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Scie Chimiche. Gli USA, le Nazioni Unite ed il dominio del cielo

(ASI) In una intervista a Radio Base il Tenente Generale Fabio Mini ha spiegato chiaramente che l’interesse delle ricerche militari per il controllo del clima non è mai venuto meno e che, di conseguenza, le ricerche sono continuate in segreto negli anni nonostante le leggi internazionali sul tema “La guerra ambientale, in qualunque forma, è proibita dalle leggi internazionali.

Le Nazioni Unite fin dal 1977 hanno approvato la convenzione contro le modifiche ambientali, il che rende ingiustificabile qualsiasi guerra proprio per i suoi effetti sull’ambiente, ma come succede a molte convenzioni, quella del 1977 è stata ignorata ed i militari hanno anzi accelerato la ricerca e l’applicazione delle tecniche di modificazione del tempo e del clima, facendole passare alla clandestinità. Se, prima di quella data, l’uso delle devastazioni ambientali era chiaro e se le modifiche ambientali anche gravissime erano codificate e persino elevate al rango di sviluppo strategico o di progresso tecnologico, oggi non si sa più dove si diriga la ricerca e come si orientino le nuove Armi” (intervista al Tenente Generale Fabio Mini, Radio Base, all’interno del programma ‘Linea Diretta’ del 21 febbraio 2008). Le operazioni di aerosol clandestino rientrano in questo disegno.

Il Tenente Generale Fabio Mini cita anche un documento del 1996 della US Air Force intitolato “Weather as a multiplier force - Owning the weather in 2025” (il clima come moltiplicatore di forza - Controllare il clima entro il 2025), nel quale si fa esplicito cenno alle modificazioni atmosferiche che l’esercito americano intende realizzare in questi anni per controllare le condizioni meteorologiche ed utilizzarle a fini bellici. In tale documento si cita la creazione di una superficie ionosferica artificiale (a quota molto più bassa di quella naturale), il controllo di precipitazioni, tempeste, foschia e nuvole, e la creazione di condizioni climatiche artificiali. Ed infine si elencano i mezzi tramite i quali ottenere queste ‘conquiste’, fra i quali ritroviamo:

Veicoli aerospaziali “per la distribuzione” (aerei cisterna?)

Superfici ionosferiche riflettenti artificiali (forse formate da particolato diffuso per mezzo di scie chimiche nel cielo?)

Composti chimiche da diffondere nell’atmosfera

Polvere di carbone

Utilizzo di energia diretta (da interpretare forse come “emissioni di onde elettromagnetiche ad alta potenza” per la modifica climatica)

Nuvole intelligenti a base nano-tecnologia, ovvero nuvole costituite da fibre microscopiche di ‘polvere intelligente’ rilasciate in quantità enormi sopra le nostre teste e che poi pian piano scendono giù fino ad essere respirate

Sensori, forse nano-tecnologie utilizzate come sensori o altri tipi di rilevatori.

Sembra quindi che i mezzi attraverso cui raggiungere il controllo del clima siano principalmente di tre tipologie: sostanze chimiche disperse nel cielo (scie chimiche), onde elettromagnetiche e nano tecnologie.

Sulla pericolosità delle sostanze contenute nelle scie chimiche già è stato detto molto. Per quanto riguarda invece le onde elettromagnetiche citiamo il lavoro di del Professore Levis che indica le principali sintomatologie connesse all’irradiazione di onde elettromagnetiche; si possono così riassumere:

Sintomi cutanei (prurito, eritemi, allergie)

Del sistema nervoso (disturbi del sonno, ansia, cefalee, emicranie, sindromi depressive, ecc.)

Del sistema muscolare (crampi, dolori muscolari, astenia)

Del sistema cardiovascolare (aritmie, disturbi della pressione arteriosa, ictus)

Del sistema ormonale e di quello immunitario (riduzione della sintesi della melatonina, alterazioni delle popolazioni linfocitarie)

Del sistema riproduttivo (aborti spontanei)

Del sistema acustico (tinniti), visivo, olfattivo, digestivo.

Inoltre l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti è reputata da molti scienziati all’origine di neoplasie, soprattutto leucemie.

Si potrebbe pensare che scie chimiche ed onde elettromagnetiche non siano fenomeni correlati tra loro, ma non è così. Lo spiega bene il giornalista indipendente Carolin Williams Palit in un articolo. “Le scie chimiche sono diffuse per creare un mezzo attraverso cui trasmettere onde elettromagnetiche, per mezzo di oscillatori di campi elettromagnetici (chiamati ‘gyrotrons’) e del riscaldamento della ionosfera. Il particolato consente alle armi ad energia diretta di funzionare meglio (il bario ad esempio cosparso nell’atmosfera reagisce chimicamente con i raggi ultravioletti). Ciò è connesso con la natura stessa del plasma e della propagazione dei raggi. Il bario rende il plasma, contenente alluminio, più denso; ciò vuol dire che in tal modo si ottiene un plasma più denso di quanto non avverrebbe solo riscaldando la ionosfera. In altre parole stanno tentando di realizzare armi di raggi al plasma, dove le scie chimiche sarebbero il mezzo, mentre i radar del sistema GWEN, le stazioni HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program) e le stazioni laser nello spazio sono lo strumento vero e proprio.

