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Il mistero delle sfere di pietra precolombiane del Costa Rica



Sarà l’archeologo italiano Emiliano Antonelli a condurre uno studio sulle misteriose sfere di pietra del Costa Rica, considerate tra i reperti archeologici più preziosi del paese. Antonelli è stato scelto dai curatori del Museo Nacional del Costa Rica (dove è esposto un compendio di tutta l’archeologia costaricense ed una piccola collezione di questi enigmatici oggetti) per analizzare lo stato delle sfere e decidere il tipo di restauro da fare ed i controlli da eseguire per evitare i danni provocati dagli agenti atmosferici.

Queste misteriose sfere – chiamate Las Bolas a livello locale ed apparse anche nella famosa scena del film “I predatori dell’Arca perduta” della saga di Indiana Jones – sono state ritrovate a partire dal 1939 nel sud ovest del Costa Rica, nella zona del Pacifico meridionale, quasi esclusivamente nella zona del Delta del Diquís, tra le cittadine di Palmár Sur e Ciudad Cortés, oltre che nella Penisola di Osa e nell’Isola di Caño, al largo della Penisola stessa. Alcuni esemplari sono stati rinvenuti anche nella zona di Fila Costeña, attorno a San Vito de Java (o de Coto Brus) e Ciudad Neilly, e vicino alla località di Bolas.

Negli anni, di sfere, ne sono venute alla luce circa 300 di grandi dimensioni, cioè con un diametro che va dai 50 ai 250 cm, ed un numero imprecisato di piccole dimensioni, di peso variabile tra il chilo e le 25 tonnellate.  Gli studiosi non sono ancora riusciti a capire quale sia l’origine ed il significato di questi reperti. Le sfere, fatte di andesite, gabbro e granodiorite, rocce di origine vulcanica, sono infatti quasi tutte state spostate rispetto al luogo di ritrovamento. Inoltre, molte sono state anche sepolte da detriti alluvionali o spostate a causa di smottamenti del terreno, e non solo per colpa dell’uomo, dalla loro collocazione originaria. Questo non ha permesso agli studiosi di analizzare i loro eventuali allineamenti, se non in pochissimi  e rari casi. Alcuni archeologi suppongono che le sfere stiano a rappresentare il Sole e la Luna o alcune costellazioni, quindi la loro posizione originale sarebbe stata fondamentale per supportare questa tesi.

Il primo a studiare questi manufatti di pietra è stato il professore americano Samuel Lothrop, archeologo di Harvad che, seppure con


Samuel Lothrop con la moglie Eleanor

qualche cautela, è riuscito a dare delle riposte ai tanti interrogativi. Secondo Lothrop i grandi sferoidi del Costa Rica avrebbero un’origine abbastanza recente e databile intorno al 400 d.c. (anche se altri studioso indicano il 600 d.c.), cioè nel periodo in cui nella zona arrivò la cultura dell’oro. Secondo Lothrop ed altri studiosi gli sferoidi erano considerati indicatori sociali o segnalatori di aree sacre. Per quanto si è potuto accertare, infatti, alcuni di essi erano posizionati ai lati delle rampe di accesso di mounds (monticoli) su cui etano state costruite le case dei capi o dei famosi shamani oppure sul piano di mound su cui si svolgevano cerimonie di culto o civili. Molti studiosi avvallano la teoria che furono gli indigeni di cultura Diquis (Diquis significa “grandi acque” o “grande fiume” in lingua Boruca) a creare queste sfere. Ancora oggi gli indios Boruca vivono nella zona. Come abbiano fatto a farle così perfette rimane un mistero irrisolto.

