Terremoto in Abruzzo: a prova di Nato


di Gianni Lannes

I segreti indicibili giocano sporco con le vite altrui. In una parola: genocidio. Altro che allarmismo, il popolo italiano se non fosse troppo incline ai condizionamenti sociali, avrebbe già capito. Ai magistrati onesti è meglio non far sapere nulla. Il Patto Atlanticonon si tocca: c'è sempre il muro di gomma. I sismogrammi, seppure truccati parlano chiaro. L’ipocentro di quel terremoto artificiale che 4 anni fa ha mietuto 309 vittime, 1.600 feriti e 100 mila sfollati, ha una costante: 10 chilometri di profondità. Vale a dire, una traccia inconfondibile di un terremoto artificiale, innescato dalla mano militare. Quale miglior territorio di sperimentazione bellica dei dispositivi ionosferici, per non destare sospetti, di un'area a rischio sismico?
Ci sono prove (al sicuro) che attestano la presenza in quella tragica circostanza anche di velivoli da guerra del padrone USA in Italia. Infatti, la Nato, aveva ed ha in atto sullo Stivale, ma non solo, una gigantesca operazione di geo-ingegneria sperimentale - di cui abbiamo acquisito recentemente ulteriori ed indiscutibili riscontri - su larga scala che sta attanagliando l’Italia. Adesso, la catastrofe toccherà il Mezzogiorno d’Italia. Come ha preannunciato pubblicamente l’ingegner Martelli del Cnr nel giugno 2012 e precedentemente, addirittura l'ex patron dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, tale Enzo Boschi. Infatti, Basilicata, Calabria e Sicilia, tremano particolarmente. Il copione è simile. Massima attenzione. Un passo indietro nell'intelligence nostrana. Non a caso, nella stessa giornata del 6 aprile 2009, il Governo del piduista Berlusconi(tessera 1816) già in affari con le mafie (alla voce Dell’Utri), ha nominato prefetto dell'Aquila Franco Gabrielli. Dal 1 maggio 2009 al 31 gennaio 2010 Gabrielli è stato vice commissario vicario dell'Emergenza Abruzzo, al fianco del Commissario Guido Bertolaso. Dal 15 maggio 2010 al 12 novembre 2010 Gabrielli è stato vicecapo del dipartimento della protezione civile per l'area tecnico amministrativa e per la gestione delle risorse aeree. Più di tutto: Franco Gabrielli è stato direttore del SISDE, il servizio segreto civile italiano dal 16 dicembre 2006 a ottobre 2007, quando l'agenzia è stata sostituita dall'AISI, che ha guidato fino al 15 giugno 2008. Dal 13 novembre 2010 ha assunto l'incarico di capo del dipartimento della protezione civile nazionale al posto di Guido Bertolaso, che due giorni prima era andato in pensione. Il 7 aprile 2011 il Consiglio dei Ministri lo ha nominato Commissario dell'emergenza per l'immigrazione dal Nord Africa. Il 30 dicembre 2011, il Presidente del Consiglio Mario Monti lo ha confermato nell'incarico di Capo del Dipartimento della Protezione Civile. Il 20 gennaio 2012, è stato nominato Commissario delegato per l'emergenza conseguente al naufragio della motonave Costa Concordia, avvenuto la sera del 13 gennaio 2012, nei pressi dell'Isola del Giglio . Dal 20 maggio al 29 luglio 2012 ha coordinato gli interventi emergenziali, conseguenti al sisma che ha colpito i territori delle province di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, Mantova e Rovigo. Nell'occasione, stante il decreto legge 59/2012 che ha riformato la protezione civile, ha emanato le ordinanze necessarie alla gestione della prima emergenza, una delle principali novità del nuovo assetto normativo che esenta lo Stato. «Non ho mai chiesto forme di immunità, ma un conto è il ruolo del decisore e altro quello del valutatore». Così il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli interviene, in una intervista a Tgcom24, sulla sentenza che ha condannato alcuni membri della Commissione Grandi Rischi per il terremoto all’Aquila. «Io parlerei di colpa lieve che non significa immunità, ma riconoscere ad alcune professionalità e compiti caratterizzati da incertezza una forma di responsabilità inferiore», ha spiegato Gabrielli. «Credo che la sentenza non costituisca un problema, ma ha posto dei problemi. Questi sono la comunicazione del rischio, il rapporto tra la Commissione e la protezione civile e la responsabilità». Gabrielli ha poi parlato del sisma dell’Aquila e di quello emiliano. L’Emilia è «un territorio non ad alto rischio sismico, in cui potevano verificarsi terremoti fino a livello 6.5. Da questa esperienza dobbiamo trarre l’insegnamento che la stragrande maggioranza di questo paese è a rischio sismico e dobbiamo prestare molta attenzione alla costruzione degli