MONITORAGGIO SISMICO LIVE CAMPI FLEGREI

Bangkok: 12 milioni in fuga dalle inondazioni!

Il primo ministro thailandese ha detto che Bangkok oggi sta combattendo contro la forza della natura, mentre il livello crescente delle inondazioni mette a rischio le dighe che proteggono la capitale, con gli abitanti in fuga all'inizio del quinto giorno di una vacanza proclamata in occasione dell'emergenza.


Le più gravi inondazioni a colpire il Paese in mezzo secolo, provocate in parte dalle pesanti piogge monsoniche, hanno ucciso 373 persone da metà luglio e creato problemi a quasi 2,5 milioni, finora per lo più nel nord e nel centro.

Sulla principale strada in uscita dalla capitale in direzione sud, non colpito dalle inondazioni, si registra un traffico intenso. Molte persone sono dirette alle cittadine costiere di Hua Hin e Pattaya, dove è difficile trovare stanze d'hotel e case da affittare.

Immagini televisive mostrano i banchi dei check-in affollati all'aeroporto internazionale Suvarnabhumi di Bangkok. L'aeroporto Don Muang, il vecchio scalo della capitale ora usato per i voli interni, è chiuso da martedì.


Il primo ministro Yingluck Shinawatra, in carica solo da agosto, ha detto ai giornalisti che la crisi ha raggiunto un punto critico per Bangkok.

"E' come se stessimo combattendo contro le forze della natura, massicce inondazioni che stanno provocando danni e diverse delle nostre dighe", ha spiegato.

"La verità è che dobbiamo lasciare che (l'acqua) scorra naturalmente verso il mare, e ciò che dobbiamo fare ora è gestire questo, in modo che scorra lentamente, altrimenti tutti soffriranno".

Quando la voce di Yingluc ha iniziato a tremare, i giornalisti le hanno chiesto se stesse piangendo: "No, non ho pianto e non lo farò. Sarò forte per risolvere questo problema per il popolo thailandese".

Bangkok, che conta almeno 12 milioni di abitanti e produce il 41% del Pil, è in pericolo per via di una combinazione di inondazioni da nord e alte onde del fiume Chao Phraya, che in alcuni punti del centro ha raggiunto un livello record.

Osservata una tempesta sul pianeta Urano


tempi di tempeste fuori da comune per i pianeti remoti.
Dopo la sparizione della banda equatoriale sud (SEB) su Giove durante l'opposizione del 2010, e dopo la grande tempesta che ha imperversato su Saturno fino a pochi mesi fa, ora il testimone è passato ad Urano, pianeta solitamente piuttosto tranquillo.

Una brillante nube su Urano: probabile tempesta
Proprio qualche giorno fa (26 Ottobre) gli astronomi al telescopio Gemini di 8 metri di diametro hanno scoperto una piccola nube (dimensioni di 0,33") estremamente brillante nel vicino infrarosso.
L'immagine, che potete vedere a sinistra, è stata ripresa alla lunghezza d'onda di 1,6 micron, purtroppo inaccessibile agli astrofili, che però hanno una grandissima opportunità.

Le esperienze degli scorsi mesi ci hanno infatti insegnato una cosa fondamentale: gli astronomi non hanno le risorse per seguire continuamente e caratterizzare nel tempo un certo evento, per quanto spettacolare ed interessante possa essere.
Questo caso non fa eccezione: gli scopritori della macchia si sono rivolti alla comunità amatoriale affinché riprenda delle immagini per individuarne meglio la posizione e monitorarne l'evoluzione.
La caratterizzazione esatta della posizione (e del moto di deriva) sarà fondamentale anche per indirizzare i potenti telescopi che sicuramente nei prossimi giorni cercheranno di capire qualcosa in questo evento unico nella storia osservativa del pianeta .

