Ecco come la Germania ha truccato i suoi conti e messo in ginocchio il nostro paese.


Noi italiani siamo considerati Piigs e costretti a continue mortificazioni davanti all’integerrima Germania che ci richiede misure di austerity vestendosi di finto moralismo e di autoreferenzialità.                                                                                                           Che la Germania giocasse sporco lo avevamo già intuito quando l’ex Ministro delle finanze greco Nicos Christodoulakis denunciò a suo tempo che il Governo tedesco non aveva incluso gli ospedali
nel settore pubblico falsando quindi i suoi conti dell’entrata nell’euro.   Il lupo perde il pelo ma non il vizio ed infatti la Germania continuerà a falsare i suoi conti da quel momento in poi.

L’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che [[ sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza“. In pratica uno stato non può finanziare a deficit le sue imprese.]] Lo sa bene l’Italia che ha visto le proprie imprese perdere competitività nelle esportazioni registrando il più alto tasso di fallimento delle stesse. Eppure le eccezioni stabilite dal comma 3 dello stesso articolo 107 prevedono l’erogazione di aiuti di Stato nei casi in cui occorra favorire lo sviluppo economico di regioni il cui tenore di vita è anormalmente basso (in Italia ne abbiamo a iosa anche in quello che era il ricco nord) oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (disoccupazione in italia record pari al 12,9% con quella giovanile al 42,24%) o si debba porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro (quella attuale è considerata la più grave crisi economica che ha investito l’italia dal dopoguerra ad oggi). In pratica proprio le eccezioni previste dal comma 3 permetterebbero oggi agli Stati in crisi d’intervenire per cercare di frenare gli effetti del disastro. Ma allora perchè non fanno appello a questo intervento ? Perchè è stato reso loro impossibile dato che ogni paese per richiederlo deve rispettare obbligatoriamente i parametri del fiscal compact. In pratica usando un gioco di parole potremmo dire che per accedere agli interventi destinati ai paesi in crisi è obbligatorio che il paese non stia in crisi.

Ma siamo sicuri che tutti i paesi dell’Unione Europea abbiano rispettato le regole imposte dai Trattati ? Analizziamo insieme alcuni dati: La crescita economica tedesca fra il 2000 e il 2003 era stata nulla mentre la disoccupazione cresceva. Nel primo decennio dell’euro (1999-2008) il debito pubblico tedesco è aumentato (dal 61% al 67% del Pil), al contrario di quello di molti Pigs, Italia compresa (il cui debito nello stesso periodo scendeva dal 113% al 106% del Pil) questo perché dal 2000 al 2005 (badate bene), prima dello scoppio della crisi del 2007 la spesa pubblica tedesca è aumentata di circa 120 miliardi di euro una cifra che fu allocata per circa 2/3 (90 miliardi di euro complessivi) in sussidi alle imprese e in politiche attive per il mercato del lavoro. Le spese per l’istruzione invece aumentarono di soli 8 miliardi e quelle per l’edilizia popolare di 3. In pratica la Germania che per 4 anni di seguito sforò la regola del 3% nel rapporto deficit/pil stava finanziando a deficit le proprie imprese in aperta violazione del Trattato di Maastricht spendendo soldi pubblici per rendersi competitiva con le scorrette riforme Hartz – che quindi vanno inquadrate come il classico aiuto di stato vietato dai trattati – che porteranno ad un abbattimento del costo del lavoro tedesco, a colpi di precarietà con la flexicurity e i mini job, che determinarono un declino dei salari nominali e reali tedeschi che scesero fra il 2003 e il 2009 di circa il 6%. Una svalutazione reale finanziata con sussidi diretti e indiretti al sistema produttivo tedesco. Queste azioni di vero e proprio dumping sociale avviate in Germania furono decise unilateralmente, senza consultare “i fratelli europei” violando palesemente l’articolo 119 del Trattato di Funzionamento dell’UE (TFUE).

Ma la Germania non ha mai smesso di finanziare le sue imprese in violazione dei trattati europei infatti in pochi sanno – dato che i media e i politici tendono a glissare su questo argomento – che la banca pubblica creata nel dopoguerra dagli alleati per gestire i fondi del piano Marshall è diventata oggi il più importante strumento di politica industriale del paese ed una delle più grandi e potenti banche del mondo la Kreditanstalt fuer Wiederaufbau, (KfW) cioè Istituto di credito per la ricostruzione.

