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DNA e ambiente minacciati dalle nanotecnologie




Noi tutti pensiamo che gli articoli personali di uso quotidiano siano inoffensivi: cosmetici, lozioni abbronzanti, calze e abbigliamento sportivo, ma questi prodotti potrebbero contenere particelle nanotech (novità sviluppata dalla cosiddetta nanotecnologia). Le minuscole particelle generate dalla nanotecnologia hanno dimostrato la loro capacità di far ammalare e uccidere i lavoratori di fabbriche che utilizzano questo tipo di tecnologia. I rischi conosciuti per la salute umana includono danni gravi e permanenti al polmone, mentre gli studi sulle cellule rivelano danni genetici al DNA. Estremamente tossiche per la fauna acquatica, le nanoparticelle comportano chiari rischi per molte specie e minacciano l’intera catena alimentare.
Le nanoparticelle sono state presentate dall’industria come il meraviglioso ingrediente di nuovi prodotti per l’igiene personale, il confezionamento degli alimenti, le vernici, le procedure mediche, gli articoli farmaceutici, gli pneumatici e i pezzi di automobile, tra il numero sempre crescente di altri prodotti di consumo. Le compagnie cosmetiche aggiungono nanoparticelle di diossido di titano alle creme solari per renderle trasparenti sulla pelle. I produttori di abbigliamento sportivo hanno inventato vestiti inodori che contengono nanoparticelle d’argento, due volte più tossiche per i batteri rispetto alla candeggina. Le compagnie industriali automobilistiche hanno aggiunto nanofibre di carbonio per rinforzare pneumatici e pannelli di carrozzeria.
Secondo il Progetto USA sulle Nanotecnologie Emergenti (PEN), gli articoli per la salute e il fitness continuano a dominare l’offerta della produzione nanotecnologica, raggiungendo il 60% dei prodotti conosciuti. Il nanoargento è il nanomateriale più utilizzato, grazie alle sue proprietà antimicrobiche, nella fabbricazione di gran parte di prodotti, infatti, ben 259 di essi lo contengono (il 26% di 1.000 articoli studiati). L’inventario aggiornato del PEN presenta i prodotti di 24 paesi, incluso Stati Uniti, Cina, Canada e Germania
Finora i nanomateriali sono stati così poco compresi che gli scienziati non sono in grado di predire come si comporteranno e di testare la loro sicurezza. Più di 1.000 articoli di consumo manifatturati con nanoparticelle, che possono essere fino a 100 volte più piccole di un virus, sono già sul mercato, nonostante la quasi totale assenza di dati certi sui pericoli che comportano per la salute umana e l’ambiente. E mentre queste particelle atomiche possono essere un beneficio in alcune applicazioni mediche, scienziati e ambientalisti richiedono maggiori studi. Fino ad oggi sono pochi gli effetti nocivi riscontrati di questa nuova tecnologia virtualmente non regolamentare. Ma questa mancanza potrebbe essere dovuta proprio agli scarsi studi che sono stati condotti nella fretta di trovare un sempre maggior numero di applicazioni nanotech redditizie.
La nanotecnologia, la scienza dell’infinitamente piccolo, è un’importante industria emergente, con un mercato annuale proiettato intorno a un trilione di dollari statunitensi entro il 2015. Essa implica la manipolazione o la produzione di nuovi materiali a partire da piccole porzioni di materia leggermente più grandi di atomi e molecole; argento e carbonio costituiscono i materiali base più importanti.
I nanomateriali sono più piccoli del diametro di un capello umano e possono essere osservati solo attraverso potenti microscopi. Un nanometro è la miliardesima parte di un metro, un capello umano misura circa 80.000 nanometri. Un atomo è pressappoco la terza parte di un nanometro e le nanoparticelle sono gruppi di atomi di solito più piccoli di cento nanometri. Le minuscole particelle di materiali presentano spesso proprietà uniche e diverse da quelle degli stessi materiali in scala più grande. Le nanoparticelle devono il loro successo alle straordinarie, e a volte davvero insolite, proprietà che possiedono.
Ad esempio, le racchette da tennis fatte con nanotubi di carbonio sono incredibilmente forti, mentre i pezzi più grandi di grafite si rompono facilmente. L’industria medica sta investendo enormemente sulle nanoparticelle per creare farmaci di precisione in grado di mirare a specifici tessuti, come le cellule cancerose. Mentre alcuni di questi nuovi materiali possono avere applicazioni benefiche nelle procedure mediche, medicazioni di ferite e prodotti farmaceutici, cresce la preoccupazione sui possibili effetti tossici. Le nanoparticelle sono state collegate soprattutto alle malattie polmonari e ai danni genetici.