La piccola macchia è estremamente luminosa (oltre 3 volte la luminosità media superficiale del pianeta) e benché sia di ridotte dimensioni, c'è un'ottima possibilità che possa essere ripresa anche con telescopi di 20-25 centimetri, magari muniti di un filtro passa infrarosso.
Nell'immagine del 26 Ottobre, si trova alla longitudine planetaria di 323°, con una deriva stimata in 2° al giorno.
Probabilmente, sebbene con contrasto minore, è visibile anche a 700-800 nm, finestra tipica dei filtri infrarossi e delle camere amatoriali.
L'astronomo Paolo Tanga ha confermato che alcuni astrofili sono riusciti a catturare la tempesta, quindi non tiratevi indietro e se riuscite inviate le immagini, complete di tutti i dati tecnici, alla mailing list dell'UAI dedicata allo studio dei pianeti.

A livello fisico e dinamico, la piccola nube potrebbe essere simile alla grande tempesta apparsa su Saturno lo scorso dicembre che ha poi abbracciato tutta zona temperata nord.
Chissà se l'evoluzione sarà analoga. Di certo un pezzo di questa che si prevede un'interessante storia, potrebbe essere scritto proprio da voi.

Scoperta materia organica nello spazio


Nell'ultima edizione del giornale scientifico Nature, un gruppo di astronomi ha presentato la scoperta di composti organici di una complessità che non si pensava potesse esistere nello spazio interstellare. I risultati suggeriscono che i composti organici non solo soltanto il dominio della vita ma che possono essere naturalmente creati dalle stelle. Il professor Sun Kwok ed il Dr. Yong Zhang, dell'Università di Hong Kong, hanno mostrato che una sostanza organica comunemente presente in tutto l'Universo, contiene un misto di componenti aromatici (strutture ad anello) e alifatici (a catena). Questi composti sono così complessi che le loro strutture chimiche somigliano a quelle del carbonio ed il petrolio. Dato che il carbonio ed il petrolio sono resti di vita organica antica sulla Terra, questo tipo di materia organica si pensava potesse formarsi soltanto grazie alla presenza di organismi viventi. La scoperta del team suggerisce invece che i composti organici complessi possono essere sintetizzati nello spazio anche in assenza di forme viventi.


L'indagine dei ricercatori si incentrava su un fenomeno misterioso: una serie di emissioni infrarosse rilevate nelle stelle, nello spazio interstellare e nelle galassie. Queste impronte spettrali sono conosciute come "UIEF" (Unidentified Infrared Emission Features), cioè emissioni ad infrarosso non identificate. Per oltre due decenni, la teoria più accreditata intorno all'origine di queste impronte era che provenivano da semplici molecole di carbonio e idrogeno, chiamate molecole PAH (Polycyclic Aromatic Hydrocarbon). Dalle osservazioni fatte con l'Infrared Space Observatory ed il Spitzer Space Telescope, Kowk e Zhang hanno mostrato che gli spettri astronomici hanno caratteristiche che non sono spiegabili con la presenza di molecole PAH. Invece, il team ha proposto che le sostanze che generano queste emissioni hanno strutture chimiche che sono molto più complesse. Analizzando così lo spettro della polvere di stelle presente intorno alle esplosioni conosciute come novae, hanno mostrato che le stelle creano composti organici in tempi estremamente corti, anche di sole settimane.
Non solo le stelle producono materia organica complessa, ma la espellano anche nello spazio interstellare, cioè la regione tra le stelle. Il lavoro fatto dagli scienziati supporta l'idea precedentemente proposta da Kwok che le stelle più vecchie sono delle fattorie molecolari capaci di dar vita a molti composti organici complessi. "Il nostro lavoro ha dimostrato che le stelle non hanno alcuna difficoltà nel creare composti organici complessi sotto condizioni di vuoto" ha spiegato Kwok. "Teoreticamente questo è impossibile, ma osserviamo che invece può accadere."

