(ANSA) - ROMA, 27 LUG - Dopo 10.000 anni di assenza, i grandi
incendi sono tornati nel Circolo Polare Artico e stanno
rilasciando una quantita' di anidride carbonica impressionante:
un solo incendio nella tundra dell'Alaska, nel 2007, ha liberato
nell'atmosfera tutta la CO2 intrappolata da quel sito in 50
anni.
Lo dimostra uno studio coordinato da Michelle Mack,
dell'universita' della Florida a Gainesville, pubblicato su
Nature. Il fenomeno, secondo l'autore della ricerca, potrebbe
accelerare il riscaldamento globale.
Innescato da un fulmine, l'incendio ha colpito l'area del
fiume Anaktuvuk, mandando in fumo 1.039 chilometri quadrati di
vegetazione. L'area era visibile anche dallo spazio e ha
rilasciato 2,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica
nell'atmosfera: il doppio del gas serra che una citta' grande
quanto Miami immette nell'atmosfera in un anno. Analizzando le
cicatrici lasciate dall'incendio sul suolo e datando al
radiocarbonio i resti bruciati, i ricercatori hanno dimostrato
che l'anidride carbonica liberata era quella immagazzinata dalla
tundra in 50 anni.
Si sa poco, sottolineano gli esperti, degli effetti degli
incendi sul ciclo della CO2 nell'ecosistema della tundra. Si
riteneva che il suolo umido e freddo e il sottostante
permafrost, ossia lo strato di terreno permanentemente
ghiacciato, potessero tenere lontani gli incendi. Tuttavia, da
quando l'estate artica e' diventata piu' calda e asciutta in
seguito al riscaldamento globale, gli incendi stanno diventando
di casa anche a ridosso del Polo Nord e non piu' soltanto alle
latitudini piu' temperate, dove mettono a rischio foreste come
quelle del parco di Yellowstone.
La frequenza degli incendi nella tundra rischia di far
scomparire questo tipo di vegetazione: ''se la frequenza di
questi incendi ha lunghi intervalli, da 80 a 150 anni, la tundra
ha il tempo di rigenerarsi'', ha osservato uno degli autori,
Syndonia Bret-Harte, dell'universita' dell'Istituto di Biologia
Artica dell'Alaska a Fairbanks. ''Ma se questi incendi avvengono
sempre piu' frequentemente, al ritmo di uno ogni 10 anni, e in
questo modo - ha concluso - la vegetazione non avra' il tempo
di rigenerarsi''.(ANSA).
dell'universita' della Florida a Gainesville, pubblicato su
Nature. Il fenomeno, secondo l'autore della ricerca, potrebbe
accelerare il riscaldamento globale.
Innescato da un fulmine, l'incendio ha colpito l'area del
fiume Anaktuvuk, mandando in fumo 1.039 chilometri quadrati di
vegetazione. L'area era visibile anche dallo spazio e ha
rilasciato 2,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica
nell'atmosfera: il doppio del gas serra che una citta' grande
quanto Miami immette nell'atmosfera in un anno. Analizzando le
cicatrici lasciate dall'incendio sul suolo e datando al
radiocarbonio i resti bruciati, i ricercatori hanno dimostrato
che l'anidride carbonica liberata era quella immagazzinata dalla
tundra in 50 anni.
Si sa poco, sottolineano gli esperti, degli effetti degli
incendi sul ciclo della CO2 nell'ecosistema della tundra. Si
riteneva che il suolo umido e freddo e il sottostante
permafrost, ossia lo strato di terreno permanentemente
ghiacciato, potessero tenere lontani gli incendi. Tuttavia, da
quando l'estate artica e' diventata piu' calda e asciutta in
seguito al riscaldamento globale, gli incendi stanno diventando
di casa anche a ridosso del Polo Nord e non piu' soltanto alle
latitudini piu' temperate, dove mettono a rischio foreste come
quelle del parco di Yellowstone.
La frequenza degli incendi nella tundra rischia di far
scomparire questo tipo di vegetazione: ''se la frequenza di
questi incendi ha lunghi intervalli, da 80 a 150 anni, la tundra
ha il tempo di rigenerarsi'', ha osservato uno degli autori,
Syndonia Bret-Harte, dell'universita' dell'Istituto di Biologia
Artica dell'Alaska a Fairbanks. ''Ma se questi incendi avvengono
sempre piu' frequentemente, al ritmo di uno ogni 10 anni, e in
questo modo - ha concluso - la vegetazione non avra' il tempo
di rigenerarsi''.(ANSA).
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