Questi sistema d’arma si troverebbero in Russia, Canada, Stati Uniti ed in tutta Europa, e possono essere mobili o fisse, sulla Terra, ma anche essere collocate nell’atmosfera o nello spazio. Si tratta di un sistema di difesa e di offesa contro attacchi elettromagnetici e missilistici, che impiega ‘scudi’ di particelle ionizzate. Quando questi scudi sono attivati, ‘escludono’ ed alterano il campo magnetico terrestre, e possono essere disposti in strati uno sopra l’altro per proteggere dai missili. Le scie chimiche contengono anche carbonio, che può essere usato per assorbire le microonde, ed altri elementi (“chaff”) che rendono gli aerei invisibili ai radar”.

Se notate, negli ultimi anni stanno spuntando numerose le antenne per la telefonia mobile e le reti wireless. In effetti tutte queste antenne sembrano davvero troppe…spuntano in ogni angolo, sui tetti delle abitazioni, nei parchi, nelle tenute private, sui crinali delle colline, sulle cime di montagne, al centro degli incroci stradali. Sembrerebbero che alcune di queste antenne siano utilizzate in realtà per rinforzare il campo elettromagnetico per scopi militari. In altre parole è come se l’atmosfera stesse diventando un grande forno a microonde. Gli scienziati sanno bene che le microonde sono in grado di influire sui fenomeni meteo, sugli equilibri naturali ed anche sul comportamento umano, e sono quindi di fatto anche un’arma militare. La CIA stessa finanzia ricerche universitarie per mettere a punto degli apparecchi a microonde capaci di lanciare dei raggi che sembra possano causare un’ipnosi a distanza.

I russi che, insieme con gli statunitensi, sin dagli anni ’50 del XX secolo, sperimentarono sistemi d’arma a microonde, lo sanno bene. Tra l’altro nei ‘forni’ di questo tipo si impiegano usualmente sostanze quali il quarzo ed il bario, elementi che sono stati rintracciati anche nelle scie chimiche, forse non è una coincidenza.

Le sperimentazioni di queste armi sono coperte ovviamente dal segreto militare, per cui è difficile avere informazioni di prima mano. Uno dei rari scienziati del governo americano a parlare apertamente dei ‘progressi’ di questa scienza e delle sue applicazioni tecnologiche è Lowell Ponte, un ricercatore del Pentagono. Egli conferma l’esistenza di segnali elettromagnetici in grado di influenzare il campo magnetico terrestre. Anche i servizi segreti canadesi accennano ad un progetto simile in un dispaccio che risale all’agosto del 1975, parlando di “introduzione di onde elettromagnetiche della Natura”. E’ comunque poco, e non si dà alcuna indicazione sulle possibilità di combinare delle onde stazionarie giganti con raggi a microonde capaci di influenzare il cervello umano, e non si dice nulla sulle microonde impiegate come armi. Tutti questi progetti fanno parte probabilmente della rete, molto sviluppata e sempre segreta, della ricerca sulle armi invisibili.

Nonostante tuta questa segretezza , alcune prove sono quotidianamente dinnanzi ai nostri occhi; basta alzare lo sguardo al cielo ed osservare le forme che assumono le nuvole a causa di queste irradiazioni elettromagnetiche. Il meteorologo Scott Stevens ha osservato che le “le nuvole assumono forme grottesche, innaturali, a causa dell’emissioni di onde elettromagnetiche. Abbiamo anche notato che le nubi tendono ad acquisire strane configurazioni a pettine al di sopra delle antenne”. Probabilmente non è un caso.

Il programma per il controllo del clima parte probabilmente dagli Stati Uniti, ma di sicuro coinvolge direttamente anche governi europei. E l’Italia che ruolo sta giocando in questo scenario?

Proprio recentemente è apparsa sui giornali la notizia che il segretario regionali dell’Adiconsum, Giorgio Vargiu, ha scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e a tutti i Ministri chiedendo che venga fatta un’indagine sul fenomeno delle cosiddette “scie chimiche”. A questo proposito il segretario regionale dell’Adiconsum cit anche l’Accordo di collaborazione Italia-Usa del 2003, denominato “Cooperazione Italia-Usa su Scienza e Tecnologia dei cambiamenti climatici”, nel quale si fa riferimento a “siti sperimentali italiani dove vengono modificate artificialmente le condizioni ambientali a cui è esposta la vegetazione” e di “meccanismi di risposta delle piante”. Nella sua lettera Vargiu si rifà anche a studi condotti in tutto il mondo.

Ma torniamo per un momento all’accordo di collaborazione Italia-Usa, in cui si legge: “Gli Stati Uniti e l’Italia hanno organizzato un Convegno Bilaterale sulla ‘Ricerca congiunta sui cambiamenti climatici’ a Roma, il 22-23 gennaio 2002, in seguito all’impegno del Presidente George W. Bush e del primo Ministro Silvio Berlusconi di intraprendere ricerche sui cambiamenti climatici in collaborazione”.

Questo impegno faceva perno sulla ‘necessità’ di basarsi su solidi risultati scientifici e sulla potenza della tecnologia per ridurre le incertezze associate con i futuri cambiamenti climatici e ambientali. I due Paesi identificarono più di 20 progetti di ricerca nel campo dei cambiamenti climatici pronti ad un avvio a breve e medio termine nelle aree delle simulazioni globali e regionali. “I progetti di ricerca immediatamente pronti all’implementazione miglioreranno la nostra capacità di capire, sorvegliare e prevedere le variazioni climatiche e i loro impatti. Inoltre, le attività di ricerca tecnologiche attivabili a breve contribuiranno allo sviluppo di tecnologie avanzate a basso contenuto di carbonio per limitare le emissioni dei gas serra. Gli studi condotti recentemente hanno mostrato che esiste una buona possibilità di cambiamenti climatici nei prossimi 50 anni. Viste e ricadute sulle attività umane che un clima diverso dall’attuale potrà avere, inizia ad essere imperativo iniziare a considerare la variabile “clima” come una delle più importanti nella catena delle decisioni. Una maggiore conoscenza delle caratteristiche del clima locale, dei suoi cambiamenti nel recente passato (40-50 anni) e la definizione di scenari climatici futuri a scala locali è altrettanto fondamentale.

