PARIGI - Per ottenere un nuovo
rinvio del suo rientro del deficit e per ottenere una parte dei 300
miliardi di euro (sempre che esistano e non siano la presa in giro che
già appaiono essere) previsti dal piano Juncker per il rilancio degli
investimenti in Europa,
la Francia dovra' seguire un preciso calendario
di riforme strutturali, la cui lista e' contenuta nel documento adottato
dal Consiglio europeo nello scorso luglio, tre pagine fitte di
"raccomandazioni" per il biennio 2014-2015.
In pratica la Commissione europea intende comportarsi con la Francia
come ha fatto con la Grecia: una specie di commissariamento con diktat
esecutivi, in stile occupazione.
La Ue dunque si prepara a mettere la Francia sotto tutela.
Il primo atto sara' il lunedi' 25 novembre, quando riprenderanno le
trattative tra il ministero francese delle Finanze e la Commissione
europea sui conti pubblici della Francia, che proseguiranno fino alla
riunione plenaria dei commissari il 28 novembre.
Nonostante le fughe pilotate di voci, la squadra di Juncker non ha
voglia - anzi, non ha più l'autorevolezza per colpa dello
screditatissimo Juncker - di comminare la sanzione dello 0,2 per cento
del Pil (nel caso della Francia, ben 4 miliardi di euro) che e' prevista
dai trattati europei ma non e' mai stata applicata.
Tuttavia, per ottenere che gli obbiettivi di bilancio vengano
rinviati al 2017 o al 2018, il governo francese deve pagare un prezzo,
sempre che in Francia non scoppi la rivolta popolare: portare avanti le
"riforme" ovvero le imposizioni dei corrotti oligarchi di Bruxelles
sotto "la supervisione della Commissione". Questo, le canaglie di
Bruxelles intendono fare alla Francia.
Il secondo atto andra' in scena mercoledi' 28 novembre a Strasburgo,
quando Jean-Claude Juncker sollevera' il velo sul suo piano di 300
miliardi di investimenti europei per rilanciare la crescita, anche qui:
sempre che la mozione delle opposizioni che chiedono la dimissioni del
Re degli evasori fiscali non abbia successo. E in ogni caso, già la
discussione che avrà luogo in Parlamento a Strasburgo aumenterà il
discredito di questo inconcepibile personaggio invischiato in affari
sporchi e patti segreti con multinazionali mondiali d'ogni genere.
In ogni caso, al riguardo di questi fantomatici 300 miliardi, un
principio sembra acquisito: la manna sara' distribuita in funzione
"dell'entusiasmo riformatore" mostrato da ciascuna delle 28 capitali.
La lista delle riforme imposta a Parigi comprende: riduzione del
costo del lavoro (taglio delgi stipendi); ammorbidimento della rigidita'
del mercato del lavoro (libertà di licienziamento indiscriminato);
riduzione delle spese per la sicurezza sociale ed in particolare per la
sanita' (taglio di ospedali, assitenza malati), compresa la spesa
farmaceutica (taglio delle medicine per i malati poveri); misure
supplementari per riportare il pareggio entro il 2020 il sistema
pensionistico (taglio delle pensioni); accorpamento delle
amministrazioni locali (centralizzazione del potere); soppressione delle
restrizioni all'accesso alle professioni regolamentate (eliminazione
dei controlli di qualità sulle profesisoni) ed all'apertura di nuovi
esercizi commerciali (ipermercati per tutti e ovunque); facilitare la
concorrenza nel settore della distribuzione del gas e dell'elettricita'
(privatizzazioni dei serivzi primari con aumento dei costi per i
cittadini).
In pratica, una macelleria sociale, economica, politica e perfino
istituzionale degna di un colpo di stato o di una occupazione manu
militari come quella fatta dalle truppe naziste durante la seconda
guerra mondiale.
A Bruxelles devono essersi scordati della Rivoluzione Francese.
max parisi
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