PCB da Brescia ad Anniston… si muore di tumore

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Un’inquinamento inodore e incolore che procura morte. La Caffaro a Brescia, la Monsanto ad Anniston.
Presso l’impianto Monsanto di Anniston e nella Caffaro di Brescia, sono stati prodotti di policlorobifenili (PCB). Il Pcb è dannoso per l’uomo
, provoca il cancro e soprattutto può dare asma, glicemia, pressione alta. Il Pcb è una molecola che si trova nel terreno inquinato e per rimuoverla occorre togliere circa 40 cm di terra. Inoltre il Pcb entra nella catena alimentare e si diffonde nella zona.
A Brescia c’è una emergenza sanitaria, un allarme che tutti vogliono nascondere e che riguarda 25mila tra uomini, donne e bambini. Sono gli abitanti della zona che si estende a sud della Caffaro, la fabbrica adesso chiusa che dagli anni trenta fino a metà degli anni 80 ha prodotto migliaia di tonnellate di Pcb (policlorobifenili), al pari della diossina un pericoloso cancerogeno, sversandone centinaia di tonnellate allo stato puro nell’ambiente circostante.
Che cosa è stato fatto finora? Quasi nulla. Un’ordinanza del Comune, in vigore da dieci anni, vieta alle persone che vivono nelle zone contaminate di passare sulle superfici non coperte da asfalto o da cemento, mentre la bonifica non è mai partita perché la Caffaro è una società fallita, una scatola vuota senza soldi e al ministero dell’Ambiente risorse non ce ne sono. Quindi se in Alabama la Monsanto ha pagato non solo la bonifica, ma anche l’indennizzo delle persone affette da malattie derivanti da Pcb, a Brescia la gente continua a vivere, e ad ammalarsi, in mezzo a questa tossina che entra nel sangue ed è riscontrabile anche nel latte materno. In Italia i cittadini pagano anche con la vita le scelte di pochi irresponsabili che pensano al profitto a tutti i costi, anche se ricchezza significa privare dell’infanzia i bambini, anche se significa immergere le madri nei sensi di colpa perchè convinte che la verdura prodotta nel proprio orto è sana.
Anche perchè a Brescia il comune non si costituisce parte lesa… CHE INTERESSI CI SONO? CHE VERGOGNE DOBBIAMO ANCORA SOPPORTARE IN ITALIA SULLA PELLE DEI NOSTRI FIGLI, PARENTI E AMICI?
Paolo Corsini, sindaco di Brescia fino al 2008, getta la palla al ministero dell’Ambiente, e si leva ogni responsabilità. Quando gli viene chiesto come mai non ha avviato una procedura contro l’azienda, minaccia di denunciare il giornalista di diffamazione.


Caso Caffaro, magistrati dal ministro Clini
Acquisiranno documentazione sulla bonifica attesa da dodici anni e mai partita


(Fotogramma/Bs)
Riesplode all'improvviso il caso Caffaro, l'azienda chimica che per mezzo secolo ha inquinato di pcb e diossine un'enorme fetta di città, che nessuno ha mai bonificato. Una detonazione giuridico-istituzionale-mediatica causata dall'intreccio di più fattori.
La novità principale: giovedì due magistrati della procura di Brescia saranno al ministero dell'Ambiente, per acquisire atti importanti sull'annoso iter della bonifica mai partita. La conferma al Corriere viene dallo stesso portavoce del ministro Corrado Clini. Dopo l'archiviazione (nel maggio 2010) del procedimento penale per disastro ambientale e omicidio colposo decisa dal gip Enrico Ceravone, la magistratura bresciana è intenzionata a riaprire un'inchiesta su uno degli episodi d'inquinamento più gravi d'Italia. Le 150 tonnellate di policlorobifenili sfuggite dall'azienda chimica tra il 1938 e il 1984 hanno inquinato 263 ettari di campi. L'erba tossica mangiata dalle mucche ha avvelenato il latte e la carne mangiata da migliaia di bresciani, finendo nel loro sangue in una quantità tale da diventare un caso mondiale. Danni incalcolabili all'ambiente e alla salute che non avrebbero dovuto essere liquidati con la prescrizione del reato. Ci ha visto bene Gianluigi Bezzi, l'avvocato che nel 2001 difese l'esposto di Legambiente e comitato: «È probabile che dopo la puntata di Presa Diretta la procura decida di riaprire quell'inchiesta per la quale in passato è mancato un po' di coraggio».


Seconda novità: l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha riclassificato i pcb come cancerogeni certi. Notizia che per qualche medico vale il tempo della lettura dell'articolo sulla rivista specializzata Lancet , ma di enorme importanza per Brescia: certifica come il male che porta in pancia da anni sia della peggior specie. Questo significa la potenziale ripresa di un procedimento non solo penale ma anche civile. I venti cittadini che nel 2005 hanno intrapreso una causa collettiva contro l'azienda chimica, chiedendo 8 milioni di euro per danni materiali e biologici, senza mai ricevere un centesimo, possono tornare a sperare. «La causa collettiva intrapresa non porterà ad alcun rimborso - commenta l'avvocato Riccardo Vinetti - perché la Caffaro è finita in amministrazione straordinaria (un pre-fallimento, ndr ). Alla luce della decisione della Iarc si potrebbe però ripartire, con cause individuali, col richiedere l'accertato danno biologico subito da quelle persone». Se un domani il commissario liquidatore dovesse vendere terreni e beni immobili della Caffaro, a Brescia e a Udine, il ricavato potrebbe andare in parte a ricompensare chi, per una vita, ha mangiato uova e latte prodotti nella propria cascina pensando fossero genuini e non avvelenati da sostanze clorurate. Quegli agricoltori nel 2001, si sono visti uccidere le loro bestie e hanno dovuto rimettere aratro e seminatrice in rimessa. Per sempre. «In cambio cosa abbiamo avuto? Personalmente un contributo di 3mila euro dal Comune, dieci anni fa, e basta» ricorda con la voce impastata di amarezza l'ottantenne Pierino Antonioli.


L'assessore Paola Vilardi (Fotogramma/Bs)
La decisione della Iarc dovrebbe inoltre spingere tutte le istituzioni (dal Comune all'Asl) a controllare con più severità il rispetto delle ordinanze di divieto di utilizzo degli orti nei quartieri Primo Maggio e Chiesanuova. «Ora abbiamo la conferma che quei terreni sono inquinati da cancerogeni certi - taglia corto lo storico ambientalista Marino Ruzzenenti - e quindi serve un'attenzione di tutt'altro genere al problema». Ruzzenenti da anni produce studi per dimostrare come l'inquinamento della Caffaro a Brescia sia stato più grave di quello prodotto dall'Icmesa di Seveso o dall'Ilva di Taranto. Se in Bassa Brianza la bonifica è stata fatta e in Puglia un decreto governativo ha stanziato 366 milioni per il risanamento ambientale, Brescia - dove si sono spesi 920 milioni per la realizzazione della metropolitana - è rimasta in ammollo nel pcb.
Pietro Gorlani

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