Le piante hanno memoria e possiedono abilita' extrasensoriali!

Recentemente un gruppo di botanici dell’Istituto del Nebraska ha condotto una serie di esperimenti attraverso i quali ha scoperto che le piante sono in grado di memorizzare informazioni. Esse hanno mostrato peculiarità nella memoria di lavoro, indirizzando il loro sviluppo evolutivo, per esempio, nelle stagioni di siccità e quindi le piante simulano gli effetti che hanno prodotto durante i periodo di difficoltà (siccità), quindi scarse piogge, e sono in grado di attuare alcune misure che renderanno meno il loro stato di vulnerabilità per l’ambiente stesso.

LE PIANTE HANNO UNA MEMORIA EVOLUTIVA E POSSIEDONO ABILITA’ ESP

Scienziati confermano che le piante hanno una memoria evolutiva e possieodono abilità extrasensoriali. Il tutto è stato testato dopo una serie di esperimenti botanici su Arabidopsis thaliana, presso il Nebraska Institute.
Recentemente un gruppo di botanici dell’Istituto del Nebraska ha condotto una serie di esperimenti attraverso i quali ha scoperto che le piante sono in grado di memorizzare informazioni. Esse hanno mostrato peculiarità nella memoria di lavoro,indirizzando il loro sviluppo evolutivo, per esempio, nelle stagioni di siccità e quindi le piante simulano gli effetti che hanno prodotto durante i periodo di siccità, quindi scarse piogge e sono in grado di attuare alcune misure che renderanno meno la loro vulnerabilità per l’ambiente stesso.
Durante l’indagine è stato utilizzato un modello del tipo di pianta  Arabidopsis thaliana , che è stato esposto a intervalli al secco e all’umido. Come più volte sottoposto a questo esperimento, l’impianto è stato quello di preservare o salvare il suo consumo di umidità con maggiore abilità. Più tardi i botanici hanno analizzato i geni che si sono attivati nel  Arabidopsis thaliana, durante l’esperimento, e hanno scoperto che due di loro, la RAB18 RD29B sono in grado di “rafforzare” la loro difesa in risposta allo stress, in modo che ogni volta che l’impianto è stato esposto a un nuovo periodo di siccità, queste piante hanno risposto con molta efficacia a questo problema con molta più rapidità.

REAZIONI CHE RICORDANO L’EFFETTO BACKSTER

Nel 1966 Cleve Backster, un tecnico dell’ F.B.I. addetto alla messa a punto ed all’impiego della macchina della verità, scoprì casualmente che la Dracena che aveva in ufficio reagiva quasi “emotivamente” a ciò che accadeva attorno ad essa. Tutto ebbe inizio un giorno in cui volle misurare la variazione di conducibilità elettrica delle foglie della pianta per effetto dell’innaffiamento. Backster bagnò il terreno del vaso e poco dopo effettuò una misurazione. Egli si aspettava un aumento della conducibilità elettrica delle foglie di Dracena ed invece il valore di tale parametro diminuì così come accade di solito in un essere umano che prova una lieve emozione.
Delle reazioni fortissime si ebbero quando dei gamberetti vivi furono buttati nell’acqua bollente in presenza della pianta.

Backster allora compì altri esterimenti e si accorse che la pianta reagiva inspiegabilmente alla presenza di persone che, al cospetto di essa, avevano precedentemente “ucciso” altre piante o piccoli animali – reazione che fu interpretata come espressione di “paura”. Siccome sembra che la pianta ricordasse l’identità di coloro che avevano “ammazzato” altre piante o piccoli animali, ci si potrebbe chiedere se non si tratti di una forma elementare di “memoria”. Le esperienze di Backster mostrano che anche le piante sono in grado di manifestare razioni fisiche e chimiche assimilabili alle risposte biologiche che noi definiamo come “emozioni”. Tali tipi di reazioni sono chiamate “effetto Backster”.
Nel 1966, mentre faceva delle ricerche sulle modificazioni elettriche in una pianta che viene annaffiata, Backster collegò un poligrafo (macchina della verità) ad una delle foglie della piantina su cui stava lavorando. Con sua grande sorpresa, scoprì che il poligrafo registrava delle fluttuazioni nella resistenza elettrica del tutto simili a quelle di un uomo che viene sottoposto a un test della verità. Era possibile che la pianta stesse provando qualche tipo di stress? E se, per esempio, le avesse bruciato una foglia, cosa sarebbe successo? Proprio mentre pensava queste cose, l’ago del poligrafo impazzì, portandosi di colpo al massimo. Backster si convinse che la pianta doveva in qualche modo essersi accorta del suo progetto di bruciarle una foglia – gli aveva letto nella mente!

