MONITORAGGIO SISMICO LIVE CAMPI FLEGREI

Rischia di esplodere la piattaforma nel mare del nord, evacuato il personale

Una nuvola di gas avvolge la piattaforma di estrazione Elgin/Franklin, 240 chilometri al largo della città scozzese di Aberdeen. Il personale, 238 persone, della filiale britannica della Total, è stato evacuato.
Secondo il sindacalista Jake Molloy potrebbe trattarsi di una miscela di gas condensati, altamente infiammabili. La piattaforma estrae, al massimo della sua capacità, 280.000 barili di greggio al giorno e 175.000 barili di gas.

“Se le testimonianze sono vere, ci sarebbe una bolla di gas al di sotto dell’installazione, sarebbe una cosa estremamente pericolosa”, dice Jake Molloy, del sindacato Offshore Industry Liaison Committee.

Total non ha voluto rilasciare commenti sulle cause della fuga di gas. Secondo Molloy invece tutto sarebbe nato da un pozzo che causava problemi da tempo e l’unico modo per arrestare la fuoriuscita è trivellare un altro pozzo, di soccorso, per attenuare la pressione nel serbatoio.

Misteriosa Energia scoperta nella Nebulosa del Granchio

La pulsar al centro del famoso resto di supernova del Granchio sta mostrando una riserva di energia inaspettata.

Questo e' quanto scoperto dalla collaborazione MAGIC, che opera sull'isola La Palma alle Canarie con i due piu' grandi telescopi gamma al mondo, a cui per l'Italia collaborano l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

MAGIC ha osservato i raggi gamma emessi dalla Pulsar ben sopra sopra i 50 GeV, dove fino ad ora gran parte della strumentazione risultava non essere sensibile, scoprendo un'emissione periodica di brevi impulsi che si estendono fino a 400 GeV.

Questo limite risulta essere 50-100 volte superiore a cio' che ci si aspetterebbe dalle teorie attuali.

Al momento gli astrofisici non sono in grado di trovare una spiegazione soddisfacente a questo fenomeno.

La stella di neutroni osservata all'interno della nebulosa del Granchio e' una delle pulsar piu' famose; si trova a una distanza di 6.000 anni luce dalla Terra.

Essa ruota attorno al proprio asse compiendo 30 giri al secondo generando un campo magnetico di 100 milioni di tesla, cioe' 1.000 miliardi di volte piu' intenso di quello terrestre.

Questa pulsar e la nebulosa che la avvolge sono osservabili nella costellazione del Toro.

Entrambe sono il residuo di una stella che esplose nel 1054 d.C. e che fu osservata e registrata dagli astronomi cinesi per la sorprendente luminosita' che la caratterizzo' rendendola visibile a occhio nudo anche di giorno.

"Le stelle di neutroni sono oggetti estremamente densi con masse comparabili a quella solare ma con un raggio dell'ordine della decina di km", ha spiegato Alessandro De Angelis, dell'Universita' di Udine e dell'INFN. "Il periodo di rotazione di una stella di neutroni - ha proseguito De Angelis - e' sorprendentemente regolare e veloce: una rotazione completa puo' avvenire in un tempo che va da un millesimo di secondo fino a una decina di secondi. Durante la rotazione, la stella di neutroni genera particelle cariche, perlopiu' elettroni e anti-elettroni. Le particelle generate seguono le linee del campo magnetico che ruotano alla stessa velocita' della stella di neutroni. Le particelle irraggiano emettendo luce in gran parte dello spettro elettromagnetico, dalle onde radio alla radiazione gamma. Ogni qualvolta questo fascio collimato di radiazione attraversa la nostra linea di vista, la sua emissione puo' essere osservata, proprio come la luce di un faro in lontananza", ha concluso De Angelis.

Alcuni anni fa i telescopi MAGIC osservarono emissione gamma proveniente dalla pulsar del Granchio a energie superiori ai 25 GeV, con grande sorpresa per la comunita' scientifica. Gli scienziati dedussero che la radiazione doveva essere prodotta almeno a 60 km dalla superficie della stella, poiche' i fotoni di alta energia vengono schermati efficacemente dal campo magnetico intorno alla stella.
http://mysterium.blogosfere.it/2012/03/la-pulsar-al-centro-del.html

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Dimissioni di massa dei banchieri in tutto il mondo! Cosa sta per accadere?

La Febbre di Febbraio diventa la Follia di Marzo: le dimissioni di massa dei banchieri continuano senza sosta

Articolo di Madison Ruppert per Wake Up World 
Traduzione e riadattamento di Jacopo Castellini

Il mese scorso, avevo fatto qualche considerazione in merito al crescente numero di dimissioni dai vertici di istituzioni finanziarie in tutto il mondo e, con mia sorpresa, il fenomeno non è affatto cessato.

All’epoca, pubblicammo una lista di 40 dimissioni, ma ora il numero è schizzato incredibilmente a ben 450. La lista include i principali ruoli dirigenziali in ogni istituzione finanziaria, dai fondi di risparmio ai fondi pensione, fondi azionari, fondi sovrani, banche, organi d’investimento.

