L'emirato a caccia di affari nella malridotta Italia, e soprattutto alla conquista della Sardegna.
di Debora Billi - Petrolio.
Continua lo shopping italiano dell'emiro del Qatar. Come forse qualcuno di voi ricorderà, ne parlammo su Petrolio lo scorso ottobre: discussioni a non finire in rete e fuori sulla visita di Mario Monti nei ricchi Paesi del Golfo Persico, in cui il nostro premier andava a fare il piazzista delle aziende italiane in crisi ed in vendita a prezzi d'occasione. Il Qatar era già in prima fila, con questi begli affarucci:
"In Sardegna, il Presidente Cappellacci offre l''aeroporto di Olbia, e poi dopo l'acquisto della Costa Smeralda si punta al sud; la maison Valentino, fiore all'occhiello del made in Italy, che da poco è interamente qatariota; l'Irpinia, che offre all'emiro di tutto e di più, dall'energia rinnovabile ai pomodori datterini. Poi si vocifera di Finmeccanica, e penso con raccapriccio che all'orizzonte potrebbe comparire anche Snam, visto che è già stata ceduta (apposta?) proprio alla Cassa Depositi e Prestiti e proprio ad ottobre."
Su Paradisola, Daniele Puddu oggi annuncia che l'Aga Khan si riprende la compagnia aerea Meridiana Fly, schiacciata da debiti, perdite e persino aerei pignorati. Il vecchio AD se ne va con una buonuscita di 25 milioni di euro (evidentemente pensano che abbia fatto un buon lavoro). La compagnia sarà ricapitalizzata, e poi venduta a qualcuno. Chi? Si vocifera naturalmente il solito emiro del Qatar, che vuole anche gli aeroporti di Olbia e per ricaduta Oristano, Cagliari e Alghero.
Insomma, la Sardegna è sempre più araba, e l'Italia sempre più in svendita.
Fonte: http://crisis.blogosfere.it/2013/01/svendita-italia-ora-il-qatar-si-prende-anche-meridiana-fly.html.
La cessione del settore aeronautico di Finmeccanica alla General Electric
Di Pasquale Felice
Il colosso americano General Electric è il nuovo padrone della divisione aeronautica di Avio, avendola acquisita per 3,3 miliardi di euro. Nello stesso giorno, il 22 dicembre 2012, la stampa ci informa che il Gruppo americano quotato a Wall Street, Mohawk Industries, ha annunciato l’acquisizione dell’azienda italiana Marrazzi, ciò significando che adesso il principale fabbricante al mondo di piastrelle è americano. Due notizie che segnalano ancora una volta la disfatta del nostro paese, che continua a perdere giorno dopo giorno conoscenze tecniche, ricerche e brevetti, dalle piastrelle all’alta tecnologia, che così cadono in mano straniera. Ben sapendo il continuo spogliare delle aziende italiane per poi chiuderle, a saccheggio avvenuto.
Avio (fino al 2003 era italiana sotto il controllo del Gruppo Fiat), che al momento dell’acquisto della multinazionale americana GE era controllata da due diversi fondi di private equity e da Finmeccanica (14%), è l’ennesima industria italiana di alta tecnologia che viene svenduta. Al momento, attraverso uno “spezzatino” societario, l’acquisizione riguarderà soltanto il settore aereonautico, ma per domani GE è già pronta a prendersi anche la divisione aerospaziale di Avio. Infatti, anche per un’altra azienda italiana, sempre del Gruppo Finmeccanica, ovvero per la cessione della quota di maggioranza di Ansaldo Energia, Finmeccanica dovrà fare i conti con i diritti di gradimento, di prelazione e di co-vendita del Fondo First Reserve, che possiede il 45% della società genovese, un fondo rappresentato da un manager ex General Electric.
Questo saccheggio avviene con il via libera della politica e dei partiti italiani, che avrebbero potuto (nel caso di Avio) bloccare la vendita usando la golden share, ma il governo Monti, in una sua nota fa sapere che “l’operazione dimostra come l’Italia stia diventando un Paese più competitivo e attraente per gli investimenti”. Delocalizzazioni e deindustrializzazioni, sinonimi di svendite di aziende private e di privatizzazioni e di svendite di aziende pubbliche, si sommano alla trasformazione dell’Italia produttiva in una sorta di paese d’ò sole oppure in un outlet della moda … per straricchi naturalmente!
