Il rituale di guardare la televisione è annichilente. Ci abituiamo a programmi ridicoli e finti, perdendo ogni contatto con la realtà.
La televisione ci costringe alla passività. I programmi sono pensati o per dimenticare sé stessi o per smuovere facili emozioni. Tutto nei mezzi di comunicazione sotto i riflettori è falso. Anche i programmi di informazione e di dibattito politico non possono che lasciare totalmente insoddisfatti i veri amanti della vita pubblica: grida, slogan, ripetizione, maleducazione, recite. Veder scendere un politico un simile agone suscita una disaffezione immediata. La televisione genera una doppia alienazione: per la dipendenza che da il semplice rituale di accenderla e provare l’estasi tecnologica e per la quasi totale demenzialità dei contenuti che propone. Portiamo esempi concreti, altrimenti tutti questi discorsi possono sembrare puramente retorici. Cosa ce ne dobbiamo fare di un reality show in cui degli allevatori e agricoltori vengono corteggiati da donne scelte tramite un casting? La mitizzazione di questi uomini è inutile e ridicola. Non sono i contadini di Pasolini o De Martino, sono persone pressoché comuni, la loro partecipazione a simili programmi lo testimonia senza ombra di dubbio. La commercializzazione demolisce anche gli stili di vita tradizionali, veri o presunti. E quale brivido può suscitare un reality (sempre, sempre, sempre un reality) in cui delle coppie si dividono per essere tentate da avvenenti ragazze e ragazzi? Quale modello si vuole far passare? Seduti nelle loro poltrone gli spettatori proveranno brividi che saranno costretti a sublimare, verranno attirati dalle provocazioni dei concorrenti. Ma quale falsità, quale bruttura, quale miseria. Se questa è tutta l’educazione sentimentale che possiamo dare, allora siamo davvero al declino. Non occorre professare valori assoluti o essere dei bacchettoni per accorgersi della pochezza a cui ci abituiamo.
Nessun commento:
Posta un commento
Unisciti al blog per commentare...