EPERIMENTI DI AZIONE MENTALE SU PIANTE

di Giroldini William

In genere i parapsicologi (ma non tutti) ammettono l’esistenza di una azione diretta mente-mente (telepatia) e anche la possibità di una azione mentale diretta verso sistemi viventi inferiori, come animali e microrganismi, fino a giungere a sistemi non viventi (gli oggetti fisici): in questo caso il fenomeno prende il nome di psicocinesi.
La letteratura su questi argomenti e vasta e bastera’ citare i lavori di W. Braud (1979) con Matthew Manning e le ricerche di J.B. Hasted coi ”piegatori di metalli” (1980) e i risultati ottenuti da Nash (1984) con batteri mutanti.
Per quanto riguarda l’argomento specifico trattato in questa relazione, si possono ci­tare i lavori pionieristici di La Fontaine (1841) il quale cercò di influire sulla crescita di gerani, e il prof. Bertholet di Losanna, il quale protrasse per anni nuove e ingegnose pro­ve ottenendo risultati nettamente positivi.
Più recentemente in Italia il prof. Armani e in Francia i coniugi Paul e Christian Vasse hanno condotto esperimenti in questo senso. In particolare i Vasse compirono una serie di esperienze fondate sulla ipotesi di Rhine dell’influenza diretta della psiche sulla materia, in contrasto con la teoria fluidistica. Evitarono cioe’ il piu’ immediato o ravvicinato contatto materiale coi semi di grano in esperimento, rimanendo a una di­stanza di circa 1.5 metri da essi e cercando di immaginare e vedere i chicchi ingranditi.
I risultati, altamente positivi, furono pubblìcati sulla “Revue Métapsichique” n.2 (1942).
Un’altra esperienza, molto particolare, fu quella del rev. Franklin Loehr dottore in chimica e pastore presbìteriano, che speri nìentè il potere della preghiera, quale desi­derio vivo e pienamente vissuto, per influire su un altro essere vivente.
E non solo in senso positivo, pregando cioé per la crescita di pianticelle e semi, ma anche in senso ne­gativo. pregando per esempio alcunì germogli di grano di non crescere, di seccarsi, men­tre altri, i controlli, crescevano regolarmente li’ vicino.

Le esperienze furono 700, le per­sone che collaborarono furono 150, le pianticelle e semi oltre 27000.
I risultati furono veramente positivi.

Nel 1961 un biochimico della Mc. Gill Universitv, in Canada, il dott. Bernard Grad tentò di influire sulla germogliazione di chicchi d’orzo con la collaborazione di un guaritore, O. Estebany.
Al termine della sperimentazione risultò che le piantine nate erano cresciute in numero maggiore e piu’ rigogliose rispetto a quelle nate da semi di controllo.

Probabilmente il piu’ famoso fra gli studiosi di questi fenomeni fu l’americano Cleve Backster che alla fine degli anni’ 60 pubblicò una serie di ricerche in cui affermò che la resistenza elettrica dei vegetali è caratterizzata da fluttuazioni correlate con le manife­stazioni emotive dell’uomo. Backster tuttavia arrivò ad affermare l’esistenza di «emozioni» e «sentimenti» nelle piante stesse, equiparandole a comportamenti propri degli animali superiori. Questa tesi tuttavia è poco credibile, poichè i vegetali non possiedono neppure un rudimentale sistema nervoso, ed inoltre le tecniche sperimentali di Back­ster producevano un gran numero di segnali spuri che hanno reso poco significativi i suoi risultati dal punto di vista scientifico.
Nella stessa epoca, nel 1967, il dottor Robert N. Miller ingegnere chimico di Atlanta (Georgia USA) invitò la sensitiva O. Worral a tentare di influenzare la crescita di una piantina di segale collocata nel suo laboratorio, mentre la Worral si trovava a Bal­timora (Maryland USA) a circa 800 Km di distanza.
Servendosi di un apparecchio idea­to dal dott. H.H. Kleiter del Ministero dell’ Agricoltura americano, che poteva misura­re la crescita di una pianta con notevole sensibilità, Miller potè constatare un incremen­to di velocità di crescita di circa 8 volte in coincidenza con la concentrazione mentale della Worral.

