di Luciano Lago - Gli storici saranno quelli che scriveranno un domani la cronistoria
degli avvenimenti di questa epoca ed in particolare di come sia accaduto
che le nazioni europee abbiano delegato la propria sovranità
ed il
proprio benessere economico ad un gruppo di tecnocrati e di capi di
stato che hanno costituito la struttura oligarchica dell’Unione Europea
concepita per esautorare gli Stati Nazionali e trasferire ad una
ristretta oligarchia, collegata ad interessi monopolistici, i poteri di
controllo dell’economia e della gestione finanziaria dei paesi europei.
L’espropriazione della sovranità degli Stati è stata parte di un
piano prestabilito che non era neppure menzionato esplicitamente nei
trattati europei ma che si è verificato di fatto con l’imposizione di
stretti vincoli di controllo attribuiti alla Commissione europea ed ad
altri organismi non elettivi che hanno sostituito i governi nazionali ed
i Parlamenti democraticamente eletti di ogni Stato.
Lo Stato nazionale è apparso a questi “decisori” di Bruxelles come un
organismo inutile ed obsoleto che finiva per essere di fatto un
ostacolo all’apertura dei mercati ed al processo di globalizzazione
economica in corso. Di conseguenza si è operato in modo di arrivare ad
uno smantellamento graduale dello Stato in un processo fortemente
accelerato negli ultimi anni delegando i poteri di questo (dal bilancio
alle materie legislative sui settori più importanti) alla potestà delle
autorità di Bruxelles e di Francoforte, le quali esercitano un diritto
prioritario rispetto agli organi legislativi di ogni Stato ed alle
costituzioni mediante i trattati vincolanti e la possibilità di irrorare
sanzioni.
Nessuna discussione pubblica e nessuna opposizione è stata ammessa
quando i tecnocrati europei hanno deciso di attuare le loro politiche
tese a limitare e tagliare le spese sociali e di welfare per favorire un
processo di privatizzazione dei servizi pubblici e di apertura ai
mercati che, di fatto, aveva l’obiettivo di favorire i grandi gruppi
monopolistici finanziari ed assicurativi che si sono andati a giovare di
queste decisioni.
Il dogma neo liberista si è imposto come sistema e come ideologia
sovrastante rispetto a qualsiasi altro tipo di visione economica e
sociale preesistente.
Non a caso persino la importantissima funzione di creazione della moneta è stata delegata ad un gruppo di banche private (cartello bancario) sotto la apparente supervisione della BCE. In questo sistema gli Stati devono rivolgersi al cartello bancario per ottenere in prestito la moneta, dietro interessi, per finanziare la spesa pubblica, creando un sistema dell’usura che favorisce l’indebitamento degli Stati e di conseguenza la loro subalternità al sistema finanziario.
Non a caso persino la importantissima funzione di creazione della moneta è stata delegata ad un gruppo di banche private (cartello bancario) sotto la apparente supervisione della BCE. In questo sistema gli Stati devono rivolgersi al cartello bancario per ottenere in prestito la moneta, dietro interessi, per finanziare la spesa pubblica, creando un sistema dell’usura che favorisce l’indebitamento degli Stati e di conseguenza la loro subalternità al sistema finanziario.
Nessun controllo pubblico è stato ammesso su questo sistema,
piuttosto nella realtà si è verificata una situazione per cui le grandi
banche internazionali hanno talmente ampliato i loro poteri, come
finanziatori degli stati e regolatori della moneta, da essere loro a
esercitare il controllo sui governi.
Si vedano quali sono stati i profitti delle grandi banche
sovranazionali in questi ultimi anni e si avrà chiaro il quadro degli
interessi in gioco nell’attuazione delle politiche neo liberiste degli
ultimi 15 anni in Europa. Vedi: Godman Sachs e JP Morgan moltiplicano gli utili
L’apertura ai mercati, salutata come un grande fattore di progresso è
stata quella che ha dato il colpo fatale anche ai diritti del lavoro
faticosamente conquistati nel corso di almeno 3 generazioni precedenti
nei vari paesi europei. Non per nulla la commissione europea ha
raccomandato a tutti i paesi di rivedere le proprie normative e di
“adeguarsi” ai mercati aperti ove sono prevalenti il novero di paesi
emergenti che competono in forma ineguale con il loro sistema che non
prevede regole e diritti sul lavoro prestato.
Il risultato che ne è derivato è stato un massacro sociale per i
lavoratori entrati già da tempo in un sistema di precarietà e di assenza
di limiti allo sfruttamento, favorito anche dalla importazione di
manodopera di riserva grazie ai processi migratori. In Italia si vuole
introdurre il Job Act che rappresenta di fatto l’adeguamento al mercato
di un sistema di regole sul lavoro che va a smantellare la precedente
legislazione del lavoro considerata obsoleta e superata anche se aveva
rappresentato una conquista sociale per le generazioni precedenti.