Nel corso di un nuovo studio britannico, gli investigatori hanno riscontrato un processo mai visto prima, soprannominato “toxic gossip”, in cui le nanoparticelle di metallo danneggiano il DNA, perfino attraverso le barriere di tessuto epidermico intatte. I ricercatori hanno definito la scoperta come un’”enorme sorpresa”, poiché le nanoparticelle, sembra, abbiano indirettamente creato dei danni.
Adesso, per la prima volta, uno studio scientifico ha stabilito una relazione chiara e causale tra il contatto umano con le nanoparticelle e gravi problemi di salute. Secondo un articolo pubblicato sull’ European Respiratory Journal da un gruppo di ricercatori cinesi diretti da Yuguo Song, del Dipartimento di Medicina del Lavoro e Tossicologia Clinica del Chaoyang Hospital di Beijing, sette giovani operaie si sono gravemente ammalate dopo aver lavorato in una fabbrica di vernici che utilizzava la nanotecnologia. Le operaie hanno sofferto danni gravi e permanenti ai polmoni, oltre ad eruzioni cutanee su viso e braccia. Due di loro sono morte, mentre le altre cinque non sono ancora guarite, nonostante siano passati diversi anni.
Circa cinquecento studi hanno dimostrato la tossicità della nanotecnologia per gli animali, le cellule umane e l’ambiente. Sebbene l’articolo di Song provi per la prima volta l’evidenza della tossicità negli esseri umani, secondo la ricercatrice Silvia Ribeiro questo risultato potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di un’industria estremamente rischiosa.
Gli agglomerati di nanoparticelle dello stesso materiale, invece, si comportano diversamente, in modo più potente, più tossico, ed hanno proprietà radicalmente differenti. Ciò che le rende così utili rende anche la loro sicurezza così incerta. È necessaria una ricerca immediata e approfondita sulla tossicità delle nanoparticelle. Gli effetti sulla salute umana e sull’ambiente derivano dalle nanoparticelle che si riversano nei condotti idrici attraverso il trattamento delle acque reflue, colpendo gli organismi che vivono nell’acqua e le persone che bevono e cucinano con quell’acqua.
Le nanoparticelle che destano maggiore preoccupazione sono tre: quelle d’argento, le nanofibre di carbonio, e le cosiddette “buckyballs”, ovvero microscopiche strutture di carbonio a forma di pallone da calcio.
Il nanoargento è noto per la sua alta tossicità verso la vita acquatica. Mentre per gli esseri umani l’argento risulta più sicuro di altri metalli tossici come il piombo e il cromo, per gli organismi acquatici purtroppo non è così. L’argento è più tossico per molti organismi di acqua dolce e salata, risalendo dal fitoplancton (alla base della catena alimentare) fino agli invertebrati marini, come ostriche e lumache, e ad altri tipi di pesce, soprattutto nella loro fase di crescita. Molte specie di pesci e crostacei, così come i pesci di cui si nutrono, sono vulnerabili. La prolungata esposizione all’argento colpisce e spezza la salute dell’ecosistema. Il nanoargento è significativamente più tossico dei pezzi d’argento perché le particelle microscopiche in una vasta area aumentano la loro capacità di interagire con l’ambiente. È stata comprovata la capacità del nanoargento di rompersi, scomporsi e infiltrarsi nell’acqua quando, per esempio, gli indumenti sportivi contenenti nanoparticelle d’argento per il controllo degli odori, vengono centrifugati nelle lavatrici. Secondo uno studio sulle nanoparticelle d’argento utilizzate come antimicrobici nei tessuti, su sette campioni testati, quattro di questi hanno perso dal 20 al 35% dell’ argento al loro primo lavaggio e, una marca, ha perso la metà del suo contenuto d’argento già dopo i primi due lavaggi, andando a finire direttamente nell’ambiente. Molti corsi d’acqua si stanno riprendendo dagli alti livelli d’argento introdotti dall’industria fotografica durante il ventesimo secolo. I nuovi prodotti contenenti nanoparticelle d’argento possono risultare altamente tossici per i livelli d’argento che verrebbero così reintrodotti nei fiumi e nei laghi attraverso gli impianti per il trattamento delle acque.
Le nanofibre di carbonio aggiunte agli pneumatici e intessute nell’abbigliamento per produrre diversi colori senza utilizzare tinte, sono tendenzialmente usate anche in prodotti attraverso i quali potrebbero essere inalate provocando danni ai polmoni. In uno studio pubblicato sul Journal of Molecular Cell Biology, i ricercatori cinesi hanno scoperto che una classe di nanoparticelle ampiamente sviluppata in medicina, dendrimeri poliamidoaminici (PAMAM), causano danni ai polmoni innescando un tipo di cellule programmate, conosciute come cellule mortali autofagiche. Inoltre, le “buckyballs” a base di carbonio hanno dimostrato di essere assorbite dagli organismi semplici, sollevando la preoccupazione che le sostanze tossiche contaminino la catena alimentare danneggiandola alla base.
