DI
MAURO BOTTARELLI
ilsussudiario.it
Sono
sincero: non mi interessa nulla delle primarie del centrosinistra e
non per alterigia. Scusate, ma non riesco ad appassionarmi alla
scelta di chi sarà l’uomo che pronuncerà il “prego, si
accomodi” a Mario Monti dopo il voto del prossimo marzo per una
nuova legislazione tecnico-austera. Inutile prendersi in giro, i
mercati vogliono Monti e la sua agenda e si sa come finiscono i paesi
che osano sfidare certi poteri (Davide Serra, il finanziere che
sostiene Matteo Renzi dalla City, dubito potrà creare un argine di
garanzia alle necessità di poteri forti davvero, non di hedge
funds).
La
notizia politica del weekend, infatti, a mio avviso è un’altra:
ovvero, il flop elettorale del CiU, gli indipendentisti moderati
catalani, i quali hanno sì ottenuto la maggioranza, ma non quella
straripante risposta di popolo necessaria per dare il via alla fase
finale del progetto sovranista. CiU ha infatti ottenuto solo 50
seggi, contro i 68 necessari per una maggioranza assoluta, tanto che
il premier Mariano Rajoy non ha perso occasione per definire il
risultato una “bofetada” (uno schiaffone) per il leader
catalanista, Artur Mas.
I
catalani non vogliono più l’addio a Madrid? Non lo so, io
temo che l’apparato politico-mediatico-finanziario globale sia
riuscito nella sua operazione più difficile e importante,
terrorizzare la gente, controllare i popoli con la paura del futuro,
del “salto nel buio”,
rendendo così possibile l’esperimento di by-pass della democrazia
vissuto dall’Italia o il ridimensionamento dello spirito
indipendentista di un popolo come quello catalano.
Chi
però ha colto dei mutamenti sullo scacchiere è Nouriel Roubini, al
secolo Mr. Doom, l’uomo che vide e previde la crisi del 2008. Ecco
il suo tweet di ieri mattina: “Catxit, Basqxit, Scotxit, Brixit,
Valloxit, Flemxit, Finxit may follow Grexit? Europe of Regions rather
than Europe of Nation States?”. Penso abbiate capito il senso, cioè
non si starà creando una frattura tra Stati nazione, sempre più in
mano a poteri eterodiretti e non democraticamente eletti e la volontà
dei popoli per un’Europa delle Regioni? Non è cosa da poco, visto
anche il background di Roubini. Destabilizzazione
o presa d’atto di un’Europa non più a misura di popolo ma di
oligarchie? Una cosa è certa: il rischio colonizzazione permanente è
dietro l’angolo.
Nel
mio articolo di venerdì ho dedicato il P.S. finale alla situazione
argentina, alla luce della sentenza della Corte distrettuale di New
York che ha respinto l’appello del governo argentino e dato ragione
a un consorzio di hedge funds capitanato da NML Capital - parte
dell’aggressivissimo vulture fund Elliott Associates che negli anni
Novanta trasportò di fronte ai giudici il Perù e guadagnò il 400%
dalle sue detenzioni obbligazionarie - che si rifiutarono di aderire
alla ristrutturazione dei debiti del Paese nel 2001. Quindi, Buenos
Aires dovrà pagare 1,3 miliardi di dollari entro il 15 dicembre, che
la cosa gli piaccia o meno.
Il
problema è che proprio il mese prossimo l’Argentina dovrà già
pagare 3,4 miliardi in totale a vari detentori dei bonds
ristrutturati su regolari scadenze: il primo appuntamento - di
piccola entità - è previsto già per il 2 dicembre. Se però entro
il 15 non verranno pagati i due hedge funds, si bloccheranno
automaticamente tutti gli altri pagamenti regolari ai detentori
post-swap e sarà molto probabilmente un nuovo default sovrano, uno
scherzo da 24 miliardi di dollari. Sicuri che non possa accadere,
alla bisogna, anche in Europa?