La grande domanda, tuttora sospesa, è: perché?

Ad oggi nessuno è in grado di fornire una risposta, se non a livello di semplici speculazioni.

Una delle dimissioni più recenti è quella di Tarek Amer, amministratore delegato della Banca Nazionale dell’Egitto. Amer ha annunciato che lascerà il suo attuale incarico alla fine del 2012, secondo il settimanale egiziano Al Ahram. Degno di interesse il fatto che non abbia ricevuto offerte da nessun altra banca ed abbia rifiutato di rivelare le motivazioni delle sue dimissioni. Sembra che Amer avesse rassegnato le proprie dimissioni per iscritto nel Febbraio 2011 ma non sarebbero state accolte.

Negli stessi giorni, anche Jonathan Moulds, del ramo britannico della Bank of America Corporation, annunciava le proprie dimissioni. Oltre a Moulds, anche Andrea Orcel ha dato le dimissioni dal medesimo istituto, per approdare ai vertici della svizzera UBS.

Moulds si occupava del controllo del debito e di vendite di capitali e commerciali in Europa e in Asia, oltre ad avere un ruolo importante nella creazione di pratiche di negoziazione dei derivati e nella loro vendita nel mondo. Anche in questo caso, non vi sono chiare motivazioni che giustifichino la sua scelta.

Lo stesso giorno in cui Moulds annunciava le dimissioni, lasciava il suo incarico anche Bert Tippen, capo dell’ufficio investimenti del Fondo Pensione Nedlloyd

Sempre nello stesso giorno, il 22 Marzo 2012, prendeva la stessa decisione anche Neil Rogan, capo dell’azionariato globale alla Henderson Investors.

Il 21 marzo, ugualmente, non si erano avute meno di cinque dimissioni. Tra queste, il capo dei servizi azionari globali del Royal Bank of Scotland Group, Gregory Wagner; Mike Muller, dirigente regionale per l’Ontario e l’Antartico della National Bank Financial canadese; John Botham, il capo dell’azionariato europeo di Arviva Investors; Eric Dean, il capo del servizio informativo della Liquidity Services Inc.; e Wolfgang Hammes, co-presidente di Deutsche Bank AG.

La natura misteriosa e repentina di queste dimissioni è molto interessante e ci spinge a chiederci che cosa ci sia sotto. Forse sanno qualcosa che noi non sappiamo? Stanno preparando qualcosa o cercando di limitare le proprie perdite? Sfortunatamente, ne sappiamo così poco che è difficile fare delle ipotesi e se affermassi di conoscere la reale motivazione di questi accadimenti, affermerei il falso.

Esiste una pagina Facebook che sta seguendo le dimissioni di massa, che io vi incoraggio a visitare per seguire in modo aggiornato la lista di dimissioni delle principali figure all’interno di istituzioni finanziarie, governi e grandi aziende. 

Puerta de Hayu Marca, la porta degli Dei

Quasi a 1300 km a sud-est di Lima, in Perù, presso le rive del lago Titikaka, si trova un sito che confonde i visitatori di tutto il mondo. Gli shamani visitato ancora questo luogo a compiere rituali e ad offrire preghiere alla parete rocciosa situta sull'altopiano, come fanno da generazioni.
Il sito è conosciuto come la "Puerta de Hayu Marca", o anche come la "Porta degli Dei". Lascia perplessi a vederla: una porta gigantesca, scavata nella solida roccia. Sembra davvero un accesso, ma non porta da nessuna parte!