Sono tante le ipotesi e le teorie sorte intorno a queste sfere – c’è anche chi sostiene che le abbiano fatte gli extraterrestri – ma nessuna è ancora stata supportata da prove certe. Mentre gli studi e le ricerche vanno avanti, il Governo del Costa Rica, ha chiesto all’Unesco di riconoscerle come patrimonio mondiale dell’Umanità e di approvare il progetto di un parco delle sfere chiamato “Plenitud bajo el cielo: el parque arqueológico de las esferas de piedra precolombinas” (Pienezza sotto il cielo: Parco archeologico delle sfere di pietra precolombiane). Per ora sono tre in Costa Rica i luoghi dichiarati dall’Unesco patrimonio naturale dell’Umanità: Isla del Coco, Parque Internacional La Amistad e Parque Nacional Guanacaste.
Fonte:http://www.visitcostarica.it/il-mistero-delle-sfere-di-pietra-precolombiane-del-costa-rica/
Tratto da:http://www.segnidalcielo.it

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La troika ai greci: “Dovete lavorare 13 ore al giorno e anche al sabato”

«Aumentare il numero massimo di giorni di lavoro a sei settimanali per tutti i settori». È una delle ricette della troika per la Grecia, ora ufficializzate dalla stampa greca. Insomma il sabato lavorativo diventerà la regola. Si sono materializzate anche le indiscrezioni che volevano una richiesta di allungare l’orario di lavoro, ad almeno 13 ore al giorno (se lo moltiplichiamo per sei giorni lavorativi arriviamo a una settimana di 78 ore lavorative, praticamente il doppio della settimana standard in tutta Europa). Resta da vedere se la troika cercherà di applicare agli altri paesi in difficoltà la "ricetta" greca. 



BRUXELLES - «Sconcertante». La definizione usata da alcuni negoziatori greci nei confronti delle richieste dei rappresentanti della cosiddetta troika ( i tedeschi - guarda caso - Matthias Mors per la Commissione Europea e Klaus Masuch per la Bce, più il danese Poul Thomsen per il Fmi) non poteva essere più plastica. Non a caso, al termine di due ore di colloquio con i tre, il ministro ellenico del lavoro Yannis Vroutsis non ha voluto rilasciare dichiarazioni, sfilando scuro in volto di fronte ai cronisti.

In effetti, stando a indiscrezioni rilanciate ieri mattina dalla stampa greca, si sono materializzate le indiscrezioni già filtrate alcuni giorni fa (anzitutto sul Guardian britannico), soprattutto sul fronte del mercato del lavoro. E cioè la ricetta ultraliberista, all'insegna del padre del mercato senza freni Friedrich Hayek, che sembra voler cominciare in Grecia un esperimento per molti allarmante: la rottura di quelle che sono regole consolidate (sia pure con eccezioni) in tutte le democrazie europee, compreso nelle economie virtuose e competitive del Nord Europa, come Germania, Olanda o Finlandia: la settimana lavorativa di cinque giorni, e limiti chiari all'orario di lavoro.

In una lettera della troika rivelata dal Guardian, si trova scritta, in effetti, senza mezzi termini, all’insegna dell’«aumento della flessibilità del mercato del lavoro», questa ricetta: «aumentare il numero massimo di giorni di lavoro a sei settimanali per tutti i settori». Il sabato lavorativo dovrebbe diventare, insomma, la regola - almeno in Grecia. Non basta. Secondo quanto riferito dalla stampa greca, si sono materializzate anche le indiscrezioni che volevano una richiesta di allungare l’orario di lavoro, ad almeno 13 ore al giorno (se lo moltiplichiamo per sei giorni lavorativi arriviamo a una settimana di 78 ore lavorative, praticamente il doppio della settimana standard in tutta Europa). Ed ecco infatti le ricette nel documento della troika: «aumentare la flessibilità degli orari di lavoro; fissare il tempo di riposo minimo a 11 ore; scollegare le ore di lavoro dei dipendenti dagli orari di apertura al pubblica; eliminare restrizioni sul tempo minimo/massimo tra i turni del mattino e del pomeriggio». Tutto questo, naturalmente, secondo la troika per rilanciare la competitività ellenica e il mercato del lavoro. «La disoccupazione è troppo elevata - scrive la lettera -e sono necessarie politiche per impedire che essa divenga strutturale». 