Ancor più interessante è il fatto che questa polvere stellare organica ha una struttura simile a quella di complessi composti organici scoperti in alcuni meteoriti. Dato che i meteoriti sono i resti della fase primordiale del Sistema Solare, queste scoperte fanno sorgere l'ipotesi che le stelle abbiano arricchito il Sistema Solare con nuovi composti organici. La Terra primordiale era soggetta a severi bombardamenti da parte di comete e asteroidi che potenzialmente avrebbero potuto portare molta polvere stellare organica. Se poi questi composti stellari hanno giocato o meno un ruolo fondamentale nella nascita della vita sulla Terra rimane ancora una domanda aperta sotto molti aspetti, anche se indubbiamente la presenza di questi materiali sulla Terra, originati qui o meno, è stata assolutamente indispensabile.

http://www.hku.hk/press/news_detail_6633.html

Marte fu temperato e umido, simile alla Terra di oggi


Che clima aveva Marte miliardi di anni fa? Temperato e umido, sostengono i ricercatori del California Institute of Technology che, per la prima volta nella storia dello studio del Pianeta Rosso, hanno determinato la temperatura e l'umidità che la superficie marziana faceva registrare quando, sulla Terra, il nostro antenato globale comune iniziava a fare la sua comparsa.

Le analisi del celebre meteorite ALH84001, noto al pubblico per le speculazioni sulla possibile esistenza di forme di vita fossili al suo interno, hanno portato a ritenere che i minerali che compongono il bolide si sarebbero formati ad una temperatura di circa 18°C.

"La cosa davvero entusiasmante è che 18°C non è particolarmente freddo o caldo" dice Woody Fischer, professore di geobiologia e co-autore della ricerca. "E' un risultato notevole".
In effetti, 18 gradi sopra lo zero è una temperatura che pochi si sarebbero aspettati, soprattutto se rapportata alle temperature abbondantemente sotto lo zero riscontrabili oggi su Marte. In media, il Pianeta Rosso ha una temperatura superficiale di -63°C, troppo freddo per consentire l'esistenza di acqua liquida superficiale.

Ma una temperatura 18°C permette di certo l'esistenza di acqua allo stato liquido. Fino ad ora, tuttavia, pensare a Marte come un pianeta relativamente caldo e umido era soltanto un'ipotesi supportata da nessuna prova.

"Questa è una prova che, nella storia passata di Marte, almeno una località del pianeta era in grado di mantenere un clima simile a quello terrestre da poche ore fino a qualche giorno" dice John Eiler, professore di geologia e co-autore della ricerca.

I ricercatori hanno analizzato il meteorite ALH84001, scoperto nel 1984 in Antartide. Questo pezzo di roccia si sarebbe formato a qualche decina di metri sotto la superficie marziana, e proiettato nello spazio dalla collisione di un meteorite ben più grosso.

Molto si è discusso in passato, e lo si fa ancora oggi, sulla possibilità di forme di vita fossili a bordo del meteorite ALH84001, ma le ipotesi dipendono interamente dalla temperatura in cui il meteorite si sarebbe formato, e dalla presenza di dischi di minerali carbonatici le cui origini potrebbero essere molteplici. "E' terribilmente difficile capire il processo che ha generato i minerali carbonatici" spiega Eiler. Di ipotesi sulla loro formazione ne sono state formulate molte: da magma raffreddato e cristallizzato, fino a reazioni chimiche avvenute in presenza di processo idrotermali che potrebbero aver visto anche la partecipazione di ipotetiche forme di vita microscopiche.

Scoprire a quale temperatura si siano formati i carbonati del meteorite ALH84001 può contribuire ad escludere alcuni degli scenari formulati finora, e a sostenerne altri. Per ottenere la temperatura di formazione dei minerali carbonatici del meteorite, i ricercatori hanno misurato le quantità di ossigeno-18 e carbonio-13, due isotopi contenuti nei campioni di carbonati la cui presenza più o meno massiccia può essere messa in relazione alla temperatura e al grado di umidità di Marte.
"Molte delle ipotesi finora formulate sono state scartate. Non si può far crescere in altro modo i minerali carbonatici a 18°C se non in presenza di acqua".