Oggi, secondo il PEN, più di un migliaio di prodotti basati sulla nanotecnologia, sono stati resi disponibili ai consumatori di tutto il mondo. Il più recente aggiornamento dell’inventario, risalente a tre anni e mezzo fa, riflette il crescente utilizzo delle minuscole particelle in ogni cosa, dai prodotti convenzionali come gli utensili da cucina antiaderenti, accendigas, racchette da tennis più resistenti, fino a dispositivi sofisticati come sensori indossabili che monitorizzano la postura.
“L’uso di nanotecnologia nei prodotti per i consumatori continua a crescere rapidamente”, afferma il direttore del PEN David Rejeski. Quando abbiamo fatto partire l’inventario nel marzo 2006, c’erano soltanto 212 prodotti. Se l’introduzione di nuovi prodotti dovesse continuare a questo ritmo, il suo numero potrebbe avvicinarsi a 1.600 entro i prossimi due anni. Questo porterà a delle significative cause per negligenza contro organismi come la Food and Drugs Administration (Agenzia per gli Alimenti e i medicinali, FAD nelle sua sigla inglese) e la Consumer Product Safety Commission (CPSC), che spesso adottano meccanismi insufficienti a identificare prodotti nanotech prima che entrino a far parte del mercato”.
Maggiori informazioni sulle nanotecnologie: www.fda.gov/ScienceResearch/SpecialTopics/Nanotechnology/FrequentlyAskedQuestions/ default.htm.
Aggiornamento di Paul Eubig e Wendy Hessler, Environmental Health News
Abbiamo ritenuto questa storia interessante perché la ricerca si trova in una fase iniziale verso la definizione di quanto i prodotti dei consumatori contribuiscano alla presenza di nanoparticelle nell’ambiente. Conoscere l’ammontare della sostanza chimica che entra nell’ambiente, è un presupposto necessario per stimare il rischio che il contaminante solleva per l’ambiente e la salute umana. In generale, questa storia ha catturato la nostra attenzione perché gli interrogativi che suscita riflettono preoccupazioni a cui non sono anora state date risposte.
Questa tematica non è stata abbastanza divulgata. Brevi recensioni sono apparse sul New York Times e su Chemical & Engineering News. L´Environmental Health News ha fatto riferimento a un seguito interessante su Particle and Fibre Toxicology [Tossicologia delle Particelle e delle Fibre n.d.t.], che dimostrava come i tessuti trattati con questa tecnologia rilasciassero nanoparticelle d´argento quando esposti a sudore umano artificiale. Pertanto sta emergendo un quadro secondo il quale le nanoparticelle d’argento fuoriescono dai prodotti, esponendo gli umani e insinuandosi nella rete fluviale ad un’estensione più grande di quanto si sarebbe potuto immaginare. Intanto, secondo alcuni articoli apparsi su Environmental Health Perspectives e Small, altri ricercatori hanno dimostrato gli effetti nocivi delle nanoparticelle d’argento, rispettivamente nello sviluppo delle cellule nervose e negli embrioni dei pesci.
L’intenzione non è colpire le nanoparticelle d’argento ma piuttosto richiamare l’attenzione su un argomento più ampio: la sicurezza della nanotecnologia. Il grande potenziale della nanotecnologia per rivoluzionare un ampio spettro di campi, dalla produzione e gestione energetica, alla salute, e ai beni di consumo, si sta gradualmente realizzando.
Inoltre, la nanotecnologia fornisce importanti prove per le valutazioni di sicurezza. La composizione, misura e struttura delle nanoparticlle sono alcuni dei numerosi fattori che influenzano la loro azione nel corpo o nell’ambiente. In più, alcuni ti pi particolari di nanoparticelle, come l’argento, non agiscono necessariamente come molecole individuali o atomi della stessa sostanza, come l’argento ionico, libero.
Sfortunatamente, gli organi di controllo sono stati lenti nel contenere la rapida emergenza della nanotecnologia sul posto di lavoro e in casa, e più in generale nell’ambiente, in un vertiginoso gioco al recupero, in cui le applicazioni di nanotecnologia continuano a moltiplicarsi, mentre le regole del campo di gioco non sono state ancora ben definite. I fulcri dell’attuale dibattito su quanto siano sufficienti i dati esistenti sulla sicurezza per i prodotti che contengono nanoparticelle, o ulteriori valutazioni degli impatti sulla salute umana e ambientale, devono essere ancora svolte.
Il secolo scorso ci fornisce numerosi esempi di sostanze chimiche come il piombo, il diclorodifeniltricloroetano (DDT), e i bifenili policlorurati (PCB) per nominarne alcuni, che inizialmente vennero considerati vantaggiosi, dimostrarono in seguito di causare effetti secondari nocivi sulla salute umana o sull’ambiente, al punto da annullarne i benefici. La nostra ricerca aspira ad aiutare la società nel ricordare le lezioni del passato e a essere cauti nell’accogliere la promessa del futuro.
 A CURA DEL PROJECT CENSORED