Richieste che si aggiungono ad altre drastiche, come ad esempio quella di ridurre anche le pensioni minime, ulteriori licenziamenti di pubblici impiegati e decurtazioni agli stipendi (in molti casi, soprattutto nel pubblico, il calo è stato fino al 40%). Se Atene sperava di impressionare la troika con la sua proposta di austerity di addirittura 17 miliardi di euro, contro gli 11,5 miliardi richiesti, ha drammaticamente fallito. Se poi l’“esperimento” all’insegna di Hayek sul corpo vivo della Grecia funzionerà, o invece ucciderà il paziente, resta ancora tutto da vedere. Come resta da vedere se la troika cercherà di applicare agli altri paesi in difficoltà la "ricetta" greca che spazza via le conquiste dell'economia sociale di mercato.



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Giudice italiano denuncia il 9/11 alla Corte dell’Aia

In questa lettera pubblicata dal sito Journal of 9/11 studies, il giudice italiano Ferdinando Imposimato non usa mezzi termini per denunciare la Verità celata dietro gli attentati dell’11 settembre. È straordinario che un professionista del suo calibro e con la sua carriera alle spalle (vedi curriculum qui sotto), mentre riveste un ruolo istituzionale, riveli pubblicamente tale dettagliata conoscenza dei fatti e manifesti chiaramente l’intenzione di denunciare i responsabili presso la Corte dei Diritti internazionali dell’Aia, per aver messo in scena un tale atto criminoso degno della migliore “Strategia del Terrore”. È un chiaro segno che neanche a livello istituzionale si può più continuare a far finta di niente. Il fatto poi che una iniziativa del genere sia partita da un giudice italiano non può che renderci ancora più orgogliosi. Lòthlaurin
Ferdinando Imposimato è presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ed ex senatore e deputato. A lungo ha fatto parte della Commissione bicamerale Antimafia. Da magistrato ha istruito alcuni tra i più importanti processi sul terrorismo (il caso Aldo Moro, l’attentato al papa Giovanni Paolo II, il caso Bachelet). Ha scoperto la “pista bulgara” e altre connessioni terroristiche internazionali. Innumerevoli i processi contro mafia e camorra. Tra gli altri, ha istruito il caso Michele Sindona e il processo alla Banda della Magliana. È autore o co-autore di sette libri sul terrorismo internazionale, la corruzione statale, e di questioni connesse, nonché Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

