MONITORAGGIO SISMICO LIVE CAMPI FLEGREI

Un raggio di luce si erge dal tempio di Kulkun,effetto ottico o presagio Maya?


ROMA – Una luce rosa che dal tempio maya di Kulkun si erge verso il cielo. Effetto ottico della fotocamera o presagio di apocalisse Maya? La foto è stata scattata da Hector Siliezar nel 2009 con uno smartphone. Il 21 dicembre 2012, data dell’apocalisse annunciata, si avvicina ed una semplice foto scuote il popolo del web. Inutili le rassicurazioni di Jonathan Hill, scienziato della Nasa, che imputa la luce rosa ad un fulmine caduto durante il temporale, che ha impressionato i pixel della fotocamera senza essere però visibile ad occhio umano.
Tra i commenti c’è chi dalla spiegazione di lascia convincere e afferma: “È il popolo Maya che indica al mondo la strada verso l’uscita, verso la salvezza”. La foto è sicuramente un “immagine impressionante, uno scatto davvero pazzesco”, come ha affermato anche Hill.
Una distorsione dell’immagine per gli scettici, un presagio di apocalisse per chi nella profezia Maya creda. Ognuno potrà vedere nella foto ciò che più desidera o ritiene vero. Lo stupore per la spettacolare immagine comunque rimane, con lo stesso Siliezar che a Earthfiles.com ha detto: “È stato incredibile. Nessuno, nemmeno le guide turistiche, hanno mai visto qualcosa di simile”.
http://www.blitzquotidiano.it/foto-notizie/apocalisse-maya-luce-siliezar-hill-1143738/

SEGUITECI SU FACEBOOK!!!

Kiribati: lo Stato che dovrà trasferirsi per salvarsi dell'innalzamento del mare

Un piccolo Stato insulare dell'Oceania, Kiribati, l'ex colonia britannica delle isole Gilbert che si estende su 717 km2 di Oceano Pacifico, sta negoziando per acquistare terreni sulle isole Figi per spostarci l'intera popolazione minacciata dall'innalzamento del livello del mare. Si tratterebbe del primo spostamento di un'intera nazione causata dal global warming in epoca moderna.

Il presidente delle Kiribati, Anote Tong ha avviato trattative con il regime militare golpista e nazionalista-xenofobo delle Figi per acquistare circa 5.000 acri di terra libera sulla quale reinstallare i suoi connazionali, anche perché alle Figi esiste già una comunità di gilbertesi a Rabi, quella già sfollata da Bamaba dopo l'esaurimento delle miniere di fosfato che ha causato una catastrofe ambientale, e che è addirittura rappresentata con un deputato nella Maneaba ni Maungatabu (casa comune della montagna sacra), il Parlamento delle Kitibati. La terra che Kiribati vuole comprare sarebbe a Vanua Levu, la seconda isola più grande delle Figi, e la proposta dell'onorevole Tong è l'ultima di una ricerca di soluzioni, sempre più disperata. L'anno scorso aveva ipotizzato di costruire isole artificiali, sul tipo delle piattaforme petrolifere, per farci vivere il suo piccolo popolo e la sua nazione che rischiano di affogare nel mare del cambiamento climatico. La magnifica bandiera di questo minuscolo Stato, indipendente dal 1979, rappresenta l'alba sul Pacifico, ma rischia di trasformarsi nel simbolo del tramonto di un intero Paese annegato nel global warming.

Le Kiribati, meno Rabi che è una vera e propria isola, sono formate da 32 atolli corallini molto bassi sparsi a cavallo dell'equatore, su 1.350.000 km2 di oceano (in gran parte area marina protetta) che stanno già scomparendo sotto le onde del mare. La maggior parte dei 113.000 abitanti (in forte crescita demografica) di questo piccolo Stato insulare vivono nell'atollo di Tarawa, nella capitale Tarava Sud. Tong ja lanciato un drammatico appello: «Questa è l'ultima risorsa, non c'è altra via d'uscita che questa. La nostra gente dovrà spostarsi quando le maree raggiungeranno le nostre case e i nostri villaggi».

