Un metodo univoco e universale per distinguere ciò che è vivo da quello che non lo è non esiste e forse non esisterà mai, neppure adesso siamo in grado di dare una definizione assoluta di Vita.
Una bella domanda.
Sono vivi?Qualcuno una volta affermò che una cosa è viva quando questa può riprodursi, ma è un’idea sbagliata. Un gatto maschio da solo non può riprodursi perché la riproduzione sessuata richiede la partecipazione di due esemplari della stessa specie e di genere sessuale opposto, così che per questa infelice definizione di essere vivente un gatto da solo o due gatti dello stesso genere non dovrebbero essere vivi, come pure un gatto sterile non dovrebbe essere vivo!
Portate dell’acqua molto calda in saturazione con del semplice sale da cucina. Poi lasciatela raffreddare ed evaporare molto lentamente con uno spago penzoloni dentro il contenitore.
Dopo qualche giorno intorno allo spago si saranno formati alcuni bei cristalli di sale. Ma essere nati significa dunque essere vivi?
Dopo qualche giorno intorno allo spago si saranno formati alcuni bei cristalli di sale. Ma essere nati significa dunque essere vivi?
I cristalli sono nati sullo spago, sono cresciuti nell’acqua mentre questa evaporava e sono morti quando questa è a loro mancata, ma per questo i cristalli erano vivi?
Oppure: lo spago e l’acqua satura che hanno generato i cristalli, erano vivi?
I cristalli stessi si sono originati da precedenti cristalli che erano stati disciolti nell’acqua. Durante la sua formazione qualsiasi cristallo sviluppa degli immancabili difetti del tutto casuali nella sua struttura. Difetti che noi potremmo mappare come una sequenza numerica binaria. Ora se usassimo gli stessi cristalli di sale per riprodurne altri, otterremmo altre imperfezioni del tutto casuali nel reticolo cristallino, dove non è avvenuta nessuna trasmissione ereditaria dalla generazione dei cristalli precedenti e senza alcuna possibilità di trasmettere queste informazioni alle generazioni future.
Ogni volta avremmo un cristallo simile al precedente, con errori nella matrice del tutto casuali e senza quindi alcun tipo di evoluzione.
Anche l’evoluzione, per quanto lenta essa sia, è un fenomeno tipico delle forme di vita, ma da sola anche questa non basta.
Game of Life, o Gioco della Vita, fu sviluppato nei primi anni settanta da un’idea del matematico inglese John Conway apparsa per la prima volta sulla rivista Scientific American.
In una matrice vengono segnate alcune celle, dette appunto cellule, che in base al valore binario delle celle adiacenti (1 o 0) possono migrare, riprodursi o morire.
In una matrice vengono segnate alcune celle, dette appunto cellule, che in base al valore binario delle celle adiacenti (1 o 0) possono migrare, riprodursi o morire.
Ora qui abbiamo di fronte un chiaro esempio di processo evolutivo dettato dall’ambiente circostante (le celle adiacenti a quella presa in esame), ma non per questo oserei definire viva la celletta col suo valore binario che cambia (si evolve) nel tempo (cicli macchina).
Ovviamente questa è soltanto una simulazione, un gioco, ma potremmo definire viva la cellula-bit che si evolve nel tempo? Penso proprio di no.
Anche l’andamento verso un grado di complessità biologica crescente, cioè cellula procariotica, cellula eucariotica, organismo pluricellulare, popolazione, comunità, ecosistema, di solito si accompagna all’idea che nella storia della vita sul pianeta sia riconoscibile una tendenza storica verso la crescita della complessità biologica dei sistemi viventi.
Per quanto suggestiva, questa convinzione si dimostra errata, perché se è indiscutibile che le forme organizzative più semplici hanno preceduto di norma quelle più complesse, tuttavia la coesistenza temporale di forme poco complesse accanto a forme molto complesse testimonia non la sostituzione di sistemi meno complessi con sistemi più complessi, ma la coesistenza di sistemi di vario grado di complessità.
Per quanto suggestiva, questa convinzione si dimostra errata, perché se è indiscutibile che le forme organizzative più semplici hanno preceduto di norma quelle più complesse, tuttavia la coesistenza temporale di forme poco complesse accanto a forme molto complesse testimonia non la sostituzione di sistemi meno complessi con sistemi più complessi, ma la coesistenza di sistemi di vario grado di complessità.
Inoltre è anche noto come nel corso dell’evoluzione vi sono stati non pochi casi in cui i sistemi viventi sono andati incontro a processi di drastica semplificazione di alcune subunità, dunque a una riduzione della loro complessità biologica generale.