Un boato ha fatto tremare Novara, probabile meteora


Un boato ha fatto tremare i vetri delle finestre di Novara attorno alle 3,47 della notte tra lunedì e martedì.  In queste notti sulla volta celeste stanno dando spettacolo le Leonidi: «E’ uno sciame meteoritico simile alle Perseidi, le stelle cadenti conosciute come le lacrime di San Lorenzo visibili nelle notti che precedono il Ferragosto - spiega Federico Manzini, l’astrofilo che gestisce l’osservatorio astronomico della tenuta Guascona di Sozzago -. L’orario in cui è avvenuto il boato è compatibile con l’ingresso in atmosfera di una Leonide. Le meteoriti di solito sfrecciano in atmosfera a 20 km al secondo e si sfaldano a 25000 metri di quota. I corpi più grossi vengono definiti "bolidi". Decelerano da velocità supersoniche e attorno ai 5000 metri per effetto del calore esplodono in frammenti millimetrici provocando onde sonore udibili a grandi distanze. Ricordo durante una notte di novembre del 1978 una "pioggia" di Leonidi in cui si contarono migliaia di meteore in 10 minuti».

Qualche residente aveva pensato al terremoto. Che il frastuono non sia stato provocato da detonazioni a livello del suolo lo confermano i tracciati piatti dei sismografi: «Nessun sismografo della zona - dice Giuseppe De Antoni dell’osservatorio geofisico di Novara - ha registrato anomalie. Quindi la meteora non ha impattato a terra».
http://edizioni.lastampa.it/novara/articolo/lstp/24965/

Tumori tra i soldati italiani, si indaga sui vaccini


Per anni s'è parlato di uranio come causa dei tumori che hanno colpito i militari italiani. Ora però la Commissione d'inchiesta del Senato ha individuato un altro possibile motivo: le vaccinazioni fatte con tempi, modalità e controlli sbagliati. La Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito sta dunque indagando sui danni da vaccini finora taciuti nonostante gli allarmi lanciati negli ultimi anni da numerosi medici e scienziati e dalle famiglie di centinaia di vittime. È quanto riferisce Repubblica.it che pubblica la seconda parte dell'inchiesta “Vaccinati a morte” .