Il piano prevede di inviare alle Figi per primi i lavoratori più qualificati di Kiribati, perché si integrino più facilmente alla popolazione locale (dove sono già fortissime le tensioni tra figiani e immigrati indiani), dando un contributo positivo all'economia di quel Paese. Tong ha spiegato a Fiji One, la televisione statale delle Figi, «Non vogliamo che 100.000 persone provenienti da Kiribati arrivino alle Figi in un colpo solo. Devono trovare un lavoro, non come rifugiati, ma come persone immigrate con competenze da offrire, persone che hanno un posto nella comunità, persone che non saranno viste come cittadini di seconda classe. Ciò di cui abbiamo bisogno è che la comunità internazionale venga con un pacchetto di finanziamenti urgenti per far fronte a questa richiesta ed alle esigenze di Paesi come la Kiribati».

Per questo il governo delle Kiribati ha avviato il programma "Education for Migration" che punta a riqualificare professionalmente la sua popolazione di pescatori, marinai ed agricoltori per renderla più "attraente" come migranti. Ma è una strada difficile per uno Stato che sopravvive soprattutto grazie ai diritti di pesca pagati da Unione europea, Corea del sud e Taiwan ed agli aiuti delle due ex potenze coloniali: Gran Bretagna e Giappone che n egli ultimi anni hanno rappresentato tra il 25 e il 50% del Pil di Kiribati.

I giovani di Kiribati studiano già all' University of the South Pacific di Suva, la capitale delle Figi, insieme agli studenti di altri 12 piccoli Paesi insulari del Pacifico. Secondo quanto ha detto a The Telegraph Alumita Durulato, uno dei docenti dell'università, «Stanno già preparandosi molto bene. Hanno educato i loro giovani ad essere in grado di sopravvivere nelle nuove terre dove vogliono andare. Si stanno lasciando alle spalle la loro cultura, le loro usanze ed il loro e stile di vita, che è un po' diverso dal nostro nelle Figi».

E' anche così che si prepara l'eutanasia di un Paese, ma non tutti sono proti a "suicidare" le Kiribati in modo indolore la loro cultura. Nella capitale Tarawa, che è a 1.400 miglia da Suva, la popolazione è molto preoccupata per la sopravvivenza della sua cultura, teme una rapida disgregazione dei costumi locali a causa dello spostamento in un altro Stato, ma soprattutto sa che lo spirito delle Kiribati sta annegando ogni giorno di più nel Pacifico ogni volta che un giovane gilbertese lascia le isole per preparare il "non-ritorno".

La teoria della Terra cava

La Terra ha un raggio di 6378 km, ma i geologi non sanno di preciso cosa ci sia a quelle elevate profondità. I vari carotaggi eseguiti dagli scienziati non hanno mai dato risposte sicure, per quanto riguarda ciò che sta a una profondità maggiore di 4000 metri. Ciò che ci insegnano sui libri di scuola lo abbiamo appreso con l'aiuto dei sonar. Ma cosa c'è realmente sotto i nostri piedi?

