Dai Buchi Neri sgorgano gli UFO

È da un giovane ricercatore della NASA ma originario di Recanati, il ventinovenne Francesco Tombesi, che arriva l’ultima importante scoperta in campo astrofisico. Ed è una scoperta che ci porta lontano, dritti nel cuore delle galassie. Già, perché se Giacomo Leopardi, il suo celebre concittadino, al di là della siepe è riuscito a immaginare l’infinito, spingendo il suo sguardo fin nei pressi dei buchi neri più massicci Tombesi ha intravisto gli UFO. Acronimo, chiariamolo subito per non creare equivoci, che non sta per “oggetti volanti non identificati”, bensì per un fenomeno astrofisico che, grazie alle osservazioni del telescopio spaziale X dell’ESA XMM-Newton, Tombesi e collaboratori sono riusciti di recente a identificare: gli Ultra Fast Outflows, flussi di materia ultra-veloci espulsi, a centinaia di milioni di chilometri all’ora, dal cuore delle galassie con nucleo attivo.

Una galassia con nucleo attivo (AGN, Active Galactic Nucleus) è una galassia nel cui cuore risiede un buco nero supermassiccio in piena attività, avvolto in un disco di accrescimento di cui si nutre. In anni recenti, gli astronomi hanno notato che più il numero e la velocità delle stelle presenti nel rigonfiamento centrale di queste galassie è elevato, più i buchi neri in esse ospitati sono massicci. Come se esistesse qualche processo di feedback che li collega, un meccanismo di rimescolamento della materia che abbia origine nel disco di accrescimento che alimenta il buco nero per poi propagarsi all’intera galassia.

Ma quale meccanismo? Nessuno fra i fenomeni conosciuti, compresi i getti relativistici altamente collimati (jets) emessi dal buco nero, sembrava avere la potenza necessaria. Fino, appunto, alla scoperta degli UFO da parte del team internazionale di astronomi guidato da Tombesi. Scoperta che li ha portati a pubblicare, dal 2010 a oggi, una serie di articoli sulle maggiori riviste scientifiche di settore, da Astronomy & Astrophysics (nel 2010) a The Astrophysical Journal (nel 2011), fino allo studio più recente, in uscita su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Il nostro lavoro è consistito nell’analisi spettrale in raggi X di osservazioni di un campione completo di 42 galassie con nucleo attivo effettuate con il satellite europeo XMM-Newton», spiega Tombesi. «Attraverso lo studio di righe in assorbimento del ferro altamente ionizzato, siamo riusciti ad individuare grandi quantità di materiale che viene espulso a velocità altissime, di circa il 10 percento della luce, dal disco di accrescimento intorno ai buchi neri supermassicci nel centro di queste galassie. Data la loro estrema velocità, questi getti sono stati chiamati in inglese Ultra-Fast Outflows (UFOs). La quantità di materiale espulsa è comparabile a quella effettivamente accresciuta dal buco nero, e questi UFOs sono abbastanza potenti da poter avere effetti su grandi scale all’interno della galassia ospite e di influenzarne anche l’evoluzione».

Mistero risolto, dunque? Solo in parte. La fisica all’origine di queste fontane di particelle è infatti terreno ancora inesplorato. «In effetti, la cosa sorprendente – e che vorremmo ancora capire – è come e perché questi buchi neri riescano ad espellere questi enormi flussi di materia, anche oltre una massa pari a quella del sole all’anno, e ad altissima velocità», dice Massimo Cappi, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica presso lo IASF Bologna e co-autore, insieme a Tombesi, della scoperta degli UFO. «Grazie agli ultimi risultati, pensiamo che questo fenomeno sia fondamentale non solo per capire come funzionano i buchi neri, ma anche per comprendere la formazione ed evoluzione delle galassie che li ospitano. E se la missione Athena, progetto internazionale per un grande osservatorio spaziale per astronomia X da lanciare nel prossimo decennio, verrà approvata da ESA, lo studio degli UFOs diventerà sicuramente pane per i suoi denti».

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