di Ferdinando Imposimato
Gli attentati dell’11/9 sono stati un’operazione globale di terrorismo di Stato consentita dall’amministrazione degli USA, che sapeva già dell’azione ma è rimasta intenzionalmente non reattiva al fine di fare la guerra contro l’Afghanistan e l’Iraq. Per dirla in breve, gli eventi dell’11/9 erano un caso di Strategia della Tensione messa in atto dai poteri politici ed economici negli Stati Uniti per perseguire vantaggi in capo all’industria petrolifera e delle armi.
Anche l’Italia è stata una vittima della “Strategia della Tensione” della CIA, attuata in Italia dai tempi della strage di Portella della Ginestra, in Sicilia, nel 1947, fino al 1993.
Ci sono molte prove di una tale strategia, sia circostanziali che scientifiche. Le relazioni del National Institute of Standards and Technology (NIST), del 20 novembre 2005, hanno sancito le conclusioni di seguito esposte.
Gli aerei che hanno colpito ciascuna delle torri gemelle hanno causato tanto una breccia quanto un’esplosione evidenziata da una gigantesca palla di fuoco. Il carburante rimanente fluiva verso i piani inferiori, alimentando gli incendi. Il calore degli incendi deformava le strutture degli edifici così che entrambe le torri sono crollate completamente da cima a fondo. Molto poco è rimasto di quanto era di qualsiasi dimensione dopo questi eventi, a parte i frammenti in acciaio e in alluminio e i detriti polverizzati provenienti dai pavimenti in cemento. Anche l’edificio 7 del World Trade Center crollò: lo fece in un modo che risultava in contrasto con l’esperienza comune degli ingegneri.
Il rapporto finale del NIST ha affermato che gli attacchi aerei contro le torri gemelle erano la causa dei crolli per tutti e tre gli edifici: WTC1, WTC2 e WTC7.
Tutti e tre gli edifici sono crollati completamente, ma l’edificio 7 non fu colpito da un aereo. Il crollo totale del WTC7 ha violato l’esperienza comune ed era senza precedenti.
Il rapporto del NIST non analizza la reale natura dei crolli. Secondo gli esperti intervenuti nel corso delle Udienze di Toronto (“Toronto Hearings”, 8-11 settembre 2011), i crolli avevano caratteristiche che indicano esplosioni controllate. Sono d’accordo con l’architetto Richard Gage e l’ingegnere Jon Cole, entrambi professionisti di grande esperienza, che sono arrivati alle loro conclusioni attraverso test affidabili, prove scientifiche, e la testimonianza visiva di persone insospettabili, tra cui i vigili del fuoco e le vittime.
L’autorevole teologo David Ray Griffin ha descritto con grande precisione perché l’ipotesi di demolizione controllata dovrebbe essere presa in considerazione. Vari testimoni hanno sentito raffiche di esplosioni.
Secondo il NIST il crollo dell’edificio 7 è stato causato da incendi provocati dal crollo delle torri gemelle. Il chimico e ricercatore indipendente Kevin Ryan, tuttavia, ha dimostrato che il NIST ha dato versioni contraddittorie del crollo dell’edificio 7. In un rapporto preliminare del NIST dichiarava che il WTC7 fu distrutto a causa di incendi provocati da gasolio conservato nel palazzo, mentre in una seconda relazione questo combustibile non era più considerato come la causa del crollo dell’edificio. Ulteriori commenti sulla versione degli eventi data dal NIST sono stati formulati da David Chandler, un altro testimone esperto intervenuto nel corso delle Udienze di Toronto. Nonostante la presunzione del NIST in merito a tre distinte fasi di crollo, Chandler ha sottolineato che molti video disponibili dimostrano che per circa due secondi e mezzo l’accelerazione dell’edificio non può essere distinta da una caduta libera. Il NIST è stato costretto a concordare con con questo fatto empirico come sottolineato da Chandler, e ora comprensibile per chiunque.
Peter Dale Scott, un altro testimone alle Udienze di Toronto, ha dimostrato l’esistenza di un modello d’azione sistematico della CIA volto a bloccare importanti informazioni nei confronti dell’FBI, anche quando l’FBI avrebbe normalmente diritto di ottenerle. Inoltre, ci sono ulteriori elementi di prova contro George Tenet e Tom Wilshire. Secondo l’ex capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca,Richard Clarke (intervista rilasciata alla televisione francese e tedesca come parte di un documentario di Fabrizio Calvi e Christopf Klotz ,31 agosto 2011, nonché l’intervista con Calvi e Leo Sisti (“Il Fatto Quotidiano “, 30 agosto 2011) la CIA era a conoscenza dell’imminente attacco dell’11/9.
Inoltre, dal 1999 la CIA aveva indagato Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi, entrambi sauditi, che sono stati associati con l’aereo della American Airlines che ha colpito il Pentagono. La CIA era stata informata che Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi erano arrivati negli Stati Uniti all’inizio del 2000. È legittimo dedurre che Tenet, capo della CIA, e Wilshire, secondo Peter Dale Scott una “figura chiave” nella Alec Station, bloccarono gli sforzi di due agenti dell’FBI, Doug Miller e Mark Rossini, intesi a notificare al centro FBI che uno dei partecipanti alla riunione di Kuala Lumpur, al-Mihdhar, aveva ottenuto un visto USA attraverso il consolato degli Stati Uniti a Jeddah. Il professor Scott, basandosi sulla ricerca di Kevin Fenton, cita 35 occasioni in cui i dirottatori sono stati protetti in questo modo, a partire dal gennaio del 2000 al 5 settembre 2001. Con riferimento al precedente di questi incidenti, il motivo di questa protezione era evidentemente, secondo Fenton, «per coprire un’operazione della CIA che era già in corso.»
