Spirano venti di guerra tra le due coree



Di Giulia Usai

Dopo la firma di un patto militare venerdì 22 marzo tra Corea del Sud e Stati Uniti, e in seguito alla recente provocazione lanciata da Pyongyang agli USA, che li mette in guardia su un probabile attacco ai territori americani (leggete qui), mercoledì 27 marzo il regime di Kim Jong-un ha deciso di interrompere qualunque rapporto con il vicino omonimo tagliando il "telefono rosso", l'unico canale di comunicazione militare che permetteva tiepidi scambi informativi tra le due nazioni, situato sulla linea di confine.



"Trovandoci in una situazione in cui una guerra potrebbe scoppiare in qualsiasi momento, non c'è bisogno di mantenere le comunicazioni militari tra Nord e Sud", dichiara la Repubblica Democratica Popolare di Corea tramite la Korean Central News Agency, e precisa che qualunque dialogo, d'ora in avanti, sarà sospeso. Il Dipartimento della Difesa statunitense intanto fa sapere che considera la mossa di Kim Jong-un un nuovo passo "provocatorio e non costruttivo".

Leonid Petrov, esperto di storia e società coreana dell'Università di Sydney, intervistato da Al Jazeera si dice dubbioso all'ipotesi che la Corea del Nord sferri l'attacco iniziale, considerati mezzi e capacità militari di cui dispone, ancora decisamente inadeguati a fronteggiare la superpotenza statunitense.

Petrov ritiene l'atteggiamento adottato da Pyongyang un modo per cercare attenzioni, per il fatto di sentirsi trascurata dalla comunità internazionale. Soprattutto, Kim Jong-un brama affermarsi attraverso un gesto plateale, dato che dal suo insediamento al potere il 18 settembre 2011, alla morte del padre, non è ancora riuscito ad acquistare il consenso assoluto del popolo. Lanciando intimidazioni mondiali a nome del Paese, perciò, conta di riuscirci.

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