Un tempo gli Eschimesi venivano chiamati dagli scandinavi Trolls in quanto, secondo le leggende, si pensava che provenissero dall’interno della Terra, così come altri esseri fantastici, fate e gnomi. Gli stessi Eschimesi affermano di essere giunti nelle loro terre odierne da un luogo lontano e sotterraneo. Anche altre popolazioni ammettono l’esistenza di un mondo sotterraneo, nascosto e non facilmente raggiungibile. Le antiche civiltà del Sud America ci parlano dell’Eldorado e le popolazioni asiatiche di Agharti e Shamballah. Secondo queste leggende, comuni a molti popoli, i progrediti imperi del passato vennero annientati in una sola notte da un grande cataclisma. I superstiti si sarebbero divisi in diversi gruppi. Parte di questi avrebbero abitato le terre dell’Asia, dell’Europa e delle Americhe; altri, gli “eletti”, sarebbero scesi all’interno del pianeta e avrebbero dato vita a una civiltà nascosta ai nostri occhi, divisa tra altri due grandi continenti, Eldorado e Agharti. Il primo accessibile dal Polo Sud, il secondo, dal Polo Nord. Ciò coincide con le teorie espresse fin’ora.
Il primo scienziato ad affermare la probabile esistenza di un spazio vuoto all’interno del pianeta fu Edmond Halley (1656-1742), il noto scopritore dell’omonima cometa. Secondo i suoi studi sull’elettromagnetismo terrestre, la Terra doveva essere cava e, al suo interno, doveva trovarsi un altro globo incandescente, un nucleo capace, come un altro Sole, di illuminare il mondo sotterraneo. Questa teoria venne molto contestata, ma altri continuarono gli studi di Halley, come ad esempio J. T. Mayer e, soprattutto, Leonardo Eulero (1707-1783), il suo più autorevole seguace. Qualche anno dopo, un grande contributo a questa teoria venne apportato da John Cleves Symmes (1780-1829), che si offrì volontario per provare empiricamente la realtà del fenomeno, dichiarandosi pronto ad affrontare un viaggio verso il Polo Nord che, secondo lui, l’avrebbe condotto nella cavità della Terra. Non venne mai preso sul serio e si ridusse a scrivere un romanzo, Symzonia, in cui descriveva l’ipotetico viaggio del capitano Adam Seaborn al centro della Terra. Qui, Seaborn scopriva l’esistenza di un mondo del tutto simile a quello di superficie e di una popolazione dalla pelle chiara. Symmes fece molte conferenze inerenti l’argomento, sperando di racimolare i soldi necessari per compiere la sua co-raggiosa spedizione. John Quincy Adams, presidente degli Stati Uniti, venne finalmente convinto nel finanziare l’impresa dalla possibilità di annettere nuove terre e nuove ricchezze. Tuttavia, l’euforia durò poco. L’anno dopo, nel 1829, morì e il suo succes-sore, Andrew Jakson, non ne volle sapere più nulla, annullando la missione. Symmes morì lo stesso anno, non riuscendo a realizzare il suo sogno. Dopo di lui, come possiamo immaginare, ne arrivarono altri.
Alcuni, nella loro spedizione al Polo, persero anche la vita. Dopo numerosi tentativi, i primi a ottenere buoni risultati furono Robert A. Peary e Frederick Cook. Quest’ultimo, in particolare, arrivò al Polo Nord nell’aprile del 1908. Nel suo viaggio, avvistò una terra, da lui successivamente chiamata “Terra di Bradley”, con delle alte vette. Essa non sarebbe dovuta esserci, visto che il Polo Nord è un’enorme lastra di ghiaccio sospesa sull’acqua, non come l’Antartide che, di fatto, è una terra coperta dai ghiacci. Stimolati da questa scoperta parziale, si mossero, negli anni a venire, altri avventurieri, esploratori e ricercatori, ma nessuno riuscì più a trovare quella fantomatica terra. Forse perché nascosta dalle fitte nebbie e dalle terribili bufere di neve che interessano spesso quelle zone del pianeta. Tanto per citarne uno dei tanti, Donald Mac Millan organizzò ben tre spedizioni, dal 1913 al 1925, senza mai riuscire nel suo scopo di trovare la Terra di Bradley, conosciuta anche come Terra di Crocker.


Il colonnello Percy Harrison Fawcett (1867-1925?) partì alla ri-cerca di Eldorado, ma non fece mai più ritorno a casa. All’inizio del XX secolo già si sapeva dell’esistenza nella giungla di incredibili rovine. A supporto di quest’idea, il ritrovamento di un documento che descriveva la scoperta di una civiltà perduta avvenuta nel Mato Grosso nel 1734. Il colonnello apprese dalla gente del luogo di strane luci osservate nella giungla. Affascinato da questi racconti, Fawcett decise di partire alla ricerca di questo mondo perduto. Scomparve nel 1925 nella Foresta Amazzonica e di lui non si seppe più niente. Alcuni sognatori vogliono credere che egli abbia trovato un ingresso al mondo sotterraneo.
Si sa per certo dell’esistenza in Amazzonia di molte gallerie artificiali, in buona parte inesplorate. Il popolo del sottosuolo, secondo le leggende degli Indios, non apprezzerebbe di essere visitato e quando avviene di ricevere ospiti, difficilmente si permetterebbe a questi di far ritorno in superficie. In verità, nessuno conosce la verità riguardo il colonnello Fawcett, almeno per il momento.