Ulteriore prova indiziaria contro Tenet e Wilshire è la seguente. Il 12 luglio 2001 Osama bin Laden si trovava nell’ospedale americano di Dubai. Fu visitato da un agente della CIA. Questa informazione è stata data a Le Figaro, che ha anche riferito che bin Laden era stato operato in questo ospedale, essendo arrivato da Quetta (Pakistan). Questa informazione è stata confermata da Radio France International, che ha rivelato il nome dell’agente che ha incontrato bin Laden: Larry Mitchell. Tenet e Wilshire, consapevoli della presenza di bin Laden negli Emirati Arabi Uniti, non sono riusciti a farlo arrestare né estradare, anche se i documenti dell’FBI e della CIA lo ritenevano responsabile di massacri in Kenya e Tanzania.
L’insider trading è una forte ulteriore prova contro la CIA, l’FBI e il governo degli Stati Uniti.
Gli articoli del professor Paul Zarembka, così come da Kevin Ryan e altri, dimostrano che tali casi diinsider trading hanno avuto luogo nei giorni immediatamente precedenti rispetto agli attentati. Eppure questi casi di insider trading sono stati negati dall’FBI e dalla Commissione d’inchiesta sull’11/9.
Ulteriore prova contro la CIA e l’amministrazione degli Stati Uniti è la seguente. Mohammed Atta, almeno a partire dal maggio 2000, era sotto sorveglianza della CIA in Germania, secondo la Commissione sull’11/9, sia perché era accusato sin dal 1986 di attentati contro Israele, sia perché era stato sorpreso mentre acquistava grandi quantità di prodotti chimici per l’uso in esplosivi a Francoforte (The Observer, 30 settembre 2001). È stato indagato dal servizio segreto egiziano e il suo telefono cellulare era sotto controllo. Nel novembre del 1999 Mohammed Atta lasciò Amburgo, andò a Karachi, in Pakistan, e poi a Kandahar. Qui ha incontrato bin Laden e lo sceicco Omar Saeed (secondo la rivista specializzata in questioni di sicurezza interna GlobalSecurity.org, alla voce “Movements of Mohammed Atta”). Dopo giugno 2000 gli USA hanno continuato a monitorare Atta, intercettando le sue conversazioni con Khalid Sheikh Mohammed, considerato il regista del 9/11, che ha vissuto in Pakistan.
Una forte prova del fatto che la CIA era a conoscenza dei movimenti irregolari di Atta dagli Stati Uniti verso l’Europa e all’interno degli Stati Uniti è il documento declassificato della CIA inviato dall’Agenzia a G.W Bush (President’s Daily Brief – Ndt: “relazione breve giornaliera per il presidente”). Questo documento, del 6 agosto 2001, dice: «Bin Laden determinato a colpire in USA.» E continua: “relazioni di provenienza clandestina, di governi stranieri, e dei media indicano che bin Laden sin dal 1997 ha voluto condurre attacchi terroristici negli Stati Uniti. Bin Laden ha inteso in interviste a televisioni statunitensi nel 1997 e nel 1998 che i suoi seguaci avrebbero seguito l’esempio dell’attentatore del World Trade Center Ramzi Yousef, e avrebbero “portato i combattimenti in America”.»
Dopo gli attacchi missilistici degli Stati Uniti sulla sua base in Afghanistan nel 1998, bin Laden disse ai seguaci che voleva infliggere una rappresaglia a danno di Washington, secondo un servizio di intelligence straniero. Un membro operativo egiziano della Jihad islamica ha rivelato a un agente di un servizio segreto straniero, nel frattempo, che bin Laden aveva intenzione di sfruttare l’accesso operativo agli Stati Uniti per organizzare un attacco terroristico …
Una fonte clandestina ha affermato nel 1998, che una cellula di bin Laden a New York stava reclutando giovani musulmani americani per gli attentati.
Questo documento dimostra che la CIA, l’FBI, così come il presidente Bush, conoscevano già dal 6 agosto 2001 chi aveva un accesso operativo: Atta. Nessuno ha goduto di un tale accesso negli Stati Uniti quanto Atta. Ma la CIA, l’FBI e Bush non hanno fatto nulla per fermarlo.
In Italia ho raccolto prove che la guerra in Iraq è stata decisa dal governo degli Stati Uniti prima degli attacchi dell’11/9 con l’aiuto dei servizi segreti italiani. Secondo Michel Chossudovsky, gli attacchi dell’11/9 sono stati usati come pretesto per la guerra, avendo avuto come sfondo i molti anni in cui si è avuta la creazione e il sostegno da parte della CIA della rete terroristica ora conosciuta comeal-Qa’ida. Oggi c’è il pericolo di una nuova “guerra preventiva” contro l’Iran da parte degli Stati Uniti. Questo potrebbe essere terribile per la gente di tutto il mondo e potrebbe anche distruggere una gran parte dell’umanità.
L’unica possibilità per avere giustizia è quello di presentare le migliori prove relative al coinvolgimento di singoli individui nei fatti dell’11/9 al Procuratore della Corte penale internazionale chiedendogli di indagare in base agli articoli 12, 13, 15 e 17, lettere a e b, dello Statuto della Corte penale internazionale, ricordando anche il preambolo della Statuto:
  • Riconoscere che tali gravi reati minacciano la pace, la sicurezza e il benessere del mondo,
  • Affermare che i reati più gravi che sono motivo di allarme per la comunità internazionale nel suo insieme non debbano rimanere impuniti e che la loro repressione debba essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati a livello nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale,
  • Essere determinati a porre fine all’impunità degli autori di tali crimini e quindi di contribuire al perseguimento di tali reati,
  • Ricordare il dovere di ogni Stato di esercitare la propria giurisdizione nei confronti dei responsabili di reati internazionali…
Ferdinando Imposimato
Settembre 2012
Fonte: www.journalof911studies.com/Imposimato letter.pdf
Il testo in inglese è stato trascritto anche qui
Traduzione: Pino Cabras per www.megachip.info
Tratto da: Informare per Resistere
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La Danimarca fuori dall’Euro gongola...

