Chernobyl e Fukushima non sono state le uniche catastrofi nucleari
planetarie. Dietro gli Urali, nella regione di Chelyabinsk, una delle
più inquinate di tutta la Russia,
si sono infatti verificati tre gravissimi incidenti. La centrale di
Mayak (che in russo significa “faro”) nacque nel 1949 per produrre
plutonio per armi nucleari, e dal 1949 al 1952 riversò circa 76 milioni
di metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi
– principalmente
cesio e stronzio – nel Techa, fiume lungo il quale vivevano circa
124.000 persone, divise in villaggi dediti all’agricoltura e
all’allevamento. Nel 1957, nell’impianto di Mayak esplose un serbatoio
di rifiuti radioattivi e, oltre al cesio e allo stronzio, si aggiunse il
ben più pericoloso plutonio; l’esplosione formò una nube radioattiva
che coprì un’area di circa 23.000 chilometri quadrati, creando l’area
della “East Ural Radioactive Trace” e sprigionando almeno il doppio dei
radionuclidi dell’incidente di Chernobyl.
Il terzo incidente ebbe luogo nel 1967, quando il Lago Karachay,
usato per lo smaltimento dei rifiuti nucleari più pericolosi, si asciugò
a causa di un’estate torrida,
e i venti spazzarono le sue polveri radioattive per un’area di circa
2.000 chilometri quadrati. Questi incidenti, la cui gravità si evince
anche solo dai numeri, furono tenuti completamente segreti fino
all’esplosione di Chernobyl. Dopo questo incidente, che più di quello di
Three Mile Island (Usa) focalizzò l’attenzione dell’intero pianeta sulla pericolosità della produzione di energia da fonte nucleare, il governo
sovietico non fu più in grado di nascondere i disastri precedenti.
Oggi, a cercare di fare luce su queste remote stragi ambientali e
sociali sono tre italiani: il documentarista Alessandro Tesei, già
autore del pluripremiato film Fukushame, in cui si mostrano le falle del
sistema giapponese nell’affrontare la strage di Fukushima, il
fotoreporter Pierpaolo Mittica e il ricercatore e antropologo Michele
Marcolin. Obiettivo dei tre? Raccontare in un documentario cosa è
successo in quei luoghi dimenticati dalla storia.
«La ricerca si è sviluppata tra visite nei luoghi contaminati e
interviste a persone coinvolte all’epoca dai vari incidenti, per capire
come hanno vissuto in quegli anni, e come ora affrontano l’aumento
esponenziale di morti per tumore e di malformazioni e problemi mentali
alla nascita», racconta Tesei: «Abbiamo trovato una grande confusione, e
diversi modi di trattare sia il problema che le persone: alcune vivono
ancora a ridosso del fiume Techa, e il governo
russo gli concede una misera pensione di circa 6 euro al mese. Altre
sono state evacuate in zone ugualmente contaminate. Altre ancora sono
riuscite, dopo intense battaglie legali, a ottenere dei risarcimenti che
gli hanno permesso di spostarsi in zone più salubri». Il farsi
riconoscere lo status di vittima della contaminazione è però complesso,
aggiunge il filmaker, «e ovviamente il governo russo, così come sta facendo a Fukushima quello giapponese, crea dei muri di burocrazia che confondono e spesso dissuadono le persone dal far valere i propri diritti».
I documentaristi italiani sono stati guidati in questo viaggio da
Nadezhda Kutepova, storica attivista e avvocatessa che aiuta le persone
di quelle zone a farsi valere tramite azioni legali. «Grazie a lei
abbiamo avuto addirittura la possibilità di assistere a un processo per
il riconoscimento dello status di vittima delle radiazioni, che è stato
vinto dalla sua assistita. Una spinta per tutti quelli che pensano di
rinunciare in partenza, spaventati dalle prime difficoltà», rivela
Tesei. «Molte altre cose ci sarebbero da aggiungere – conclude il
regista marchigiano – ma ciò che davvero spaventa e lascia increduli è
il fatto che ogni governo,
sia esso russo, giapponese o italiano, nel corso del tempo e
perfettamente consapevole delle conseguenze di scelte scellerate,
continui imperterrito a comportarsi in maniera criminale ai danni della
comunità». Da Kyshym a Fukushima sono passati 54 anni. Ma la storia, in effetti, sembra sempre la stessa.
(Andrea Bertaglio, “Nel 1957 a Mayak la catastrofe nucleare più grave della storia”, da “La Stampa” del 2 agosto 2014).
http://curiosity2013.altervista.org/sapete-credete-sapere-tutto-chernobyl-fukushima-nessuno-vi-mai-detto-niente-mayak-catastrofe-nucleare-grave-storia-ci-sempre-tenuto-nascosto/
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