Il sito si trova letteralmente in mezzo al nulla, ad oltre 4000 metri di altezza, eppure quella roccia ha chiaramente un gigantesco rettangolo intagliato e, al centro del rettangolo, in basso, c'è un incavo che sembra proprio una porta. I nativi peruviani la chiamano la "porta degli dei". Ma perchè creare una porta nella roccia che non conduce da nessuna parte? C'è un modo per attraversare questo accesso?
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L'antiche leggenda peruviana racconta che tutte le Americhe un tempo erano unite sotto un unico capo e sotto una comune tradizione spirituale. Il nome"America" deriverebbe da "Amaru-ca-ca" o "Ameru", "Ameri-ca", che significa "Terra del Serpente", così denemominata dopo l'avento di un portatore di cultura e tecnologia conosciuto storicamente come Aramu Muru o Amaru (serpente/saggezza).
Aramu Muru proveniva dall'antico continente di Mu. Egli aveva con sè molti oggetti tecnologici, tra cui il potente "disco solare". Secondo i nativi del Perù, il re sacerdote, in antichità avrebbe assistito molte tribù primitive, dopo il suo arrivo all'indomani della distruzione di Mu e di Atlantide. Grazie al suo ausilio, le antiche tribù americane furono in grado di costruire imponenti templi megalitici che ancora sono visibili nel territorio mesoamericano.
Secondo la leggenda, questo primo re sacerdote attraversò il portale grazie ad un oggetto speciale che attivava l'apertura traformando la pietra in uno stargate. La leggenda narra che questo oggetto speciale doveva essere il "disco d'oro" che Aramu Muru aveva con sè. Attraversò lo stargate e nessuno lo vide mai più. Lo shamano presente, fu testimone dell'intero evento e lo raccontò alle varie tribù della zona, tramandandolo per le varie generazioni.
Gli archeologi che hanno esaminato la porta degli dei, hanno scoperto un piccolo avvallamento circolare al centro. C'è chi ipoteizza che, forse, questa depressione era il punto in cui si inseriva il disco d'oro. Secondo Philip Coppens, autore e giornalista investigativo, «sembra una storia di fantascienza. Si dice che il congegno fosse fatto tutto d'oro e di varie altre pietre preziose. Chiunque ne fosse in possesso, poteva giungere alla porta e farla funzionare, stabilendo un contatto con gli dei, oppure invocandoli».
Siamo tutti portati a pensare che si tratti solo di coincidenze o di fantasia. Noi invece crediamo che qualcosa di storico si nasconda dietro queste leggende: è possibile che questo disco d'oro avesse un collegamento con qualche antica civiltà extraterrestre e che fosse un congegno grazie al quale era possibile viaggiare tra diversi mondi.
Questo significherebbe prendere fisicamente una persona, portarla in un altro luogo o dimensione e riportarla indietro. Secondo le leggende locali, questi re sacerdoti, noti come "fratelli dello spazio", pare venissero da altri mondi. E' possibile che siano giunti sulla terra attraverso la porta degli dei?
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«Nella lingua nativa del Perù, la parola "Chacana" indica le costellazioni come la Croce del Sud, Orione o le Pleiadi», spiega Jorge Luis Delgado Mamani, co-autore del libro "Andean Awakening". «Uno dei nostri anziani diceva che questa porta è il "ponte verso casa". In pratica, tutte queste leggende, hanno a che fare con i Fratelli dello Spazio».
Ma esisteva davvero un congegno capace di attivare questa porta? E se sì, dove conduceva il passaggio? Secondo i teorici degli "antichi astronauti", la porta degli dei è all'estremità di un tunnel spazio-temporale, una sorta di portale che collega ad un altra parte dell'universo o ad un altra dimensione.
Il tunnel gravitazionale è un costrutto teorico basato sulla Relatività Generale. Il concetto è che esiste davvero la possibilità che spazio e tempo siano connessi e che varie parti di spazio e tempo siano collegate da un piccolo canale. Se si creasse questa struttura, si otterrebbe una scorciatoia tra parti dell'universo molto distanti tra loro.
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I tunnel gravitazionali sono, dunque, un elemento accettato dalla fisica teorica, ma sono mai esistiti nei luoghi più misteriosi della Terra? 
Secondo Jason Martell, autore di "Knowledge Apocalypse", l'idea è che esistano degli stargate o che siano esistiti in tempi antichi. Sempre più spesso veniamo a conoscenza di molti manufatti o di rappresentazioni di persone che attraversano passaggi, o di strane forme di energia. Gli uomini dell'antichità non comprendevano la tecnologia, proprio come noi che cerchiamo di comprendere la possibilità dei tunnel gravitazionali.
E se la "Puerta de Hayu Marca" fosse l'estremità di uno di questi stargate utilizzati dagli "antichi astronauti" per giungere sul nostro pianeta? Potrebbe essere il motivo per il quale tanti considerano il Perù uno dei luoghi focali dell'attività UFO sul nostro pianeta?
Spesso si è parlato di strani fenomeni luminosi che hanno interessato il lago Titikaka e molti testimoni affermano di averne visto uscire degli UFO. La gente del posto parla da sempre di enormi globi di luce blu, oppure di dischi luminosi. Sono stati riportati addirittura avvistamenti di esseri extraterrestri, descritti come alti, pallidi, assolutamente differenti dalla popolazione locale sudamericana, che ha pelle e capelli scuri.
http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/archive/2012/03/25/un-antico-stargate-in-peru-la-porta-degli-dei.html#more

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Gli impatti Vitali delle Comete


I mattoni della vita sarebbero stati portati sulla Terra dalle comete e si sarebbero assemblati proprio durante l'impatto con l'atmosfera terrestre. Lo dimostra una ricerca coordinata da Jennifer Blank, del centro di ricerche Ames della Nasa, e presentata durante il congresso della Società Americana di Chimica.
I ricercatori hanno utilizzato test e simulazioni per verificare se gli ingredienti chiave della vita, in particolare i mattoni delle proteine, ossia gli amminoacidi, presenti in oggetti celesti come le comete possono sopravvivere all'impatto con l'atmosfera terrestre. "La nostra ricerca mostra che gli amminoacidi potrebbero essere rimasti intatti nonostante la tremenda onda di shock e il calore che si formano durante l'impatto con l'atmosfera" ha osservato Blank. "Ci piace lo scenario del trasporto dei precursori della vita da parte delle comete - ha aggiunto - perché include tutti gli ingredienti della vita, amminoacidi, acqua ed energia".