Nel 1966-1968 un altro studioso, Julius Weinberger, direttore della ricerca presso i laboratori RCA (10) eseguì una serie di esperimenti molto simili nel procedimento e nelle tecniche a quelli da me realizzati. Applicò opportuni elettrodi a una pianta di Dio­nea Muscipala e, attraverso un amplificatore elettronico a valvole, ottenne registrazioni dei potenziali elettrici variabili della pianta, in condizioni di ottima schermatura della pianta e delle apparecchiature.
Quindi si propose di stabilire se era possibile influenzare il numero e l’entità di que­sti segnali, attraverso la sola azione mentale. I risultati furono veramente notevoli e fu­rono elaborati dal punto di vista statistico anche con l’aiuto di J. B. Rhine.
La probabilita’ che i risultati fossero casuali fu di 1/93000.

Esperimenti piu’ recenti. nel 1973 – 1974, furono condotti in Unione Sovietica dalla dottoressa Larisa Vilenskaja e dal dott. V.N. Pushkin (11); anche in questo caso i re­sponsi elettrici delle piante furono registrati mediante un elettroencefalografo e gli elet­trodi facevano capo alle foglie. Fu confermato che un soggetto può influenzare mental­mente una pianta e che non tutti possono farlo allo stesso modo.
Lo fa indubbiamente meglio chi è dotato di facoltà psichiche: il soggetto N.A. utiliz­zato dagli studiosi russi, poteva indurre questo effetto rapidamente e con successo. Al­tri, che non riuscivano in stato normale, conseguivano successi apprezzabili in stato di pnosi o di coscienza alterata.

Parte Sperimentale

L’ipotesi dì lavoro, confortata dai dati di letteratura citati, era quella di poter osser­vare una correlazione positiva fra concentrazione psichica di un soggetto e attività elettrofisiologica di una pianta.
Sono state utilizzate molte piante di Tradescantia Albiflora coltivate nello stesso va­so e con foglie ben sviluppate.
Mediante opportuni elettrodi applicati alle foglie, sono stati registrati i potenziali elettrici variabili presenti sulle foglie in condizioni normali.
La apparecchiatura elettronica utilizzata era costituita da un preamplificatore ad alta impedenza d’ingresso, un amplificatore a guadagno variabile ed infine un registratore grafico.
Nella progettazione del circuito si è posto particolare attenzione alla eliminazione dei disturbi di rete a 50Hz che possono essere captati dall’ambiente, e ciò è stato ottenu­to limitando la banda passante dell’amplificatore fra 0.3 e 10Hz.
In precedenza, nel corso di prove preliminari, era stato accertato che i segnali elettrici variabili provenienti dalle piante sono compresi in questa banda di frequenza e pre­sentano intensità fra 10 e 500 microvolt, con valore medio di circa 50 microvolt.
Inoltre era stato verificato che i disturbi provenienti da macchine, dalla atmosfera, dalle onde radio etc. erano suffìcentemente bassi da non richiedere una schermatura del­le piante. Gli elettrodi erano costituiti da due lamine circolari d’oro con un’area di circa 1.5 cm2 ciascuno e connessi all’amplificatore con cavetti schermati.
L’uso di un metallo nobile come l’oro, senza paste elettrolitiche conduttrici, mini­mizza la quantità di segnali spuri che possono essere generati da processi di ossidazione sugli elettrodi. Questi elettrodi erano fissati mediante nastro adesivo su una stessa foglia, oppure su foglie diverse di una stessa pianta, mentre l’elettrodo dì massa era infisso sta­bilmente nel terreno umido, in prossimità delle radici.

Dagli studi preliminari era stato osservato che il periodo di maggiore attivita’ elettri­ca sulle foglie corrispondeva alle ore del mattino e del primo pomeriggio.
L’amplificatore impiegato presentava inevìtabilmente una certa sensibilità ai campi elettrostatici, a causa della elevata impedenza d’ingresso. e quindi per evitare disturbi di questo genere, si curava che nessuna persona si trovasse a meno di due metri dalle appa­recchiature e dalle piante nel corso di un esperimento. Con tutte queste precauzioni e controlli si aveva la certezza che i segnali elettrici registrati rappresentavano la reale atti­vita’ elettrofisiologica della pianta.

