Usa: una serie di Tornado devastano il Midwest!




Roma, 3 mar. (TMNews) - E' salito ad almeno 27 morti il bilancio delle decine di tornado che stanno seminando devastazione nella zona centrale degli Stati Uniti: gli stati più colpiti sono Indiana, Kentucky e Ohio. Le squadre di soccorso hanno lavorato tutta la notte alla ricerca di sopravvissuti. Dal Midwest sono arrivate immagini surreali: uno scuolabus fracassato contro una casa di mattoni, furgoni che galleggiano nei laghi, edifici di cemento ridotti in macerie e costruzioni in legno crollate come castelli di carta, roulotte ribaltate come macchinine giocattolo.

Soltanto in Indiana nella giornata di venerdì le autorità hanno contato tredici vittime. "Dalle notizie che abbiamo raccolto, i danni peggiori sarebbero concentrati nell'Indiana sudorientale: si parla di vere e proprie devastazioni a Henryville e Marysville nella contea di Clark; oltre a Pekin e New Pekin nella Washington County" ha riferito la centrale informativa statale. Più a sud, il Dipartimento di Sanità del Kentucky ha confermato un totale di 12 morti. Il 'Bluegrass State' era stato travolto ieri da ben 13 tornado, stando agli ultimi rapporti della protezione civile locale. Altre due morti causate dal maltempo sono state annunciate dalle autorità del vicino Ohio.

Nella contea di Clark, in Indiana le forze dell'ordine sono impegnate in una vera e propria lotta contro il tempo dopo che le strade statali sono rimaste bloccate da alberi e macerie, e la popolazione senza elettricità né collegamenti telefonici.

Finora i danni peggiori sono stati individuati nella cittadina di Marysville - a circa 65 chilometri da Louisville - nel Kentucky, andata completamente distrutta dalle tempeste: "Da ciò che sappiamo, Marysville non esiste più" ha dichiarato lapidario il senatore americano dell'Indiana Dan Coats in un'intervista alla Cnn.

Lieve terremoto in Irpinia 3,6 scala richter


3 marzo 2012 - Una scossa di terremoto pari alla magnitudo 3.6 della scala Richter è stata registrata alle 2:04 ora italiana in Irpinia. Il terremoto è stato localizzato dalle 29 stazioni della Rete Sismica Nazionale dell’INGV ad una profondità di 13.6 chilometri. I comuni più vicini all’epicentro sono Calabritto, Caposele, Lioni, Senerchia e Teora. Al momento non si hanno notizie di danni a persone e/o cose.
Ingv

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Cataclisma Nel Passato Della Luna




C’è stata un’epoca, agli albori della storia del Sistema solare, nella quale non c’era certo il tempo d’annoiarsi, per chi si fosse trovato a vivere su uno dei pianeti interni. Con lo spazio ancora brulicante di quello space debris naturale che continuava ad accrescere la massa dei pianeti stessi, gli impatti erano un evento erano all’ordine del giorno. Con il progressivo esaurirsi del materiale disperso, la situazione divenne mano a mano più tranquilla. Questo fino a quattro miliardi di anni fa, quando le rocce vaganti di colpo ripresero a picchiare duro. Più duro di prima: la Luna si trovò infatti a essere bersagliata da un’improvvisa gragnuola di proiettili a velocità ben più elevata di quelli che l’avevano sfregiata in passato.

È quanto ha scoperto un team di scienziati guidati dall’italiano Simone Marchi, del Lunar Science Institute della NASA (team del quale fa parte anche un altro italiano, Alessandro Morbidelli, dell’Observatoire de la Côte d’Azur, in Francia), analizzando le mappe digitali della superficie lunare prodotte grazie al Lunar Orbiter Laser Altimeter, uno degli strumenti a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA. Dal loro studio, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, emerge che i proiettili che hanno dato origine ai crateri formatisi nei pressi del bacino da impatto Nectaris – 860 km di diametro, situato vicino alla zona in cui atterrò l’Apollo 16 – dovevano viaggiare a velocità circa doppia rispetto a quelli responsabili dei crateri presenti in terreni più antichi. Anomalia evidenziata da una lieve differenza nelle dimensioni dei crateri più recenti, più grandi in media dal 30 al 40 percento.

