La ghiandola pineale, splendida connessione tra cervello e anima

La ghiandola pineale o epifisi ( dal greco epi-fysin, che significa al di sopra della natura ) è una ghiandola endocrina situata nell’epitalamo, tra i due emisferi, al centro del cervello.
Essa fu scoperta più di 2300 anni fa dallo scienziato alessandrino Erofilo e, nel 1600, Cartesio la definì sede dell’anima. L’epifisi ha un diametro di circa un cm e la sua forma ricorda quella di una pigna, la cui immagine è simbolicamente rappresentata presso varie culture.
La pineale è il principale organo del corpo umano responsabile del controllo del ritmo biologico circadiano, sulla base del principale ritmo cosmologico, quello dell’alternanza luce-buio. L’attività endocrina della pineale inibisce l’ipotalamo e, indirettamente, l’ipofisi ed altre ghiandole. Secondo le filosofie orientali la ghiandola pineale produrrebbe in piena attività circa 900 sostanze e vari ormoni. 


Ricordiamone alcune:

1) La melatonina. Essa aumenta il sonno REM e l’attività onirica. E’ un potentissimo antiossidante. Ha effetto neuro protettivo. Riduce i rischi di infarto ed abbassa la pressione sanguigna. Regola la temperatura corporea. Rafforza il sistema immunitario. Esercita attività anticancro. 
2) La dimetiltriptamina ( DMT ).  
3)  La pinealina (o pinolina ). Essa consente il raggiungimento di stati di coscienza molto elevati e dà origine ai sogni lucidi. Il termine sogno lucido ( onironautica ) è stato coniato dallo psichiatra e scrittore Frederick Van Eeden per indicare una esperienza durante la quale si è consapevoli di sognare.  

Diversi fattori sono in grado di attivare la ghiandola pineale. Tra essi ricordiamo la meditazione, in particolare la tecnica Yoga, che permette l’attivazione del settimo chakra, il quale si trova nell’epifisi, e le piante utilizzate dagli sciamani.

Lo sciamano ottiene conoscenze di natura spirituale e soprannaturale mediante l’ingestione di determinate piante, quasi sempre allucinogene. Prima di raggiungere tale stadio, l’adepto deve vivere, per un lungo periodo di tempo, isolato nella foresta e costretto ad un regime dietetico duro.

La frequente ingestione di particolari piante, dette piante-maestro, conferisce infine allo sciamano poteri diagnostici e terapeutici. La bevanda più utilizzata dagli sciamani della foresta amazzonica, si chiama Ayahuasca.

Nella lingua quecha, che si parla in Ecuador, Perù, Bolivia e Colombia, aya significa spirito e huasca significa vite. Quindi la parola Ayahuasca viene tradotta col termine vite ( vino ) degli spiriti. L’Ayahuasca è un decotto ottenuto attraverso una lenta ebollizione di due piante: una liana, detta Banisteriopsis caapi, ed un arbusto noto come Psychotria viridis.

Le beta-carboline presenti nella liana inibiscono le MAO-A, enzimi che inattivano la dimetiltriptamina (DMT ), che si trova nella Psychotria viridis e che in tal modo può essere assorbita a livello gastro-intestinale per poi attraversare la barriera emato-encefalica. I soggetti che ingeriscono l’Ayahuasca descrivono tale esperienza come una rinascita, un risveglio spirituale, una illuminazione.

Articolo  liberamente tratto dal libro, in formato ebook, intitolato “La ghiandola pineale: splendida connessione tra cervello ed anima".


Fulvio D'Avino


fonte: http://www.neuroscienze.net/?p=3970
 

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