Le comete sono frammenti ghiacciati di gas, acqua, polveri e rocce che orbitano intorno al Sole in una fascia situata molto oltre gli ultimi pianeti del Sistema Solare. Periodicamente le comete si staccano da questa fascia e si 'lanciano' all'interno del Sistema Solare. Miliardi di anni fa, sciami di comete hanno fatto 'incursione' nelle regioni più interne del Sistema Solare e hanno bombardato la Terra bambina.
Uno dei bombardamenti più massicci è avvenuto circa 3,8 miliardi di anni fa e la vita sulla Terra, come suggeriscono alcune evidenze, sarebbe iniziata proprio allora. Per verificare se gli ingredienti della vita potrebbero essere stati portati proprio dalle comete e se questi potrebbero sopravvivere al violento impatto con l'atmosfera i ricercatori hanno simulato le enormi temperature e le potenti onde di shock che gli amminoacidi trasportati dalle comete potrebbero provare durante l'ingresso in atmosfera. Capsule riempite di amminoacidi, acqua e altri materiali sono state colpite con 'proiettili' di gas sparati ad altra pressione e a velocità supersoniche. I ricercatori hanno verificato in questo modo che non soltanto gli amminoacidi non si rompono, ma che il calore che si sprigiona nell'impatto fornisce l'energia necessaria per formare i cosiddetti legami peptidici, che uniscono gli amminoacidi insieme nelle proteine.
http://www.cronacheterrestri.com

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La vita al di fuori del sistema solare? Probabilmente vicino ad una stella rossa.



Questa classe di pianeti, poco più grandi della Terra, sembra essere comune intorno alle deboli stelle rosse. Inoltre, non raramente, nella cosiddetta fascia di abitabilità. L’ultimo scoperto, Gliese 667 C avrebbe le condizioni adatte per la presenza di acqua liquida sulla superficie.
Rappresentazione artistica di un tramonto visto da Gliese 667 c
La vita al di fuori del sistema solare? Probabilmente vicino ad una stella rossa. È quanto sembra venire fuori da uno studio condotto da un team internazionale di astronomi che ha usato i dati di sei anni di osservazioni compiute con lo spettrografo HARPS, il cacciatore di pianeti dell’ESO.
Secondo quanto riportato, infatti, il numero di super – Terre, pianeti che misurano da una a dieci volte le dimensioni della Terra, sarebbero comuni nelle fascie abitabili intorno a deboli stelle rosse. E considerato che le nane rosse rappresentano circa l’80% delle stelle della Via Lattea e alcune distano “appena” 30 anni luce dal nostro Sole, la caccia alla vita su questi pianeti diventa decisamente interessante.
“Le nostre nuove osservazioni con HARPS indicano che circa il 40% di tutte le nane rosse ha una super-Terra in orbita nella zona abitabile, dove l’acqua può esistere allo stato liquido sulla superficie del pianeta”, dice Xavier Bonfils (IPAGOsservatorio di Scienza dell’Universo di Grenoble, Francia) che guida l’equipe. “Poiché le nane rosse sono così comuni – ce ne sono circa 160 milliardi solo nella Via Lattea – questo ci porta al sorprendente risultato che ci sono decine di miliardi di questi pianeti solo nella Via Lattea”.
L’equipe di HARPS ha analizzato un campione ben selezionato di 102 nane rosse nei cieli australi, osservate per un periodo di sei anni. Sono state identificate in totale nove super-Terre (pianeti con massa tra una e dieci volte quella della Terra) tra cui due nella zona abitabile, una in Gliese 581 e una in Gliese 667 C. Gli astronomi hanno potuto stimare la massa del pianeta e la dimensione dell’orbita, cioè quanto il pianeta sia lontano dalla stella.
“La zona abitabile, cioè la regione in cui la temperatura permette all’acqua di essere liquida sulla superficie del pianeta, è molto più vicina alla stella per una nana rossa che per il Sole.” spiega Stéphane Udry (Osservatorio di Ginevra e membro dell’equipe scientifica). “Ma le nane rosse sono soggette a eruzioni stellari e brillamenti che potrebbero inondare il pianeta di raggi X o ultravioletti e che renderebbero la presenza di vita molto meno probabile”.
Uno dei pianeti scoperti dalla survey HARPS di nane rosse è Gliese 667 Cc. Anche se questo è un pianeta pesante quattro volte la Terra, è il parente più prossimo al nostro pianeta finora trovato e quasi certamente, dicono dall’ESO, ha le condizioni adatte per l’esistenza di acqua allo stato liquido sulla superficie.
“Ora che sappiamo che ci sono molte super-Terre attorno a nane rosse vicine, dobbiamo identificarne sempre di più usando sia HARPS che futuri strumenti. Alcuni di questi pianeti dovrebbero passare di fronte alla loro stella madre durante l’orbita — questo apre l’entusiasmante possibilità di studiare l’atmosfera del pianeta e cercarvi segni di vita”, è la chiosa di Xavier Delfosse, altro membro dell’equipe.
Di Francesca Rea

