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La Nasa osserva dune di sabbia in movimento su Marte!

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In alcune nuove immagini ottenuta dal Mars Reconnaissance Orbiter, della NASA, su Marte, sono ben visibili alcune dune di sabbia in movimento. Queste osservazioni svelano un pianeta un po' più dinamico di quanto si immaginava precedentemente. "O Marte ha più vento di quanto pensavamo prima, o i venti sono in grado di trasportare più sabbia di quanto pensavamo" ha commentato Nathan Bridges, scienziato planetario presso l'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University e autore principale della ricerca pubblicata sul giornale "Geology". "Pensavamo che la sabbia su Marte fosse relativamente immobile, quindi queste nuove osservazioni stanno cambiando la nostra intera prospettiva."


Mentre sappiamo che ci sono tempeste e dust devil di polvere rossa su Marte, la polvere più scura e pesante presente sulla superficie è molto difficile da muovere. Meno di un decennio fa gli scienziati pensavano che le dune e le pieghe sparse per la superficie di Marte o non si spostavano affatto o lo facevano troppo lentamente perché venisse rilevato il movimento.
Il MRO è stato lanciato nel 2005. Le immagini iniziali provenienti dalla High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) hanno documentano soltanto un paio di casi di movimenti delle dune di sabbia, ma adesso, dopo anni di monitoraggio della superficie di Marte, la navicella ha documentato movimenti di diversi metri all'anno in dozzine di casi diversi sparsi per il pianeta rosso.


L'aria su Marte è così sottile che sarebbero necessari fortissimi venti per spingere i granelli di sabbia. Gli esperimenti fatti nei tunnel del vento hanno mostrato che una manciata di sabbia avrebbe bisogno di venti fino ai 130 km/h per muoversi su Marte, rispetto ai soli 16 km/h sulla Terra. Le misurazioni degli esperimenti meteorologici a bordo dei lander Viking della NASA hanno mostrato che questo tipo di venti sono estremamente rari su Marte.

I primi indizi che le dune su Marte si stanno muovendo sono arrivati dal Mars Global Surveyor, che è restato operativo dal 1997 al 2006, ma le camere della navicella mancavano della risoluzione necessaria per rilevare con certezza i cambiamenti. Anche i rover Spirit e Opportunity hanno rilevati indizi relativamente al cambiamento nella posizione della sabbia quando sono atterrati sulla superficie del pianeta rosso nel 2004. Il team della missione fu sorpreso di vedere granelli di sabbia sparsi sopra i panelli solari del rover. Hanno anche osservato le tracce del rover riempirsi con sabbia.



"La sabbia si muove saltellando di posto in posto." ha spiegato Matthew Golombek, co-autore della nuova ricerca e membro sia del team MRO che di quello responsabile per i due rover. "Prima dell'atterraggio dei rover su Marte, non avevamo alcuna chiara prova che la sabbia si muoveva."

Ma non tutta la sabbia su Marte viene soffiata via dal vento. Lo studio ha anche identificato diverse aree dove la sabbia è restata immobile. Le dune di sabbia non sembra esserci stato movimento potrebbero essere fatte di granelli più grandi" ha spiegato Bridges, che è anche membri del team HiRISE. "Questi studi mostrano il grande beneficio di un monitoraggio longevo ad alta risoluzione."

Secondo gli scienziati, le aree che sembrano stazionarie potrebbero muoversi comunque ma su scale temporali più grandi, mosse magari da cicli climatici del pianeta Marte, che durano decine di migliaia di anni. L'inclinazione dell'asse Marziano relativamente al suo piano orbitale può variare drammaticamente. Questo, combinato con la forma ovale dell'orbita Marziana, può portare a estremi cambiamenti nel clima Marizano, molto più grnadi di quelli che sono visibili sulla Terra. Marte potrebbe essere stata, una volta, abbastanza calda da avere una spessa atmosfera di diossido di carbonio (che adesso si trova ghiacciato nelle calotte polari). Questo avrebbe portato a venti molto più forti, capaci di trasportare molta più polvere.
Fonte:http://www.nasa.gov/mission_pages/MRO/news/mro20111117.html

Terremoto? Un nuovo sistema ti avvisa in anticipo!

Sull’esempio del Giappone, anche l’Italia sperimenta per la prima volta un prototipo di allerta precoce dei sismi. Perché pochi secondi di vantaggio, prima di una scossa, possono cambiare tutto

di Daniela Cipolloni

Se non possiamo prevederli, i terremoti possiamo almeno batterli sul tempo. È quello che promette l’Early Warning System, un avanzatissimo sistema di allerta preventiva già utilizzato da alcuni anni in Giappone, Messico, Taiwan e recentemente in California. Ora anche l’Italia, uno dei paesi più sismici d’Europa, con un patrimonio artistico e architettonico inestimabile, raccoglie la sfida e prova a giocare d’anticipo. Il progetto, realizzato dalla Regione Campania, con l'Università Federico II di Napoli e il centro Amra di analisi e monitoraggio del rischio ambientale, è già in fase di test.“Una rete di 35 sismografi ad alta tecnologia sono stati dislocati lungo l’Appennino meridionale, tra Benevento e Potenza, in prossimità delle faglie attive che nel 1980 provocarono il terremoto dell’Irpinia”, spiega Aldo Zollo, professore di sismologia all’Università Federico II e responsabile del prototipo di Early Warning, in presentazione mercoledì 23 novembre durante la kermesse partenopea Futuro Remoto 2011: “Entro tre anni potremo passare alla fase operativa”.

