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Indonesia: il vulcano Anak Krakatau,attesa un eruzione imminente?

Novembre 25, 2011 - INDONESIA - Il vulcano indonesiano Anak Krakatau negli ultimi giorni sta emettendo fumo bianco dalla vetta del suo cratere, gli scienziati hanno messo in guardia i residenti e turisti di tenersi alla larga dalla zona circostante il vulcano.Questo potrebbe significare che l'eruzione,a lungo attesa,del vulcano più famoso del mondo potrebbe essere imminente. In realtà, questo vulcano non è altro che il residuo della più grande esplosione mai registrata sulla Terra. Il Krakatoa (in indonesiano: Krakatau) è un vulcano dell'isola indonesiana di Rakata. Conosciuto per le sue eruzioni molto violente, soprattutto per quella che si verificò il 27 agosto 1883 con energia equivalente a 500 megatoni, provocando il suono più forte mai udito sul pianeta, un boato che arrivò a quasi 5000 km di distanza. L'esplosione ridusse in cenere l'isola sulla quale sorgeva il vulcano e scatenò un'onda di tsunami alta 40 metri che correva alla velocità di 1120 km/h.Al momento il vulcano rimane a livello 3 di allerta.
http://news.gather.com/viewArticle.action?articleId=281474980808531
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Torna a tremare il Giappone: 6,2 richter a largo di Hokkaido

24 novembre 2011 - Sembra risvegliarsi il Giappone dopo un periodo di relativa calma sismica oggi e' stato registrato un terremoto di magnitudo 6,2 della scala Richter a largo dell'isola di Hokkaido,l'evento ,avvenuto in mare,ad una profondita' di 43.3 km secondo i dati dell'istituto sismologico statunitense USGS,l'epicentro del sisma e' stato localizzato a circa 122 km SSW da Obihiro sull'isola di Hokkaido.

HAARP L’ULTIMO GRANDE PROGETTO DI TESLA?