Ma perché il debris, quattro miliardi d’anni fa, dovrebbe aver subito questa accelerazione? L’ipotesi dei ricercatori è che all’origine del cambiamento vi sia un riassetto avvenuto in quell’epoca nel Sistema solare. In particolare, il “cataclisma lunare” potrebbe essere stato provocato da un avvicinamento della fascia principale degli asteroidi, sfrattata da quella che era la sua posizione iniziale dalle perturbazioni gravitazionali seguite alla riorganizzazione delle orbite dei pianeti giganti.

A Cura Di Marco Malaspina

Fonte:

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La Vita Aliena In 3D


Cosa hanno in comune un film in 3D di ultima generazione e la ricerca della vita nei pianeti extrasolari? Apparentemente niente, ma invece un aspetto in comune ce l’hanno la polimetria, o meglio la luce polarizzata.


L’intuito di usare la luce polarizzata riflessa dai pianeti è alla base di una studio pubblicato sull’edizione di questa settimana della rivista Nature, che vede tra gli autori un italiano, Stefano Bagnulo, già astronomo all’Osservatorio Astronomico di Arcetri dell’INAF e ora cervello all’estero, presso l’Armagh Observatory, nell’Irlanda del Nord, Gran Bretagna.

“Si tratta, dice Stefalo Bagnulo ai microfoni di Media Inaf, di osservare pianeti extrasolari con una tecnica innovativa per il contesto, la polarimetria”. E per fare questo si sono avvalsi di uno dei telescopi più grandi al mondo, il Very Large Telescope che hanno puntato sulla Luna, per studiare, nella sua luce riflessa, la Terra e capire se su essa vi potessero essere forme di vita.



Luce Cinerea: La Luna riflette la luce irradiata dalla Terra. (Credit: ESO)

“Il fatto che sapessimo che vi fossero forme di vita ha condizionato il nostro lavoro, dice Bagnulo coautore dello studio, ma nel senso che se non avessimo avuto riscontro che la Terra può ospitarla avremmo capito subito come il metodo fosse sbagliato. Il nostro scopo è stato quello di studiare la Terra come apparirebbe vista dallo spazio attraverso un telescopio, ed in particolare di verificare la nostra capacità di dimostrare l’esistenza dalla vita sul nostro pianeta utilizzando tecniche astronomiche.

Dal momento che non avevamo la possibilità di portare il VLT nello spazio per puntarlo verso la Terra, abbiamo usato la Luna come gigantesco specchio, e osservato quella frazione di luce solare che viene riflessa dalla Terra verso il nostro satellite naturale, e poi riflessa indietro sulla Terra da quella parte dell’emisfero lunare che non è illuminato direttamente dal Sole. Questa luce è chiamata luce cinerea”.

“La stragrande maggior parte delle osservazioni astronomiche sono basate su misure di intensità. Gli astronomi cioè sono generalmente interessati a ‘quanti’ fotoni vengono emessi da una certa sorgente (o riflessi da una certa superficie). La polarimetria ci dice qualcosa di più, ossia ci dice ‘come’ oscillano i fotoni associati al campo elettro-magnetico della luce che riceviamo da una certa sorgente, per esempio se oscillano lungo una direzione privilegiata. La luce riflessa da certe superfici è polarizzata”.

“Qualora cercassimo di studiare un pianeta extra-solare con tecniche tradizionali (fotometria e spettroscopia), avemmo il grande problema di discriminare la luce riflessa dal pianeta da quella proveniente direttamente dalla stella. Sarebbe un po’ come cercare di studiare un granello di polvere depositato sulla superficie di una lampadina accesa.

Tuttavia, la luce riflessa dal pianeta è fortemente polarizzata, mentre quella stellare non lo è. Quindi le tecniche polarimetriche, almeno in principio, permettono di filtrare la luce stellare, ed evidenziare solo quella riflessa dal pianeta. La polarimetria potrebbe essere usata per fare imaging, cioè per vedere il pianeta, ma anche per analizzare le righe spettrali dell’atmosfera planetaria, e dedurne quindi la sua composizione.

Abbiamo quindi deciso di usare questa tecnica sul nostro stesso pianeta. L’analisi delle nostre misure, ed il loro confronto con modelli teorici già pubblicati in passato, ci ha mostrato che l’atmosfera e la superficie del pianeta Terra possiedono le caratteristiche di un pianeta che ospita la vita così come noi la conosciamo. Per esempio, nei nostri dati spiccano evidenti le caratteristiche polarimetriche di banda molecolari dell’ossigeno, dell’acqua e dell’ozono. Inoltre le nostre osservazioni si sono dimostrate molto sensibili alla percentuale di nubi presenti in atmosfera, e alla frazione di superficie terrestre coperta dagli oceani. In un certo senso, le nostre misure ci hanno permesso di riscoprire la vita sulla Terra.