edifici». «Al di là delle polemiche sulle possibili previsioni del terremoto - ha aggiunto - l’unico antidoto è che le case siano fatte a regole d’arte. Basterebbe costruire in maniera corretta e si otterrebbero risultati importanti per la salvaguardia delle vite umane». Sui limiti culturali italiani nella conoscenza del territorio e dei rischi ha aggiunto: «Dobbiamo passare dalla cultura del fatalismo alla consapevolezza, io cittadino devo conoscere il mio territorio. Questo vale su tutti i rischi, il territorio è adeguatamente mappato, ma io devo sapere dove sono e conoscere i comportamenti e gli antidoti ai rischi. Nella vicenda aquilana la stragrande maggioranza delle vittime è stata causata dal collasso degli edifici». Sei anni di reclusione per tutti gli imputati. E' questa la condanna inflitta dal giudice unico Marco Billi del tribunale de L’Aquila, ai componenti la commissione Grandi Rischi, in carica nel 2009, che avrebbero rassicurato gli aquilani circa l'improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009. Ora sono state rese note le motivazioni della sentenza. Affermazioni «assolutamente approssimative, generiche e inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione», a cui si aggiunge «l'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una 'operazione mediatica'», con il risultato di aver «indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite». Sono tre dei passaggi chiavi scritti dal giudice del tribunale dell’Aquila Marco Billi nelle motivazioni della sentenza che nell’ottobre scorso ha condannato i sette componenti della Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme in occasione prima del terremoto che il 6 aprile 2009 ha distrutto L'Aquila.Franco Barberi, (presidente vicario della Commissione Grandi Rischi dell'epoca) Bernardo De Bernardinis (già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile) Enzo Boschi(all'epoca presidente dell'Ingv) Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti), Gian Michele Calvi, (direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case), Claudio Eva (ordinario di fisica all'Università di Genova) e Mauro Dolce (direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile) sono stati condannati per omicidio colposo plurimo in relazione al mancato allarme sisma e all’errata valutazione del rischio sismico. Una sentenza e un processo che, sottolinea il giudice Billi, che «non è volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validità sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non è sottoposta a giudizio ’la scienza per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6 aprile 2009». "Condotta più prudente avrebbe salvato delle vite". Le motivazioni confermano il ruolo decisivo delle testimonianze delle persone che hanno riferito di essere state rassicurate dalle parole degli esperti e quindi indotte a rimanere in casa la notte della scossa del 6 aprile 2009: «La contestazione agli imputati appare pienamente fondata: le affermazioni riferite alla valutazione dei rischi connessi all’attività sismica sul territorio aquilano sono risultate assolutamente approssimative, generiche e inefficaci. Mancata analisi del rischio e risultanze rassicuratori e sono emerse dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, che hanno indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite». "Fu un'operazione mediatica". Il passaggio chiave nelle circa mille pagine di motivazioni è però il rapporto tra i componenti della Commissione e la Protezione Civile. «Gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una 'operazione mediatica'», si legge nel dispositivo, «che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall'autorevolezza della fonte, ha amplificato l'efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime e incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse». "Tragico effetto rassicurante". «Dalla condotta colposa degli imputati è derivato un inequivoco effetto rassicurante», scrive Billi in relazione alle affermazioni emerse nel corso della riunione della commissione. La «migliore indicazione» sulle rassicurazioni della commissione Grandi rischi, aggiunge, «si ricava dalla lettura della frase finale della bozza del verbale della riunione, laddove l’assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, in modo emblematico, dice: "Grazie per queste vostre affermazioni che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa". Billi sottolinea che «la rassicurazione non costituisce un segmento della