La comunità degli scienziati maledetti

di Marco Pulier

Parallelo alla scienza ufficiale è cresciuto, dalla metà dell’800 fino ai giorni nostri, un universo scientifico “eretico” sommerso, tanto affascinante quanto difficile da scovare perché disconosciuto dal circuito della ricerca canonica.
Un mondo di geni incompresi, alcuni cresciuti in seno alla stessa scienza accademica, con cui hanno dovuto scontrarsi duramente per difendere le proprie idee e teorie controcorrente, come accadde al famoso scienziato serbo Nikola Tesla, altri autodidatti e indipendenti ma non per questo meno geniali, i quali però, privi del riconoscimento che il titolo accademico conferisce, sono divenuti facilmente oggetto di derisione e discredito.
Entrambi le categorie hanno tuttavia un fattore comune, quello di aver subito la medesima sorte di finire nell’oblio e veder distrutta la propria immagine attraverso una “gogna mediatica” innescata dall’establishment scientifico o, in alcuni casi, di finire sul lastrico ad opera del mondo finanziario vigente, supportato dalle verità scientifiche del tempo, che vedeva minato il proprio potere dalla circolazione di teorie alternative.
Nikola Tesla non fu l’unico ricercatore a subire queste sorti.

L’uomo che faceva “camminare le pietre”
Edward Leedskalnin, nato in Lettonia nel 1887 e trasferitosi presto in America in cerca di fortuna, una volta stabilitosi in Florida fu artefice di una impresa senza precedenti che ancora oggi lascia sbigottito chi ne viene a conoscenza.
A partire dagli anni Venti, su un terreno di sua proprietà iniziò ad edificare, completamente da solo e con una tecnica rimasta ancor oggi ignota, una costruzione colossale somigliante ad un castello. L’edificazione si protrasse per circa 28 anni, periodo in cui scolpì, manovrò e assemblò massi ciclopici di una pietra molto simile al corallo, da cui il leggendario nome per l’edificio: Coral Castle.
Al di là della stravagante quanto irripetibile impresa, dietro all’opera di questo uomo, anch’esso molto particolare, si scorgono degli elementi misteriosi quanto inquietanti, riconducibili ai suoi studi ed esperimenti certamente non convenzionali per quell’epoca.
Rimane infatti un imperscrutabile mistero su come egli abbia potuto compiere da solo (e questo sembra un dato confermato da testimoni dell’epoca che non l’hanno mai veduto in compagnia di alcuno durante i lavori che venivano svolti esclusivamente di notte) e senza l’impiego di alcun mezzo, tranne pochi rudimentali utensili personali, erigere e manovrare delle colossali pietre del peso di diverse decine di tonnellate, ottenendo, fra l’altro, un orientamento astronomico della costruzione di incredibile precisione rispetto ad allineamenti solstiziali.
Leedskalnin affermava pubblicamente di aver scoperto il segreto delle antiche popolazioni megalitiche, artefici delle misteriose e imponenti edificazioni presenti ovunque sul pianeta. Basandosi sui suoi studi sulla natura del magnetismo pubblicò il libro “Magnetic Current”, un testo pochissimo conosciuto, ma molto intrigante per le teorie e i risultati sperimentali che contiene.

Il progetto H.A.A.R.P.
Egli aveva messo a punto il fenomeno della “levitazione magnetica” sulla base delle osservazioni che aveva compiuto nel campo dell’elettromagnetismo, secondo le quali l’universo intero si compone e si regge in equilibrio sulla dualità contrapposta della forza di attrazione/repulsione tra il polo magnetico positivo e negativo delle particelle, che agisce indipendentemente dalle proprietà delle sostanze in cui si trovano.
Egli sosteneva che nella materia esiste un naturale flusso delle particelle che si dirigono verso i due poli magnetici e che era possibile modificarne l’andamento. Ad esempio ha dimostrato che appoggiando un superconduttore sopra un magnete si sprigiona una forte spinta repulsiva in grado, se opportunamente diretta, di spostare oggetti: un esperimento ripetuto e ripetibile da chiunque anche ai giorni nostri.
Sembrerebbe quindi in grado di modificare la gravità a livello locale.
A supporto dell’attendibilità degli esperimenti di Leedskalnin e delle sue teorie sulla gravità viene spesso citato il fatto che egli era uno stretto amico di Nikola Tesla, con il quale condivideva una visione comune sulla natura della gravità e delle correnti elettromagnetiche.
Come Tesla anche Leedskalnin affermava infatti: “Tutta la materia consiste di magneti singoli ed è il movimento di questi magneti nella materia attraverso lo spazio che produce fenomeni quantificabili come il magnetismo e l’elettricità.”
Che ci sia stato lo zampino di Tesla nell’opera del ricercatore lettone può essere dedotto anche dal ritrovamento nel castello di numerose apparecchiature riconducibili agli studi dello scienziato serbo e in più dalla presenza di una misteriosa “scatola nera”, la cui funzione non è mai stata resa nota da Leedskalnin, ma che sembra venisse impiegata nel sollevamento dei massi ciclopici.
Un altro elemento che i due ricercatori hanno avuto in comune è l’interesse occulto mostrato dall’FBI per i loro studi. Leedskalnin fu infatti interrogato più volte dalla polizia federale in merito alle sue scoperte e probabilmente in quell’ambiente va ricercato il mandante del trafugamento, dopo la sua morte, della misteriosa scatola nera e altro materiale presente nella sua abitazione.
Anche in questo caso si rimane quanto meno perplessi riscontrando che di questo personaggio, del suo libro e dei suoi studi si sa pochissimo e che non ha ricevuto la benché minima attenzione dal mondo scientifico ortodosso.