Ovviamente, la nostra non è una scoperta particolarmente sorprendente. Però il nostro studio ha permesso di sperimentare con successo una tecnica astronomica che in futuro potrebbe essere sfruttata per cercare vita extra-terrestre. Certe missioni spaziali e i grandi telescopi del prossimo futuro avranno come obiettivo la scoperta della vita extra-terrestre, e la spettropolarimetria potrebbe rivelarsi una carta vincente per raggiungere questo scopo, conclude Stefano Bagnulo”.

A Cura Di Francesco Rea

Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/02/29/la-vita-aliena-in-3d/
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Inaspettate Aurore nei cieli della Norvegia!

Lo spettacolo inatteso – non è stato provocato da una tempesta solare – ha colto di sorpresa tanti astrofili che hanno visto il cielo tingersi di smeraldo


Fotografia di Tommy Eliassen, My Shot


Una coltre brillante di luce ammanta i monti della Norvegia il 14 febbraio, durante un recente spettacolo di aurore boreali che ha colto gli astrofili di sorpresa, in quanto non è stato prodotto da una particolare eruzione solare.


Gli astronomi ritengono che lo spettacolo di luci sia stato provocato piuttosto da un altro fenomeno, non meno curioso: le cosiddette “fratture” nella magnetosfera.

Queste si formano quando le linee del campo magnetico del Sole si interconnettono con quelle della Terra. Per alcune ore, le particelle solari cariche riescono a passare in queste “crepe”, scontrandosi con i gas dell’atmosfera e creando così lo spettacolo celeste.

Questo fenomeno si verifica in genere quando c’è un’attività solare particolarmente intensa, che è quello che accade in questo periodo in cui ci si sta avvicinando al massimo solare, il culmine di un ciclo di fluttuazioni magnetiche della nostra stella della durata di 11 anni.

di Dave Mosher

Anomalie atmosferiche rilevate prima di grandi terremoti



Alcuni scienziati riferiscono che qualche giorno prima del devastante terremoto in Giappone, sono aumentate drasticamente le emissioni di raggi infrarossi sopra l’epicentro.
I geologi hanno riferito di strani fenomeni atmosferici nei giorni antecedenti alcuni grandi terremoti.
Negli ultimi anni, tuttavia, diverse squadre hanno istituito stazioni di monitoraggio atmosferico in zone sismiche e un certo numero di satelliti sono in grado di riportare dati sullo stato dell’alta atmosfera e della ionosfera durante un terremoto.
L’anno scorso, abbiamo esaminato alcuni dati provenienti dal veicolo spaziale “Demeter” che mostrano un aumento significativo dei segnali radio a bassa frequenza durante il terremoto di magnitudo 7 avvenuto ad Haiti nel gennaio 2010.
Oggi, Dimitar Ouzounov presso il NASA Goddard Space Flight Center nel Maryland, insieme ad altri coleghi, ha presentato i dati del terremoto che ha devastato il Giappone l’11 marzo.
I loro risultati, anche se preliminari, sono sbalorditivi.
Si dice che prima del terremoto, nella ionosfera, sia cresciua enormemente la concentrazione di energia elettrica durante il terremoto sopra l’epicentro, raggiungendo il picco massimo tre giorni prima del terremoto.
Allo stesso tempo, le osservazioni satellitari hanno mostrato un notevole aumento delle emissioni di raggi infrarossi sopra l’epicentro, che ha raggiunto un picco nelle ore antecedenti il terremoto.
In altre parole, l’atmosfera si stava riscaldando.
Questo tipo di osservazioni sono coerenti con l’idea del meccanismo litosfera-atmosfera-ionosfera.
L’idea è che nei giorni che precedono un forte terremoto, vi sia un aumento della quantità di radon.
La radioattività di questo gas ionizza l’aria su larga scala e questo ha un certo numero di effetti.
Poiché le molecole d’acqua sono attratte dagli ioni in aria, la ionizzazione innesca la formazione di condensa su larga scala.
Ma il processo di condensazione rilascia anche il calore ed è questo che provoca le emissioni di raggi infrarossi.
“I nostri primi risultati mostrano che l’8 marzo un rapido aumento della radiazione infrarossa emessa è stata osservata dai dati satellitari”, dicono Ouzounov e co.
Queste emissioni hanno effetto nella ionosfera e modificano il suo contenuto.
L’atmosfera, la litosfera e la ionosfera sono legate tra loro; questa anomalia può essere misurata anche quando solamente una di loro risulta alterata. La questione è in che misura le nuove prove sostengono questo concetto.
Il terremoto in Giappone è il più grande che abbia mai colpito l’isola in tempi moderni e che certamente risulta essere tra i più studiati.
Se una prova concreta di questo rapporto non emerge da questi dati, altre opportunità saranno poche e lontane tra loro.
Si tratta per ora di risultati preliminari.