il 15 gennaio 2003, il sito della «Prava» ha ospitato un inquietante articolo, scritto dal deputato ucraino Yuri Solomatin, in cui si esprime preoccupazione per gli esperimenti condotti dagli americani in Alaska, dove dal 1994 si sta portando avanti il programma HAARP, High Frequency Active Auroral Research Program, cioè «programma di ricerca attiva aurorale con alta frequenza». In pratica, una selva di enormi antenne eretta nel bel mezzo della foresta boreale nordamericana. Solomatin ha voluto richiamare l’attenzione dell’Ucraina su un problema già sollevato dai Russi. Quelle antenne sono forse il prototipo di un’arma «geofisica» americana, capace di condizionare il clima di continenti alterando con microonde la temperatura o l’umidità?
Il sito ufficiale www.haarp.alaska.edu ci presenta un’innocente stazione scientifica dove gli scienziati sondano via radio quelle regioni dell’alta atmosfera preannuncianti lo spazio esterno, cioè la ionosfera e la magnetosfera. Anche altre nazioni studiano la ionosfera, come la stessa Russia o i Paesi europei (più il Giappone) del consorzio EISCAT, anche se le loro apparecchiature, sono dei radar «incoerenti». Ma veniamo ai dettagli. Presso Gakona, circa 200 km a Nord-Est del Golfo del Principe Guglielmo, un terreno di proprietà del Dipartimento della Difesa USA fu scelto il 18 ottobre 1993 da funzionari dell’Air Force e a partire dall’anno seguente venne disseminato di piloni d’alluminio alti 22 metri, il cui numero è cresciuto di anno in anno fino ad arrivare a 180. Ognuno di questi piloni porta doppie antenne a dipoli incrociati, una coppia per la «banda bassa» da 2.8 a 7 MegaHerz e l’altra per la «banda alta» da 7 fino 10 MegaHerz. Tali antenne sono capaci di trasmettere onde ad alta frequenza fino a quote di 350Km, grazie alla loro grande potenza. A piena potenza, l’impianto richiede 3.6 MegaWatt (la potenza di 100 automobili), assicurati da 6 generatori azionati da altrettanti motori diesel da 3600 cavalli l’uno. Scopo ufficiale di queste installazioni è studiare la ionosfera per migliorare le telecomunicazioni. Come si sa, questo strato è composto da materia rarefatta allo stato di plasma, cioè di particelle cariche (ioni), e ha la proprietà di riflettere verso terra le onde hertziane, in particolare nelle ore notturne. E’ per questo, ad esempio, che di notte ci è possibile ascoltare alla radio le stazioni AM di molti Paesi stranieri, dato che la riflessione ionosferica permette ai segnali di scavalcare la curvatura terrestre.
Secondo lo stesso principio è plausibile che le irradiazioni delle antenne HAARP possano rimbalzare fino a colpire gli strati bassi dell’atmosfera sopra un Paese distante migliaia di chilometri. Ed interferire quindi con i fenomeni meteorologici. Certamente si tratta di mere ipotesi. Comunque, un uso militare dell’HAARP è ammesso dalla Federazione Scienziati Americani. Un uso, tuttavia solo di ricognizione. Modulando i segnali in frequenze bassissime, cioè onde ELF o VLF, si potrebbe «vedere ciò che succede nel sottosuolo, individuando bunker, silos di missili, e altre installazioni sotterranee di Stati avversi. Al di là di ciò, la «guerra ecologica» appare terribilmente possibile da oltre vent’anni. Già nel 1976 l’Enciclopedia Militare Sovietica ventilava il rischio che gli Stati Uniti, per via elettromagnetica o per via astronautica, potessero modificare il clima dell’Eurasia lacerando lo strato di ozono sopra l’URSS. L’Unione Sovietica si accordò così con gli USA perché fosse proibito l’uso dei cambiamenti climatici ambientali. A livello ONU, ciò fu ribadito con la convenzione ENMOD (Environmental Medifications), entrata in vigore il 5 ottobre 1978. Ma pochi anni dopo, negli Stati Uniti, lo scienziato considerato il padre dell’HAARP ideava un sistema volto apertamente a controllare i fenomeni meteo. L’11 agosto 1897 il dott. Bernard Eastlund brevettava il suo «Metodo e apparato per l’alterazione di una regione dell’atmosfera, della ionosfera o della magnetosfera».
Si dice che Eastlund, fisico del MIT si sia ispirato ai lavori del grande genio Nikola Tesla (1856-1943), lo scienziato jugoslavo emigrato in America nel 1884. A Tesla dobbiamo molti ritrovati che resero possibile la diffusione dell’elettricità, soprattutto la corrente alternata trifase . Inoltre aveva tentato di sviluppare un sistema di trasmissione dell’energia via etere, il che avrebbe reso inutili i cavi, nonché un apparecchio per ottenere elettricità gratuita per tutti ricavandola dalle oscillazioni naturali del campo elettrico terrestre. Quando Tesla morì, l’8 gennaio 1943, gli agenti dell’FBI diedero la caccia a tutti i suoi progetti, su cui si favoleggiò a lungo. D’altra parte lo stesso Tesla aveva parlato persino di raggi della morte, efficaci fino a 320 km di distanza.Non sappiamo esattamente quanto vi sia di Tesla nei progetti del dottor Eastlund e nell’HAARP. Fatto sta che negli anni Novanta Eastlund fondò una sua compagnia, la Eastlund Scientific Enterprise, che fra le attività menzionate sul suo sito web comprende tanto la partecipazione al programma HAARP, quanto l’esplicita ricerca nel campo delle modificazioni meteorologiche. Che dire? c’è da rabbrividire alle loro frasi: «Utilizzando metodi che provocano terremoti e modificando le precipitazioni piovose, la temperatura e la composizione atmosferica, il livello del mare e le caratteristiche della luce solare, si danneggia l’ambiente fisico della terra o si crea un’ecologia locale alternativa. Forse, presto, un effetto El Nino creato dall’uomo diverrà una superarma nelle mani di alcune nazioni e/o organizzazioni non-statali».
HAARP GRANDE ARMA DEGLI ILLUMINATI?
Secondo alcuni complottisti HAARP fa parte dell’arsenale d’armi del Nuovo Ordine Mondiale controllato dalla Iniziativa di Difesa Strategica (S.D.I.). Intere economie nazionali potrebbero essere potenzialmente destabilizzate attraverso manipolazioni climatiche attuate dai punti di comando negli Stati Uniti.
Ancora più importante è il fatto che tali operazioni possono essere effettuate senza conoscere il nemico, ad un costo minimo e senza impiegare personale ed equipaggiamento come in una guerra convenzionale.
Appagando gli interessi economici e strategici degli Stati Uniti HAARP potrebbe essere utilizzato per modificare selettivamente il clima in differenti parti del mondo col risultato di destabilizzare sistemi agricoli ed ecologici. Ciò che è peggio è che il Dip della Difesa USA ha assegnato risorse ingenti per lo sviluppo dei sistemi di intelligence e monitoraggio sui cambiamenti climatici.Stanno lavorando su delle immagini fornite dai satelliti per lo studio di inondazioni, erosioni, frane, terremoti, zone ecologiche, previsioni atmosferiche e cambiamento climatico.
Nel febbraio 1998, in risposta ad un rapporto della signora Maj Britt Theorin – parlamentare europea e avvocatessa pacifista – il Comitato per gli Affari Esteri, la Sicurezza e la Difesa ha tenuto audizioni pubbliche a Bruxelles sul programma H.A.A.R.P
Il “Motion for Resolution” del Comitato sottoposto al Parlamento Europeo “…In virtù del suo esteso impatto sull’ambiente considera HAARP un problema globale e richiede che le sue implicazioni legali, ecologiche ed etiche siano esaminate da una istituzione internazionale indipendente; il Comitato esprime rammarico per il reiterato rifiuto dell’Amministrazione degli Stati Uniti di fornire pubblicamente informazioni sui rischi pubblici ed ambientali del programma H.A.A.R.P…”
La richiesta del Comitato di definire un “Protocollo Verde” sugli “impatti ambientali delle attività militari”, è stata casualmente lasciata cadere nel vuoto con la motivazione che il Parlamento Europeo manca della necessaria giurisdizione per indagare sui “rapporti tra ambiente e difesa”.
Basta pensare alle grandi catastrofi che sono avvenute di recente come in Giappone , dove basta vedere i grafici dei grafi energetici dell’HAARP per vedere un grande balzo energetico propio lo stesso giorno che si è consumata la catastrofe , io la collegerei pure al disastro in Liguria dove moltissime persone hanno perso la propia casa.
Che dire se non ci sbagliamo è un’arma davvero dalla notevole potenza , ma non è saggio giocare con madre natura perchè poi si rischia che ciò che si vuole controllare poi ci si rivolti contro.