“Hanno cercato di mettere tutto a tacere perché gli interessi economici in ballo sono troppo grandi visto che facilmente dai militari si può passare ai civili - sostiene Massimo Montinari, medico e funzionario di polizia - ma ora, a quanto pare, anche a livello politico qualcosa si sta muovendo”. 

VIDEO:http://www.youtube.com/watchfeature=player_embedded&v=vRk3eqQKCoc&list=UU17dbQvcg-vsJlDNKYi5t8A

Un nesso chiaro tra il cattivo uso dei vaccini e l'insorgenza del tumore viene dal professor Antonio Giordano, presidente dello Sbarro Institute di Philadelphia, che spiega: “C'è un nesso riconosciutotra vaccini ravvicinati e abbassamento delle difese immunitarie. E in Italia c'è pieno di posti ad alto tasso d'inquinamento altamente pericolosi per chi ha un sistema immunitario compromesso”.
Alla decisione della Commissione ha contribuito anche il risultato del Progetto Signum, uno studio sull'impatto genotossico nelle unità militari, commissionato nel 2004 dalla Difesa a ricercatori civili e militari facenti capo a prestigiose università (Pisa, Roma, Genova). Il risultato del Progetto Signum dimostra che sottoporre una persona a più di cinque vaccini significa comprometterne il sistema immunitario. 

Nella relazione finale di Signum, consegnata il 17 gennaio 2011, si legge che lo stesso soggetto ipervaccinato, esposto ad agenti aggressivi come diossina, uranio impoverito, forte inquinamento ambientale, potrà facilmente sviluppare malattie gravi. “Non solo – si legge nell'inchiesta di Repubblica.it - finora sono stati ignorati anche molti studi internazionali che sostengono la stessa evidenza e di cui ci parlano scienziati importanti che lavorano anche per altre nazioni”.

Per quanto riguarda i danni da vaccini sui militari al momento le denunce più gravi sono due. La prima riguarda il mancato rispetto dei protocolli vaccinali da parte di alcuni medici militari. 

La seconda riguarda invece il contenuto dei vaccini, dato che studi scientifici dimostrano che molte patologie autoimmuni e tumorali sono legate all'accumulo di metalli pesanti come mercurio e alluminio. Tali metalli sono stati anche trovati in numerosi vaccini: vengono utilizzati come eccipienti, conservanti e per migliorarne l'effetto sui pazienti.

Aggiornamento attivita' solare

26 novembre 2012 Il campo magnetico terrestre e' stato investito intorno alle ore 05:00 UTC da una CME di minore intensita' rispetto alle previsioni ,la componente interplanetaria potrebbe scatenate nelle prossime ore moderate tempeste geomagnetiche.
Ma quello che convoglia l'attenzione dei meteorologi spaziali in queste ore e' l'enorme suspot 1620 appena visibile nella giornata di ieri sulla superficie del sole.Oggi il colosso appare dalle dimensioni di 12 volte la Terra ed in rapida fase di rotazione.La regione solare, in esponenziale crescita, e' caratterizzata da un campo magnetico beta-gamma altamente instabile,situata al centro del disco solare.Le previsioni stimano una possibilita' dal 30 % di brillamenti di classe M per le prossime 24 ore da  questa regione solare ancora in fase di evoluzione.Restate sintonizzati...

Dov’è nascosto l’oro dell’Italia?


DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.it

L’oro, si sa, è il bene rifugio per antonomasia, quello che tesaurizza le aspettative di crisi. E, in suo nome, sono accadute molte cose che apparivano inspiegabili o, quantomeno, strane, come vi ho già raccontato tempo fa. Facciamo un salto indietro. Ricordate la guerra in Libia, l’incredibile Vietnam in cui si era trasformata, con i ribelli che tentavano l’assalto e le forze lealiste di Gheddafi che riuscivano sempre a difendere le posizioni? Bene, ricorderete anche che nell’arco di tre giorni la situazione si sbloccò e i ribelli poterono mettere il naso fuori da Bengasi: armi dall’Occidente? Servizi segreti francesi e britannici in aiuto? Illuminazione divina?