Il nostro Paese è sicuramente un’area a rischio per le problematiche connesse ai cambiamenti climatici. Al di là della comprensione “accademica” se il nostro Paese sia “predestinato” ad avere un clima “medio” diverso in futuro (ad esempio temperature più alte o precipitazioni minori, meno fenomeni nevosi, innalzamento dei mari Tirreno e Adriatico), è necessario prestare molta attenzione anche alle eventuali modifiche nella frequenza di accadimento di eventi meteo-climatici anomali: periodi di caldo anomalo, precipitazioni molto intense, eventi temporaleschi grandinigeni ecc.

Una maggior frequenza di precipitazioni più intense avrebbe sicuramente un impatto devastante nel nostro Paese, viste le condizioni di dissesto idrogeologico in cui gran parte di esso si trova, come purtroppo è stato reso palese dai recenti episodi alluvionali che hanno colpito sia il Nord che il Sud dell’Italia. Solo questo semplice esempio dovrebbe far riflettere sull’urgenza di conoscere adesso quali potrebbero essere gli scenari climatici futuri in modo da avere tempo sufficiente per pensare a possibili rimedi. Sull’importanza del clima, sulla vita umana siamo tutti d’accordo, ma attenzione a non confondere i rimedi con le cause. Tra le aree di studio previste nell’ambito del progetto si leggono titoli inquietanti, quali:

Regionalizzazione delle simulazioni climatiche

Studi dell’aerosol, della composizione chimica dell’atmosfera, dei processi di scambio e degli impatti dei cambiamenti climatici nei climi mediterranei dell’emisfero Nord (USA ed Italia)

Osservazioni in situ dell’aerosol

Esperimenti di manipolazioni degli ecosistemi terrestri

Sviluppo di scenari sanitari futuri

Gestione del progetto e supporto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.

Inoltre facciamo notare che il medesimo documento cita tra i partecipanti al tavolo del lavori:

P1: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

P2: Earth Institute, Columbia University (CU)

P3: Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM)

P4: The Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICPT)

P5: Servizio Meteorologico Regionale, Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia Romagna

P6: Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima

P7: Istituto di Matematica, Fisica e Applicazioni, Università degli Studi Parthenope

P8: Dipartimento di Scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue Risorse

P9: Centro Europeo Ambientale e Salute, Organizzazione Mondiale della Sanità

P10: Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di BioMeteorologia

P11: Istituto di Biologia

P12: Solvay-Solexis

P13: Centro Ricerche FIAT

P14: Nuvera Fuell Cells

P15: Ansaldo Fuell Cells

Ricerca accademica, Servizio Meteorologico, CNR, Organizzazione Mondiale della Sanità, Industria Petrolifera, chimica, automobilistica, rappresentanze politiche, ma non mancava proprio nessuno.

Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia



Fonti: Articoli di Antonio e Rosario Marcianò curatori del sito www.tankerenemy.com

Articoli del biologo Dott. Giorgio Pattera

Intervista al Tenente Generale Fabio Mini, Radio Base, all’interno del programma Linea Diretta del 21 febbraio 2008

Documento “Weather as a multiplier force Owning the weather in 2025” della Marina Militare US (1996)

Articolo “Scie chimiche: Il segretario regionale dell’Adiconsum Giorgio Vargiu scrive a Napolitano” dal quotidiano “La Nuova Sardegna” del 13-06-2010

Accordo di collaborazione Italia-USA del 2003, denominato “Cooperazione Italia-Usa su Scienza e Tecnologia dei cambiamenti climatici” tratto dal sito http://www.scribd.com/doc/9381320/PianodettaglioAccordoItaliaUSAsulClima

Articoli della giornalista indipendente Carolin Williams Palit


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Un quadro catastrofico, fuori dalla propaganda di regime...

Allora il debito pubblico italiano è di 2000 miliardi ed è al 120% del rapporto con il PIL. Ridurre di un ventesimo l'anno, la somma eccedente il 60% del rapporto con PIL (questo chiede in pratica il Fiscal Compact ), vuol dire ridurre di un ventesimo l'anno esattamente la metà, cioè un ventesimo di 1000 miliardi: manovre da 50 miliardi l'anno, in buona sostanza, per 20 anni.



Problemi:

Dopo nove mesi di austerità e rigore il debito è aumentato dal 120 a 123% del rapporto con il PIL che è ulteriormente crollato; 
La Spending Review con il  Fiscal Compact non c'entra nulla; 
Il pareggio di bilancio con il F.C. non c'entra assolutamente nulla; 
La crescita dell Italia non è a pari a ZERO, ma è a - 2,5% (MENO 2,5% ), quindi, in pratica decresciamo. 
Solo uno sprovveduto, può pensare di far crescere il PIL del 2% l'anno, in un Paese dove:
La produzione industriale è in caduta libera;
I consumi sono crollati; 
Le aziende chiudono una dopo l'altra;
La disoccupazione è dilagante; 
Le tasse sono le più alte del mondo; 
La benzina è la più cara al mondo;
L'economia è stata sventrata; 
Il tessuto produttivo è in fase di disgregazione; 
Le esportazioni sono crollate mandando in deficit la bilancia dei pagamenti, e quindi siamo costretti a indebitarci con l'estero per finanziare le importazioni;
La spirale del debito con l'estero, di conseguenza, ci costringe ad indebitarci sempre di più con l'estero per pagare gli interessi sempre più alti, all'estero sempre.

