Neonati con 6 dita,alcuni senza un orecchio,altri senza palato,idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi,morti per cancro ecc.Il disastro ENI a Gela senza precedenti,ma il petrolchimico è ancora lì…
Neonati con sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni venuti al mondo senza un orecchio, altri senza palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi. La drammatica testimonianza dei genitori che vivono sulla loro pelle la malformazione della propria figlia. Secondo dati non ufficiali, 40 bimbi malformati ogni mille nati. Sei volte più della media nazionale. Colpa del petrolchimico Eni? L`azienda non replica.
Da quarantasette anni sono i bimbi a pagare le conseguenze più drammatiche nella totale indifferenza delle istituzioni che hanno favorito impunemente questa situazione di abominio. Neonati con sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni venuti al mondo senza un orecchio, altri senza il palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi.
I numeri ufficiali attestano che a Gela le malformazioni sono sei volte superiori alla media nazionale. Numeri in costante aumento, finiti ancora una volta – e come sempre – sul tavolo della Procura che ha aperto la solita immancabile inchiesta, per far luce sulle cosiddette responsabilità. Sul banco degli imputati i veleni della raffineria Eni. Un incubo alla luce del sole che miete ogni giorno le figlie ed i figli di Gela: esseri indifesi che quotidianamente cadono sotto la scure degli agenti chimici che dal 1965 inquinano la città e gran parte della provincia di Caltanissetta. Attualmente sono una trentina i casi all’esame di un gruppo di periti. Trenta bambini con gravi malformazioni causate dalla contaminazione ambientale. Le loro famiglie, adesso, chiedono giustizia.
Si chiamano endocrine disruptors, distruttori endocrini. Sostanze artificiali prodotte da inquinanti come quelli emessi dalle raffinerie, in grado di intaccare i recettori ormonali, causando tumori, difetti alla nascita, disturbi dello sviluppo. Le falde di Gela ne sono imbottite. Nel 2003, il geologo Giuseppe Risotti e il chimico Luigi Turrito, incaricati allora dal sostituto procuratore Serafina Cannatà, consegnarono una relazione secondo cui nella falda sottostante lo stabilimento giacevano 44mila tonnellate di gasolio proveniente dalle perdite dei serbatoi. In quello stesso anno a Gela, uno studio realizzato dal genetista Sebastiano Bianca, uno dei massimi esperti nel campo, e dall’epidemiologo del Cnr, Fabrizio Bianchi, riscontrò in città un’incidenza del quattro per cento di malformazioni sui neonati e più di 520 bambini affetti da patologie genetiche. Ipospadie all’apparato genitale, deformazioni cardiovascolari, malformazioni agli arti e all’apparato digerente. Ora, guardate il video.Clicca su MI PIACE per seguirci su Facebook Follow @JedaNews
Ecco di seguito un’inchiesta fatta dall’Istituto superiore della sanità pubblicata su Repubblica :
Secondi gli studiosi dell’Istituto superiore della sanità, solo nei siti petrolchimici di Gela e Priolo, ogni anno, sarebbero circa 50 le morti premature causate dalla contaminazione ambientale, 281 i ricoveri per cancro, 2700 quelli per altre malattie. Numeri inquietanti, che non sembrano tuttavia impressionare chi in queste città respira l’aria da cinquant’anni. Asma, bronchite cronica, patologie cardiovascolari e tumori. I gelesi se li portano sulle spalle dal lontano 1965, quando il sogno di Enrico Mattei di trasformare la città in uno dei più grandi impianti di raffinazione in Italia prese vita. Un sogno diventato presto incubo quando centinaia di lavoratori cominciarono a cadere sotto la scure delle esalazioni di agenti chimici come mercurio, arsenico e cloro.
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