La fuga di ozono dalle rocce che iniziano a spaccarsi internamente prima di un terremoto potrebbe essere il segno precursore dei sismi: se così fosse potremmo prevederli
di Alice Bianchi
E’ possibile prevedere i terremoti? Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’unica soluzione possibile è creare una rete di sismografi abbastanza fitta da poter mappare l’intero territorio e dedurre le aree dove si possono verificare sismi più o meno forti. A Tokyo e a Città del Messico sono stati sperimentati con successo i ‘sistemi di allarme sismico-tempestivi’: registrando l’arrivo delle onde P (onde longitudinali, le più veloci ma le meno potenti, generate dai terremoti ma anche dalle esplosioni, dal vento e dalle onde oceaniche), se ne calcola la magnitudo e poi eventualmente vengono allertate le aree urbane che stanno per essere colpite dal terremoto. L’avviso di sisma, dunque, giunge solo alcuni secondi in anticipo, il tempo che basta ad attivare le procedure automatiche di emergenza: l’interruzione del traffico, la disattivazione del sistema di distribuzione del gas, le procedure di sicurezza negli ospedali ed altro ancora. Giampaolo Gioacchino Giuliani è un ex tecnico dell'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario ed è stato distaccato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dopo aver previsto il luogo errato del sisma verificatosi nell’Aquila nel 2009. In un’intervista del 13 maggio scorso, pubblicata su cadoinpiedi.it, ha affermato: “Attraverso la mia ricerca sperimentale noi riusciamo a prevedere il sisma, nel raggio d’azione delle nostre stazioni, 6-24 ore prima. In questo momento esiste una rete che funziona in questo modo in almeno 4 stazioni”.
Per ora abbiamo parlato di mappatura del territorio, di sistemi per attuare norme di sicurezza in modo tempestivo e di una teoria fallace destinata probabilmente ad essere migliorata. Ma esistono dei veri e propri precursori sismici sui quali possiamo fare affidamento, che ci diano un margine di reazione maggiore?
Il professor Giorgio Celli, in un’intervista del 18 maggio 2008 al TG2, disse: "Probabilmente, con l'udito più sottile del nostro, i cani percepiscono gli ultrasuoni e sentono i movimenti profondi del suolo che stanno preparandosi a muoversi in maniera gravosa, oppure altrimenti il movimento dei metalli nel suolo crea dei campi elettrici particolari, oppure fa variare il campo magnetico terrestre che gli animali percepiscono". Questa osservazione all’epoca non destò interesse, in quanto le cause di tale comportamento animale erano sconosciute, ma oggi finalmente abbiamo trovato gli strumenti per interpretarlo. Uno studio di Raul Baragiola (fisico sperimentale), svolto dai ricercatori della School of Engineering and Apllied Science dell’Università della Virginia, sembra suggerire che la capacità animale di prevedere i sismi sia legata ad una presunta sensibilità all’ozono. Baragiola ha svolto una serie di esperimenti nei quali si andavano a rompere diversi tipi di rocce vulcaniche, che sprigionavano ozono in quantità diverse (l’ammontare maggiore si è avuto con la riolite). La seconda parte degli esperimenti verificava se l’ozono veniva a liberarsi per via di qualche tipo di reazione gassosa: si è visto che questo si formava solo in presenza di ossigeno. Quindi il ricercatore ha dichiarato: “Qualche tempo prima di un movimento tellurico le pressioni iniziano a fratturare le rocce generando delle faglie. In questo processo di rottura, presumibilmente, si dovrebbe produrre dell’ozono rilevabile con gli strumenti”. Inoltre: “Se le ricerche confermeranno la correlazione fra produzione di ozono e terremoti, monitorando il gas potremmo avere un sistema di allarme efficace”.
Perciò, se la fuga di ozono fosse il precursore dei sismi per eccellenza, potremmo finalmente prevedere i terremoti con un sistema efficace ed efficiente che, congiunto ai metodi architettonici di prevenzione sismica, ci assicuri il minor numero di danni possibile.
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