Ma questo clima marziano umido e temperato potrebbe aver ospitato forme di vita più o meno complesse? Per ora gli scienziati escludono questo scenario, sostenendo che i pochi giorni necessari a far evaporare l'acqua liquida marziana non avrebbero creato condizioni sufficientemente stabili per permettere alla vita di emergere.

Rimane il fatto che, miliardi di anni fa, alcune regioni marziane sono state molto più simili alla Terra di quanto potessimo immaginare soltanto una settimana fa. Possiamo essere certi, tuttavia, che non possiamo chiudere così facilmente la questione dell'antico clima marziano, dato che le conclusioni tratte nella ricerca di Fischer ed Eiler si basano su un solo pezzo di roccia che ha suscitato numerosissime discussioni e controversie in ambito scientifico.


Fonte:http://www.physorg.com/news/2011-10-mild-temperature-mars.html

La chiesa auspica il nuovo ordine mondiale!


Viviamo tempi duri, la confusione la fa da padrona, i più si lasciano sedare e sedurre delle meraviglie del sistema, rintanandosi in un egoismo strategico, che annulla i rapporti umani sostituendoli con quelli di necessità e convenienza del momento. Nei giorni del caos lo smarrimento è il sentimento comune un pò a tutti. Lucidità e onestà di pensiero doti rare, spesso derise ed isolate, se non del tutto represse. L’amara verità è che ci siamo persi, che lo vogliamo (e riusciamo) ad ammettere o meno, questa è la triste realtà.

Tutto è stato ben pianificato dall’alto. Niente è per caso. Il disordine è la base del cambiamento indotto. “Ordo ab chao” ovvero “ordine dal caos”. Noi siamo solo masse da gestire a uso e consumo di chi ci dirige come in un grande gioco da tavola. L’unico scopo è il controllo totale, l’obiettivo è l’istaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Tutte le forze mondialiste sono concentrate su questo e mirano bene, e ahimè sparano meglio.

Tra i precursori teorici e materiali del governo mondiale, non può certo mancare il Vaticano, da secoli fra le potenze dominanti. Attraverso un documento quanto mai chiaro e con pochi giri di parole, rinuncia al regno dei cieli per il regno degli uomini sugli uomini. Intervenendo sull’attuale crisi sistemica, lo Stato Pontificio prende posizione, ancora una volta è opposta al bene comune, atta solo all’autoconservazione.

Il Vaticano punta il dito contro i liberismo economico che sta alla base del periodo di forte crisi che stiamo attraversando. Non solo, indica ai fedeli anche la soluzione, la via d’uscita: un governo mondiale (che nel documento è definita “autorità pubblica universale”), una banca mondiale e una moneta unica.


Problema-reazione-soluzione. Una metodologia vecchia come il mondo, ma che funziona, i suoi frutti sono sempre dolci e abbondanti, anche se per pochi eletti.


La notizia è stata riportata da tutti gli organi di informazione, ma nessuno ha dato il giusto peso, ancora una volta, a queste tre diaboliche paroline: Nuovo Ordine Mondiale. La religione cristiana ha milioni di seguaci in tutto il globo e di sicuro le parole del Vaticano avranno fatto facilmente breccia nei cuori e nella testa dei credenti, meglio di qualunque guerra, meglio di qualsiasi mezzo di comunicazione di massa.