La Nasa osserva dune di sabbia in movimento su Marte!

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In alcune nuove immagini ottenuta dal Mars Reconnaissance Orbiter, della NASA, su Marte, sono ben visibili alcune dune di sabbia in movimento. Queste osservazioni svelano un pianeta un po' più dinamico di quanto si immaginava precedentemente. "O Marte ha più vento di quanto pensavamo prima, o i venti sono in grado di trasportare più sabbia di quanto pensavamo" ha commentato Nathan Bridges, scienziato planetario presso l'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University e autore principale della ricerca pubblicata sul giornale "Geology". "Pensavamo che la sabbia su Marte fosse relativamente immobile, quindi queste nuove osservazioni stanno cambiando la nostra intera prospettiva."


Mentre sappiamo che ci sono tempeste e dust devil di polvere rossa su Marte, la polvere più scura e pesante presente sulla superficie è molto difficile da muovere. Meno di un decennio fa gli scienziati pensavano che le dune e le pieghe sparse per la superficie di Marte o non si spostavano affatto o lo facevano troppo lentamente perché venisse rilevato il movimento.
Il MRO è stato lanciato nel 2005. Le immagini iniziali provenienti dalla High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) hanno documentano soltanto un paio di casi di movimenti delle dune di sabbia, ma adesso, dopo anni di monitoraggio della superficie di Marte, la navicella ha documentato movimenti di diversi metri all'anno in dozzine di casi diversi sparsi per il pianeta rosso.


L'aria su Marte è così sottile che sarebbero necessari fortissimi venti per spingere i granelli di sabbia. Gli esperimenti fatti nei tunnel del vento hanno mostrato che una manciata di sabbia avrebbe bisogno di venti fino ai 130 km/h per muoversi su Marte, rispetto ai soli 16 km/h sulla Terra. Le misurazioni degli esperimenti meteorologici a bordo dei lander Viking della NASA hanno mostrato che questo tipo di venti sono estremamente rari su Marte.

