Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, interviene nel dibattito sulla crisi dell'Eurozona, a pochi giorni dagli attacchi dei falchi tedeschi sul tetto allo spread.
Nell'articolo scritto da Draghi e pubblicato sul sito della BCE e del giornale tedesco Die Zeit, il presiedente della BCE sottolinea alcuni punti fondamentali del progetto unitario europeo: 1) La politica monetaria a volte può richiedere misure eccezionali; 2) La Banca centrale europea non è un'istituzione politica, ma è impegnata nelle sue responsabilità come istituzione dell'Unione europea; 3) Le politiche fiscali dei Paesi dell'area euro rendono necessario «un vero controllo sui bilanci nazionali», e «le conseguenze di politiche fiscali sbagliate in un'unione monetaria sono troppo gravi perché queste restino affidate ai singoli Paesi». Ergo, per avere stabilità in Europa, gli Stati nazionali, dopo aver ceduto la sovranità sulla politica monetaria alla BCE, devono cedere completamente la sovranità sulla politica fiscale.
Traduzione e commento dell'articolo di Mario Draghi, presidente della BCE, Banca Centrale Europea, impropriamente ritenuta un'istituzione pubblica dell'Unione Europea.
Il futuro dell'Euro: la stabilità attraverso il cambiamento
In tutta Europa è in corso un dibattito di fondo sul futuro dell'euro. Molti cittadini sono preoccupati per come stanno andando le cose in Europa. Eppure, le soluzioni presentate appaiono loro insoddisfacenti. Questo perché queste soluzioni offrono scelte binarie: o tornare al passato, o si deve passare agli Stati Uniti d'Europa. La mia risposta alla domanda è: per avere un euro stabile, non abbiamo bisogni di scegliere tra gli estremi.
Il motivo di questo dibattito non è l'euro come moneta. Gli obiettivi della moneta unica rimangono rilevanti oggi, come lo erano quando la moneta unica è stata concordata. Per diffondere la stbilità dei prezzi e una crescita sostenibile per tutti i cittadini europei.
Per raccogliere i frutti del grande mercato unico del mendo (la globalizzazione, n.d.t.) e rendere il processo storico di unificazione europea irreversibile. Per migliorare la posizione dell'Europa - non solo economicamente, ma anche politicamente - in un mondo globalizzato.
Il presidente dell'Eurotower, come recita lo statuto della BCE, sottolinea che uno dei ruoli dell'Euro è quello di mantenere la stabilità dei prezzi, cioè tenere a bada l'inflazione. Domanda: in un sistema monetario come quello europeo, nel quale la moneta è "prestata" da un istituto bancario agli stati, a fronte di un interesse, come è possibile tenere i prezzi stabili se la tassazione serve a finanziare il rientro dal debito pubblico?
Un esempio: in Italia, il governo Monti, per aumentare il gettito fiscale al fine di diminuire l'esposizione debitoria dell'Italia nei confronti della BCE, ha aumentato l'IVA al 21 per cento - si pensa già di portarla al 23 per cento -. Ora tutti sanno che l'IVA è un'imposta che grava direttamente sui prezzi al consumo, rodendo il potere d'acquisto dei cittadini. Seconda domanda: come si fa a tenere i prezzi bassi, aumentando le tasse? Ma vediamo il draghetto nazionale come continua:
Il dibattito è in corso, perché l'area dell'euro non si è ancora configurata come una comunità politica. Le valute, in ultima analisi, dipendono dalle istituzione che vi sono dietro. Quando all'inizio fu proposto l'euro, ci fu chi disse che la moneta unica avrebbe dovuto essere preceduta da un lungo precesso di integrazione politica.
Questo perchè la condivisione di una moneta comporterebbe un elevato grado di coordinamento nel processo decisionale. Per i paesi membri si tratterebbe di una "schicksalsgemeinschaft" (parola tedesca che significa "condivisione di destino") e avrebbe bisogno di forti fondamenti democratici comuni.
Ma nel 1990, fu fatta la scelto di non dare tali caratteristiche all'euro. L'euro è stato lanciato come "moneta senza stato" per preservare la sovranità e la diversità dei paesi membri. Questo è avvenuto con il cosiddetto "Maastricht setup", che ha gettato le fondamenta istituzionali dell'euro. Ma, come i recenti avvenimenti hanno dimostrato, il quadro istituzionale ha lasciato la zona euro non sufficientemente attrezzata per garantire sane politiche economiche e gestire efficacemente la crisi.
