Cari elettori italiani, sapevate che il programma di governo – qualsiasi
governo – lo scrive direttamente l’ambasciatoreUsa a Roma? Fateci caso:
l’attuale politica economica di Renzi – rottamare lo Stato e svendere
l’Italia – è esattamente quanto richiesto dall’“amico americano”.
«Quando, allevato, sostenuto e finanziato, si ritenne Renzi pronto, scattò l’operazione “Renzi al governo”», scrive Stefano Ali. «Goldman Sachs, McKinsey, Morgan Stanley, Ubs e perfino la nostrana Unicredit si sperticarono in “endorsement”». È noto il caso Ubs che, in un report per l’Eurozona nel gennaio 2014 individuava già Renzi quale capo del governo. «È evidente che un report di quel genere non potesse essere prodotto in una settimana: erano già mesi, quindi, che Renzi era il capo del governo predestinato. Sulle stesse “primarie” (tanto discusse sotto l’aspetto della trasparenza) si allunga l’ombra di una sovra-organizzazione a sostegno di Renzi. L’ultima spinta a Napolitano venne data con lo “scandalo Friedman”: a proposito, ne avete mai più sentito parlare, dopo l’incarico a Renzi?».
«Quando, allevato, sostenuto e finanziato, si ritenne Renzi pronto, scattò l’operazione “Renzi al governo”», scrive Stefano Ali. «Goldman Sachs, McKinsey, Morgan Stanley, Ubs e perfino la nostrana Unicredit si sperticarono in “endorsement”». È noto il caso Ubs che, in un report per l’Eurozona nel gennaio 2014 individuava già Renzi quale capo del governo. «È evidente che un report di quel genere non potesse essere prodotto in una settimana: erano già mesi, quindi, che Renzi era il capo del governo predestinato. Sulle stesse “primarie” (tanto discusse sotto l’aspetto della trasparenza) si allunga l’ombra di una sovra-organizzazione a sostegno di Renzi. L’ultima spinta a Napolitano venne data con lo “scandalo Friedman”: a proposito, ne avete mai più sentito parlare, dopo l’incarico a Renzi?».
Col “rottamatore”, scrive Ali in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, gli Usa «hanno costruito lo strumento finale: il rottamatore ha definitivamente rottamato
la sinistra italiana, oltre che impegnarsi strenuamente nel rottamare
la democrazia». E’ una vicenda che parte da lontano. Per la precisione
dal 2008, quando si arena il secondo governo Prodi e Veltroni fonda il
Pd. A parlare sono due cablo di “Wikileaks”, che si riferiscono alle
imminenti elezioni italiane. L’8 aprile, l’ambasciatore Ronald Spogli
riferisce a Washington che «Berlusconi e Veltroni hanno fatto una
campagna elettorale noiosa», dominata «dalle loro personalità» ma «non
dalle proposte politiche». I programmi? Identici: «Entrambi
promettendo tagli alle spese governative, aumento delle pensioni,
abbassamento delle tasse e taglio alla burocrazia per le imprese». La
stampa italiana? Nebbia: «Si è focalizzata sulle discussioni circa
l’organizzazione elettorale e i commenti volgari del frequentemente
volgare alleato di Berlusconi, Umberto Bossi». Il peggio, però, arriva
col secondo “cablo”, l’11 aprile: dovendo proprio scegliere, gli Usa preferirebbero Vetroni, più pronto a eseguire gli ordini di Washington.
«E’ un vero e proprio programma di governo», annota Ali, «con tanto di
indicazione sui ministri». Le elezioni, scrive Spogli, «ci daranno
l’opportunità di spingere il nostro programma con rinnovato vigore»,
dopo mesi di crisi e il fastidio rappresentato da Rifondazione
Comunista, spina nel fianco dell’esecutivo Prodi. «Se le nostre
relazioni con il governo Prodi erano buone, le nostre relazioni con il
prossimo governo promettono ancora meglio. Forse molto meglio», scrive
Ronald Spogli. «Si può anticipare che faremo progressi sul programma, se
dovesse vincere a sorpresa Veltroni, ed eccellenti progressi
se Berlusconi tornasse alpotere». Molto esplicito, l’ambasciatore: «A
prescindere da chi vince, ci incontreremo con i probabili membri del
nuovo governo appena possibile dopo le elezioni, durante il periodo di
formazione del governo in aprile e nei primi giorni di maggio per
marcare le nostre priorità politiche chiave e la direzione che ci
piacerebbe prendesse la politica italiana. Ci piacerebbe che esponenti
del governo Usa venissero per far pressioni sul programma, incluso il
periodo tra le elezioni e l’insediamento del nuovo governo».