A questo quadro catastrofico, deve aggiungersi che l'Europa ha bocciato la golden rule, una regola di bilancio di semplice enunciazione che, in estrema sintesi, avrebbe consentito solo agli investimenti pubblici, quelli che - almeno sulla carta - avrebbero potuto consentire una qualche forma di scostamento delle percentuali del PIL in positivo, di poter essere finanziati in disavanzo. 

Domanda: con quali soldi si dovrebbe allora finanziare la crescita?

E' ben noto che solo lo Stato, può investire somme adeguate in periodi di crisi economica, non certo i privati, senza nemmeno il sostegno del credito bancario. Ora si da il caso, che lo Stato in questione - l'Italia - ha "la cassa vuota" e nessuna possibilità di rifinanziare il proprio debito. In buona sostanza, non può battere moneta e, per tutto il fabbisogno deve approvvigionarsi di liquidità nel mercato libero, mercato che esige, "giustamente" - gli speculatori, sono tali, perché speculano, appunto, non sono Dame di San Vincenzo - interessi sempre più alti, in ragione del fatto che "uno" - nel caso di specie lo Stato italiano - più si indebita e più rischia l'insolvenza. I debiti, non si possono estinguere con altri debiti, al massimo può accadere che prima o poi si smette di pagarli perché non è più possibile pagarli: non si hanno più denari in cassa, non si ha nessuna possibilità di stamparli e, nessuno te li presta oltre al fatto che il sistema economico produttivo non è più capace di produrre alcunché e meno che mai, valuta! 


Insomma ci stanno prendendo per i fondelli per l'ennesima volta, i paraculi delle banche, con  i loro finti decreti pro crescita, pieni di soldi che non esistono e che non potranno essere quindi stanziati mai. Chiacchiere al vento, quindi. In pratica, pijate per il culo!

La crisi sbarca in Cina,affogano nella merce invenduta!

-di Debora Billi per Petrolio-
Così impariamo ad incensare la “globalizzazione”.
Mentre l’emisfero occidentale, improduttivo e consumatore, si dibatte in una crisi economica senza precedenti che costringe le famiglie a stringere la cinghia e a smettere di comprare, l’emisfero orientale manifatturiero affoga nelle merci che ha prodotto e che nessuno vuole più.
Lo racconta il New York Times:
Dopo tre decadi di torrida crescita, la Cina sta incontrando un problema poco familiare per la sua economia da poco in crisi: un enorme ammucchiarsi di merce invenduta sta ingombrando i grossisti, affollando i rivenditori di auto e riempiendo i capannoni.
La gravità della situazione dell’inventario cinese, secondo il NYT, viene mascherata da trucchi contabili del governo. Stagnano le importazioni, cala l’occupazione, scendono gli immobili e fuggono i capitali.  (foto:infophoto)
In fin dei conti, le importazioni di petrolio in Cina sono calate di ben l’11% su base annua, nello scorso mese di luglio. Qualcosa vorrà pur dire. Dispiace invece per tutte quelle tonnellate di materie prime lavorate che giacciono inutilizzate nei magazzini. A montagne.
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Gli Stati Uniti triplicano le vendite di armi nel mondo

Sono i sauditi a garantire il fenomenale successo commerciale dell'apparato militare industriale americano dell'anno scorso. Nel 2010 gli Stati Uniti avevano venduto nel mondo armi per 21,4 miliardi di dollari (31 nel 2009). Secondo uno studio del Congress Research Service, una sezione della Library Congress di Washington, le vendite del 2011 si sono triplicate: 66,3 miliardi. Cioè tre quarti del mercato globale degli armamenti di quell'anno: 85,3 miliardi di dollari. Il secondo grande esportatore, la Russia, ne ha venduti per 4,8 miliardi.

Silenziosamente e spesso violando gli embarghi delle Nazioni Unite, i cinesi stanno invece conquistando il mercato dell'Africa subsahariana, escluso il Sudafrica. Repubblica Democratica del Congo, Costa d'Avorio, Sudan, Somalia: sono almeno 16 i Paesi, di cui sette sanzionati con embargo Onu. In un decennio la produzione militare cinese è aumentata del 95%. Ma quello africano è più un business politico che economico: le armi che si esportano sono di scarso valore.

Nel Golfo è un'altra storia: politica, militare e assolutamente economica per gli americani. Più di 33 miliardi i sauditi; 4,4 gli Emirati arabi uniti; 1,4 l'Oman. L'Arabia Saudita da sola ha garantito la metà delle vendite da record degli Stati Uniti, l'anno scorso. Fuori dal Medio Oriente, il resto lo hanno soprattutto comprato gli indiani e Taiwan.

A Centcom, il quartier generale centralizzato per il Grande Medio Oriente, creato dagli Stati Uniti dopo l'11 settembre, da tempo si organizzano giochi di guerra nel Golfo. Immaginando che Israele bombardi i siti nucleari iraniani, gli americani e i loro alleati simulano varie opzioni nel tentativo di dare una risposta alla domanda fondamentale: "cosa accadrà dopo?". Si presume che gli iraniani risponderanno con una controffensiva missilistica sui Paesi del Golfo e soprattutto sui campi petroliferi sauditi; che riempiano di mine lo stretto di Hormuz per bloccare le esportazioni di greggio; che spingano Hezbollah  e Hamas a Gaza a lanciare i loro razzi su Israele; che scatenino un'offensiva terroristica ovunque sia possibile.