Per questo motivo, la via da seguire non può essere un ritorno allo status quo ante (un ritorno alla condizione precedente all'introduzione dell'Euro). La sfida di avere una politica monetaria unica, ma con politiche fiscali, economiche e finanziarie scarsamente coordinate, è emersa con la crisi.
Come ha detto Jean Monnet (un politologo francese morto nel 1979, uno dei "padri fondatori" dell'Unione Europea), il coordinamento "è un metodo che promuove la discussione, ma non porta a una decisione". E decisioni forti devono essere prese per gestire la seconda valuta più importante del mondo.
Mario Draghi prende atto che l'euro è una moneta senza stato. Sarebbe onesto, da parte del presidente della BCE, che egli prendesse atto pure del fatto che l'Europa sta diventando uno stato senza politica e senza democrazia. La maggior parte delle cariche di responsabilità nella Commissione Europea e nel Consiglio Europeo, sono ricoperte da tecnocrati non eletti e che in nessuno modo possono essere licenziati dai cittadini europei.
L'Europa somiglia molto di più ad un consorzio di Società-Stati riuniti attorno ad una Banca Centrale, dove i cittadini non sono altro che "spettatori" di scelte e programmi ai quali non hanno minimamente partecipato. Quindi, caro Draghi, dopo aver preso atto che l'euro è nato senza stato, piuttosto che di controllo economico, l'Europa ha bisogno di democrazia e politica.
E poi, questo padre fondatore Jean Monnet (personalmente non l'avevo mai sentito, n.d.r.), ci avrebbe dovuto dire in che modo si prendono queste decisioni, visto che il coordinamento è inutile. Monnet, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, Il 5 agosto 1943 ad Algeri divenne membro del Comitato Nazionale di Liberazione e si espresse con queste parole:
« Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale...[ciò] presuppone che gli stati d'Europa formino una federazione o una entità europea che ne faccia una comune unità economica». Quindi, questo è il piano: ulteriore cessione di sovranità, nel nome della pace e dell'uniformità. Forse Mario Draghi ci può dire chi deve prendere queste decisioni forti. Leggiamo:
Una nuova architettura per l'aera euro è auspicabile per creare prosperità sostenibile per tutti i paesi dell'area euro, e in particolare per la Germania. La radice del successo della Germania è la sua profonda integrazione nelle economie europee e mondiali.
Per continuare a prosperare, la Germania deve rimanere il punto fermo di una valuta forte, al centro di una zona di stabilità monetaria e in una dinamica e competitiva economia dell'area euro. Solo una forte unione economica e monetaria è in grado di fornire questo.
Tuttavia, questa nuova architettura non richiede un'unione politica prima. E' chiaro che l'unione monetaria implica un grado più elevato di decisioni congiunte. Ma l'integrazione economica e integrazione politica sono in grado di svilupparsi in parallelo.
Se necessario, la sovranità in alcuni aspetti di politica economica possono e devono essere messe in comune e la legittimazione democratica approfondita.
L'euro giova sopratutto alla Germania. E questo l'avevamo capito. Poco importa se paesi come l'Italia, benché importante esportatore e dotato di una grandissima tradizione manifatturiera, deve sottomettersi al paese "meglio integrato nelle europee e mondiali, in nome di una unione economica europea, della quale ancora non si capisce l'utilità per i cittadini.
Nonostante non esista un'Europa Politica, la sovranità degli stati aderenti, può e DEVE essere messa in comune per il bene dell'economia, unico obiettivo e parametro di benessere dell'uomo del XXI secolo. Che poi, mettere in comune la sovranità che significa? Nelle mani di quali istituzioni? Nelle mani di quale gruppo o persona? Leggiamo e inquietiamoci:
Fino a che punto questo dovrebbe avvenire? Non abbiamo bisogno di una centralizzazione di tutte le politiche economiche. Al contrario, siamo in grado di rispondere a questa domanda pragmatica: quali sono i requisiti fondamentali per completare l'unione economica e monetaria. Così facendo, troveremo che tutte le misure necessarie sono saldamente alla nostra portata.
Per le politiche di bilancio, abbiamo bisogno di controllo vero rispetto ai bilanci nazionali. Le conseguenze di incaute politiche fiscali, in una unione monetaria, sono troppo gravi per rimanere auto-controllate. Per politiche economiche più ampie, abbiamo bisogno di garantire la competitività. I paesi devono essere in grado di generare una crescita sostenibile e un occupazione elevata senza squilibri eccessivi.
L'area dell'euro non è una nazione-stato nella quale persistenti sovvenzioni regionali godono di sostegno popolare. Pertanto, non possiamo permetterci una situazione in cui alcune regioni abbiano grandi disavanzi rispetto alle altre [...].