Occorre dire che la realizzazione pratica di questi esperimenti non è né semplice né facile: l’attività elettrica media delle foglie presenta forti e imprevedibili fluttuazioni di giorno in giorno, e perciò è necessario mediare i risultati su un numero sufficente di prove, poiché l’effetto paranormale che si va cercando, se esiste, è sicuramente piu’ debo­le delle fluttuazioni spontanee.
Per valutare l’area totale dei segnali in un dato intervallo di tempo, è stato adottato in un primo tempo un metodo manuale, ma in seguito è stato costruito un circuito inte­gratore elettronico il quale provvede a sommare con precisione e velocità l’area di tutti i segnali, fornendone un’uscita analogica su un secondo pennino del registratore grafico.
Dopo avere raggiunto una sufficente garanzia del buon funzionamento di tutte le apparecchiature (tarate con un generatore di Funzioni) si è proceduto alla realizzazione degli esperimenti veri e propri di carattere parapsicologico.

Procedura Sperimentale

Sono state realizzate sinora 55 registrazioni, suddivise in tre distinti tipi di esperi­menti.
Il primo esperimento comprende 15 registrazioni dove l’agente era una persona che agiva a distanza, senza mai avere avuto la possibilità di vedere direttamente o di toccare le piante in questione.
Il procedimento seguito consisteva, in primo luogo, nei concordare una data e un orario preciso in cui l’agente doveva cercare di influenzare mentalmente, a distanza, una pianta per un periodo esatto di cinque minuti.
Di solito la data e l’orario erano concor­dati con uno o due giorni di anticipo. L’apparecchiatura e le piante erano poste nel mio laboratorio, mentre le persone in questione si trovavano a casa loro, da tre a trenta km di distanza, Quindi procedevo alla registrazione dei potenziali elettrici iniziando circa 30-40 minuti prima rispetto all’orario concordato e proseguendo per altri 10-15 minuti dopo tale orario.

Al termine di ogni esperimento procedevo alla valutazione dei risulta­ti, basati sulla misurazione dell’area dei segnali registrati in un periodo di tempo di 15 minuti, in modo da confrontare l’area dei segnali nei 5 minuti precedenti (a) e seguenti (c) il periodo concordato (b).
In questo modo le condizioni ambientali (temperatura, luce, umidità) potevano con­siderarsi quasi costanti nell’arco di tempo dell’esperimento e cio’ rendeva minimi i segnali causati dalle variazioni ambientali. Le persone che hanno collaborato alla realizza­zione di questo primo esperimento, sono le signore E. Longoni, M. Bertolini, M.A. Al­chisio.

In questo primo esperimento, l’analisi statistica non mostra alcun significativo incremento dell’attività elettrica nel periodo ”b” cioè durante l’azione mentale.
Occorre anche dire che come precauzione contro una eventuale interferenza psi dello sperimentatore, per tutta l’intera durata di ogni esperimento, mi tenevo impegna­to in una attività che mi distraesse il più possibile, come ad esempio leggere o conversare con qualcuno.

Il secondo esperimento, comprendente 30 registrazioni, è stato eseguito con le medesime modalità del precedente e l’agente ero in stesso, ed operavo a una distanza di 8 metri dalle piante, oppure da 120 metri circa.
E’ stato ottenuto un incremento significativo dell’attività elettrica nel periodo « b ».
Questo incremento e’ stato valutato con metodi statistici chiamati «t-test» e «test sequenziali» e si puo’ affermare che il risultato è significativo con una probabilità supe­riore al 99.9%. Cio’ significa che esiste meno di una probabilità su 1000 che il risultato sia dovuto solamente al caso (P <0.001).

Delle 30 prove, 14 erano realizzate a una distanza di otto metri circa dalle piante, e 16 a una distanza superiore a 120 metri. E’ stato ottenuto lo stesso grado di incremento percentuale nel periodo «b»: sembra dunque che la distanza non abbia importanza.
L’ultimo tipo di esperimento, comprendente 10 registrazioni, e’ stato eseguito consegnando a un soggetto, la signorina M. Mori, una delle piante in questione, nell’intento di favorire la concentrazione mentale verso i bersagli, cioè le piante del laboratorio.
Il soggetto operava da una distanza di circa 5 km, e non aveva mai visto o toccato le piante del laboratorio.
In questo caso non fu concordato un orario preciso, ma solo un intervallo di un’ora, sempre lo stesso, all’interno del quale il soggetto doveva scegliere, a suo piacimento, l’intervallo di 5 minuti per l’azione psichica.
Con questo procedimento, qualsiasi influsso anche inconscio dello sperimentatore era evitato, dato che non conoscevo l’esatto intervallo di tempo dell’azione mentale del­la Mori. Solo al termine di tutte le prove, ho potuto conoscere quali erano questi inter­valli e procedere alla valutazione quantitativa dei risultati.
In questo terzo esperimento, l’analisi statistica non mostra alcun significativo incre­mento dell’ attivita’ elettrica nel periodo «b».