La KfW ha da decenni il ruolo di motore e finanziatore dello sviluppo, ossia quel ruolo che i falchi di Berlino e di tutta l’Eurozona non vogliono attribuire alla Banca Centrale Europea. A trarne vantaggio è il solo sistema tedesco. Il rating di questa banca è ottimo, pari a quello dei Bund tedeschi, per cui alla KfW non è difficile approvvigionarsi a tassi bassissimi quasi esclusivamente sui mercati mondiali dove negli ultimi anni ha realizzato in media emissioni per circa 80 miliardi di euro come riportato da un articolo di Repubblica del 11 Febbraio 2013.

( http://www.repubblica.it/economia/affari-e finanza/2013/02/11/news/kfw_cos_funziona_il_motore_della_germania-52371618/ )

La KfW appartiene per l’80% alla Repubblica federale e al 20% ai Lander (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici) e svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico non solo finanziando le piccole-medie imprese, ma rendendosi artefice di salvataggi di aziende e banche come nel caso della Ikb collassata a causa dei mutui subprime. Salvataggi che ad altri Paesi non sarebbero stati permessi ma che Berlino continua a far passare come interventi non pubblici, a dispetto della proprietà al 100% pubblica dell’istituto e sostenendo dei costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale e che quindi non figurano nel debito pubblico tedesco.

Compiti e operazioni che, invece, in altri Paesi figurerebbero nei conti statali incidendo nel rapporto debito/pil in maniera considerevole infatti, conteggiando le spese di questa che può essere definita la Cassa depositi e prestiti tedesca, la Germania sfiorerebbe il 100% nel rapporto deficit/Pil come ha fatto notare l’economista Alberto Bagnai su “il Fatto” quotidiano dove ha spiegato che “questa operazione è consentita dai criteri contabili Esa95, che escludono dal computo del debito pubblico quello delle società pubbliche che coprono i propri costi per oltre il 50% con ricavi di mercato. La KfW rientra in questo criterio, ma ciò non toglie che se qualcosa le andasse storto, sarebbe il governo federale a garantire le sue obbligazioni, esattamente come gli altri Bund.”

( http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/23/germania-solo-berlino-puo-truccare-conti-eurozona-terra-di-disuguaglianza/718024/ )

In pratica anche se i tedeschi hanno trovato il modo per aggirare le norme resta il fatto che si tratta di operazioni estremamente scorrette e di vere e proprie falsificazioni dei conti.

Alla luce di queste nuove realtà cambia completamente l’immagine dell’Italia definito un paese spendaccione che vive al di sopra delle proprie possibilità nei confronti della Germania definita invece oculata e sempre attenta alla propria spesa per tenere i conti in ordine infatti se andiamo a vedere qualche grafico ufficiale ci rendiamo conto che dal secondo trimestre del 2007 ossia quando è ufficialmente scoppiata la crisi dei subprime e delle banche che negli anni successivi hanno chiesto aiuto agli Stati facendo quindi incrementare il debito pubblico che nell’Eurozona è passato dal 60 all’80% l’Italia è stato il paese che ha visto crescere meno di tutti, nell’area euro, il debito pubblico nominale (quello che comprende anche il tasso di inflazione). Se a metà 2007 era a 1.628 miliardi, a metà  2013 era a quota 2.076 miliardi. Si tratta di un incremento del 27%. Nello stesso periodo il debito pubblico della Germania dove, come abbiamo visto, non viene conteggiata l’ingente quota della KfW è comunque passato da 1.597 miliardi a 2.146 miliardi (+34%). Questo nonostante negli stessi anni la Germania abbia generato un’inflazione inferiore di cinque punti rispetto all’Italia e abbia pagato tassi sul debito molto più bassi rispetto al nostro paese (da qui lo spread). E la Francia? Nel frattempo ha visto crescere lo stock di debito del 57%, anch’esso vicinissimo ai 2mila miliardi di euro. Tutti dati riportati in un articolo del Sole 24.

( http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-12-03/il-debito-pubblico-e-peccato-originale-italia-dati-dicono-che-cresce-meno-tutti-paesi-euro-mentre-pil–110537.shtml?uuid=ABDnIYh ) 

Incrociando questi dati emerge che le nuove misure del Governo dovrebbero soprattutto cercare di risollevare il Pil piuttosto che concentrarsi unicamente sulla riduzione del debito. Eppure in italia quando si parla del rapporto debito/pil tutta l’attenzione viene incentrata sul debito come se fosse quella la chiave di volta ignorando invece che se il debito sarà ridotto ma il Pil continuerà  a perdere colpi il parametro debito/Pil continuerà a peggiorare, in un preoccupante circolo vizioso. 