Il Courrier International (una sorta di versione francese del nostro Internazionale) riporta la notizia secondo la quale la Danimarca avrebbe chiesto a due illustri economisti di calcolare l'ammontare degli aiuti che il paese avrebbe dovuto sborsare quest'anno - nell'ambito dei programmi di sostegno alla zona Euro - se nel 2001 avesse adottato la moneta unica europea. 

Una cifra non da poco, 338 miliardi di corone danesi, ovvero quasi 45 miliardi di euro. Ma "il paese più felice della terra" (secondo l'Unesco), ha scelto di non adottare l'Euro, pur facendo parte della comunità economica, in seguito ad un referendum nel settembre 2000, come già avevano fatto Gran Bretagna e Svezia. 

"Chi vorrebbe far parte - si chiede uno dei maggiori giornali danesi - di un club i cui costi aumentano senza sosta ed in maniera imprevedibile?". Non si può certo dargli torto...

L’acqua in bottiglia contiene tracce di metalli radioattivi ma noi non dovremmo preoccuparci

Mai come in questi giorni di caldo uno dei compagni fissi delle proprie giornate è la bottiglia d’acqua, umida ancora di frigorifero. Ne verso come sempre un poco in un bicchiere, un gesto banale e meccanico. Poso il prezioso carico di oro blu in frigo e l’occhio si posa sull’etichetta che indica i sali disciolti e rimango stupito: contiene tracce di rocce radioattive. Ovviamente sull’etichetta nessun venditore sano di mente metterebbe un’indicazione del genere, ma leggere di tracce di radon, torio ed uranio richiama alla mente qualche lezione di chimica.

