Una Anestesia di Massa in atto!


Nel Giappone del post-tsunami, della crisi economica e della radiazione nucleare diffusa cresce esponenzialmente l’uso di psicofarmaci (1). Evidentemente la depressione economica sociale, induce una depressione psichica nei singoli che si rivolgono al medico che, solerte, li indirizza sulla strada più breve possibile per raggiungere la serenità: gli psicofarmaci. Che si tratti di una serenità apparente non è un problema, il cittadino di un paese moderno è abituato a fingersi ed a vivere in un costrutto artificiale in cui le istanze esistenziali profonde sono sostituite da loro surrogati sintetizzati, cibo compreso.
Lo psicofarmaco antidepressivo sembra quindi essere la risposta collettiva ad un periodo difficile del quale si ignorano le cause. La mancata ricerca dei motivi del disagio, è la vera spinta ad assumere gli psicofarmaci. Il tutto a livello collettivo sembra assomigliare a chi, deciso a migliorare il proprio stato mentale, si avvale di uno psicanalista per compiere con lui un lungo ed irto cammino alla ricerca della propria identità o chi preferisce ingurgitare pasticche colorate dai componenti ignoti e raggiungere l’atarassia chimica il più velocemente possibile, accontentandosi di quella che somiglia molto ad una sorta di anestesia parziale.
Aver legato le proprie possibilità all’uso del denaro od agli strumenti tecnologici ci ha impoverito rendendoci dipendenti da costrutti artificiali che non controlliamo, così come il depresso inconsapevole lo è nei confronti degli stregoni delle case farmaceutiche. Quest’ultime sono enclavi chiuse e sigillate da un’aura imperscrutabile simil divina. Il farmaco dai nomi allusivi scende dal cielo come manna e panacea. Occorre infatti avere fede nell’ingurgitarne uno: chi si fida? I giapponesi evidentemente si. Assumere psicofarmaci significa abdicare alla ricerca dell’io, esimersi dal lungo cammino che ognuno è tenuto a compiere per la propria individuazione, nel rispetto di se stessi e degli altri esseri umani con i quali condividiamo la nostra esistenza.
Le scie chimiche irrorano tonnellate di bario ed alluminio quotidianamente nei cieli di mezzo mondo: come interpretare tale operazione a livello personale? Il bario agisce da elemento anestetico e depressivo, in correlazione con chissà quali altri componenti, cosa accade allora alle nostre potenzialità mentali? Come reagiamo e come è cambiata la nostra percezione e le nostre capacità di reazione e giudizio da quando siamo sotto TSOC (trattamento sanitario obbligatorio e clandestino)? Tutto preme affinché ci si rivolga ad un oblio oppiaceo, cullati dalle fredde mani della propaganda ed impauriti da un mondo fisico che trama ormai palesemente contro l’umanità. Se la realtà fisica ci sfugge di mano perché appannaggio di altri, quella interiore è una landa pericolosa nella quale non ci avventuriamo per ignoranza, pigrizia od ignavia; fin quando, forse, scopriremo che il confine tra questi due livelli di realtà non è mai esistito.

2 commenti:

Unknown ha detto...

mi permetto di rispondere al tuo post in virtù della stima che nutro nei vostri confronti. Sono pienamente d'accordo sull'utilizzo esagerato ed a volte superfluo di certi psicofarmaci, che altro non sono se non droghe che annebbiano il cervello. Ciò premesso devo dirti che non può farsi di tutta l'erba un fascio, e a ragione ne voglio ribadire il concetto, proprio perkè io stessa sono passata da quella sorta di inferno che denominano "depressione"! Non tutti sanno che gli individui affetti da disturbi psichici di varia entità, per comodità oggi sono catalogati alla voce: DEPRESSI! purtroppo ancor oggi poco si sa di certi disturbi, che abbracciano un'infinità di patologie e manifestazioni psico-fisiche. E' ovvio che quel che non può essere spiegato a tutt'oggi dai vari luminari, va etichettato. Purtroppo per noi!E' così che 2 anni fa circa mi sono imbattuta in questa strana "malattia" (malattia?) che mi ha costretto a rivedere i miei contenuti e mi ha fatto crollare in un limbo al limite della sopportazione umana, credimi! Sono arrivata ad entrare letteralmente in "conflitto col tempo" ed era impossibile per me riuscire a riposare anche solo per 10 min. al giorno. A quel punto capisci che il passo verso il baratro della pazzia è brevissimo. Il cervello ha bisogno di ricaricarsi e il corpo di staccare la spina. Sono stata fortunata perchè ho incontrato una psicologa assolutamente contraria all'uso di psicofarmaci, ove non ritenesse fossero necessari, quanto indispensabili per evitare il tracollo di una psiche già provata dal troppo pensare, o in casi estremi in cui i pazienti potessero essere pericolosi per se o per la comunità. Detto questo, cominciai a frequentare il suo studio per qualche settimana, ma arrivai vicinissima al punto di non ritorno, proprio per la mancanza di sonno. La sensazione di non essere padrone dei propri pensieri e del proprio corpo ha connotati infernali, inspiegabili...Insomma in quel momento non avrei potuto farcela senza il supporto degli psicofarmaci e ne parlammo con uno psichiatra, il quale mi prescrisse dei farmaci che quanto meno appianassero quella sensazione mortale. Iniziai a dormire e riposare e cominciai un cammino di terapia con la psicologa, affiancata dallo psichiatra che correggeva il tiro sui farmaci, ogni qual volta intuiva la possibilità di ridurli. Si, sono stata fortunata e forse fornita anche di una volontà ferrea di guarire. Tanto che a distanza di un anno dalle prime sedute ero quasi totalmente guarita. Ho smesso di prendere gli psicofarmaci dopo un anno e mezzo, gradatamente e con l'aiuto dell'amore del mio compagno, senza più dover ricorrere alla terapeuta, che comunque è stata grande! Questa esperienza mi è servita, forse anche a risvegliare in me qualcosa che era andato perso. Ma ho voluto portare questa testimonianza solo in virtù dell'esperienza provata sulla mia pelle. Non si può essere assolutisti, a volte, nei casi che lo richiedono, va fatto ricorso all'uso dei farmaci (non all'abuso), proprio perchè in certi momenti possono esserti di sostegno, così come una stampella quando devi ancora riabilitare un arto. Per quanto riguarda i veleni che assorbiamo ogni giorno, sono d'accordo con te, ma ce ne sono di ancora più sottili; sono quelli delle menti che non vogliono risvegliarsi e contribuire al cambiamento e tentano di ributtarci indietro. Da questa esperienza ho imparato cmq che quando una cosa non ci sta bene, non basta dire NO! bisogna agire! cominciamo a ribellarci a questo stato di cose.

Claudia

Anonimo ha detto...

Grazie per questa preziosa testimonianza, personalmente cerco di tenere sempre la mente aperta a diverse possibilità.
Alcuni anni fà quando sentii parlare delle cosiddette scie chimiche ero scettico, ma poi con l'osservazione e con un pò di buon senso ho capito che era tutto vero. Concordo sul fatto che bisogna agire.

 


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