Avio, come il Nuovo Pignone di Firenze (la fabbrica salvata e rilanciata nel 1954 dall’Eni di Enrico Mattei) è dunque finita nelle mani di General Electric, presto, come detto, anche Ansaldo Energia potrebbe fare la stessa fine, ma già si parla anche della vendita a GE dell’Ansaldo STS, all’avanguardia tecnologica europea e mondiale nei sistemi di segnalamento ferroviari, già nei piani di dismissione societaria di Finmeccanica. Il tutto avviene in una “normalità” sorprendente, presunti tecnici, professori, specialisti ed esperti – come il duo Alesina e Giavazzi (Francesco Giavazzi, professore alla Bocconi, editorialista al Corriere della Sera, è stato consigliere economico della presidenza del consiglio durante il governo di Massimo D’Alema, dal maggio 2012 viene chiamato dal presidente del consiglio Mario Monti a collaborare, in qualità di esperto, all’analisi di spending review; Alberto Alesina, editorialista al Corriere della Sera e Sole 24Ore, professore all’università Harvard) – fanno le lodi mercatiste di questa svendita, ed invocano ancora maggiori privatizzazioni, criticando addirittura l’agenda montiana. Tutti sono subordinati a questi poteri forti stranieri, come abbiamo visto principalmente americani, legandovi ancor più il nostro paese, messo il liquidazione delle nostre aziende strategiche.
Un aneddoto si ricorda nelle vicende della vendita della Nuovo Pignone. Il nuovo padrone americano, la General Electric, impose il blocco delle forniture di turbine all’Iran, ed allora molti operai della fabbrica fiorentina finirono in cassa integrazione …..
Su questi temi nessun partito o raggruppamento politico elettorale sta spendendo una parola, al contrario è indifferibile e nessun programma politico può dirsi tale se non contiene la difesa del patrimonio industriale del paese, anzi indichi anche la necessità di implementare nuove attività industriali d’avanguardia ad alta tecnologia (informatica, elettronica, micro e nanotecnologie, biotecnologie, autoveicoli e mezzi di trasporto, aeronautica ed aerospaziale, ecc…); come pure nessun programma o obiettivo di lotta delle masse popolari e/o dei lavoratori può essere tale e completo, se non contempla gli obiettivi sopra riportati, insieme e di pari passo alla difesa del lavoro e delle condizioni di vita e di lavoro.
http://www.pennabiro.it/l%E2%80%99italia-sempre-piu%E2%80%99-povera-e-sottomessa/
I cinesi comprano l'Italia
La scorsa settimana, i servizi segreti hanno presentato un rapporto al governo nel quale lanciano un allarme: i cinesi si stanno comprando l’Italia. Hanno messo gli occhi sull’enorme area dismessa della Falck di Sesto San Giovanni, dove pensano addirittura di aprire una filiale della Bank of China; fanno man bassa azionaria nel settore della automazione industriale, della nautica da diporto, delle tecnologie ambientali, ecc. I brevetti sono a rischio, la posizione concorrenziale dell’Italia pure. Infine - suprema infamia! - nell’anno prossimo, sbarcherà in Italia la temibile Dagong, l’agenzia di rating cinese, per valutare la fattibilità degli investimenti in Italia! Orrore! Scusate, ma dove è il problema?
Con gli accordi di Marrakesh (1993) abbiamo sancito, in omaggio ai sacri principi liberisti, la libera circolazione dei capitali a livello mondiale senza alcuna barriera protettiva statale. E allora? Dovevate sapere che tutto questo avrebbe comportato anche problemi di sicurezza.
“Ma questi sono cinesi!” E allora, cosa c’è che non va? Il colore giallo? Che differenza farebbe se gli acquirenti fossero americani, francesi, tedeschi? “Ma americani, francesi e tedeschi sono alleati e questi no” A parte il fatto che le agenzie di rating americane (Jp Morgan e Moody’s) o franco-americane (Fitch) non si comportano granché da alleate, queste sono valutazioni di ordine politico che non dovrebbero influenzare le decisioni di mercato. O vi siete dimenticati di quello che ci avere insegnato sulla perfezione del mercato?
“Ma americani, inglesi e francesi si muovono attraverso imprenditori privati, mentre dietro gli investitori cinesi si intravede l’ombra del loro Fondo Sovrano, il braccio armato del governo che userà le acquisizioni non per scopi economici, bensì politici”. Appunto: quando avete fatto festa per l’avvento del libero mercato globale dovevate sapere che avrebbe potuto verificarsi anche un rischio del genere. Peraltro, solo un anno fa pregavamo in ginocchio Wen Jabao di far comprare i titoli di debito pubblico italiani da parte del fondo sovrano cinese. Ed allora? I bond sì e le aree dismesse e le industrie no?