A questo punto cerco qualche informazione in più direttamente dal Ministero della Salute e dal sito dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità e trovo quest’indicazione:

nell’acqua potabile: le linee guida fornite dall’Oms e dalla Commissione europea raccomandano un’intensificazione dei controlli se la concentrazione di radon nelle riserve di acqua potabile supera i 100 Bq/litro. Gli Stati Uniti hanno proposto un limite massimo di 159 Bq/litro per le riserve private d’acqua. La Commissione europea raccomanda azioni immediate oltre i 1000 Bq/litro. In Italia, il Consiglio superiore di sanità ha raccomandato che la concentrazione di radon nelle acque minerali e imbottigliate non superi i 100 Bq/litro (32 Bq/litro per le acque destinate ai bambini e ai lattanti).
Sto ancora leggendo queste indicazioni e il sorso d’acqua mi si arresta in gola. Quanti di noi acquisterebbero acqua sapendo che contiene “quantità accettabili” di materiale radioattivo? Molti di noi si ritrovano immersi nei centri benessere in acque termali che nel loro passaggio dalle falde acquifere fino alla fonte permeano rocce radioattive, dando a quelle acque particolari caratteristiche che piacciono tanto. Il più diffuso componente radioattivo nelle acque considerate potabili incrementa sensibilmente (fino al 50% in più) la possibilità di contrarre un tumore ai polmoni. Il sorso d’acqua è arrivato ormai allo stomaco mentre mi rendo conto di una ovvia e preoccupante realtà.

Se la quantità di materiale radioattivo in una singola bottiglia è considerata accettabile da parte del mio organismo, cosa accade nel momento in cui bevo per anni ed anni sempre la stessa acqua? Se ogni giorno per un anno bevo almeno due litri d’acqua, cosa succede al mio organismo quando bevo 730 litri d’acqua contenente materiale radioattivo considerato dalle strutture che tutelano la salute insignificante? La risposta mi rimane in gola, mentre continuo a guardare incredulo l’etichetta della bottiglia che ho in mano. E’ un’acqua molto diffusa, la sua pubblicità mi martella ogni giorno ma non posso farne il nome per evitare di incorrere in qualche causa legale intentata dalla multinazionale che gestisce le acque imbottigliate in Europa.Causa che vincerebbe a mani basse, dato che come confermato dall’ufficio stampa, ad oggi non sono noti rischi per la salute e non c’è alcun motivo di diffondere inutili allarmismi.

Rasserenato dalla telefonata, bevo un altro sorso d’acqua, giusto per mandare giù un’altra pillola. Di saggezza.

I russi sono arrivati a toccare il lago subglaciale Vostok


Dopo due decenni di perforazioni è stato dato l'annuncio che il team di scienziati russi è arrivato a toccare il lago Vostok dopo 3.768 metri di perforazioni dei ghiacci dell'antartide.
Questa notizia ha creato grande entusiasmo nella comunità scientifica in quanto potrebbe rivelare grandi segreti su questo misterioso lago ghiacciato il terzo più grande lago del mondo.


Essendo stato ricoperto dai ghiacci dell'antartide da oltre 20 milioni di anni, potrebbero vivere all'interno delle sue acque specie ormai estinte da milioni di anni. Molti scienziati hanno considerato la trivellazione del lago Vostok come l'ultima frontiera della scienza, ma anche una miniera d'oro per capire le condizioni di alcune lune del sistema solare che hanno situazioni ambientali simili quali Europa (luna di Giove) o Encedadus (Luna di Saturno).
http://www.antikitera.net/news.asp?id=11927&T=3

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Reazione popolare contro i microchip RFID