In particolare, Spogli vorrebbe «sollevare le questioni» relative al
“tono delle relazioni”, all’Iran, all’Afganistan, alla sicurezza
energetica e quindi la Russia, e poi l’Iraq, il “processo di pace” in
Medio Oriente, gli sviluppi in Libano e Siria, le basi militari Usa in
Italia. E infine «competitività economica, assistenza estera,
cambiamenti climatici e leggi di rafforzamento della cooperazione» tra
Roma e Washington. Ma l’ambasciatore Spogli non si ferma qui: per
ciascuna voce redige un dettagliato piano di intervento. Riguardo al
“miglioramento delle relazioni”, ad esempio, scrive: «Sebbene il governo
Prodi abbia seguito le politiche che supportiamo, sentiva il bisogno di
fare gratuite dichiarazioni anti-americane per puntellare la componente
di estrema sinistra. Tali commenti distraevano da discussioni
importanti come il Medio Oriente, i Balcani e l’Iran. Anche se entrambi i
leader candidati alle elezioni sono pro-America, dovremmo comunque
incoraggiare il nuovo governo a riconoscere che i toni hanno importanza,
nelle relazionibilaterali». Meglio quindi «esercitare la disciplina, per evitare retorica inutile». Politici italiani: attenti a come parlate,
A Ronald Spogli, già nel 2008, premeva che l’Italia prendesse le
distanze dalla Russia in materia di energia: «Incoraggeremo il nuovo
governo italiano a impostare come prioritaria la formulazione di
una politica energetica nazionale che affronti realisticamente il
crescente fabbisogno energetico e la preoccupante dipendenza dalla
Russia». Consigli per gli acquisti: «Energia nucleare e energie
rinnovabili dovrebbero fare parte del piano. L’Italia dovrebbe
esercitare leadership a livello europeo, spingendo per
una politica energetica che si occupi dell’estremamente preoccupante
dipendenza dalla Russia». È un caso, si domanda Ali, se dopo
vent’anni Berlusconirispolverò l’energia nucleare? Spogli insiste:
«Suggeriremo di usare l’influenza che promana dalla comproprietà del
governo italiano in Eni per fermare la compagnia dall’essere la punta di
lancia di Gazprom. Questo probabilmente richiederà una nuova leadership
in Eni». Spogli conta ovviamente sull’Italia anche per la gestione
americana del conflitto israelo-palestinese. E, ancora sull’energia,
aggiunge: «Quando ci occuperemo di negoziare accordi vincolanti e avremo
bisogno che l’Ue scenda a compromessi per arrivare a un accordo che sia
accettabile per il Congresso Usa, avremo bisogno di un interlocutore
affidabile nel governo italiano che comprenda le ragioni dell’economia,
oltre che quelle dell’ambiente».
Scontati, dice Ali, i diktat americani sulla politica estera – il
comportamento italiano rispetto a Iran e Iraq, Russia e Afghanistan,
nonché il “disappunto” che avrebbe creato il ritiro delle forze italiane
dalle “missioni di pace”. Rivelatore, il cuore del “cablo” dell’11
aprile 2008: Berlusconi o Veltroni, l’Italia avrebbe fatto le medesime
scelte, dettate dagliUsa. Cosa accadde dopo? Lo
sappiamo: Berlusconi venne «accusato di troppe cose», tra cui
«pedofilia, corruzione, evasione fiscale, collusioni con la mafia»,
tutte accuse che in Usa avrebbero determinato la fine di qualsiasi uomo
politico. «Troppo, perché gli Usa continuassero a
considerare Berlusconi un alleato fidato, perfino se a capo di un paese
rammollito e corrotto come l’Italia». Per cacciarlo non bastarono le
pressioni degli ex alleati che lo mollarono, da Casini a Fini. A
metterlo da parte ci volle «la tempesta sui titoli Mediaset del 2011».
Dopodiché, come da copione, seguirono Monti e Letta: «Tutte persone di
“provata fede” filo-americana». Nel frattempo, «cresceva in provetta
l’esperimento finale: Renzi, con la sua rete di amicizie particolari in Usa e in Israele (Carrai, Serra, Gutgeld, Bernabè, Kerry e, sopra tutti, Michael Ledeen)».
Riposi in pace, conclude Stefano Ali, «chi rimane convinto di essere di
sinistra e non si accorge che la politica di riferimento è ben più di
destra perfino rispetto a quella di Berlusconi». A parlare sono i fatti.
E chi ancora si crede di sinistra «non riesce ad accettare di essere li
a supportare – suo malgrado e contro la sua volontà cosciente –
una politica liberista e imperialista». A nulla vale far presente che
questa “sinistra” ha ammainato tutte le “bandiere” della sinistra per
sostituirle con quelle un tempo sventolate dall’estrema destra: non più
la Dc (che, nella sua mastodontica struttura correntizia, compensava al
suo interno destra, sinistra e centro per far emergere una linea tutto
sommato moderatamente popolare), ma il vecchio Partito Liberale Italiano
e il vecchio Movimento Sociale Italiano». Berlusconi e il Pd non erano
rivali nemmeno del 2008, come conferma l’ambasciatore Spogli. Amara
conclusione: «Chi si ritiene di sinistra prenda atto che una
agenda politica redatta fin nei dettagli dall’ambasciataUsa non è
esattamente il programma di un governo di sinistra. Rassegnatevi, la
vostra sinistra oggi è questa».
Fonte: www.libreidee.org
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