Le nanoparticelle provengono dall’aria che respiriamo ma anche cibo e acqua sono a rischio. Il legame con la leucemia è evidente come ha scoperto un studio italiano svolto
da un team interdisciplinare composto da medici, biologi, farmacisti, bioingegneri e ambientalisti guidati dal Dr. Visani e dalla Dr.ssa Gatti (in foto)
I dati diffusi dall’OMS, in quello che è considerato il più dettagliato studio finora mai condotto sull’argomento, lasciano senza parole. Il 92% delle persone sul globo, cioè oltre 9 persone su 10, respirano aria troppo inquinata da nanoparticelle di metalli pesanti, aria che danneggia la loro salute respiro dopo respiro. I morti che ne conseguono sono milioni, uccisi da solfati, nitrati e carbone che penetrano in minuscoli corpuscoli nel nostro corpo, fino a ucciderlo. I danni peggiori li subiscono vecchi, bambini e donne gravide. Come riportato dall’Ansa l’aria peggiore di tutta l’Europa occidentale la respiriamo proprio qui in Italia, nessun angolo del nostro paese può vantare zone “verdi”, cioè aree pulite. In particolare la Pianura Padana raggiunge i livelli record presenti altrove ad esempio in Cina e India. L’inquinamento dell’aria è oggi il peggiore rischio ambientale per la salute, responsabile della morte di una persona su 9..
Cosa rende così dannosa l’aria che respiriamo?
Principalmente lo smog, i fumi industriali da combustione ad alte temperature che sono fonti di inquinamento da nanoparticelle. Anche i fumi prodotti dalle auto e aerei. Con il termine nanoparticella si identificano normalmente delle particelle formate da aggregati atomici o molecolari con un diametro compreso indicativamente fra 2 e 200 nm. Per dare un’idea dell’ordine di grandezza la doppia elica del DNA ha un diametro di circa 2 nm.
Le nanoparticelle presentano possibili pericoli, sia in senso medico che ambientale, la maggior parte dei quali sono dovuti alla grande superficie in rapporto al volume, che può rendere le particelle molto reattive. Le particelle in natura non rimangono in forma di nanoparticelle ma tendono rapidamente ad agglomerarsi lasciando così il regime nanometrico, mentre questo non accade con le nanoparticelle prodotte dall’uomo.
La nanotossicologia studia i potenziali rischi per la salute dovuti ai nanomateriali. La dimensione estremamente piccola dei nanomateriali significa che sono molto più assorbiti senza difficoltà dal corpo umano rispetto alle particelle di dimensioni più grandi. Oltre al fatto che le nanoparticelle non degradabili o lentamente degradabili possano accumularsi negli organi, un’altra preoccupazione è la loro potenziale interazione con i processi biologici all’interno del corpo.
E’ stato riscontrato che queste particelle, se ingerite, possono superare le barriere polmonari e arrivare al sangue, e quindi da qui passare al cervello (superando la barriera emato-encefalica) e allo sperma. Possono anche essere ingerite con cibo che è stato a contatto con un certo inquinamento ambientale.
Leucemia e Nanoparticelle di metalli pesanti
La presenza di particelle solide e inorganiche in pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (LMA) e la visualizzazione della loro interazione con componenti del sangue hanno indotto i ricercatori a ipotizzare una correlazione tra la LMA ed esposizioni ad un inquinamento particolato micro e nanodimensionato. Il contatto profondo con questi materiali non biocompatibili e a volte chimicamente tossici potrebbe contribuire al processo della malattia, entrare nelle cellule e interagire con il Dna.
La conferma arriva da un team interdisciplinare composto da medici, biologi, farmacisti, bioingegneri e ambientalisti coordinato dall’ematologo Giuseppe Visani, direttore del Centro trapianti Midollo Osseo dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro e dall’ingegnere biomedico Antonietta Morena Gatti del laboratorio Nanodiagnostics di Modena.
L’LMA è una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo (definito appunto mieloide) e che progredisce velocemente (da qui il termine acuta). Nel midollo osseo sono presenti i precursori delle cellule del sangue, i quali dopo un percorso di maturazione si differenziano in globuli bianchi (tra cui i linfociti), rossi e piastrine. Se durante questo periodo di maturazione i precursori (tranne quelli dei linfociti) vanno incontro a una trasformazione tumorale, si parla di leucemia mieloide acuta.
Lo studio, che prende in esame un campione di venti persone, tutte affette da questa forma tumorale e venti persone sane, ha dimostrato che nel sangue delle persone leucemiche la presenza di nanoparticelle in forma di metalli pesanti è significativamente più elevato, anche fino a cento volte maggiore.
Attraverso il microscopio elettronico sono state riscontrate nel sangue dei malati particelle composte da frammenti di lega di alluminio e fosforo, o aggregati a vario titolo e composizione di silicio, alluminio, ferro, cromo, nichel, titano o rame, presenti anche nella polvere urbana. Sotto la lente appaiono come sfere inorganiche indistruttibili, molte delle quali prodotto finale di un’alta combustione che possono essere rinvenute nei tessuti del paziente anche dopo molti anni dalla loro stessa morte.
Gli studi evidenziano che le particelle identificate vengono ricoperte da una specie di “anello di Saturno proteico” (protein-corona), cioè composto da proteine del sangue le quali, denaturandosi, attivano il sistema immunitario. Alla domanda sul perché si sia studiata proprio la leucemia mieloide acuta, Visani risponde: “perché si tratta di una forma frequente in Italia che colpisce persone di tutte le età. Ogni anno ci sono almeno 3000 nuovi casi”
La ricerca, fatta con il contributo del Dipartimento di Scienze biomolecolari dell’Università di Urbino, dell’Azienda ospedaliera Marche Nord, dell’Agenzia per la protezione ambientale delle Marche, con il sostegno dell’Ail Pesaro è stata pubblicata dalla rivista internazionale Leukemia Research.
In conclusione la documentazione di nanoparticelle metalliche identificate per forma, dimensione e composizione chimica nel sangue di pazienti con leucemia acuta mieloide apre nuove prospettive di ricerca sia in ambito di sviluppo dei tumori sia in senso terapeutico.
“Il nostro obiettivo“, ha detto la dottoressa Antonietta Gatti, compagna di Stefano Montanari famoso scienziato che ha trovato metalli pesanti in tutti i vaccini che ha analizzato, che collabora anche con il Dipartimento di Stato a Washington, “è togliere questi frammenti dal sangue e favorire la remissione delle patologie“.
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