No. La svolta libica nasceva in Venezuela, più esattamente nella richiesta da parte di Hugo Chavez di rimpatriare le quasi 100 tonnellate d’oro stivate a Londra. Cosa accadde?

L’oro, come sempre accade, era concesso in leasing alla Banca d’Inghilterra e questa, ovviamente, lo aveva per così dire “movimentato”, ovvero non lo possedeva più fisicamente nei caveau. Per ridarlo al suo legittimo proprietario, doveva quindi ricomprarlo sul mercato. Questo provocò il rapido incremento del prezzo, fino a un massimo di 1.881 dollari l’oncia e svelò come nel mondo ci fosse una clamorosa mancanza di oro fisico, visto che i prezzi dei futures a breve scadenza erano più alti di quelli a lunga scadenza. Occorreva intervenire e quale miglior soluzione che mettere le mani sulle quasi 150 tonnellate di riserve auree libiche stipate in un caveau sul confine meridionale del Paese, dando vita a un’offensiva in grande stile? Così facendo, il Venezuela avrebbe riavuto ciò che era suo e il mercato non avrebbe subito nuovi, pericolosissimi scossoni per chi gioca con i futures e per chi, come Londra e New York, gode dello status di caveau dell’oro mondiale ma di fatto di lingotti fisici ne ha davvero, davvero pochi (basti ricordare lo scandalo delle barre di tungsteno dipinte in color oro e conservate alla Fed, come denunciato da Ron Paul).

Bene, questo prologo, spero non troppo noioso, era propedeutico al contenuto dell’articolo di oggi, ovvero il fatto che la Bundesbank, nel 2001, ritirò i due terzi delle sue detenzioni d’oro presso la Bank of England, stando a quanto testimoniato da un report confidenziale reso noto mercoledì. La rivelazione ha fatto seguito alla sacrosanta richiesta da parte degli enti preposti al controllo del budget tedesco, affinché il governo verificasse sul posto che le riserve auree depositate a Londra, New York e Parigi esistessero davvero fisicamente. La Germania ha 3,396 tonnellate di oro, pari a un controvalore di 143 miliardi di euro, la seconda riserva al mondo dopo quella degli Usa (ammesso e non concesso che quello statunitense non sia davvero tutto tungsteno) e la grandissima parte di essa è stata stivata all’estero durante la Guerra Fredda nel timore di un attacco e un’invasione sovietica. Circa il 66% è conservato alla Fed di New York, il 21% alla Bank of England e l’8% alla Banque de France: la Corte degli Uditori tedesca, però, in tempi di crisi nera ha ritenuto il caso di non fidarsi e ha detto chiaro e tondo ai legislatori attraverso un durissimo report che «le riserve auree non sono mai state verificate fisicamente» e ha ordinato alla Bundesbank di assicurarsi l’accesso ai siti di stoccaggio. Di più, sempre la Corte ha ordinato il rimpatrio nei prossimi tre anni di 150 tonnellate per verificarne qualità e peso, tanto più che Francoforte non ha un registro di numerazione delle barre d’oro.

Ma ecco la parte più interessante e inedita: stando al report, la Bundesbank avrebbe ridotto le sue detenzioni d’oro a Londra da 1440 tonnellate a 500 tonnellate tra il 2000 e il 2001, ufficialmente «perché i costi di stoccaggio erano troppo alti». A quel punto, il metallo fu trasportato per via aerea a Francoforte. Il tutto avvenne mentre l’allora Cancelliere dello Scacchiere britannico, Gordon Brown, stava svendendo a mani basse le riserve auree britanniche – ai prezzi minimi sul mercato – e con l’euro da poco introdotto come valuta di riferimento anch’esso ai minimi di 0,84 sul dollaro.