Una fondazione politica più solida dovrebbe consentire un accordo su un principio fondamentale: che non è nè sostenibile, nè legittimo per i paesi aderenti, perseguire politiche nazionali che possono causare un danno economico per gli altri. Questo vincolo deve essere il fondamento del modo in cui i paesi progettano i loro modelli economici e sociali.
L'unico modello sostenibile è quello che è coerente con i dettami di una moneta comune. I paesi devono vivere con i propri mezzi. La concorrenza dei mercati e del lavoro deve essere migliorata. Le banche devono essere conformi ai più alti standard normativi e concentrarsi sul servizio dell'economia reale. Questa non è la fine, ma il rinnovamento del modello sociale europeo.
Quindi, la crisi non è la fine, ma l'opportunità per dare un giro di vite a tutta la costruzione antidemocratica europea. Questa è l'idea: più competizione tra i produttori, più competizione tra i lavoratori. Dimenticatevi parole come concordia, solidarietà, uguaglianza. Il Nuovo Consorzio Europeo che sta per nascere fonda la sua essenza sull'economia, cioè sul profitto. Altra parola d'ordine: crescere! Crescere all'infinito, anche se il pianeta è alla frutta, bisogna crescere.
Inoltre, la domanda è sempre la stessa: chi decide se una politica fiscale di un dato paese è dannosa per gli altri? Se quel paese la ritiene giusta per il bene dei propri cittadini? Perchè Mario Draghi si rivolge a me come contribuente, e non come cittadino? Perchè il paternalismo degli eurotecnocrati non mi fa sentire per niente protetto?
Dal punto di vista della BCE, una forte unione economica è un completamento essenziale per la politica monetaria unica. Costruire questo processo richiederà un processi strutturato con la corretta sequenza. Tuttavia, i cittadini possono essere certi che tre elementi rimarranno costanti. La BCE farà ciò che è necessario per assicurare la stabilità dei prezzi. Essa rimarrà indipendente. E agirà sempre entro i limiti del suo mandato.
Mettiamoci l'anima in pace: quello che sembra un tentativo di rassicurazione per i cittadini, è un vero e proprio avvertimento: la BCE c'è e ci sarà e farà quello che è stato il suo compito fin dall'inizio: indebitare gli stati; la BCE assicurerà la stabilità dei prezzi (finora non c'è riuscita, quindi due sono le cose: o sono incompetenti, o dicono le bugie); la BCE è indipendente dal potere politico... e questo dovrebbe essere un bene? Infine, la BCE agirà nei limiti del suo mandato... con un però, però:
Eppure, dovrebbe essere chiaro che la realizzazione del nostro mandato a colte ci impone di andare oltre gli strumenti standard di politica monetaria. [...] Questo può, a volte, richiedere misure eccezionali. Ma questa è la nostra responsabilità, come banca centrale della zone euro nel suo insieme.
Eh già, la missione prima di tutto, il progetto avanti ogni altra cosa.
La BCE non è una istituzione politica. Ma si è impegnata nelle sue responsabilità come istituzione dell'Unione Europea. Come tale, non dobbiamo mai perdere di vista la nostra missione per garantire una moneta forte e stabile. Le banconote che noi diffondiamo recano la bandiera europea e sono un potente simbolo di identità europea [...].
La BCE non è un'istituzione politica. Peccato, però, che le sue scelte sui tassi d'interesse, sulla quantità di moneta circolante e sugli aiuti da dare agli stati e alle banche incidano profondamente sulle politiche di bilancio dei paesi membri e sulle tasche dei cittadini.
Bugia: la BCE, benché sia prevista dai trattati europei, non è stata concepita come ente pubblico, ma come banca d'affari privata. Gli azionisti della BCE sono le Banche Nazionali degli stati membri, a loro volta composte da banche private. Basta vedere gli statuti... è tutto disponibile, ma nessuno va a vedere. SVEGLIA!
Le care banconote colorate che la BCE diffonde in Europa, oltre a recare la bandiera dell'Europa, che come Draghi stesso ha scritto non esiste politicamente, reca anche la firma del presidente della BCE e la sigla della Banca. Questo significa, che legalmente, quella banconota è di proprietà della BCE e non del portatore. Quella banconota è nelle mani del portatore come "titolo di debito". Ciò significa che, prima o poi, in una forma o in un'altra, quella banconota tornerà alla BCE, compresi gli interessi.
SEGUITECI SU FACEBOOK!!!
Nessun commento:
Posta un commento