I primi indizi che le dune su Marte si stanno muovendo sono arrivati dal Mars Global Surveyor, che è restato operativo dal 1997 al 2006, ma le camere della navicella mancavano della risoluzione necessaria per rilevare con certezza i cambiamenti. Anche i rover Spirit e Opportunity hanno rilevati indizi relativamente al cambiamento nella posizione della sabbia quando sono atterrati sulla superficie del pianeta rosso nel 2004. Il team della missione fu sorpreso di vedere granelli di sabbia sparsi sopra i panelli solari del rover. Hanno anche osservato le tracce del rover riempirsi con sabbia.



"La sabbia si muove saltellando di posto in posto." ha spiegato Matthew Golombek, co-autore della nuova ricerca e membro sia del team MRO che di quello responsabile per i due rover. "Prima dell'atterraggio dei rover su Marte, non avevamo alcuna chiara prova che la sabbia si muoveva."

Ma non tutta la sabbia su Marte viene soffiata via dal vento. Lo studio ha anche identificato diverse aree dove la sabbia è restata immobile. Le dune di sabbia non sembra esserci stato movimento potrebbero essere fatte di granelli più grandi" ha spiegato Bridges, che è anche membri del team HiRISE. "Questi studi mostrano il grande beneficio di un monitoraggio longevo ad alta risoluzione."

Secondo gli scienziati, le aree che sembrano stazionarie potrebbero muoversi comunque ma su scale temporali più grandi, mosse magari da cicli climatici del pianeta Marte, che durano decine di migliaia di anni. L'inclinazione dell'asse Marziano relativamente al suo piano orbitale può variare drammaticamente. Questo, combinato con la forma ovale dell'orbita Marziana, può portare a estremi cambiamenti nel clima Marizano, molto più grnadi di quelli che sono visibili sulla Terra. Marte potrebbe essere stata, una volta, abbastanza calda da avere una spessa atmosfera di diossido di carbonio (che adesso si trova ghiacciato nelle calotte polari). Questo avrebbe portato a venti molto più forti, capaci di trasportare molta più polvere.
Fonte:http://www.nasa.gov/mission_pages/MRO/news/mro20111117.html

Terremoto? Un nuovo sistema ti avvisa in anticipo!

Sull’esempio del Giappone, anche l’Italia sperimenta per la prima volta un prototipo di allerta precoce dei sismi. Perché pochi secondi di vantaggio, prima di una scossa, possono cambiare tutto

di Daniela Cipolloni

Se non possiamo prevederli, i terremoti possiamo almeno batterli sul tempo. È quello che promette l’Early Warning System, un avanzatissimo sistema di allerta preventiva già utilizzato da alcuni anni in Giappone, Messico, Taiwan e recentemente in California. Ora anche l’Italia, uno dei paesi più sismici d’Europa, con un patrimonio artistico e architettonico inestimabile, raccoglie la sfida e prova a giocare d’anticipo. Il progetto, realizzato dalla Regione Campania, con l'Università Federico II di Napoli e il centro Amra di analisi e monitoraggio del rischio ambientale, è già in fase di test.“Una rete di 35 sismografi ad alta tecnologia sono stati dislocati lungo l’Appennino meridionale, tra Benevento e Potenza, in prossimità delle faglie attive che nel 1980 provocarono il terremoto dell’Irpinia”, spiega Aldo Zollo, professore di sismologia all’Università Federico II e responsabile del prototipo di Early Warning, in presentazione mercoledì 23 novembre durante la kermesse partenopea Futuro Remoto 2011: “Entro tre anni potremo passare alla fase operativa”.

Il sistema utilizza sensori sismici ad alta tecnologia che auscultano continuamente i tremori della Terra e riescono a rilevare in tempo reale i primi segnali di un terremoto potenzialmente distruttivo. Ne stimano la localizzazione e la magnitudo e, quindi, trasmettono l’allarme. “Avviene tutto nell’arco di un secondo”, precisa Zollo: “La tempestività nell’acquisizione e processamento dei dati permette di guadagnare una manciata di secondi di vantaggio, prima che onde sismiche di maggiore ampiezza raggiungano un’area urbana o un impianto industriale a qualche decina di chilometri di distanza dall'epicentro del sisma”. Il segreto? “La velocità a cui viaggia l’informazione a cavallo delle onde elettromagnetiche è di gran lunga superiore a quella delle onde sismiche, di pochi chilometri al secondo, che si propagano all’interno della crosta terrestre”, chiarisce l’esperto. Lo scarto tra l’allerta e l’arrivo del terremoto varia da qualche secondo fino a un minuto e mezzo, a seconda della distanza a cui ci si trova . Può sembrare poca roba. Non lo è. Si riescono a fare parecchie cose in così poco tempo.