Diciamocela francamente: possiamo sospettare che qualcuno stia cercando di fare un favore a qualche amichetto? Mi spiego meglio: l’Italia si sta apprestando ad un piano di dismissioni che va dalle aree demaniali ai gioielli di famiglia come Eni, Alitalia, Finmeccanica ecc ecc. Personalmente sono ostile a questo piano per ragioni che ho spiegato altrove, comunque, se asta di beni pubblici ci deve essere, meglio che ci siano più concorrenti possibili e che ci siano quelli che fanno le offerte più alte. I cinesi, oggi, sono indubbiamente i concorrenti più “liquidi” ed è prevedibile che la loro presenza sul mercato faccia salire il valore delle offerte. Dovremmo esserne contenti, vero? Ma questo potrebbe anche dispiacere a chi vuol partecipare all’asta, ma risparmiando.
Ed allora un allarme del genere giunge davvero a proposito. Un Grande ci ha insegnato che “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. E noi siamo tanto peccatori!
http://www.aldogiannuli.it/2013/01/allarme-cinesi-comprano-italia/
I cinesi comprano l'Italia
La scorsa settimana, i servizi segreti hanno presentato un rapporto al governo nel quale lanciano un allarme: i cinesi si stanno comprando l’Italia. Hanno messo gli occhi sull’enorme area dismessa della Falck di Sesto San Giovanni, dove pensano addirittura di aprire una filiale della Bank of China; fanno man bassa azionaria nel settore della automazione industriale, della nautica da diporto, delle tecnologie ambientali, ecc. I brevetti sono a rischio, la posizione concorrenziale dell’Italia pure. Infine - suprema infamia! - nell’anno prossimo, sbarcherà in Italia la temibile Dagong, l’agenzia di rating cinese, per valutare la fattibilità degli investimenti in Italia! Orrore! Scusate, ma dove è il problema?
Con gli accordi di Marrakesh (1993) abbiamo sancito, in omaggio ai sacri principi liberisti, la libera circolazione dei capitali a livello mondiale senza alcuna barriera protettiva statale. E allora? Dovevate sapere che tutto questo avrebbe comportato anche problemi di sicurezza.
“Ma questi sono cinesi!” E allora, cosa c’è che non va? Il colore giallo? Che differenza farebbe se gli acquirenti fossero americani, francesi, tedeschi? “Ma americani, francesi e tedeschi sono alleati e questi no” A parte il fatto che le agenzie di rating americane (Jp Morgan e Moody’s) o franco-americane (Fitch) non si comportano granché da alleate, queste sono valutazioni di ordine politico che non dovrebbero influenzare le decisioni di mercato. O vi siete dimenticati di quello che ci avere insegnato sulla perfezione del mercato?
“Ma americani, inglesi e francesi si muovono attraverso imprenditori privati, mentre dietro gli investitori cinesi si intravede l’ombra del loro Fondo Sovrano, il braccio armato del governo che userà le acquisizioni non per scopi economici, bensì politici”. Appunto: quando avete fatto festa per l’avvento del libero mercato globale dovevate sapere che avrebbe potuto verificarsi anche un rischio del genere. Peraltro, solo un anno fa pregavamo in ginocchio Wen Jabao di far comprare i titoli di debito pubblico italiani da parte del fondo sovrano cinese. Ed allora? I bond sì e le aree dismesse e le industrie no?
Diciamocela francamente: possiamo sospettare che qualcuno stia cercando di fare un favore a qualche amichetto? Mi spiego meglio: l’Italia si sta apprestando ad un piano di dismissioni che va dalle aree demaniali ai gioielli di famiglia come Eni, Alitalia, Finmeccanica ecc ecc. Personalmente sono ostile a questo piano per ragioni che ho spiegato altrove, comunque, se asta di beni pubblici ci deve essere, meglio che ci siano più concorrenti possibili e che ci siano quelli che fanno le offerte più alte. I cinesi, oggi, sono indubbiamente i concorrenti più “liquidi” ed è prevedibile che la loro presenza sul mercato faccia salire il valore delle offerte. Dovremmo esserne contenti, vero? Ma questo potrebbe anche dispiacere a chi vuol partecipare all’asta, ma risparmiando.
Ed allora un allarme del genere giunge davvero a proposito. Un Grande ci ha insegnato che “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. E noi siamo tanto peccatori!
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2 commenti:
A quanto pare tutti ci vogliono comprare, anche i redeschi con le nostre (ex) eccellenze, le ultime la ducati e il centro di nardò pista compresa.
Perché non vendiamo loro TUTTI i politici italiani? Anche con lo sconto se li vogliono e ci farebbero pure un piacere !!!
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