Dispositivi quantistici per il teletrasporto dell’energia

La capacità di teletrasportare l’energia da un punto a un altro potrebbe rivoluzionare il sistema in cui i dispositivi quantistici operano, ma solo se potrà essere fatta funzionare lungo distanze pratiche. Ora i fisici pensano di sapere come fare.

Il teletrasporto è il trasferimento di un oggetto da un punto nell’universo a un altro senza passare attraverso lo spazio che li separa. È una pratica comune in diversi laboratori sparsi in tutto il mondo. Dai primi anni 90, i fisici vi hanno ricorso per teletrasportare oggetti sempre più complessi, partendo dai fotoni e arrivando più di recente a atomi e ioni.


Questo è appena l’inizio, però. Nel 2010 abbiamo osservato lo straordinario lavoro di Masahiro Hotta, della Tohoku University in Giappone, il quale ha elaborato che dovrebbe essere possibile teletrasportare persino l’energia. Si tratta di un’ipotesi che avrebbe profonde implicazioni nel sistema in cui i dispositivi quantistici e le macchine potrebbero funzionare nel futuro.

Il teletrasporto dell’energia ha però delle importanti limitazioni – la distanza entro la quale può essere trasferita. Le limitazioni sono talmente gravi da offuscare anche un ipotetico utilizzo del teletrasporto energetico nella nanoscala. Questa “forte limitazione distanziale ha ostacolato la verifica sperimentale”, dice Hotta.

Ora, però, lui e un paio di colleghi dicono di aver scoperto un sistema per aggirare questa limitazione e trasferire l’energia attraverso qualunque distanza, o quasi. E questo nuovo protocollo per il teletrasporto dell’energia dovrebbe consentire per la prima volta la verifica sperimentale.

Ma facciamo un passo indietro. Il teletrasporto dell’energia fa affidamento su variazioni quantiche naturali che avvengono in un vuoto nella scala più piccola. In questa scala, un “vuoto” è ben l’ontano dall’essere vuoto. Piuttosto, i fisici ritengono che sia un vortice di particelle quantiche virtuali e antiparticelle che si manifestano e svaniscono costantemente.

Si tratta di un concetto accettabile che non viola alcuna legge fisica fintanto che l’energia media di questo vuoto è pari a zero. Questo assicura inoltre che le regioni dello spazio siano aggrovigliate lungo le brevi distanze. Quanto succede in una regione influenzerebbe quindi immediatamente la regione alla quale è legata.

L’idea di Hotta consiste nel creare un paio di fotoni legati e permettere a uno di essi di interagire con una regione dello spazio, iniettando così l’energia all’interno di un vuoto.

Diviene quindi possibile estrarre questa energia da una regione di spazio legata in prossimità utilizzando il secondo fotone. Questo assicura che un qualunque incremento di energia nella regione venga equilibrato da un decremento in un’altra regione nelle vicinanze.

A limitare questo processo è la distanza entro la quale le regioni di spazio sono legate tra loro, che non è molto grande (10^-35 metri nella scala di Planck). E qui si trova il problema. Hotta e colleghi sostengono di aver scoperto un sistema per aggirarlo utilizzando un esotico effetto quantistico conosciuto come “stato spremuto”, che minimizza il rumore quantico in un sistema. I ricercatori sostengono di poter superare il vincolo della distanza preparando i fotoni originali in uno stato spremuto.

Lo stato spremuto consente di equilibrare l’energia tra un punto e un altro senza far affidamento sulle regioni di spazio legate tra loro. Questo permette di teletrasportare l’energia attraverso quasi qualunque distanza.

Hotta e colleghi dicono che questo dovrebbe semplificare la verifica sperimentale del teletrasporto di energia. Nel caso avessero ragione, i primi esperimenti di teletrasporto di energia potrebbero avvenire nei prossimi mesi o anni.


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