È recentissima la notizia che in alcune scuole americane è partito un progetto pilota per far abituare i bambini ad indossare un microchip RFID durante la permanenza negli ambienti scolastici, attraverso alcuni gadget come la tessera identificativa scolastica “microchippata”, la divisa scolastica con trasmettitore incorporato e addirittura un collare (!) da indossare proprio come gli animali domestici…
Il governo americano vorrebbe garantire “la sicurezza” degli studenti, tracciandone tutti gli spostamenti per ridurre la percentuale di coloro che “marinano” la scuola.
Sono questi i primi passi che il NWO sta muovendo a livello sperimentale per rendere familiare alle nuove inesperte generazioni l’intimo contatto con un microchip capace di monitorare le loro vite. Ebbene forse hanno sbagliato tempistica o valutato male i loro “polli”, perchè negli ultimi giorni questi progetti non hanno fatto altro che scatenare malumori popolari e proteste pubbliche contro l’uso di questa tecnologia.
Le scene che vedete nel video sotto l’articolo sono del tipo che qualche anno fa ci immaginavamo nei film futuristici tipo “Orwell 1984“, ma sono un segno concreto che perfino in America (per eccellenza la patria del controllo di massa) le persone non si fanno mettere nel sacco così facilmente. I microchip sono da decenni nei programmi di controllo del NWO: la strategia per la loro introduzione è graduale, procede poco alla volta per diluire i cambiamenti nel tempo ed attutirne l’impatto emotivo. Se il loro primo passo felpato ha sortito questi effetti sonanti, i nostri “controllori” hanno poco da stare allegri. La gente non dorme più, dovrebbero tenerne conto.
In effetti, se le persone reagiscono in massa come fa nel video la gente di San Antonio, e dimostrano lo stesso livello di consapevolezza, quale scusa potranno mai escogitare per indurre l’impianto di massa? La sicurezza? La salute? No, non funzionerebbero mai per coloro che conoscono la finalità a lungo termine del progetto. Ricordate sempre che la legge del consenso, esplicito o tacito, è alla base delle manipolazioni del NWO. Il potere è sempre stato, e sempre sarà in mano nostra. Attraverso l’arma dell’informazione, (per citare uno dei manifestanti nel video…) facciamo diventare RFID l’acronimo di Revitalize Freedom, Indipendence and Democracy (Rivitalizziamo la Libertà, l’Indipendenza e la Democrazia). Buona lettura dell’articolo originale “More RFID chip resistance”.
Lòthlaurin
L’associazione “We Are Change” (“Noi Siamo il Cambiamento”, n.d.t.) ha protestato contro l’obbligo per gli studenti della scuola di San Antonio di indossare un collare con un microchip RFID per il tracking (tracciatura degli spostamenti, n.d.t.). L’associazione, i genitori e gli studenti, assieme ai preoccupati concittadini, hanno parlato al consiglio del distretto scolastico indipendente di Northside, facendo presente ai convenuti che ciò rappresenta una violazione dei diritti civili e religiosi dei bambini, oltre a costituire una seria minaccia per la salute.
Il Governo non si cura tanto degli adulti, ormai rigidi nei loro schemi di idee, quanto delle nuove generazioni. Sente il dovere di assoggettarle… ecco perchè il congresso ha reso tutto “legale” molto tempo fa. A proposito, “programma pilota” significa che il progetto arriverà molto presto anche nella vostra nazione, devono solo sciogliere alcuni nodi del loro piano, come per esempio trovare un modo di imporlo anche a quelli a cui non piace.
STIAMO CHIEDENDO UNA MORATORIA PER IL TRACCIAMENTO RFID DEGLI STUDENTI.
Chiediamo perentoriamente al distretto scolastico indipendente di Northside di sospendere immediatamente l’uso della tecnologia RFID per tracciare gli spostamenti degli studenti fino a quando non verrà condotta una valutazione ufficiale dell’impatto sulla sicurezza, sulla salute e sulla privacy. Chiediamo al distretto di:
• Sospendere immediatamente il rilascio delle tessere scolastiche d’identità taggate con microchip RFID, e di ritirare quelle già consegnate;
• Disattivare tutte le apparecchiature di monitoraggio RFID già installate ed in uso nei locali scolastici;
• Notificare formalmente ai genitori degli studenti che la prevista implementazione della tecnologia RFID è stata sospesa in attesa di una valutazione ufficale dell’impatto sulla sicurezza, sulla salute e sulla privacy;
• Indire un incontro pubblico per consentire alle parti interessate di condividere le loro opinioni e le loro preoccupazioni su questo progetto di localizzazione degli studenti;
• Assicurare un clima rispettoso e non discriminatorio per studenti, genitori e membri dello staff che porteranno le loro obiezioni al progetto di tracking RFID adducendo motivazioni




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