condotta che il pm contesta agli imputati ma costituisce in realtà l’effetto prodotto dalla condotta contestata». Non è una sentenza contro la scienza. «Il compito degli imputati, quali membri della commissione medesima, non era certamente quello di prevedere il terremoto e indicarne il mese, il giorno, l’ora e la magnitudo, ma era invece, più realisticamente, quello di procedere, in conformità al dettato normativo, alla ’previsione e prevenzione del rischiò», scrive il giudice su un tema, quello del processo alla scienza è stato il più discusso durante tutta la vicenda e ha generato polemiche tra le istituzioni e sui media in Italia e nel mondo. «È, dunque, pacifico», prosegue Billi, «che i terremoti non si possano prevedere, in senso deterministico, perchè le conoscenze scientifiche (ancora) non lo consentono; ed è altrettanto pacifico che i terremoti, quale fenomeno naturale, non possono essere evitati: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile. Per gli stessi motivi nessuno è in grado di lanciare allarmi, scientificamente fondati, circa una imminente forte scossa». «Proprio sulla corretta analisi del rischio andava, di pari passo, calibrata una corretta informazione», continua il giudice Billi. «L’affermazione secondo cui il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile», spiega nelle motivazioni, «costituisce, infatti, solo la premessa dei compiti normativamente imposti agli imputati poichè, per quanto previsto dalla legge e per quanto richiesto dalla loro qualità e dalle funzioni della commissione da essi composta, il giudizio di prevedibilità/evitabilità, su cui si basa la responsabilità per colpa contestata nel capo di imputazione, non andava calibrato sul terremoto quale evento naturale, bensì sul rischio quale giudizio di valore». I motivi - Potevano fare e non hanno fatto. Ai «dottori della terra», come li chiamava Adalgisa Cicchetti morta nella sua casa di Tempera in via dell’Orto Nuovo, non era richiesto, no, il vaticinio. Il giorno e l’ora. Ma un’adeguata considerazione del rischio sismico sì. Un’informazione chiara, corretta e completa sì. La predisposizione di un protocollo di previsione e prevenzione sì. La messa a disposizione dei loro saperi sì. E la giusta divulgazione sì. E invece quel giorno all’Aquila fu «la morte del sapere», come scrive in neretto il giudice Marco Billi a pagina 824 delle 943 di cui si compone la motivazione della sentenza di condanna a 6 anni di carcere ciascuno (in primo grado) ai 7 componenti della Commissione Grandi rischi per omicidio colposo plurimo e lesioni in relazione al terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. I sette non solo hanno agito in maniera «non conforme al dettato normativo in materia». Ma c’è di più. Erano esperti ma hanno usato male la loro competenza. Non solo. L’hanno piegata al volere della politica. E diGuido Bertolaso. «Gravi profili di colpa», annota il giudice nelle motivazioni, «si ravvisano nell’adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione civile di fare un’ "operazione mediatica" (come emerso dalle intercettazioni telefoniche che lo hanno fatto entrare nel processo come indagato per reato connesso) che si è concretizzata nell’eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la commissione e la popolazione». I sette si riunirono, o meglio furono fatti riunire, all’Aquila, al precipuo scopo di tranquillizzare la popolazione martoriata da mesi e mesi di scosse sismiche a magnitudo vieppiù crescente. Scrive il giudice: «Il pm non contesta agli imputati la mancata previsione del terremoto, la mancata evacuazione della città dell’Aquila o la mancata promulgazione di uno stato di allarme, ma addebita agli imputati la violazione di specifici obblighi in tema di valutazione, previsione e prevenzione del rischio sismico disciplinati dalla vigente normativa». Quella riunione sarebbe dovuta servire per «finalità di protezione civile di previsione, prevenzione e analisi del rischio, al fine di individuare le misure di protezione a livello individuale o collettivo da calibrare sull’evoluzione della situazione in atto». L’altra colpa della Commissione è quella di aver violato gli obblighi di informazione nei confronti del Dipartimento di protezione civile, «informazione prodromica a quella che il Dipartimento deve curare nei confronti della popolazione e ne costituisce il presupposto necessario e indefettibile. All’Aquila le cose andarono diversamente poiché, per scelta mediatica il Dipartimento affidò il compito informativo