Perché questa mossa? Semplice, per evitare che l’oro andasse in giro e non tornasse più, insomma una scelta difensiva. Sia perché la Bank of England stava esagerando con il leasing dell’oro che deteneva, sia perché il governo Blair aveva deciso di vendere le riserve per fare cassa, sia perché le barre d’oro tedesche non avevano un registro e un codice identificativo, quindi non erano reclamabili in modo certo. Insomma, il rischio è quello di non poter richiedere con prove e certezza il proprio oro e diventare, legalmente, solo un creditore generale con un conto in metallo.

Più di dieci anni fa, quindi, la Germania ha avuto la lungimirante idea di mettere al sicuro gran parte delle proprie riserve e ora la Bundesbank parla di possibile riallocazione delle stesse, ovviamente sempre per motivi di sicurezza, anche se «non abbiamo dubbi sull’integrità e l’indipendenza dei nostri custodi» e se ufficialmente dice no ai controllori di Stato e alla loro richiesta di un inventario. Una fiducia così granitica che, giustamente, ha preferito riportarsi l’oro a casa undici anni fa – e ora si permette di dire che quello che resta sta bene all’estero e non va rimpatriato e controllato: grazie, ha portato a casa il grosso dieci anni fa! – e sottrarlo allo schema Ponzi del mercato repo, il quale ontologicamente sconta il rischio di controparte sul collaterale, come ci ha insegnato il caso del fondo MF Global. Insomma, se si rompe la catena repo sul mercato aureo da parte di custodi-prestatori e soggetti che operano nel leasing, chi può davvero reclamare il proprio oro se non si sa dove sia e non esista un registro e dei numeri seriali?

Quanto emerso in questi giorni grazie all’iniziativa dei regolatori tedeschi è particolarmente interessante per il nostro Paese, detentore della quarta riserva aurea al mondo dopo Usa, Germania e Fmi. Lo scorso 6 ottobre, infatti, la Consob, l’ente per la vigilanza sui mercati guidata da Giuseppe Vegas, ha reso noto che «per cercare di abbattere il debito pubblico si possono usare senza tanti problemi le riserve auree della Banca d’Italia. Palazzo Koch, infatti, può liberamente disporre di tutti i propri beni mobili e immobili, nei limiti in cui tali atti di disposizione non incidano sulla capacità di poter trasferire alla Bce le attività di riserva eventualmente richieste». Un secondo attacco dopo quello della scorsa estate, quando la Commissione aveva proposto la costituzione di un superfondo a cui trasmettere, tra le altre cose, le riserve di Bankitalia per cercare di aggredire un debito pubblico ormai di 2mila miliardi di euro.

Sempre la Consob ricorda che la legge sul Risparmio (l. 262/2005) ha stabilito che Bankitalia «Ã¨ istituto di diritto pubblico», nonostante le quote di partecipazione al capitale di palazzo Koch oggi ancora detenute dalle banche. Sul punto sarebbe dovuto intervenire un regolamento governativo, che però ancora non c’è. Un tassello effettivamente mancante, per la Consob, secondo la quale «una volta emanato il citato regolamento lo Stato, quale unico azionista della Banca d’Italia, potrebbe liberamente disporre di tutti i beni della Banca d’Italia che, come l’oro, non sono in alcun modo funzionali allo svolgimento dei compiti istituzionali del Sebc».

Ma dove sono le circa 2450 tonnellate d’oro, circa 110 miliardi di euro, di riserve auree italiane? Presso Bankitalia? Non certo tutte: una parte è custodita negli Usa e a Londra. Se la Bundesbank dieci anni fa ha deciso che era meglio tenersele vicine, non sarebbe il caso che, prima di discutere le proposte della Consob, qualcuno si prenda il disturbo di dare una controllatina? In che percentuale le nostre riserve sono conservate all’estero? Esiste poi un registro? Le barre o lingotti sono contraddistinte con numeri seriali, dai quali si evince senza ombra di dubbio la proprietà italiana delle stesse?

Non dico un’interrogazione parlamentare, ma una domandina almeno al question time del mercoledì qualcuno vorrebbe farla al ministro competente? Prima di fare conti, come quelli di Vegas, senza avere più il metallo.