L’antigravità e la modificazione della materia
Gli studi e le teorie di Tesla e Leedskalnin furono ripresi molti anni dopo la loro scomparsa da un ricercatore autodidatta di fisica americano, John Hutchison che intorno alla fine degli anni ’70 sembra proprio che sia riuscito a confermare quanto previsto e affermato dai due geniali ricercatori.
Cercando di riprodurre in laboratorio le condizioni fisiche previste dagli esperimenti di Tesla e Leedskalnin, Hutchison scoprì casualmente di poter generare fenomeni fisici insoliti, vere e proprie anomalie non contemplate dalla fisica classica.
Producendo più frequenze radio sovrapposte in un ambiente saturo di fonti elettromagnetiche diverse, sembra che abbia assistito ad una profonda modificazione dei normali flussi di particelle dell’energia del vuoto, in accordo con la teoria di Tesla, alterando in modo evidente la forza di gravità locale e addirittura la composizione degli oggetti.

Gli esperimenti di Pier Luigi Ighina
Esistono numerosi filmati che riproducono gli esperimenti di Hutchison mostrando gli effetti davvero anomali provocati dalle sue apparecchiature, come la levitazione di oggetti, l’autocombusione, la gelatificazione di metalli e la fusione di materiali eterogenei tra loro senza presenza di bruciature, insomma tutti fenomeni che secondo la scienza ortodossa non possono esistere.
E infatti non è casuale che le sue ricerche non siano mai state prese in seria considerazione e che sia stato ritenuto un ciarlatano, come era prevedibile, solamente perché in alcuni casi non è riuscito a riprodurre su richiesta i fenomeni osservati.
E’ probabile che questo sia accaduto perchè egli, come del resto affermava con onestà, non ha compreso la legge che sta dietro alla manifestazioni di questi fenomeni, quindi non era forse in grado di gestirla e riprodurla, ma ciò non toglie assolutamente nulla alla evidenza manifesta dei fenomeni stessi che hanno dell’incredibile e che del resto la fisica accademica non riesce a spiegare.
All’origine degli eventi eccezionali scaturiti dagli esperimenti di Hutchison vi è una teoria molto semplice ma estremamente profonda elaborata inizialmente da Tesla e poi ripresa da Leedskalnin, ossia che l’universo può essere paragonato ad un immenso oceano di energia, come un fluido tenue (l’”etere”, oggi definito dalla fisica quantistica Falso Vuoto) in cui gli atomi si differenziano e prendono forma da esso attraverso un movimento rotatorio, come un vortice d’acqua all’interno di un lago calmo, dando così vita alla materia.
Secondo Tesla, se l’uomo riesce ad imbrigliare questo fluido controllando l’innesto o l’arresto di questi vortici di etere in movimento, può diventare in grado di manipolare la formazione e la sparizione della materia stessa. Come scriveva Leedskalnin nel suo libro “Magnetic Current”, poiché è il dualismo delle polarità opposte delle particelle a tenere assieme l’universo, se si trovasse il modo di indirizzare le particelle di etere in movimento nel senso voluto si potrebbe forse per assurdo riuscire ad ammorbidire o disgregare la materia.
Possono sembrare affermazioni che fanno sorridere ma, senza entrare in merito alla loro attendibilità o meno, va comunque considerato che Hutchison sembra proprio che abbia in qualche modo applicato con successo le sue intuizioni.
Non va dimenticato, per diritto di cronaca, che l’ombra di Tesla sembra aleggiare anche nel famoso “Philadelphia Experiment” avvenuto nel 1943 in cui interessi militari lo spinsero ad applicare le sue scoperte su una nave da guerra con lo scopo di sperimentare la possibilità di rendersi “invisibile” ai radar nemici. Senza entrare nel dettaglio del fenomeno, che richiederebbe molto spazio, qualcosa di inquietante e misterioso avvenne per davvero perché la nave sotto gli occhi di alcuni testimoni increduli “sparì” effettivamente per poi ricomparire inspiegabilmente a 400 km di distanza.