A
oggi, infatti, Atene ha preferito evitare i tribunali e pagare solo
alcuni dei fondi consorziati dallo studio americano
Bingham-McCutchen, tra cui proprio il Dart Management che si è
portato a casa il 90% dei 436 milioni di euro di debito ellenico
sotto legislazione straniera, ma a dire no allo swap di marzo sono
stati i detentori di oltre 6 miliardi di euro di debito greco. E,
guarda caso, da qualche giorno i rendimenti sui bonds greci stanno
crollando, la gente quindi compra. Attenzione, poi, allo stesso
Portogallo che ha emesso un’alta percentuale del suo debito sotto
legislazione britannica, qualcosa come oltre 25 miliardi di euro di
bonds che potrebbero far scattare la “negative pledge”, ovvero
l’obbligo del pagamento pari passu di quel debito anche in caso -
non peregrino - di ristrutturazione del debito lusitano. E ancora,
una grande parte del debito regionale emesso dalle varie Generalitat
spagnole è sotto legislazione UK, come ad esempio proprio il debito
della Catalogna, la quale prima di chiedere il salvataggio all’odiata
Madrid ha avuto la bella idea, per finanziarsi, di dar vita a un
“Programma di emissione a medio termine in euro” da 9 miliardi
con governing law del Regno Unito e negative pledge inserita nella
condizione numero 5 del contratto.
Insomma,
una Catalogna indipendente potrebbe far comodo a molti, ma anche
paura a tanti altri, visto che il suo default all’interno del
contesto spagnolo vedrebbe entrare in azione l’Ue e la Bce, mentre
un default sovrano extra-iberico avrebbe conseguenze imprevedibili e
senza precedenti. Capite,
quindi, quanto quel tweet di Nouriel Roubini sia criptico e tutto da
interpretare. Così come l’atteggiamento della Lega Nord, primo
partito in Italia a parlare di Europa delle Regioni da contrapporre
all’Europa dei banchieri, la quale nella sua versione 2.0 -
copyright del sito indipendentista www.lindipendenza.com, diretto dal
bravo Gianluca Marchi - «sta con Bava Beccaris e i poliziotti»,
come denunciava Tontolo nel post che apriva la homepage
ieri.
Insomma,
nel periodo di maggior fermento popolare su progetti indipendentisti
- ricordiamo il referendum in tal senso che si terrà in Scozia nel
2014 - la Lega dei “barbari sognanti” cambia parole d’ordine e
pelle? Qualche dubbio a me era sorto già venerdì sera, quando
ospite della trasmissione “L’ultima parola”, condotta da
Gianluigi Paragone su Rai2, c’era il sindaco di Verona ed esponente
maroniano di punta del partito, Flavio Tosi. Il quale, stimolato dal
padrone di casa sul ruolo delle banche nella crisi in Italia,
soprattutto in relazione alla mancata erogazione di credito
all’economia reale al netto dell’inondazione di liquidità
ottenuta dalla Bce, ha risposto dicendo che le banche sono state
obbligate da Bankitalia a comprare debito italiano e quindi non
potevano prestare denaro a cittadini e imprese, anche perché ora
stanno pagando il conto dei prestiti allegri pre-crisi, quando si
finanziavano mutui anche al 120% a soggetti con rating di credito a
rischio. Per finire, Tosi ha detto che la colpa della situazione
italiana, ovvero il malessere di lavoratori e piccole imprese, è del
debito pubblico e dell’eccessiva spesa pubblica, non delle
banche.
Dopo
aver controllato che Flavio Tosi non fosse passato nelle file
dell’Udc, mi sono chiesto: ma come, un leghista che difende le
banche e non gli imprenditori strozzati da Equitalia? Al netto del
fatto che il debito sia oggettivamente alto e la spesa pubblica vada
fatta dimagrire nettamente, anche per poter abbassare le tasse, come
si fa a difendere l’operato delle banche post-Ltro della Bce?
Primo, il debito in Italia è storicamente alto e abbiamo toccato
rendimenti del decennale ben più alti di quelli emergenziali di
qualche mese fa, eppure il Paese cresceva - seppur poco - e non è
mai andato in default. Il nostro, infatti, è un debito alto ma
sedimentato, in parole povere spaventa i mercati molto ma molto meno
di altri, altrimenti il Giappone non dovrebbe nemmeno più
esistere.