È il caso, assai popolare, della semplificazione anatomica dell’occhio, fino alla sua scomparsa totale e definitiva negli animali ciechi e anoftalmi che vivono in ambienti in cui la luce è assente. Un’evoluzione regressiva analoga è presentata dai parassiti intestinali nei quali si assiste, tra l’altro, alla perdita dell’apparato digerente [1].
Organismi viventi
La definizione che dette Erwin Schrödinger nel suo libro What is life? forse è la migliore che oggi possiamo dare: in poche parole per Vita si intende un sistema omeostatico [2]che è in perenne squilibrio termodinamico con l’ambiente che lo circonda.
Un sistema vivo è quindi un sistema dinamico e ordinato chiuso su sé stesso, ma in grado di scambiare con l’ambiente materia, energia e informazione che d’ora in avanti chiameremo organismo per praticità di linguaggio.
Anche l’ordine è una proprietà importante nei sistemi viventi: il disordine, infatti, porta ben presto alla morte di qualsiasi essere vivente.
Può essere considerato vivo un organismo che assorbe ed rielabora continuamente energia necessaria al suo sostentamento dall’ambiente circostante e scartando gli eccessi.
Un meccanismo dinamico, come ad esempio lo è la respirazione, permette lo scambio energetico in ingresso e in uscita dove in mezzo c’è il lavoro incessante per mantenere l’equilibrio omeostatico che fa funzionare tutto il sistema vivente.
In pratica l’energia – che essa sia di natura chimica come i legami elettrochimici degli zuccheri o elettromagnetica come avviene nella fotosintesi o di qualsiasi altra natura non ha importanza – disponibile nell’ambiente appare grezza, non modulata, mentre al contrario l’energia rilasciata ricalca il grado di auto-organizzazione dell’organismo.
In pratica l’energia – che essa sia di natura chimica come i legami elettrochimici degli zuccheri o elettromagnetica come avviene nella fotosintesi o di qualsiasi altra natura non ha importanza – disponibile nell’ambiente appare grezza, non modulata, mentre al contrario l’energia rilasciata ricalca il grado di auto-organizzazione dell’organismo.
Sulle tracce della vita
A questo punto come potremmo distinguere una forma di vita aliena da ciò che non lo è?
Proprio studiando questi meccanismi di squilibrio energetico.
Proprio studiando questi meccanismi di squilibrio energetico.
Ogni cosa vivente assorbe energia dall’ambiente per compiere le sue funzioni vitali, che esse siano un meccanismo di trasporto interno dell’energia come un sistema circolatorio o un rilascio degli scarti nell’ambiente come la respirazione.
La traccia energetica che ne deriva da tutte queste attività mostra sempre un andamento organizzato, tanto più ampio tanto il processo di scambio energetico è importante [3].
La traccia energetica che ne deriva da tutte queste attività mostra sempre un andamento organizzato, tanto più ampio tanto il processo di scambio energetico è importante [3].
È la scoperta di queste tracce caotiche che ogni essere vivente porta con sé la chiave per poter iniziare a distinguere un sistema dinamico come la vita da una semplice reazione chimica o fisica.
E la vita passata?
Il rinnovato interesse per Marte, in gran parte dovuto alla missione Mars Science Laboratory che sta per entrare nel vivo in questi giorni, ha risvegliato anche la curiosità sul passato del Pianeta Rosso: anche se ora è probabilmente morto, come potremmo scoprire le tracce di una qualche forma di vita passata?
Nel 1996 un team di ricercatori di Houston del Johnson Space Center della NASA diffuse la notizia che all’interno del meteorite di origine marziana denominato ALH84001, avevano scoperto microscopiche strutture vermiformi fossili con un’età di circa 4 miliardi di anni[4] .
Questo significava che il pianeta, almeno in passato, aveva ospitato una qualche forma di vita. E ovviamente, la notizia fece presto il giro del mondo.
Questo significava che il pianeta, almeno in passato, aveva ospitato una qualche forma di vita. E ovviamente, la notizia fece presto il giro del mondo.
Il primo passo compiuto dai ricercatori fu quello di stabilirne la provenienza. La conferma che questo oggetto extraterrestre dovesse essere proprio di origine marziana venne dall’analisi delle minuscole bolle di aria intrappolate nel meteorite, che avevano la stessa composizione chimica e le stesse proporzioni isotopiche dell’atmosfera di Marte, così come era stato verificato dalle sonde Viking I e II nel 1976. La composizione minerale della roccia in questione suggerì che doveva essersi formata circa 4,5 miliardi di anni fa, poco dopo la solidificazione di Marte come pianeta roccioso [5].