La dualità dell’Universo e l’energia orgonica
Un altro scienziato che seguì per certi versi l’ispirazione dei ricercatori che abbiamo finora incontrato e che subì la stesa identica sorte di desolante abbandono fu il rumeno Wilhelm Reich, il principale allievo del padre della psicoanalisi, Sigmund Freud.
Pur occupandosi di un campo un po’ diverso dalla pura fisica delle particelle, egli nel corso dei suoi studi giunse, anche se per strade diverse, ad una conclusione simile a quella dei suoi illustri predecessori. Si spinse infatti ad affermare che la materia e i processi biologici presenti in natura sono il risultato dell’interazione tra particelle e antiparticelle (riproponendo quindi il concetto della dualità universale della natura stessa) che compongono l’energia cosmica primordiale dell’etere, (la dimensione di spazio fluido che permea ogni cosa) che definì “orgonica”, prendendo spunto dall’analogia con la funzione creativa dell’orgasmo umano tra i due sessi.
L’interazione tra i vortici di questa energia permeante sul mondo fisico è all’origine di ogni fenomeno naturale, compresa la vita, come in un processo di trasmutazione alchemica naturale.
Sia gli studi di Reich che quelli di Leedskalnin e di Tesla avevano un denominatore in comune: la materia in sintesi è la risultante di una infinita vibrazione delle particelle elementari che la costituiscono, più che di un di vorticoso moto rotatorio. Possono essere quindi definiti come gli antesignani della teoria delle “stringhe” che oggi ha ormai preso piede nel mondo scientifico nel tentativo di trovare una spiegazione definitiva ed unitaria alla natura dell’universo.

Anomalie dell’alluminio secondo l’“Hutchison Effect”
Con la costanza delle sue meticolose osservazioni, Reich arrivò a stabilire alcune regole fisiche fisse nel flusso di particelle e antiparticelle che lo portò a concepire uno strumento, che chiamò “accumulatore orgonico”, in grado di convogliare (analogamente a ciò che per certi versi, come abbiamo visto, hanno sperimentato sia Leedskalnin e Huctison con i flussi magnetici) questa energia orgonica che riteneva essere terapeutica e rigeneratrice (aveva condotto approfonditi studi clinici e statistici che mettevano in risalto le sue proprietà curative nei confronti del cancro).
Arrivò addirittura a coinvolgere nei suoi esperimenti anche Einstein, il quale rimase inizialmente sbigottito davanti all’inconfutabile riscontro delle tesi sostenute da Reich. Il famoso scienziato tedesco, come forse era prevedibile, fece però presto marcia indietro, rinnegando completamente i risultati degli esperimenti adducendo come pretesto futili dettagli e opinabili motivazioni.
A seguito della presa di posizione di Einstein che in virtù della sua acclamata fama aveva un fortissimo ascendente sull’opinione pubblica e sulla comunità scientifica, si innescò nei confronti di Reich una accanita campagna diffamatoria senza precedenti che ne decretò la distruzione dell’immagine, il bando totale delle sue pubblicazioni, il divieto assoluto di diffondere le sue idee nonché il sequestro del suo laboratorio.
Si rimane allibiti di fronte ad una così furiosa guerra ad personam che ricorda per alcuni versi quella più recente subita da un noto medico ormai scomparso che intraprese la realizzazione di una alternativa terapeutica alla cura del cancro.
Reich fu addirittura condannato per la diffusione delle sue teorie e scontò per questo gli ultimi anni della sua vita in galera dove morì nella più completa solitudine.

L’uomo della pioggia
Un ricercatore che a distanza di anni ha ripreso i suoi studi è stato Pierluigi Ighina, collaboratore di Guglielmo Marconi, che in modo assolutamente indipendente e seguendo le orme del pensiero di Reich ha realizzato un dispositivo ad elica, lo stroboscopio magnetico, poi simpaticamente ribattezzato “la macchina della pioggia”, di cui illustrò pubblicamente il funzionamento nel 1998 davanti alle telecamere della trasmissione Report su Rai 3.
Egli infatti, prendendo a riferimento il concetto energetico della dualità contrapposta dei poli magnetici presente in natura, spiegò che era possibile agire concretamente sui fenomeni atmosferici. In estrema sintesi, il funzionamento dell’apparato consisteva nell’emissione di una radiazione provocata dalla polvere di alluminio presente nell’apparecchio, di polarità negativa, che andava combinandosi con la polarità opposta presente nel particellato delle nuvole.
Il suo macchinario ha lasciato sbigottito chiunque lo abbia visto in funzione perché produceva effettivamente in tempi rapidi una profonda modificazione delle condizioni meteorologiche locali; la spessa coltre di nuvole presente sull’area della macchina al momento dell’esperimento veniva letteralmente squarciata dal movimento rotatorio del dispositivo.
Nonostante in questo caso abbia più volte riprodotto l’esito positivo dell’esperimento, le sue scoperte non vennero mai prese in seria considerazione dalla scienza ortodossa, quindi non sono mai state né studiate né oggetto di smentita.
E’ interessante e curioso notare che le sue intuizioni e le sue realizzazioni (che attingono comunque al bagaglio conoscitivo di Tesla) hanno una strana analogia con la tanto discussa tecnologia HAARP (High Frequency Active Auroral Research Project), un sistema di armi geofisiche americane tuttora segreto che si dice sia in grado di influenzare il clima per fini militari.