In futuro, avendo tempo a disposizione, si potrebbero impostare altri esperimenti in cui per esempio si fa lavorare uno stesso agente, prima e dopo essere stato in contatto con le piante, per vedere se questa variabile porta a differenze sensibili e riproducibili.
Discussione dei risultati
Vorrei ora discutere questi risultati nell’ambito della teoria ESP proposta nel 1983 dal fisico CN. Villars. Tale teoria è basata sull’effetto quantistico noto come «non località» e rappresenta, a mio avviso, una delle più promettenti teorie interpretative dei fenomeni ESP.
Non è il caso, in questa relazione, di scendere in dettaglio sul contenuto della teoria, ma basterà ricordare che la teoria di Villars permette dì fare alcune previsioni esplicite sulle caratteristiche dei fenomeni paranormali.
In particolare:
1) il tasso di successo in esperimenti di percezione extrasensoriale deve aumen­tare nettamente quando fra soggetto e bersaglio c’è stata nel passato una qualche forma di contatto fisico.
2) il fenomeno non dipende dalla distanza.
3) la percezione ESP è mediata da un sistema sensoriale che nell’uomo con ogni probabilità è posto nel cervello.
Cio’ lascia anche prevedere la possibilita’ che le capacità ESP possano migliorare con l’esercizio, allo stesso modo con cui sono migliorabili molte altre capacità mentali, quali la memoria, la concentrazione, la riflessione.
I risultati da me ottenuti sono in accordo coi punti 1 e 2 del modello di Vìllars.
Infatti hanno avuto esito mediamente nullo gli esperimenti dove l’agente (Bertolini, Longoni, Alchìsio, Mori) non aveva mai visto ne toccato le piante del laboratorio, men­tre l’esito è stato positivo nel mio caso, in cui ho avuto la possibilità di accudire alle piante, ad esempio innaffìandole e ponendo gli elettrodi sulle foglie.
D’altra parte, come in ogni tipo di esperimento del genere basato su analisi statisti­ca, non si puo’ mai escludere a priori che il risultato sia semplicemente fortuito, oppure causato da un qualche artefatto sperimentale sfuggito a tutti i controlli e alle precauzioni. ­Questa situazione e’ comune a quasi tutta la parapsicologia sperimentale, e resterà ta­le fino a quando non si riuscira’ ad ottenere risultati riproducibili.
Se si accetta una causa paranormale come spiegazione del risultato positivo ottenu­to, allora io personalmente preferisco presupporre che esista una forma di «percezione primaria» extrasensoriale anche a Iivello di semplici sistemi viventi come le piante.
Questa ipotesi di una «percezione primaria» nel mondo vegetale fu sostenuta, come detto sopra, da Cleve Backster.
I lavori e le conclusioni di Backster furono assai contestati anche all’interno della ricerca psichica. ma questa idea, oltre che suggestiva, a me sembra anche ragionevole, poiché la moderna biologia ci mostra come i sistemi viventi a livello cellu­lare sono molto più simili fra di loro di quanto non suggerisca la morfologia esterna.
Si ipotizza cioe’ che la percezione extrasensoriale sia una proprietà generale dei sistemi viventi, e non solo dell’uomo, anche se probabilmente in quest’ ultimo puo’ raggiungere le forme più eclatanti.
In alternativa, si possono interpretare i risultati ottenuti come dovuti a un azione psicocinetìca diretta mente-materia. In questo caso la foglia, assieme al suoi elettrodi e all’amplificatore, viene considera­vo come un «generatore di rumore elettronico casuale », e non e’ più rilevante che sia, o no, un essere vivente. Infatti numerosi esperimenti, ad esempio quelli compiuti da H. Schmidt e W. Braud, avrebbero dimostrato la possibilità di influenzare, col solo pensie­ro, un disposìtivo elettronico basato su di un generatore casuale. Tuttavia personalmen­te preferisco la interpretazione che assegna un ruolo più attivo, di vera e propria perce­zione, ai sistemi viventi in genere.
È chiaro che questo lavoro non puo’ né vuole, dire nulla di conclusivo circa la realtà di questi discussi fenomeni e vuole essere solo un contributo ulteriore verso la dimostra­zione sperimentale delle possibilità insite nel mondo vivente.

A cura della Redazione Segnidalcielo

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