Costantino Paglialunga, nel suo libro Alla scoperta della Terra Cava, scrive: «in Brasile il medium Triguerinho Netto [diffuse] una decina di libri (…) [in cui trattava dell’esistenza] di ERKS, un mondo interno abitato da esseri superiori e spirituali, presieduto dall’extraterrestre Ashtar Sheran e dal Guru Amuna Kur, reincarnazione del mistico Sanat Kumara».
Solo quando si potranno organizzare spedizioni scientifiche in Brasile si potrà risolvere il mistero della scomparsa di Fawcett, delle misteriose città perdute nella giungla e dell’Eldorado, popolato da esseri extraterrestri. Per il momento, non ci rimane altro da fare che leggere queste fantastiche testimonianze di storie reali.
http://altranews.blogspot.com/2012/03/teoria-della-terra-cava.html

SEGUITECI SU FACEBOOK!!!

C'e' Ossigeno su Dione!



Il Los Alamos National Laboratory e un team di ricerca internazionale, hanno annunciato la scoperta degli ioni di ossigeno molecolare (O2 +) nella parte superiore dell'atmosfera di Dione, una delle 62 lune conosciute che orbitano intorno al pianeta Saturno.
La ricerca è apparso recentemente in Geophysical Research Letters ed è stata resa possibile tramite gli strumenti a bordo della sonda Cassini della NASA, che è stato lanciato nel 1997.

Dione è stato scoperto nel 1684 dall'astronomo Giovanni Cassini (da cui prende il nome il veicolo spaziale della NASA) e orbita attorno a Saturno più o meno alla stessa distanza della Terra dalla nostra Luna.

La piccola luna è di soli 700 miglia di larghezza e sembra essere uno spesso strato butterato di ghiaccio d'acqua che circonda un nucleo di roccia più piccolo. Mentre orbita ogni 2,7 giorni, è bombardato da particelle cariche (ioni) molto forti. provenienti dalla magnetosfera di Saturno. Questi ioni impattano contro la sua superficie, spostando gli ioni di ossigeno molecolare nella sua sottile atmosfera attraverso un processo chiamato "sputtering".

Gli Ioni di ossigeno molecolare vengono quindi eliminati dall'esosfera da parte della forte magnetosfera di Saturno.
Un sensore a bordo della sonda Cassini chiamato Cassini Plasma Spectrometer (CAPS),ha rilevato gli ioni di ossigeno in scia da Dione durante un passaggio ravvicinato della luna nel 2010. I ricercatori della Los Alamos, Robert Tokar e Michelle Thomsen hanno notato la presenza degli ioni di ossigeno.

"La concentrazione di ossigeno nell'atmosfera di Dione è all'incirca simile a quella che si potrebbe trovare in atmosfera della Terra ad un'altitudine di circa 300 miglia", ha detto Tokar. "Non è abbastanza per sostenere la vita, ma insieme con le osservazioni simili di altre lune intorno a Saturno e Giove, questi sono esempi definitivi di un processo attraverso il quale molto ossigeno puó essere prodotto in gelidi corpi celesti che sono bombardati da particelle cariche o fotoni da sorgente di luce del Sole o qualunque cosa si trova nelle vicinanze".

Forse ancora più interessante è la possibilità che su una Luna con l'acqua del sottosuolo, come la luna di Giove, Europa, l'ossigeno molecolare possa combinarsi con il carbonio nei laghi sotto la superficie per formare gli elementi costitutivi della vita.
Future missioni su Europa potrebbero contribuire a le svelare le domande sulla sua abitabilità.
Due sensori a bordo di Cassini costruiti dai Los Alamos National Laboratory entrereranno in funzione a fine mese, e di nuovo nel mese di aprile e maggio, quando la sonda Cassini volerà vicino ad Encelado.

La luna è uno degli oggetti più luminosi nel nostro Sistema Solare, riflettendo la quasi totalità della luce solare che lo colpisce, grazie ad una superficie scintillante di cristalli di ghiaccio innevati. La luna scatena anche pennacchi dalla sua regione polare sud, la cui composizione si spera che possa presto essere svelata completamente.
Traduzione A Cura Di Arthur McPaul

SEGUITECI SU FACEBOOK!!!

Un Tornado di polvere osservato su Marte!