Le teorie eretiche e la censura del Rasoio di Occam
Come nel caso di Reich, o degli altri personaggi affrontati, l’establishment scientifico davanti alla comparsa di teorie e di sperimenti inconfutabili che possono metterne in discussione alle radici i dogmi su cui si sostiene, assume un atteggiamento molto preciso che ha l’obiettivo di screditare l’attendibilità del fenomeno emerso attraverso un meccanismo di indifferenza totale, ridicolizzandone la portata scientifica.
Nel caso ad esempio della “macchina della pioggia”, invece di condurre un serio studio di approfondimento del fenomeno, la comunità scientifica si è limitata a sollevare un’ironica obiezione affermando che se lo strumento avesse un fondamento di credibilità allora non esisterebbero più deserti sul pianeta.

Gli esperimenti orgonici di Wilhelm Reich
Probabilmente una dichiarazione del genere non tiene conto del fatto che l’inventore di questo dispositivo ha dichiarato di avere in effetti provato a trovare un’applicazione concreta al suo macchinario cercando di esportarlo in Africa con l’obiettivo di arginare il problema della siccità, ma il suo tentativo è risultato vano poiché ha incontrato l’atteggiamento ostile di chi in quel luogo lucra sulla mancanza d’acqua.
Il discredito e la censura che le scoperte scientifiche ”maledette” hanno sempre ed inevitabilmente subito sono il frutto dell’applicazione da parte delle baronie scientifiche di un postulato di base che sottende alle motivazioni della ricerca, in qualunque campo di indagine essa si esplichi: quello del cosiddetto Rasoio di Occam, un principio filosofico valutativo che nasce nel medioevo con finalità religiose ma che si estende rapidamente negli altri campi dello scibile umano. Secondo questo pensiero tutto ciò che risulta superfluo alla conferma di uno status quo in vigore (sia che si applichi in campo religioso riferendosi alla natura della Chiesa, sia in campo filosofico al potere delle teorie scientifiche oramai accreditate) va tagliato e sostituito invece con la soluzione più semplice e naturale a disposizione che secondo questo principio è senz’altro anche la più giusta.
Risulta evidente alla luce di questo ragionamento che qualunque forma di ricerca che esca dal coro è condannata ad essere eliminata.
La cortina che la scienza ortodossa alza nei confronti di ciò che può destabilizzarla ha l’obiettivo di porre dei paletti al range conoscitivo accessibile all’uomo; in sostanza rivendica il diritto di stabilire cosa è ricerca, di vagliare l’attendibilità di qualunque affermazione o scoperta venga a galla dall’universo nascosto dei ricercatori non allineati.
Eppure andrebbe considerato che anche le teorie “eretiche” portate avanti dagli scienziati che abbiamo conosciuto in questo viaggio nel mondo della ricerca “proibita” non sono poi del tutto estranee al genere umano poiché appartengono, nella loro intima essenza, al patrimonio culturale di tutti i Popoli naturali del pianeta.
Il loro riferimento alla Natura e l’esigenza di rapportarsi in modo diretto con essa attraverso l’osservazione e la riproduzione dei modelli che intrinsecamente esprime li ha da tempi immemorabili condotti a sperimentare un’esperienza conoscitiva che non è propriamente la deduzione di una visione teorica dell’esistenza, bensì esattamente il contrario. Pur senza avere un accesso diretto ai sofisticati strumenti di indagine oggi disponibili sono stati in grado di intuire e sperimentare le forze e la natura dell’universo e crearsene una visione ben precisa, indirettamente confermata dalle frontiere della odierna ricerca scientifica.
La conoscenza della griglia magnetica e tellurica terrestre, ipotizzata da Leedskalnin, la dualità dei principi opposti che determina la struttura dell’universo (che ritroviamo nel concetto di vuoto e pieno dell’antico Druidismo europeo), l’esistenza di un’energia cosmica primordiale tuttora presente e origine di tutti i processi vitali e non dell’esistenza, (l’etere di Tesla, Reich, Ighina, ecc.), la visione quantistica dell’universo che è alla base delle teorie citate, lo sfruttamento dell’intrinseca proprietà conduttiva della spirale come archetipo cosmico e scambiatrice di energia dal cielo verso la Terra e viceversa, intuita e utilizzata da tutti gli scienziati non convenzionali che abbiamo analizzato, sono tutti concetti scoperti e sperimentati dalle antiche culture tradizionali della Terra, che per prime hanno intuito che la Natura, in tutte le sue manifestazioni, è fonte di insegnamento e che all’interno di essa, in un contesto di rispetto ed armonia, l’uomo può trovare tutto quello di cui può avere bisogno.
Rimanere indifferenti di fronte alla possibilità che le scoperte scientifiche non autorizzate possano avere un fondamento di verità equivale in un certo senso a non voler considerare l’esistenza del patrimonio culturale tradizionale dei popoli della Terra. Al pari della scienza “dannata”sono però entrambi una realtà evidente.
http://www.shan-newspaper.com/web/scienze/457-la-scienza-proibita.html

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