Così deve apparire un pianeta abitabile


Un'ipotetica intelligenza extraterrestre, lontana milioni di chilometri da noi, che captasse la luce emessa dal nostro piccolo pianeta brulicante di vita? La domanda non è fine a se stessa, anzi: ribalta completamente il punto di vista di chi da anni è alla ricerca di esopianeti simili allaTerra. È come dire: se vogliamo trovare un pianeta che assomigli al nostro, dobbiamo sapere esattamente come questo appare. A porre la questione in questi termini è stato Michael Sterzik delloEuropean Southern Observatory (Eso). Che dalle pagine di Nature ha anche fornito diverse informazioni per mettere insieme una prima risposta.

Da qualche tempo si è scatenata una vera e propria caccia a pianeti extrasolari potenzialmente abitabili. Si scruta lo Spazio remoto, alla ricerca di segnali (spettri di emissione di radiazioni) e poi si tenta di interpretare i dati per capire se si è in presenza di un corpo celeste con dimensioni paragonabili a quelle terrestri e per indovinarne le caratteristiche. Ma le cose sarebbero più semplici se si avesse già un punto di riferimento, qualcosa che indichi cosa cercare. Ed eccoci quindi alla domanda: che tipo di segnali visibili dallo Spazio emettono le forme di vita vegetale e l'atmosfera terrestri?

Per ottenere la firma spettrale del nostro pianeta, i ricercatori hanno usato un trucco: l'osservazione del cosiddetto raggio di Terra. “ La luce del Sole colpisce la Terra che la riflette verso la Luna: la superficie lunare, però, funziona come un enorme specchio che ci riflette a sua volta la nostra luce. E questo è quello che abbiamo osservato con il Very Large Telescope (in Cile, nda)”, ha spiegato Sterzik.

Gli astronomi hanno osservato sia il colore sia il grado di polarizzazione della luce riflessa (con una tecnica nota con il nome di spettropolarimetria) e hanno trattato queste informazioni come se riguardassero un esopianeta, cercando i segni della presenza di forme di vita organica. Si è tenuto conto soprattutto di alcuni indicatori, come la particolare combinazione di gas nell'atmosfera (che in generale è composta per il 78% azoto, per il 21% di ossigeno, e per l'1% di anidride carbonica e altri gas), che porta con sé le informazioni sulla biosfera. In pratica può essere considerata come l'impronta della vita.

Con un percorso a ritroso, da questa biofirma Sterzik e colleghi sono riusciti a dedurre che nell'atmosfera terrestre sono presenti nubi di vapore acqueo, che parte della superficie è costituita da oceani e che un'altra percentuale è coperta da vegetazione. Non è tutto: sono anche riusciti a rilevare i cambiamenti nella copertura nuvolosa e della presenza di piante in base alle diverse parti del pianeta che riflettono verso la Luna.
“La luce che ci arriva da un pianeta distante è sopraffatta da quella della sua stella, quindi è molto difficile analizzarla. È come cercare di studiare un granello di polvere che si trova oltre una lampadina accesa ”, esemplifica Stefano Bagnulo dell' Armagh Observatory (nell'Irlanda del Nord), co-autore dello studio. “ Ma, a differenza della luce emessa da una stella, quella riflessa da un pianeta è polarizzata. In questo modo si riesce a isolare il segnale”, continua Bagnulo.

Invece che cercare omini verdi, qualcuno d'ora in poi guarderà alle impronte verdi (o a qualcosa del genere). Magari con uno dei telescopi di prossima generazione, come lo European Extremely Large Telescope – 23 volte più potente nel captare la luce polarizzata rispetto al Very Large Telescope – che ha tra gli obiettivi proprio quello di cercare esopianeti abitabili.

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