Allarme per Venezia che sta sprofondando


Le acque continueranno a salire di 4 millimetri ogni anno e la città potrebbe trovarsi 8 centimetri più in basso entro 20 anni. Lo rivelano le immagini satellitari, ma non tutti sono d'accordo
21 marzo 2012 di Valentina Arcovio
Venezia rischia di sprofondare letteralmente nelle acque dei suoi famosi canali. A differenza di quanto concluso da alcuni studi precedenti, il livello dell’acqua sta aumentando al ritmo di due millimetri l’anno, rosicchiando un pezzettino per volta i bellissimi edifici della laguna. Almeno questo è quanto emerge dalle ultime misurazioni satellitari, analizzate in uno studio condotto da un team di ricercatori della Scripps Institution of Oceanography alla University of California a San Diego in collaborazione con Tele-Rilevamento Europa, la società italiana che misura le deformazioni del suolo. Con i dati Gps si è riusciti a definire precisamente la quota di un punto della laguna, invece con i dati provenienti dai radar spaziali è stato possibile controllare la quota di certi punti rispetto ad altri. I risultati dello studio, iniziato nel 2000 e conclusosi nel 2011, sono stati pubblicati sulla rivista Geochemistry, Geophysics, Geosystems dell’ American Geophysical Union.


I nuovi dati non solo contraddirebbero quanti pensavano che l’abbassamento di Venezia fosse ormai un processo finito, ma indicherebbero anche un’ inclinazione verso est della Città Galleggiante. Secondo i ricercatori, l’aumento del livello delle acque di circa due millimetri l’anno, combinato all’innalzamento del livello del mare rispetto alla terra, porterebbe alla fine a un abbassamento raddoppiato di circa quattro millimetri all’anno.

La città è già sottoposta a regolari inondazioni. Nessuno al momento può azzardare a fare previsioni sul futuro, ma se gli attuali tassi di subsidenza, cioè di abbassamento a causa di diversi fattori, e di innalzamento del livello del mare rimanessero stabili, è possibile che nei prossimi 20 anni Venezia scenda di 8 centimetri rispetto all’altezza media dell’acqua della laguna.

All'origine del processo di subsidenza potrebbero esserci diversi fattori concomitanti. Da un lato la costante estrazione di troppa acqua dal sottosuolo che, anche se bloccata, ha ormai compattato i sedimenti su cui si poggia Venezia e i cui effetti rimarranno per ancora diverso tempo. Dall’altro lato ci sono tutta una serie di processi geologici su larga scala che spingono verso il basso il terreno. “Venezia è sempre in movimento”, ha detto Yehuda Bock, geodetico della Scripps Institution of Oceanography e autore dello studio. “C’è una componente naturale della subsidenza che ha a che fare con la tettonica - spiega - e quindi non importa se non si estraggono più acqua sotterranee”. In pratica, Venezia starebbe sprofondando anche per via dello scontro tra la placca Adriatica con gli Appennini. Questo spiegherebbe anche perché la città galleggiante si starebbe inclinando verso est. I ricercatori hanno infatti rilevato un abbassamento più accelerato a sud rispetto che a nord.

Non tutti gli scienziati però condividono questa linea allarmistica. Giuseppe Gambolati, docente e ricercatore del Dipartimento di Metodi e Modelli Matematici per le Scienze Applicate dell'Università di Padova, precisa che siamo ben aldilà dal pericolo sprofondamento. “Inoltre, i nostri dati - dice - indicano un innalzamento delle acqua che va da 0,5 a 1 millimetro. Segno, questo, che misure del genere hanno ampi margini di incertezza”.

Di certo c'è quello dell'aumento dei livelli delle acque rimane un annoso problema per Venezia. Tant’è che lo stesso Gambolati ha, insieme al suo team, predisposto un piano per salvare la città dalle acque. “Il progetto - spiega il ricercatore - prevede di pompare acqua marina nel sottosuolo per rialzare la città di una trentina di centimetri e prevenire gli allagamenti”. In particolare, la proposta consiste nello scavare dodici pozzi intorno alla città, in un cerchio del diametro di dieci chilometri, per pompare, nell’arco di dieci anni, circa 150 milioni di metri cubi d’acqua marina nel sottosuolo. “Quando si inietta acqua, si causa un’espansione degli strati compressi”, spiega Gambolati. “Così, prima si arresta la subsidenza, poi si può indurre un sollevamento”, conclude.

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