Noi invece siamo sempre qui, dormienti, a imprecare contro il “berlusconi” di turno, aspettiamo la manna dal cielo o il fiero condottiero che ci levi di dosso il fardello di interessarci personalmente della cosa pubblica. Noi vogliamo continuare a fregarcene, vogliamo voltare le spalle a tutto ciò, abbiamo ben altro da fare. Arriviamo addirittura a negare l’esistenza di talune entità perchè scombussolano la nostra idea conformista del mondo inculcataci in famiglia, nelle scuole, nel vivere quotidiano e dalla televisione. Ci devastiamo i cervelli con il nulla, ci gingilliamo con i feticci di ultima generazione e facciamo i filosofi del perbenismo. Noi preferiamo stare alla larga dai problemi, chi ce lo fa fare, stiamo così bene. Pensiamo che nulla potrà mai cambiare, avremo sempre la nostra illusione di libertà, i nostri locali per le seratine e nostri beni materiali, magari comprati con i soldi di mamma e papà, da mettere in bella vista tra la gente. Siamo arroganti e presuntosi, ignoranti patentati ma fieri e convinti dal belare comune.


Il Nuovo Ordine Mondiale? Complottismo, paranoia, roba da riderci su prima di un altro sorso di birra.

Post scriptum:
Oggi ho appreso dal gregge facebook che è inziato il “grande fratello”, ora per tanti mesi avrete altro di cui parlare, quindi buona visione!


Fonte

Tettonica delle placche può controllare inversioni del campo magnetico terrestre


Il campo magnetico della Terra si è invertito molte volte ad un ritmo irregolare, nel corso della sua storia. Lunghi periodi senza inversione sono stati intervallati da frequenti inversioni epocali. Qual è la ragione di queste inversioni e la loro irregolarità? I ricercatori del CNRS e l'Institut de Physique du Globe, in Francia, hanno gettato nuova luce sulla questione dimostrando che, nel corso degli ultimi 300 milioni di anni, la frequenza di inversione è dipesa dalla distribuzione delle placche tettoniche sulla superficie del globo. Nell'immagine sopra è raffigurato come la distribuzione di lastre di subduzione (blu) nel mantello potrebbe influenzare il flusso di calore attraverso il nucleo e il mantello al contorno (frecce gialle), che potrebbe a sua volta influenzare la stabilità del campo magnetico terrestre.

Questo risultato non implica che la struttura a placche della crosta terrestre sia stata innescata con i cambiamenti del campo magnetico. Invece, stabilisce che, sebbene il fenomeno di inversione ha luogo, in fine, l'interno del nucleo liquido della Terra, è comunque sensibile a ciò che accade al di fuori del nucleo e più specificamente nel mantello della Terra. Questo lavoro è stato pubblicato il 16 ottobre 2011 in Geophysical Research Letters. Il campo magnetico della Terra è prodotto dal flusso di ferro liquido all'interno del suo nucleo, 3.000 chilometri sotto i nostri piedi. Perchè i ricercatori pensano ad un legame tra la tettonica delle placche e il campo magnetico? La scoperta che i flussi convettivi ferro liquidi svolgono un ruolo nella inversioni magnetiche: esperimenti di modellazione e il lavoro svolto negli ultimi cinque anni hanno infatti dimostrato che una inversione si verifica quando i movimenti del metallo fuso non sono più simmetrici rispetto al piano equatoriale.
Questa "rottura della simmetria" potrebbe avvenire progressivamente, a partire in una zona situata al confine del nucleo del mantello (il mantello separa il nucleo liquido della Terra, dalla sua crosta), per poi diffondersi a tutto il nucleo (in ferro fuso).


Un confronto tra la frequenza di inversione nel corso del tempo geologico, con il grado di asimmetria dei continenti.


Estendendo questa ricerca, gli autori dell'articolo si sono chiesti se qualche traccia di rotture di simmetria iniziale dietro le inversioni geomagnetiche che hanno segnato la storia della Terra, è stata trovata solo nelle annotazioni delle variazioni geologiche su larga scala in nostro possesso, in altre parole il movimento dei continenti (o tettonica a zolle).
Circa 200 milioni di anni fa, Pangea, il nome dato al supercontinente che comprendeva quasi tutte le masse di terra, ha iniziato a dividersi in una moltitudine di pezzi più piccoli che hanno modellato la Terra come la conosciamo oggi. Valutando la superficie dei continenti situati nell'emisfero Nord e quelle del Sud del mondo, i ricercatori sono stati in grado di calcolare un grado di asimmetria (rispetto all'equatore) nella distribuzione dei continenti in quel periodo.