Secondo,
caro Tosi le dico un segreto, ma, per favore, lo tenga per sé: le
banche ci hanno guadagnato da quell’operazione che lei quasi
denunciava come uno strozzinaggio di Bankitalia contro la loro
indipendenza operativa. Le care banche del Bel Paese, infatti, hanno
preso soldi dalla Bce all’1% e hanno comprato titoli di Stato che
pagavano all’epoca un rendimento del 5,5%: un bel 4,5% di guadagno
non è male, vero Tosi? In gergo finanziario risponde al nome esotico
di carry trade, è legale e fa la gioia di chi lo compie. Quindi, non
c’è proprio da ringraziare le banche come salvatrici del Paese,
visto che hanno fatto i Garibaldi con la camicia rossa altrui. Terzo,
non è vero che se non fossero entrate in gioco le banche i mercati
ci avrebbero chiuso le porte del finanziamento. E il perché nel
grafico qui sotto: se va in default l’Italia, si sfonda l’Europa
e il sistema bancario francese crolla in due ore. Ed essendo il
valore di quel sistema doppio del Pil francese, chi salva le banche
d’Oltralpe?
In
caso di spread ancora in rialzo, ci avrebbe pensato la Bce, come farà
a inizio anno nuovo con la Spagna: d’altronde, è la Bce che ha
salvato il nostro debito, al limite, non le banche o il governo
tecnico, inondando i soggetti di mercato con denaro a costo zero per
stabilizzare il mercato secondario, senza violare così il mandato
dell’Eurotower, altrimenti i falchi della Bundesbank rompono
l’anima. Quarto, nelle due aste Ltro di dicembre e febbraio scorsi,
le banche italiane hanno ricevuto complessivamente circa 249 miliardi
del triliardo totale messo a disposizione dall’Eurotower e, conti
dello scorso aprile alla mano, ne avevano spesi per comprare debito
italiano poco più di 100. Ne ballano quasi 150, caro Tosi e sa dove
sono finiti? Parcheggiati nei depositi overnight della Bce, pagando
lo 0,75% di interesse, per tenerli al caldo come riserva per le
scadenze obbligazionarie future e per fare lifting ai conti in vista
di Basilea III.
Ci
sta, lo capisco, sono uomo di mondo (pur non avendo fatto il militare
a Cuneo), ma sarebbe il caso di dirlo chiaramente invece di
raccontare barzellette, anche perché la Bce disse chiaro e tondo che
parte di quei fondi dovevano essere immessi nel sistema per aiutare
la ripresa. Quinto, caro Tosi, non è che da “barbaro sognante”
anche lei si è piegato a certe logiche e, in quanto sindaco della
città che esprime una delle fondazioni bancarie più importanti
d’Italia, Cariverona (3,5% del capitale di Unicredit), all’Europa
dei popoli è costretto, giocoforza, a preferire quella delle banche?
Soprattutto ora che si parla di fusione con IntesaSanPaolo? Così,
tanto per sapere.
Il
fatto che in studio a “L’ultima parola” nessuno abbia alzato il
ditino per far notare queste cose a Tosi, poi, la dice lunga, molto
lunga sullo status quo. E io dovrei preoccuparmi di questa politica
italiana, tra mutazioni genetiche e primarie per scegliere il
maggiordomo futuro di Mario Monti? No, grazie.
P.S.:
Il governo britannico ha deciso di cambiare radicalmente la guida
della Banca d’Inghilterra, nominando alla carica di governatore il
canadese Mark Carney, attuale governatore della Banca centrale del
Canada. La decisione è stata annunciata dal ministro delle Finanze
George Osborne, il quale ha confermato che Carney rileverà la guida
della Bank of England per otto anni, in sostituzione di Mervyn King,
che lascerà a giugno e assumerà anche nuovi poteri di vigilanza
sulle banche. E sapete dove ha lavorato Carney, dopo laurea e PhD ad
Oxford? Bravissimi, Goldman Sachs. La presa d’Europa da parte della
banca d’affari Usa è completa, la guerra per la salvaguardia del
dollar standard a livello globale - costata la ghirba a Dominique
Strauss-Kahn - avrà inizio a breve. Non ci credete? Dietrologia.
Guardate questo grafico e meditate.
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