direttamente ai membri della Commissione che se ne assunsero consapevolmente e volontariamente l’onere». «Nella riunione del 31 marzo», puntualizza Billi a pagina 362 della sentenza, «procedevano a un’analisi del rischio assolutamente approssimativa, generica e inefficace affermando che lo sciame era fenomeno geologico normale, non pericoloso, non preoccupante; la situazione era favorevole perché il progressivo scarico di energia allontanava il pericolo di una forte scossa; l’unica forma di prevenzione era l’adeguamento sismico degli edifici; lo scenario d’evento, in relazione ai danni che c’erano da attendersi, prefigurava danni limitati alle parti fragili e non strutturali degli edifici; lo sciame sismico non preannunciava niente e non costituiva affatto fenomeno precursore di un forte terremoto; aumenti di magnitudo all’interno dello sciame erano estremamente improbabili; i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi, pari a 2-3000 anni, ed era quindi improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703 pur se non si poteva escludere in maniera assoluta». «Così dimostrando», incalza il giudice, «per superficialità o insufficiente attenzione o anche solo per scarsa consapevolezza dei doveri che la legge impone ai membri della Commissione, di non essere stati in grado di comprendere e utilizzare, in modo adeguato, tutti i dati a disposizione per la valutazione e la previsione del rischio; e di non essere stati capaci di orientarne l’interpretazione nella direzione della prevenzione e della corretta informazione». E col loro comportamento hanno indotto gli aquilani a non lasciare le case. Qui il giudice ripercorre le dolorose testimonianze dei familiari delle vittime. A pagina 550 scrive: «L’attendibilità e la credibilità diGiustino Parisse (caporedattore del Centro, ndr), appare indubbia. Il ricordo dei fatti è stato fornito in dibattimento con una deposizione assolutamente priva di forme di astio o di risentimento nei confronti degli imputati». Avrebbero potuto salvare vite umane. E non lo fecero. Quella notte, così parlò Adalgisa nel racconto del figlio Marco: «Lei mi guardò, fu l’ultima volta che la vidi, mi guardò e mi disse: no, non ti preoccupare, non succede niente, hanno detto che non succede niente, questo è così...è le scossette...è l’energia che si libera...non ti preoccupare...non succede niente, vatti a dormire. Fu l’ultima volta che la vidi viva». «Ci chiediamo con che coraggio Gabrielli si permetta ancora di dare simili giudizi su L'Aquila. Noi non abbiamo dimenticato il ruolo che ha svolto l'attuale capo della Protezione Civile nell'immediata emergenza», commenta il Comitato "3.32". «Gabrielli non solo era vice-commissario (vice di Bertolaso), ma era anche prefetto, con il compito specifico di vigilare sulle possibili infiltrazioni e speculazioni da parte della criminalità organizzata e delle 'cricche' nella ricostruzione. Infiltrazioni e speculazioni che, come ci dicono le indagini della magistratura, sono avvenute indisturbate. Possibile - si chiede il Comitato - che Gabrielli, che condivideva il comando della gestione del post-emergenza insieme a Bertolaso, non si sia accorto di nulla? Forse era troppo impegnato a vietare assemblee e vietare volantinaggi nelle tendopoli, in barba ai più elementari principi costituzionali, o forse era concentrato sulla 'delicata' operazione del sequestro delle carriole, o a cercare di reprimere in ogni modo ogni forma di attivismo e partecipazione della società civile che non fosse gradito o complice della loro gestione». Bisognerebbe chiederne conto all'uscente presidente della repubblichetta, Giorgio Napolitano (già affiliato alla società Aspenche dipende dal gruppo segreto dei 300, in cui milita anche il criminale, Kissinger, mandante dell'omicidio Moro, e ai gradini più bassi troviamo Monti Mario, Enrico Letta, Giuliano Amato che diventerà il prossimo presidente nazionale, nonché "giornalisti" come la Gruber), sovente a colloquio con il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Dopo la mia recente inchiesta sono state rimosse dal sito web del Quirinale, le foto scattate in loco il 27 aprile 2012 che ritraggono, appunto, Napolitano e Rasmussen. http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/09/giorgio-napolitano-mission-italy.html http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/10/usa-malattie-dallo-spazio.html http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Foto&key=22714

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