Ottomila anni fa una colossale frana di 35 chilometri cubici di materiale lavico, circa un decimo del cono sommitale dell’Etna, si staccò dal fianco orientale del vulcano e si inabissò nel Mare Ionio, causando probabilmente il più grande tsunami dalla comparsa dell'uomo sulla Terra. Durante i dieci minuti che la frana impiegò a fermarsi sui fondali dello Ionio, si sollevò in mare una muraglia di acqua a forma di anfiteatro alta fino a 50 metri.
Poi l’ondata, viaggiando a velocità fra i 200 e i 700 km all’ora (più lenta nei fondali bassi e più veloce nel mare profondo), si propagò a Est, investendo, in rapida successione, Sicilia Orientale, Calabria, Puglia, Albania, Grecia, Creta, Turchia, Cipro, Siria e Israele; e a Sud, colpendo l’Africa Settentrionale, dalla Tunisia fino all’Egitto.
Le prove di quell’antica catastrofe, che spazzò gli insediamenti preistorici costieri del Mediterraneo Orientale e Meridionale, sono state scoperte dai ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), grazie a una serie di prospezioni sottomarine e a un’analisi al computer della forma dei depositi abissali. Lo studio,e' stato pubblicato sull’autorevole rivista scientifica internazionale Geophysical research letters col suggestivo titolo di «Lost tsunami» (lo tsunami dimenticato).
https://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2006/12_Dicembre/01/etna.shtml
1 commento:
Notizia intiressante, ma un po datata (2006)...
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