La guerra civile siriana avrà un nuovo drammatico impulso: ma fino a che le armi batteriologiche del regime di Assad resteranno nei loro arsenali, il conflitto non richiede armamenti sofisticati, per i governativi come per gli oppositori. Se invece una guerra regionale scoppierà, sarà di aerei, missili e intelligence. Più che di eserciti convenzionali, sarà un conflitto altamente tecnologico.

Questo spiega l'alto costo degli acquisti dei Paesi arabi del Golfo. I sauditi hanno comprato 80 caccia-bombardieri F-15 di ultimissima generazione, le tecnologie per rimodernare altri 70 F-15 più vecchi, elicotteri Apache e Black Hawk, missili. Gli Emirati hanno acquistato uno scudo missilistico antimissile da tre miliardi e mezzo di dollari; l'Oman 18 aerei F-16. 

Nessuno vuole la guerra, ma per non sbagliare tutti si preparano all'ipotetico Armageddon.


Tratto da Per la Pace 

Le maggiori aziende al mondo produttrici di armi che andrebbero demolite:

BAE Systems (UK) 
Lockheed Martin (USA) 
Boeing (USA) 
Northrop Grumman (USA) 
General Dynamics (USA) 
Raytheon (USA) 
EADS (West Europe) 
Finmeccanica (Italy) 
L-3 Communications (USA) 
Thales (France)

Target 2: siamo tutti seduti su una mina, e gli artificieri sono ignoranti.