“Per esempio”, dice Zollo,“si possono disattivare in automatico impianti di distribuzione del gas, rallentare treni per evitare che deraglino, interrompere immediatamente l'accesso a ponti e viadotti pericolosi, fermare gli interventi chirurgici in ospedale, allertare gli aerei in fase di decollo o atterraggio. Si fa in tempo a mettere in sicurezza il personale in fabbrica, in cantieri o in attività pericolose, gli studenti in classe potrebbero proteggersi sotto i banchi dalla caduta di calcinacci o vetri, chi è in casa trarsi in salvo”. In particolare, l’Early Warning è utile per prevenire e ridurre i danni secondari provocati dei terremoti, come gli incendi e macerie. Non può impedire che un edificio crolli, se non è stato costruito secondo criteri antisismici. Ma può evitare che le persone muoiano lì sotto.

E come viene diramato il messaggio? Per il momento, nella sperimentazione campana, il Dipartimento della Protezione Civile è l’unico ente che ha un filo diretto con la rete di allerta sismica e viene tenuto costantemente aggiornato tramite rete Wi-Fi, Gsm e Adsl. Per il futuro, se il sistema da prototipale diventerà operativo e sarà esteso a tutto il territorio, il modello da seguire è naturalmente il Giappone, che vanta l’esperienza maggiore in questo campo. “Dal 2007 in Giappone è attiva l’allerta broadcast”, racconta Zollo: “Permette di raggiungere l’intera popolazione attraverso messaggi istantanei in tv a reti unificate, messaggi radio, sms sul cellulare, avvisi via Internet. Scattano inoltre procedure automatiche che attivano allarmi sonori nelle strade, negli uffici, nelle industrie, e si azionano le valvole per lo spegnimento di apparecchiature, impianti pericolosi e centrali nucleari”. Anche per il devastante sisma dello scorso 11 marzo – grado 9 della scala Richter – il sistema di Early Warning funzionò perfettamente. Gli abitanti di Tohoku, l'area maggiormente colpita, vennero avvisati con un anticipo tra i 10 e i 25 secondi prima dell'arrivo delle onde più devastanti.

E fu data l’allerta tsunami circa mezz’ora prima dell’arrivo dell’onda assassina, principale causa di vittime e danni. “Il tempo non è stato sufficiente a evacuare l’intera popolazione della zona inondata, ma molti abitanti riuscirono a mettersi in salvo proprio grazie all'allerta sismica immediata”, ricorda Zollo. Perché un sistema di Early Warning così avanzato entri in funzione anche in Italia sarà prima necessario mettere in atto una serie di azioni. “Primo, bisogna stabilire la responsabilità giuridica in caso di falso o mancato allarme”, specifica il sismologo (in Giappone spetta alla Japan Metereological Agency). “Secondo, è necessario addestrare la popolazione. Se la comunità non è pronta a reagire, il sistema è del tutto inefficace. I giapponesi hanno seguito un training decennale, prima di adottare il sistema di allerta precoce”.

Il pensiero non può non andare a l’Aquila, alla terribile notte del 6 aprile 2009 quando un terremoto di magnitudo 5.9 della scala Richter provocò 309 morti, distruggendo il capoluogo abruzzese e diversi paesi limitrofi. Sarebbe servita questa tecnologia?“ In quel caso, l’epicentro era vicinissimo alla zona colpita. Pertanto, il tempo di preallerta sarebbe stato minimo, praticamente ridotto a zero”, dice Zollo. “Tuttavia, neanche in casi come questi l’Early Warning si rivelerebbe inutile. C’è un tempo fisiologico che si perde nel cercare di comprendere cosa sta succedendo, se davvero la scossa è forte o meno. L’allerta, anche se contemporanea, potrebbe ridurre l’esitazione. Raramente i danni o i crolli degli edifici sono istantanei, per cui questo piccolo vantaggio temporale potrebbe comunque consentire di mettersi al riparo in una zona più sicura”.

 


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