Inoltre, una delle prime cose che i ricercatori cercarono nel meteorite ALH84001 fu qualche traccia di un certo ordine, o una complessità e regolarità strutturale o di comportamento, dato che le entità viventi possiedono un grado di ordine molto più elevato di qualsiasi struttura naturale inanimata [6]. Tracce che infatti portarono alla scoperta di sottilissimi tubicini di forma regolare simili a batteri.
Quella prima ricerca fece pensare che queste strutture dovevano appartenere a qualche genere di microfossili, testimonianze di forme di una antica forma di vita batterica.
Ma nel 1998, durante un convegno scientifico, i ricercatori giunsero alla conclusione che per un organismo vivente come noi lo conosciamo è impossibile vivere in spazi sferici di diametro inferiore a 200 nm (200 nanometri equivalgono a 200 miliardesimi di metro).
I tubolini del meteorite marziano, invece, erano lunghi la metà e larghi un decimo di questo limite.
Questo portò a supporre che essi non dovevano essere altro che delle strane formazioni minerali.
Infatti anche molte strutture minerali riescono a produrre strutture con un grado di ordine elevatissimo e questo non basta certo a definire che un tempo fossero entità viventi.
Infatti anche molte strutture minerali riescono a produrre strutture con un grado di ordine elevatissimo e questo non basta certo a definire che un tempo fossero entità viventi.
Le risposte a queste e ad altre fondamentali domande potranno arrivare solo dalle prossime missioni su Marte, in particolare dal Mars Science Laboratory (MSL) che ha fatto scendere il rover Curiosity sul suolo marziano lo scorso 5 agosto 2012. Probabilmente, le future missioni su Marte permetteranno di raccogliere dei campioni di suolo marziano che verranno poi inviati verso Terra e analizzati nei nostri laboratori [7][8].
[1] Complessità biologica, Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2007) di Saverio Forestiero.
[2] Un sistema omeostatico è sostanzialmente un sistema chimico complesso che rimane stabile – che ciè entro certi limiti non si altera – al variare delle condizioni esterne attraverso semplici meccanismi di retroazione, reazione e risposta.
[3] Questo concetto è alla base delle riflessioni fatte da Giorgio Bianciardi insieme a Levin e Miller sull’esperimento LRE delle sonde Viking, Intervista a Giorgio Bianciardi sul Labeled Release Experiment, Il Poliedrico 30 maggio 2012, disponibile anche su TuttiDentro: http://tuttidentro.wordpress.com/2012/06/12/vita-su-marte-rivelata-dalle-sonde-viking-intervista-a-giorgio-bianciardi/
[4] ALH sta per Allan Hills, una regione della Terra di Victoria in Antartide dove venne rinvenuto il meteorite; 84 è l’anno della scoperta ossia il 1984, 001 rappresenta invece il numero di meteoriti scoperti in quella regione e in quell’anno e, in questo caso, questo meteorite è il primo. La scoperta risale al 27 dicembre 1984.
[5] Teniamo conto che il nostro Sistema Solare ha un’età di circa 4,6 miliardi di anni.
[6] L’elevato grado di ordine nei sistemi viventi è ben evidente nella disposizione regolare del centro di un fiore di girasole oppure nell’occhio di una mosca: entrambi sono costituiti da una serie di singole unità altamente organizzate, ripetute e disposte con una precisione geometrica.
[7] Qui occorrerà risolvere il rischio biologico nella raccolta dei campioni per evitare innanzitutto una contaminazione terrestre nel corso della preparazione delle missioni su Marte e poi occorre risolvere altre importanti domande: in che modo, per esempio, potremmo riconoscere organismi marziani? E se trovassimo la vita su Marte, in che modo dovremmo procedere? Cosa ne faremmo degli organismi alieni? E come potremmo escludere contaminazioni terrestri dei campioni e viceversa?
[8] Un altro aspetto importante nella ricerca della vita su Marte riguarda la scelta dei luoghi dove cercare, ossia dov’è meglio campionare per avere maggiori probabilità di trovare tracce di vita (vicino ad un lago prosciugato, vicino ad un vulcano spento, nelle regioni polari dove si potrebbe trovare acqua sotto forma di ghiacci etc.).
Per ulteriori informazioni:
Articoli dedicati ad ALH84001 sono disponibili su PNAS (Proceedings of the National Accademy of Sciences of the United States of America):
http://www.pnas.org/search?fulltext=ALH84001&submit=yes
Astrobiology NASA: astrobiology.nasa.gov
Astrobiology Magazine: http://www.astrobio.net/
Articoli dedicati ad ALH84001 sono disponibili su PNAS (Proceedings of the National Accademy of Sciences of the United States of America):
http://www.pnas.org/search?fulltext=ALH84001&submit=yes
Astrobiology NASA: astrobiology.nasa.gov
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