Questa è roba difficile, ma la spiego facile, perché è drammatica
 Ne il Più Grande Crimine ho raccontato la parte scientemente costruita del piano di spoliazione delle nostre vite. Imprescindibile da sapere, mostruosa e micidiale. Ciò non esclude che i politici e anche i tecnocrati non possano fare cose talmente stupide da essere devastanti. Purtroppo molti giovani pensano in bianco e nero, cioè o tutto è un piano di “illuminati” dotati di diabolica precisione, oppure nulla di ciò che accade sarebbe possibile. Sbagliato. Oggi purtroppo c’è una mina vagante nell’Eurozona che potrebbe spazzarci via con danni epocali e che è unicamente frutto di pura incompetenza idiota da parte soprattutto della politica tedesca, che poi oggi significa la UE in questa sciagurata trappola dell’euro.
La cosa è complessissima e normalmente ad appannaggio degli esperti, ma voi avete il diritto di sapere e di capire perché ne va della vostra vita, e io di mestiere faccio quello che ve la spiega facile.  Partiamo per gradi.
 Primo: voi sapete che i singoli ordinari conti correnti bancari sono garantiti dallo Stato fino a una determinata cifra. Ok. Quando fu creato l’euro, che è emesso non più dagli Stati ma dalla Banca Centrale Europea, non si pensò di obbligare la BCE a garantire tutti i nostri conti correnti. Questa funzione fu lasciata ai singoli governi nazionali. Ma questo è un problema. Cioè abbiamo governi che non possono emettere liberamente la moneta che però sono costretti a garantire conti correnti di una moneta emessa da altri. Cioè: era logico che colui che aveva il potere di emettere senza limiti la moneta (la BCE) fossa anche colui che la garantiva. Ma no. Ok. Ciò implica che in caso di grossi guai bancari, i nostri soldi sono di fatto garantiti da un garante (il governo) minorato, per così dire, che non ha la libertà di emettere tutti i soldi per farlo. Grosso problema. Immaginate un crack bancario, tutti che vanno nel panico, corrono in banca a ritirare i soldi. Il governo nazionale può garantirli solo fino a un certo punto. Poi è il caos.
Secondo: quando fu creato l’euro, si stabilì la libera a completa mobilità degli euro in giro per tutta l’Eurozona. Cioè, io che ho un conto corrente a Barcellona posso trasferire i miei soldi su un conto irlandese o tedesco o italiano esattamente come posso farlo da una banca spagnola all’altra. Questa mobilità di applica anche ai trasferimenti su larga scala  fra Banche Centrali dell’Eurozona e fra Banche Centrali e banche commerciali. Essa ha un nome preciso nei Trattati europei: Target 2.
Terzo: sappiamo tutti come stanno andando le cose nell’Eurozona. Una catastrofe senza fondo, un disperato arrabattamento degli Stati cosiddetti PIIGS (fra cui noi) per sopravvivere alle Austerità che, con la scusa della crisi dell’euro, ci stanno infliggendo, e che servono solo a distruggere le nostre democrazie, a consegnare le nostre ricchezze nazionali a Francia e Germania, e a schiavizzarci per generazioni sotto il maglio degli speculatori. I cittadini se ne stanno rendendo conto, non tutti siamo ignari. E molti di loro sanno che i loro conti correnti sono solo garantiti a metà, o per nulla. Infatti i dati ufficiali sulle transazioni bancarie in Eurozona ci dicono che è in atto una corsa a trasferire conti correnti di gente dei Paesi PIIGS verso le banche tedesche, viste come porti sicuri per i risparmi dei signori Bianchi, Sanchez, o Saramakis. Ciò accade grazie al Target 2. In termini tecnici questa è già una cosiddetta “corsa sulle banche, bank run”, cioè si corre alla propria banca a prelevare per portare i soldi da un’altra parte. Quando il fenomeno accelera nel panico, è praticamente guerra civile e anche spesso default dello Stato. La Germania è dunque il ricevitore di tutti questi soldi. Ok.
Quarto: va capito che quando il sig. Sanchez trasferisce ad es. 15.000 euro dal suo conto di Barcellona a una banca di Francoforte, ci sono passaggi molto precisi che devono accadere, cioè il ‘clearing’. Cos’è? Ecco: Sanchez fa un bonifico dal Banco Santander che va a un suo conto alla Deutsche Bank. La Deutsche glielo accredita in conto, e finora sono solo numerini elettronici che scompaiono da un c/c al Banco e compaiono in un c/c alla Deutsche, non sono soldi veri. Diventano soldi veri quando la Deutsche chiede al Banco di onorare quel bonifico con euro. Il Banco cosa fa? Pesca 15.000 euro nella sue RISERVE, cioè nel suo salvadanaio che sta alla Banca Centrale Spagnola, e li trasferisce nelle RISERVE della Deutsche. Ok, ora tutto è completo. Clearing fatto (questo accade con qualsiasi pagamento bancario). Sanchez ha i suoi soldi in Germania. Ma cosa accade se la Spagna (o Grecia o Irlanda o Italia…) fa il crack e con essa le sue banche? Chi onora tutti quegli euro spagnoli (o greci o irlandesi o italiani…) che stipano le banche di casa? L’unico organo in grado di intervenire a coprire i buchi è la famosa BCE, che come emissore sovrano di euro può farlo, in teoria, illimitatamente (e in piccola parte lo sta già facendo).
Ultima cosa: considerate che una gran parte dei soldi che stanno nelle banche dell’Eurozona appartengono a gente informata di finanza, cioè non siamo tutti la signora Ida e il signor Piero del piano di sotto. Questi tizi al primo segnale di pericolo si precipitano in banca e fanno un bel Target 2 dei loro soldi in direzione Germania. La notizia non potrà essere tenuta nascosta, e a quel punto anche la signora Ida e il signor Piero faranno la stessa cosa. Panico, bank run e disastro. Ne consegue che i signori tecnocrati della UE, i Draghi, Schauble, Weidmann, ecc., dovrebbero fare di tutto affinché quel segnale di pericolo non parta mai, mai e poi mai. Chiaro? Sembra ovvio, no? Ci arriverebbe un tonno, vero? Eppure no. La Germania sta giocando in modo sconsiderato con una botte di nitroglicerina in bilico dal sesto piano di un palazzo, e sono serissimo a dire questo. Ecco cosa accade.
Sapete che questa Eurozona agonizzante si è dotata di due fondi cosiddetti ‘salva Stati’, l’EFSF e il MES, di cui ho già scritto. Sono due trappole micidiali per favorire il Colpo di Stato Finanziario, ma ora questo non ci interessa. Il fatto è che per gli investitori e per chi maneggia molto denaro, questi due fondi sono divenuti la garanzia che se le cose si mettono male per Spagna o Grecia o Portogallo, bè, forse i soldi per rimediare li tirano fuori l’EFSF e il MES, anche per rimediare ai buchi delle banche (il MES). Naturalmente ci sarebbe anche la BCE che potrebbe intervenire, come detto sopra, ma c’è chi in molte capitali del nord Europa si oppone. Mario Draghi, che ne è il governatore, ha di recente accennato al fatto che la BCE potrebbe invece fare un’eccezione, ma è stato vago finora. Quindi tutti con gli occhi puntati sui fondi EFSF e MES, e mi raccomando che bastino, se no è il panico.
Quando la povera Grecia dovette nel maggio 2010 essere ‘resuscitata’ proprio dal EFSF (in realtà una sciagura), il parlamento della Germania diede l’ok. Ma alcuni politici erano contrari e sfidarono il sì del parlamento tedesco presso la loro Corte Costituzionale. La sentenza diede ragione al Parlamento, ma in essa si legge che ogni futuro esborso del EFSF dovrà essere sottoposto ad approvazione parlamentare. Nel frattempo il EFSF diventava MES, ma il MES stesso necessita di ratifica parlamentare. Cioè: il nuovo fondo di ‘salvezza’, che è l’unica cosa che tiene calmi investitori e ricconi europei, potrebbe essere bocciato dall’influente Germania. Infatti la Corte Costituzionale tedesca si dovrà pronunciare su questo MES nei prossimi mesi, visto che qualcuno a Berlino ha presentato un ricorso contro di esso. Tutti col fiato sospeso, fibrillazione pre bank run. Ma c’è di più.
Molti in Germania sono convinti che sarà il loro Paese a pagare le bollette per la salvezza di sti “Maiali” PIIGS (Spagna, Italia, Grecia, Irlanda e Portogallo). Ma attenzione: sono convinti che se crollassero le banche PIIGS da cui sono arrivati nella banche tedesche tutti quei soldi di correntisti PIIGS per mezzo del Target 2, le banche tedesche si ritroverebbero cariche di miliardi inesigibili. Questo è falso, ma anche eminenti economisti e politici ci credono ciecamente, e hanno una fifa folle. Ogni giorno lo sbraitano sui media, e la fibrillazione pre bank run rischia di divenire infarto pieno.
Quindi non è da escludersi che altri faranno ricorso presso la Corte Costituzionale anche per bloccare il Target 2. Ora, il fatto stesso che Berlino stia considerando la bocciatura del MES è di per sé un allarme altissimo per investitori e ricconi. Già sono lì con mezzo piede fuori dalla porta dell’ufficio per fare il bank run. Se poi accadesse… se poi gli si bocciasse anche Target 2…
Non scherziamo. Al primo segnale, anche solo alla prima nervosa dichiarazione di bocciatura, il bank run scatterebbe con una violenza inaudita. Questo significa che le banche spagnole, greche e portoghesi dovrebbero chiudere gli sportelli in pochi minuti. La gente andrebbe nel panico, sarebbe il caos e la violenza, impossibile prevedere la portata del disastro. Ma peggio: il bank run scatterebbe anche in Francia e Italia, in Austria e Belgio di certo. Apocalisse. E non sto affatto esagerando. A quel punto ci potrebbe essere solo una disperata salvezza dalla guerra civile: un intervento colossale di rifinanziamento di tutte le banche saltate in aria, e un intervento di garanzia delle banche a rischio in Francia e Germania (percepite come a rischio, ma non lo sono), con soprattutto un intervento di acquisto dei titoli di Stato dei PIIGS che piomberebbero al totale collasso, da parte della BCE di Mario Draghi. Ma…
Ma la BCE, che pure tecnicamente potrebbe farlo in due minuti, ha le mani legate dai suoi vincoli legali a non essere prestatore di ultima istanza, ma soprattutto oggi è proprio la Germania del banchiere centrale Jens Weidmann a sbraitare ai quattro venti che mai e poi mai! la Germania acconsentirebbe a una tale azione della BCE. Draghi potrebbe fregarsene, ma lo farà? Se lo chiedono in questi minuti tutti gli investitori che contano, mentre sul piatto sta in bilico la possibilità che esploda nel panico e nella catastrofe delbank run tutta l’economia di milioni di famiglie come noi, e la Germania tira calci a quel piatto ogni giorno.
La follia e l’incalcolabile ignoranza stanno nel fatto che se questi tecnocrati tedeschi, ma anche i nostri e quelli degli altri, capissero che nella realtà le perdite della BCE nello sborsare trilioni di euro sono del tutto virtuali, che essa se le può accollare senza problema perché sono solo blip elettronici che si accumulano in un computer di Francoforte, e che non è assolutamente vero che le banche tedesche subirebbero buchi enormi… se capissero ciò, tutto questo odioso gioco ai sudori ghiacciati, ma soprattutto questa reale possibilità di gettare tutti noi cittadini nella guerra civile e nella disperazione, potrebbero svanire nel nulla in 24 ore. Ma vi rendete conto? Avete un’idea di cosa si sta parlando, di cosa sia per i lavoratori, le aziende, la democrazia un bank run in mezza Europa?
E in ultimo. E sempre nel filone dell’incalcolabile ignoranza e irresponsabilità: ma perché diavolo ci siamo cacciati in questo incubo apocalittico? Perché dobbiamo vivere con le nostre famiglie sedute su una mina vagante così orrenda? Perché non c’è un politico qui che ci capisca qualcosa e che lo gridi in Parlamento? E’ L’EURO! TUTTO QUESTO ESISTE PERCHE’ CI HANNO FICCATI NELL’EUROZONA! Ma siamo pazzi? Ma svegliamoci! Io non ho mai votato Target 2, mai votato EFSF, mai votato MES, ma votato di saltare in aria perché questi signori sono ignoranti o falsari, di vedere i miei concittadini che stravolti dalla paura prendono a calci i vetri blindati delle banche sotto casa. Ma perché? PERCHE’?
Ottobre, 20-21, Rimini. Ottobre 27-28, Cagliari. Salviamoci, ma cosa aspettiamo?