Mauro Bottarelli

Il Sole: un albero di plasma spunta sulla nostra stella


Ecco una di quelle immagini che esprimono la maestosità e la bellezza del nostro Universo: un enorme emissione di plasma solare a forma di albero diffonde i suoi "rami" a decine di migliaia di chilometri dalla fotosfera del Sole.

L'immagine è stata acquisita con un telescopio da giardino molto speciale da Alan Friedman, nel cortile della sua casa a Buffalo, New York. Grazie al suo telescopio, Alan riesce a scattare delle magnifiche foto solari riuscendo a catturare una particolare lunghezza d'onda che rivela la complessa e dinamica attività solare di superficie.


Nell'immagine completa è possibile rendersi conto della maestosità dell'emissione di plasma che si diffonde nello spazio in ampie volte. L'immagine della Terra in alto a sinistra (aggiunta da me), mostra le dimensioni approssimative del nostro pianeta (12756 km di diametro) rispetto all'albero di plasma. Se volete vedere altre magnifiche foto scattate da Alan, potete andare sul suo blog (AvertedImagination.com).


Tempeste gigantesche spazzano il pianeta Marte!

Gli strumenti della sonda della NASA Mars Reconnaissance Orbiter e dei due rover, Opportunity e Curiosity, hanno rilevato e studiato in questi giorni una forte tempesta di sabbia che ha interessato il sud di Marte. I ricercatori ha individuato dei cambiamenti climatici in quest'area, che potrebbero rallentare l'operato dei rover. di Eleonora Ferroni


Il maltempo imperversa su Marte. Una tempesta di sabbia  osservata la settimana scorsa dalla sonda spaziale della NASA Mars Reconnaissance Orbiter ha portato a dei cambiamenti atmosferici avvertiti anche dai due rover Opportunity e Curiosity.

I ricercatori del Malin Space Science Systems (MSSS) di San Diego, guidati da Bruce Cantor, hanno cominciato a osservare la tempesta lo scorso 10 novembre con il Mars Color Imager (MARCI). La tempesta si è verificata a 1347 chilometri da Opportunity, causando solo un lieve calo della limpidezza atmosferica sopra al rover, che non è dotato di una stazione meteo.

Curiosity, invece, ha intercettato i cambiamenti atmosferici grazie alla sua strumentazione meteorologica, chiamata Rover Environmental Monitoring Station (REMS): questa ha rilevato una diminuzione della pressione dell’aria e un leggero aumento della temperatura minima notturna. Per la prima volta dal 1970 i ricercatori stanno studiando una tempesta di sabbia marziana sia dal pianeta stesso con i rover che con gli strumenti in orbita.

«Questa tempesta si è verificata in una regione a sud del pianeta», ha detto Rich Zurek, a capo della missione Marte al Jet Propulsion Laboratory della NASA. «Ha coperto una regione abbastanza estesa con una nuvola di polvere ed è in una parte di Marte dove alcune tempeste in passato sono cresciute a tal punto da interessare l’intero pianeta».

Il team di ricercatori è interessato a capire perché queste tempeste arrivano a questa taglia e poi smettono di crescere, mentre altre sembrano inglobare l’intero pianeta. Da studi precedenti, è noto che questi fenomeni sono stagionali: la stagione delle tempeste è cominciata poche settimane fa. Lo scorso 16 novembre il Mars Climate Sounder (MCS) ha rilevato un aumento di temperatura 25 chilometri al di sopra della tempesta. Da allora l’atmosfera della regione si è riscaldata di circa 25°C, a causa della polvere che assorbe la luce solare a quell’altezza. Gli aumenti di temperatura sono stati registrati non solo nella parte sud di Marte, ma anche nelle regioni circostanti il polo nord, a causa delle modificazioni della circolazione atmosferica

Il monitoraggio atmosferico, oltre a motivi meteorologici, è importante anche per l’operatività del rover. Se la tempesta di sabbia dovesse interessare l’intero pianeta, Opportunity sarebbe colpito in maniera rilevante. La sabbia potrebbe causare dei danni ai pannelli solari, riducendo l’energia del rover. Curiosity, invece, è alimentato da un generatore termoelettrico a radioisotopi, quindi non dovrebbe subire grandi rallentamenti.

http://www.media.inaf.it

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