semi Terminator con nomi più allettanti – ma uguale tecnologia – proponendoli però come un metodo per controllare la diffusione dei semi geneticamente modificati che potevano riprodursi attraverso il vento o altri agenti naturali, contaminando così le coltivazioni non OGM. No, non è una storia con un bel finale, mi spiace. Però è un finale aperto, possiamo farlo noi: interessarci puntualmente del cibo, a partire dalla sua forma primaria, il seme.
Autore: Grazia Cacciola
Giornalista e saggista, esperta in diversi settori delle discipline olistiche, della coltivazione naturale e dell’economia sostenibile. Pioniera della decrescita e dell’autoproduzione in Italia, è conosciuta per il sito erbaviola.com, dove dal 1999 documenta il suo percorso di vita.
fonte: http://www.dolcevitaonline.it/il-grano-terminator/
via Zapping
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