Lo studio, pubblicato sulla rivista Energy and Environmental Science, suggerisce che l'unico modo di garantire il cibo ad una popolazione di 10 miliardi di persone entro il 2050 è quello aumentare significativamente l'efficienza della nostra agricoltura, mangiando meno carne di manzo, aumentando la percetuale di riciclaggio dei rifiuti e sprecando meno cibo.
Per avvertire una differenza realmente significativa, l'umanità dovrebbe abbattere il consumo medio globale di carne del 16 per cento e ridurre del 15 per cento l'apporto medio di calorie (circa la metà della normale dieta occidentale!).
I cambiamenti del nostro stile di vita e la nostra agricoltura dovrebbero far spazio a colture destinate ai biocarburanti. Sebbene meno efficienti come fonte di energia rispetto ai combustibili fossili, i biocarburanti hanno il vantaggio di prodotti attraverso colture vegetali capaci di assorbire anitride carbonica dall'atmosfera, così da pareggiare la CO2 emessa dalla loro combustione. Se l'effecienza delle colture fosse aumentata, si potrebbe ridurre la quantità di terreno necessario per l'agricoltura, nonostante l'aumento della popolazione, avendo così più terreno disponibile per la bioenergia.
Se l'umanità non inverte la rotta, gli scenari previsti dai ricercatori sono veramente inquietanti. Secondo le più recenti rilevazioni effettuate da Goodland e Anhang il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta.
La carne presente nella nostra dieta è responsabile, insomma, dell'immissione in atmosfera di una quantità di gas serra - anidride carbonica (CO2), metano, ossido di azoto e simili – ben maggiore di quella immessa dai mezzi di trasporto o dalle industrie. Bisogna anche considerare la deforestazione selvaggia per far spazio a terreni per l'allevamento. Meno alberi, significa meno possibilità di assorbimento dell'anitride carbonica dall'atmosfera.
Inoltre, il 78 per cento delle colture planetarie è destinato alla produzione di cibo per allevare gli animali. Da otto chili di cereali prodotti per nutrire il bestiame si ricava solo mezzo chilo di carne, secondo le cifre fornite dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Inoltre, risulta che il 90% dei cereali prodotti in America viene usato per nutrire tutti quegli animali - mucche, maiali, pecore e polli - che finiscono poi sulle mense.
Una buona immagine può essere questa: una bistecca da 200 g mangiata da una sola persona equivale alla quantità di cereali cotti necessari per nutrirne 50 (questo spiegerebbe anche il grande disequilibrio nella divisione mondiale delle risorse alimentari). Il fatto è che un consumatore medio di carne europeo o americano spende il quintuplo delle risorse di cibo utilizzate nei paesi sottosviluppati. Abbassando la produzione di carne soltanto del 10 per cento, si stima che sarebbe possibile produrre cereali sufficienti a nutrire 60 milioni di persone. Un ultimo dato impressionante è sul consumo di acqua: per produrre un kg di carne bovina vengono consumati circa 15.500 litri di acqua.
Inoltre, il consumo di carne non è salutare, perlomeno non nelle quantità abitualmente consumate in Italia (circa 90kg/anno) e nel resto dell’Europa. Per esempio, in Inghilterra è stato stimato che una riduzione del 30% del consumo di carne potrebbe ridurre del 15% le malattie cardiovascolari nel Regno Unito.
Per invertire il devastante trend che sta inesorabilmente modificando il clima del pianeta Terra basterebbe sostituire i prodotti animali con quelli a base di soia o di altre colture vegetali. “Questo approccio avrebbe effetti molto più rapidi sulle emissioni di GHG e sull’effetto serra di qualsiasi altra iniziativa per rimpiazzare i combustibili fossili con energia rinnovabile. [Fonte].
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