La fotocamera High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) posta sul Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ha fotografato un turbine di polvere sulla superficie di Marte. L’immagine, ripresa lo scorso 16 Febbraio 2012, è stata ripresa sulla regione del Nord Amazonis Planitia, e mostra ciò che in realtà non è una particolare novità. Sulla superficie osservata infatti, sono visibili i percorsi di molti turbini precedenti, riconoscibili dalle striature sulla superficie polverosa. Il Dust Devil (diavolo di polvere, o di sabbia in italiano) ripreso, come viene chiamato qui sulla Terra, aveva un’altezza di circa 800 metri ed un diametro di 27. Il periodo dell’anno equivale alla massima distanza del pianeta dal Sole. Proprio come sulla Terra, questi fenomeni sono alimentati dall’energia solare, ed in questo periodo avvengono con una certa regolarità sul pianeta rosso. Si tratta di colonne d’aria rese visibili dalla polvere, ma a differenza di un tornado, essi si sviluppano in condizioni di cielo sereno e calma di vento, quando i bassi strati nei pressi della superficie vengono surriscaldati dai raggi del Sole. L’aria riscaldata in prossimità della superficie aumenta rapidamente attraverso una piccola tasca di aria più fredda sopra di essa, per poi cominciare a ruotare se le condizioni sono ideali. Il Mars Reconnaissance Orbiter ha esaminato Mars con sei strumenti scientifici dal 2006. Ora, in una missione estesa, l’orbiter continua a fornire uno sguardo sugli ambienti antichi del pianeta e come i processi come il vento, gli impatti di meteoriti e le gelate stagionali continuino a verificarsi sula superficie di Marte. Questa missione ha fornito più dati sul pianeta rosso di tutte le altre missioni orbitali e di superficie messi insieme. Le prime foto di un Dust Devil risalgono al 1970 ad opera della sonda Viking. Nel 1997 il Mars Pathfinder ha rilevato il passaggio di diavoli di polvere nelle sue vicinanze. Le dimensioni dei diavoli di sabbia marziani possono essere fino a 50 volte maggiori in ampiezza e 10 volte maggiori in altezza, rispetto a quelli terrestri. Per confronto, ecco un dust devil osservato sulla superficie terrestre.

Kamchatka: allarme rosso per il vulcano Bezymianny


Il KVERT ha dichiarato lo stato di allerta rossa presso il vulcano Bezymianny, in Kamchatka, a seguito di un brusco aumento e consistente dell’attività sismica.


E’ stato inoltre rilevato un aumento considerevole delle dimensioni e della temperatura del vertice del vulcano (osservato da satellite), suggerendo che del nuovo magma caldo è molto vicino alla superficie. Il KVERT suggerisce che esplosioni di cenere potentissime fino a 13 km nei cieli sono possibili in qualsiasi momento nelle prossime ore. L'ultima eruzione esplosiva del vulcano Bezymianny è avvenuta 11 mesi fa.

fonte: http://www.kscnet.ru/ivs/kvert/updates.php

La struttura di Richat, l'occhio dell'Africa


Chiamata anche "l'occhio dell'Africa,la struttura di Richat è una gigantesca formazione circolare di 50 chilometri di diametro in pieno deserto del Sahara vicino ad Ouadane (Mauritania) visibile solo dallo spazio.Vista dal cielo sembra un monumentale occhio blu e verde o un enorme fossile.Fu scoperta durante un volo spaziale americano nel 1965 e considerate le sue dimensioni e il suo aspetto caratteristico è rimasta a lungo un punto di riferimento per gli astronauti.In origine si era pensato che la struttura di Richat fosse dovuta all’impatto di un meteorite, ma questa teoria non spiegava la sua conformazione i cui dislivelli possono raggiungere i 40 metri. L’assenza di una zona pianeggiante al centro della conformazione e il fatto che essa è priva di rocce da impatto, sembrava indicare il contrario.

Oggi l'nterpretazone piu' accettata ipotizza che si tratti di una cupola vulcanica gigantesca che sarebbe crollata su se stessa nel corso dell’erosione durata diversi milioni di anni. Tuttavia finché le ipotesi non saranno confermate, l’origine esatta di questo fenomeno unico al mondo rimane un enigma per i ricercatori.

 


Post più popolari

AddToAny