Su queste normative e su questi “adeguamenti al mercato”, che i vari
governi dei paesi europei vanno attuando, non c’è mai stata molta
discussione visto che sono quasi sempre delle necessità imposte dal
sistema, richieste precise di “riforme” da attuare da parte della
Commissione o dal FMI, che vengono poste come condizioni precise ed
inderogabili per ottenere i finanziamenti richiesti, a cui gli Stati
indebitati e in attesa di finanziamenti per salvare i propri conti, non
sono nella posizione di poter discutere. Questo è stato il caso della
Grecia, del Portogallo, della Spagna e presto dell’Italia.
Di fatto l’Unione Europea assume ogni anno di più i connotati di un
sistema dittatoriale ed oligarchico, auto referente, che esercita un
potere di controllo e di intromissione, grazie anche alla presenza di
governi collusi ed incompetenti, ostinatamente dediti ad applicare
formule economiche palesemente fallite che hanno causato il disastro e
la disperazione sociale in vasti strati delle popolazioni europee.
Lo aveva predetto anche Bukowski Il dissidente russo : “L’Unione
Europea ricorda molto l’Urss, un mostro guidato da burocrati autoeletti e
fondato sulle minacce finanziarie. Vedi: Com’è l’Unione Europea? Peggio dell’URSS
Poche voci libere si sono alzate fino ad oggi per denunciare questa
deriva della UE e sono state immediatamente tacciate di “populismo”,
qualificate come demagogiche, irresponsabili o peggio di fascismo e di
nazionalismo. Subito emarginate dalla grande orchestra dei media.
Al contrario gli esponenti politici che nessuna remora hanno avuto
nel portare i popoli nell’abisso della perdità di sovranità a favore
dell’oligarchia eurocratica e che anzi hanno espressamente fatto
richiesta di “consegnare sovranità all’Europa”, questi si ostinano nel
definire quello europeo come un “processo irreversibile”: ”
Irreversibilità della costruzione europea e dell’euro”, ha detto
qualcuno in una occasione di un consesso europeo. Si può indovinare chi
ha pronunciato questa frase: è stato il Presidente Giorgio Napolitano in
occasione di un suo discorso al Parlamento europeo.
Una frase che denota il distacco dalla realtà e l’arroganza del
personaggio che, evidentemente, non ha appreso le lezioni della Storia
che pure dovrebbe ben conoscere Ci ricordiamo che Napolitano, quando era
un dirigente del PCI, progenitore diretto dell’attuale Partito
Democratico, affermò in più di un suo discorso della “irreversibilità
delle conquiste socialiste nell’Unione Sovietica” ed ebbe il coraggio di
fare queste affermazioni anche di fronte ai fatti dell’Ungheria del
1956, quando gli insorti per la libertà a Budapest furono schiacciati
dai carri armati sovietici. Anche allora Napolitano giudicò
“irreversibile” il corso del socialismo nei paesi dell’est Europa e si è
visto poi come è andata a finire. Bisognerebbe ricordare a Napolitano
che di “irreversibile” nella Storia non c’è nulla, neppure i grandi
imperi, neppure le monarchie consolidate.
Tanto meno potrebbe essere irreversibile questa costruzione di Europa
che si sta evidenziando ogni giorno di più come un fallimento non solo
per aver portato al disastro economico i paesi come Italia, Spagna,
Portogallo e Grecia, una volta fiorenti , ma anche per aver fallito
sotto qualsiasi forma l’idea di aggregazione, di solidarietà di
integrazione. Al contrario la costruzione europea di fatto ha
determinato l’esasperazione delle conflittualità, della concorrenza e
delle divergenze di interessi fra Stati, annientando in un solo colpo le
forme avanzate di assistenza sociale e di diritti che le nazioni
europee avevano conquistato in oltre 60 anni di storia e di lotte
sociali. Qualcuno dovrebbe ricordare all'”esimio presidente” che sono i
popoli quelli che determinano i cambiamenti e che non c’è nessuna
istituzione o costruzione politica che resista quando la volontà
manifesta di un popolo, che sia in forma pacifica o in forma
rivoluzionaria, decida di abbatterla.
Potrebbe essere questo anche il caso della costruzione europea che al
momento attuale corrisponde ad una mega struttura burocratica
costituita da varie istituzioni dove il potere decisionale è stato
assunto da una oligarchia tecno finanziaria centrale che decide e
dispone sulla testa dei popoli e delle Nazioni.
La costruzione europea resisterà fino a quando i popoli europei non
arrivino a prendere coscienza dell’enorme truffa fatta ai loro danni da
parte di che ha sottratto loro la sovranità per conferirla ad una
”elite” di tecnocrati designati (non eletti ) che operano in base a
precisi interessi dettati dal grande capitale finanziario sovrastante.
Napolitano esalta la funzione dell’euro ignorando che questo non ha
prodotto convergenze ma piuttosto ha accentuato le divergenze
rappresentando un enorme freno per la maggior parte dei paesi che
l’hanno adottato, ad eccezione naturalmente della Germania, il vero
dominus della costruzione europea. Napolitano, con il suo discorso fatto
in quell’occasione, si era confermato come il garante della obbedienza
dell’Italia ad una politica economico finanziaria stabilita dagli
organismi europei che avvantaggia il capitalismo bancario (franco
tedesco) e l’apparato industriale straniero (leggi tedesco) a danno
degli italiani.
1 commento:
Hanno anche la soluzione finale?
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