Indonesia: nuova fase eruttiva con potenti esplosioni sul vulcano Krakatau

4 set 2012 - Una nuova attività del vulcano Krakatau  é cominciata ieri,quando il vulcano ha prodotto un pennacchio di cenere che ha raggiunto i 4.2 Km di altezza,la caduta di della ceneri é stata osservata sino a 130 KM di distanza ed ha raggiunto la città Lampung.Le autorità dichiarano che il vulcano ha aumentato la sua attività negli ultimi giorni raggiungendo una espulsione di lava sino a 300m di altezza sopra il suo picco.E' stato diramato un'avviso ai turisti ed alla popolazione con divieto di avvicinamento al vulcano.Sono piu di 100 i tremori registrati negli ultimi giorni.
L’Indonesia è il paese con il più elevato numero di vulcani attivi al mondo. Ve ne sono oltre 150. Le oltre 17 mila isole che formano questo sterminato arcipelago, esteso per migliaia di chilometri da ovest ad est lungo entrambi i lati dell’equatore, si adagiano sui bordi di due importanti e fragili faglie tettoniche. I circa 200 milioni di abitanti che le abitano devono pertanto convivere con le improvvise eruzioni vulcaniche e i frequenti eventi sismici in cambio di un terreno assai fertile e adatto all’agricoltura. Soltanto negli ultimi duecento anni si calcola che almeno 175 mila persone siano morte in Indonesia per le eruzioni vulcaniche, due delle quali sono ricordate come le più violente mai registrate nella storia: quelle del monte Tambora e del più famoso Krakatoa. Entrambe le eruzioni si verificarono nel corso del XIX secolo.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=396226677109317&set=a.161850147213639.41501.161836417215012&type=1&theater
http://thewatchers.adorraeli.com/2012/09/03/new-eruptive-phase-powerful-explosions-krakatau-volcano-indonesia/

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Paul Krugman: “Usano il panico da deficit per smantellare i programmi sociali”

Un articolo illuminante, da leggere e diffondere, del premio Nobel Paul Krugman, uscito in questi giorni sul New York Times. Come è ormai chiaro a tutti, Krugman spiega perché le politiche di austerity non hanno senso dal punto di vista economico, al contrario: l’austerity è solo la scusa per smantellare i programmi sociali su scala globale. Ecco l’articolo:
L’AGENDA DELL’AUSTERITY