La distribuzione moderna dei continenti rispetto alla paleogeografia del Tardo Cretaceo.


In conclusione, il grado di asimmetria è variato allo stesso ritmo, come il tasso di inversione magnetica (numero di inversioni per milioni di anni). Le due curve si sono evolute in parallelo a tal punto da poter essere quasi sovrapposte. In altre parole, più lontano il centro di gravità dei continenti partì dall'equatore, più veloce la percentuale di inversioni (fino a otto per milione di anni per il massimo grado di asimmetria). Che cosa suggeriscono per il meccanismo che sta dietro alle inversioni geomagnetiche? I ricercatori prevedono due scenari. Nel primo, la struttura a placche della crosta terrestre potrebbe essere direttamente responsabile per le variazioni della frequenza delle inversioni: dopo essersi immerse nella crosta terrestre in zone di subduzione, le placche sarebbero scese fino a raggiungere il nucleo, dove avrebbero potuto modificare il flusso del ferro. Nel secondo, i movimenti delle placche possono riflettere la miscelazione del materiale che si svolge nel mantello, e in particolare alla sua base. In entrambi i casi, i movimenti delle rocce al di fuori del nucleo potrebbero provocare un flusso asimmetrico nel nucleo liquido, e determinare la frequenza di inversione.


Scritto da: Paolo Lui
Fonte:http://www.wpsmeteo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1107%3Atettonica-delle-placche-puo-controllare-inversioni-del-campo-magnetico-terrestre&catid=26%3Aterremoti&Itemid=95

Gli scienziati trovano il cono vulcanico sottomarino di El Hierro

Il team a bordo della nave Ramon Margalef trova la bocca del vulcano sottomarino nel mare dell'isola di El Hierro. Questa scoperta è stata resa possibile grazie all'uso di un robot subacqueo chiamato Liropus con la possibilità di osservare e raccogliere campioni ad una profondità di 2.000 metri. Il gruppo di scienziati spagnoli, e i dipendenti dell'Istituto Spagnolo di Oceanografia (IEO) e sotto la direzione di Juan Acosta e Francisco Sanchez, è riuscito a individuare un nuovo vulcano a forma di cono con un diametro alla base di 700 metri, un'altezza di 100 metri e un cratere di circa 120 metri di larghezza.


Secondo i dati registrati, la base del cratere è situata a 300 metri di profondità. Inoltre, utilizzando ecoscandagli è stato possibile individuare le colonne di gas e fluidi emessi dal vulcano in altri punti di emissione (crepe), che stanno causando la macchia di materiale eruttivo che si sta espandendo nel sud l'isola a causa di forti correnti, come satelliti hanno fotografato, sopra la superficie dell 'isola di El Hierro.E' la prima missione che ha coinvolto la nave di ricerca Ramon Margalef dopo aver lasciato la città di Vigo il 18 ottobre verso l'isola di El Hierro.Queste scoperte sono state fatte in collaborazione con la Canarie Oceanic Platform (Plocan) e l'Agenzia delle Canarie per la Società di Ricerca, Innovazione e dell'informazione (ACIISI), sotto il supporto del Comitato Scientifico Pevolca.

Inoltre, mentre i fenomeni eruttivi nella zona del mare calmo hanno subito un brusco calo, esperti del National Geographic Institute (IGN) hanno messo in guardia su un aumento dell'attività sismica nella zona di confine. In particolare, i sismografi hanno rilevato nelle prime ore di Martedì, un totale di 10 terremoti ad una profondità di 22 chilometri. il più grande magnitudo è stato registrato a ovest della città di Frontera, che ha raggiunto il 2,2 della scala Richter.

www.elpais.com

 


Post più popolari

AddToAny