Ma perchè il nostro pil e le nostre esportazioni non crescono ?

Ancor una volta il ruolo scorretto della Germania ha le sue responsabilità.

Proprio i tedeschi che obbligano gli altri paesi a rispettare i parametri europei hanno mantenuto un ampio surplus di conto corrente durante tutta la crisi finanziaria dell’area dell’euro, eccedendo la soglia [del 6%] ogni anno a partire dal 2007. Addirittura nel 2012 il surplus nominale di conto corrente della Germania era maggiore di quello della Cina ignorando ogni raccomandazione a ridurlo e a stimolare lo sviluppo della domanda interna per contribuire a portare gli altri paesi fuori dalla crisi.

La cosa straordinaria è che la critica a tale operato sia arrivata dal governo degli Usa e da ambienti di ricerca e non dalla Commissione Europea sempre pronta a bacchettare il nostro paese dimostrando palesemente come queste procedure seguano una ingiustificata logica asimmetrica e totalmente arbitraria.

Ovviamente in questo caso la Germania non ha fatto altro che sfruttare a danno di altri paesi gli enormi vantaggi avuti dalla moneta unica, una moneta troppo forte per i paesi come l’Italia che hanno quindi perso competitività nei confronti della Germania che invece ha giovato anche del regime di cambi fissi evitando che proprio il tasso di cambio  riflettesse il suo ampio surplus considerato un freno per la ripresa dei paesi dell’Eurozona che infatti fronteggiano un corrispondente deficit commerciale.

Come se non bastasse la Germania si è battuta per fare in modo che questi paesi non potessero ricevere neanche gli aiuti dalla banca centrale facendo ricorso per bloccare il piano degli Omt ossia l’acquisto straordinario da parte della BCE di titoli di stato dei paesi in difficoltà che secondo i tedeschi è un piano va oltre il mandato di politica monetaria della Banca centrale europea.

La corte costituzionale tedesca ha fatto però un passo indietro in questo senso quando la Germania codardamente si è resa conto che senza aiuti a questi paesi sarebbe saltato l’euro ed ha quindi deciso di demandare la Corte Europea di giustizia sull’interpretazione del piano Omt della Bce per lasciare in pratica che fosse l’Europa a giudicare se stessa. Questo la dice lunga su quanto la Germania tema la distruzione dell’euro e quanto sarebbe disposta ad ogni tipo di concessione qualora i nostri governanti riuscissero davvero a dimostrare con fermezza la volontà di uscire dalla moneta unica.

Ma quello che fa ancora più rabbia e che rende palese il piano di dominio della Germania con la complicità della nostra classe politica è che i maggiori acquirenti di aziende italiane, indebolite dalla recessione e dal credit crunch sono proprio le imprese tedesche, che al contrario di quelle tricolori nuotano nella liquidità per le ragioni che abbiamo ampiamente spiegato.

Come ha riportato il Financial Times, “sono ben 23 le Pmi italiane passate in mani tedesche nel 2013, dopo le 20 acquisizioni registrate nel 2012. E quasi sempre si tratta di gioiellini con conseguente perdita di posti di lavoro in Italia e l’addio definitivo a pezzi strategici della struttura industriale italiana. Con pesanti conseguenze, nel lungo termine, per il nostro Paese”.

( http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-02-02/ecco-perche-germania-sta-facendo-incetta-migliori-pmi-italiane-a-prezzi-saldo-161240.shtml?uuid=ABaILzt )

Non entro nel merito della Bundesbank che elude il divieto di acquisto di titoli di Stato sul mercato primario perchè ci sono economisti autorevoli che si sono occupati dell’argomento che risulta molto complesso ma credo che abbiamo abbastanza materiale per poter formalizzare alla Germania e all’Europa una ingente richiesta di risarcimento e l’uscita immediata dai vincoli europei.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La Merkel...stramaledetta culona nazista...

Anonimo ha detto...

Si e' avverata la profezia di Hitler, che prima di spararsi aveva scritto nel suo testamento che un giorno la Germania sarebbe tornata ad essere l'arbitro di tutta l'Europa e avrebbe dettato condizioni ad altri paesi! assurdo che ora la Germania sconfitta dalla guerra imponga imposizioni ad altri paesi, anche quelli che avevano vinto!!!

 


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