“Il tempo giusto per le misure di austerità è durante un boom, non durante la depressione”. Questo dichiarava John Maynard Keynes 75 anni fa, ed aveva ragione. Anche in presenza di un problema di deficit a lungo termine (e chi non ce l’ha?), tagliare le spese quando l’economia è profondamente depressa è una strategia di auto-sconfitta, perché non fa altro che ingrandire la depressione.
Allora come mai la Gran Bretagna (e l’Italia, la Grecia, la Spagna, ecc. NDR) sta facendo esattamente quello che non dovrebbe fare? Al contrario di paesi come la Spagna, o la California, il governo britannico può indebitarsi liberamente, a tassi storicamente bassi. Allora come mai sta riducendo drasticamente gli investimenti, ed eliminando centinaia di migliaia di lavori nel settore pubblico, invece di aspettare che l’economia recuperi?
Nei giorni scorsi, ho fatto questa domanda a vari sostenitori del governo del primo ministro David Cameron. A volte in privato, a volte in TV. Tutte queste conversazioni hanno seguito la stessa parabola: sono cominciate con una metafora sbagliata, e sono terminate con la rivelazione di motivi ulteriori (alla ripresa economica NDR).
La cattiva metafora – che avrete sicuramente ascoltato molte volte – equipara i problemi di debito di un’economia nazionale, a quelli di una famiglia individuale. La storia, pressappoco è questa: Una famiglia che ha fatto troppi debiti deve stringere la cinghia, ed allo stesso modo, se la Gran Bretagna ha accumulato troppi debiti – cosa che ha fatto, anche se per la maggior parte si tratta di debito privato e non pubblico – dovrebbe fare altrettanto!
COSA C’È DI SBAGLIATO IN QUESTO PARAGONE?
La risposta è che un’economia non è come una famiglia indebitata. Il nostro debito è composto in maggioranza di soldi che ci dobbiamo l’un l’altro; cosa ancora più importante: il nostro reddito viene principalmente dal venderci cose a vicenda. La tua spesa è il mio introito, e la mia spesa è il tuo introito.
E allora cosa succede quando tutti, simultaneamente, diminuiscono le proprie spese nel tentativo di pagare il debito? La risposta è che il reddito di tutti cala – il mio perché tu spendi meno, il tuo perché io spendo meno.- E mentre il nostro reddito cala, il nostro problema di debito peggiora, non migliora.
Questo meccanismo non è di recente comprensione. Il grande economista americano Irving Fisher spiegò già tutto nel lontano 1933, e descrisse sommariamente quello che lui chiamava “deflazione da debito” con lo slogan:”Più i debitori pagano, più aumenta il debito”. Gli eventi recenti, e soprattutto la spirale di morte da austerity in Europa, illustrano drammaticamente la veridicità del pensiero di Fisher.
Questa storia ha una morale ben chiara: quando il settore privato sta cercando disperatamente di diminuire il debito, il settore pubblico dovrebbe fare l’opposto, spendendo proprio quando il settore privato non vuole, o non può. Per carità, una volta che l’economia avrà recuperato si dovrà sicuramente pensare al pareggio di bilancio, ma non ora. Il momento giusto per l’austerity è il boom, non la depressione.
Come ho già detto, non si tratta di una novità. Allora come mai così tanti politici insistono con misure di austerity durante la depressione? E come mai non cambiano piani, anche se l’esperienza diretta conferma le lezioni di teoria e della storia?
Beh, qui è dove le cose si fanno interessanti. Infatti, quando gli “austeri” vengono pressati sulla fallacità della loro metafora, quasi sempre ripiegano su asserzioni del tipo: “Ma è essenziale ridurre la grandezza dello Stato”.
Queste asserzioni spesso vengono accompagnate da affermazioni che la crisi stessa dimostra il bisogno di ridurre il settore pubblico. Ciò e manifestamente falso. Basta guardare la lista delle nazioni che stanno affrontando meglio la crisi. In cima alla lista troviamo nazioni con grandissimi settori pubblici, come la Svezia e l’Austria.
Invece, se guardiamo alle nazioni così ammirate dai conservatori prima della crisi, troveremo che George Osborne, ministro dello scacchiere britannico e principale architetto delle attuali politiche economiche inglesi, descriveva l’Irlanda come “un fulgido esempio del possibile”. Allo stesso modo l’istituto CATO (think tank libertario americano) tesseva le lodi del basso livello di tassazione in Islanda, sperando che le altre nazioni industriali “imparino dal successo islandese”.
Dunque, la corsa all’austerity in Gran Bretagna, in realtà non ha nulla a che vedere col debito e con il deficit; si tratta dell’uso del panico da deficit come scusa per smantellare i programmi sociali. Naturalmente, la stessa cosa sta succedendo negli Stati Uniti.
In tutta onestà occorre ammettere che i conservatori inglesi non sono gretti come le loro controparti americane. Non ragliano contro i mali del deficit nello stesso respiro con cui chiedono enormi tagli alle tasse dei ricchi (anche se il governo Cameron ha tagliato l’aliquota più alta in maniera significativa). E generalmente sembrano meno determinati della destra americana ad aiutare i ricchi ed a punire i poveri. Comunque, la direzione delle loro politiche è la stessa, e fondamentalmente mentono alla stessa maniera con i loro richiami all’austerity.
Ora, la grande domanda è se il fallimento evidente delle politiche di austerità porterà alla formulazione di un “piano B”. Forse. La mia previsione è che se anche venissero annunciati piani di rilancio, si tratterà per lo più di aria fritta. Poiché il recupero dell’economia non è mai stato l’obiettivo; la spinta all’austerity è per usare la crisi, non per risolverla. E lo è tutt’ora.





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