Il sistema utilizza sensori sismici ad alta tecnologia che auscultano continuamente i tremori della Terra e riescono a rilevare in tempo reale i primi segnali di un terremoto potenzialmente distruttivo. Ne stimano la localizzazione e la magnitudo e, quindi, trasmettono l’allarme. “Avviene tutto nell’arco di un secondo”, precisa Zollo: “La tempestività nell’acquisizione e processamento dei dati permette di guadagnare una manciata di secondi di vantaggio, prima che onde sismiche di maggiore ampiezza raggiungano un’area urbana o un impianto industriale a qualche decina di chilometri di distanza dall'epicentro del sisma”. Il segreto? “La velocità a cui viaggia l’informazione a cavallo delle onde elettromagnetiche è di gran lunga superiore a quella delle onde sismiche, di pochi chilometri al secondo, che si propagano all’interno della crosta terrestre”, chiarisce l’esperto. Lo scarto tra l’allerta e l’arrivo del terremoto varia da qualche secondo fino a un minuto e mezzo, a seconda della distanza a cui ci si trova . Può sembrare poca roba. Non lo è. Si riescono a fare parecchie cose in così poco tempo.

“Per esempio”, dice Zollo,“si possono disattivare in automatico impianti di distribuzione del gas, rallentare treni per evitare che deraglino, interrompere immediatamente l'accesso a ponti e viadotti pericolosi, fermare gli interventi chirurgici in ospedale, allertare gli aerei in fase di decollo o atterraggio. Si fa in tempo a mettere in sicurezza il personale in fabbrica, in cantieri o in attività pericolose, gli studenti in classe potrebbero proteggersi sotto i banchi dalla caduta di calcinacci o vetri, chi è in casa trarsi in salvo”. In particolare, l’Early Warning è utile per prevenire e ridurre i danni secondari provocati dei terremoti, come gli incendi e macerie. Non può impedire che un edificio crolli, se non è stato costruito secondo criteri antisismici. Ma può evitare che le persone muoiano lì sotto.

E come viene diramato il messaggio? Per il momento, nella sperimentazione campana, il Dipartimento della Protezione Civile è l’unico ente che ha un filo diretto con la rete di allerta sismica e viene tenuto costantemente aggiornato tramite rete Wi-Fi, Gsm e Adsl. Per il futuro, se il sistema da prototipale diventerà operativo e sarà esteso a tutto il territorio, il modello da seguire è naturalmente il Giappone, che vanta l’esperienza maggiore in questo campo. “Dal 2007 in Giappone è attiva l’allerta broadcast”, racconta Zollo: “Permette di raggiungere l’intera popolazione attraverso messaggi istantanei in tv a reti unificate, messaggi radio, sms sul cellulare, avvisi via Internet. Scattano inoltre procedure automatiche che attivano allarmi sonori nelle strade, negli uffici, nelle industrie, e si azionano le valvole per lo spegnimento di apparecchiature, impianti pericolosi e centrali nucleari”. Anche per il devastante sisma dello scorso 11 marzo – grado 9 della scala Richter – il sistema di Early Warning funzionò perfettamente. Gli abitanti di Tohoku, l'area maggiormente colpita, vennero avvisati con un anticipo tra i 10 e i 25 secondi prima dell'arrivo delle onde più devastanti.

E fu data l’allerta tsunami circa mezz’ora prima dell’arrivo dell’onda assassina, principale causa di vittime e danni. “Il tempo non è stato sufficiente a evacuare l’intera popolazione della zona inondata, ma molti abitanti riuscirono a mettersi in salvo proprio grazie all'allerta sismica immediata”, ricorda Zollo. Perché un sistema di Early Warning così avanzato entri in funzione anche in Italia sarà prima necessario mettere in atto una serie di azioni. “Primo, bisogna stabilire la responsabilità giuridica in caso di falso o mancato allarme”, specifica il sismologo (in Giappone spetta alla Japan Metereological Agency). “Secondo, è necessario addestrare la popolazione. Se la comunità non è pronta a reagire, il sistema è del tutto inefficace. I giapponesi hanno seguito un training decennale, prima di adottare il sistema di allerta precoce”.

Il pensiero non può non andare a l’Aquila, alla terribile notte del 6 aprile 2009 quando un terremoto di magnitudo 5.9 della scala Richter provocò 309 morti, distruggendo il capoluogo abruzzese e diversi paesi limitrofi. Sarebbe servita questa tecnologia?“ In quel caso, l’epicentro era vicinissimo alla zona colpita. Pertanto, il tempo di preallerta sarebbe stato minimo, praticamente ridotto a zero”, dice Zollo. “Tuttavia, neanche in casi come questi l’Early Warning si rivelerebbe inutile. C’è un tempo fisiologico che si perde nel cercare di comprendere cosa sta succedendo, se davvero la scossa è forte o meno. L’allerta, anche se contemporanea, potrebbe ridurre l’esitazione. Raramente i danni o i crolli degli edifici sono istantanei, per cui questo piccolo vantaggio temporale potrebbe comunque consentire di mettersi al riparo in una zona più sicura”.

Gli USA denunciati al tribunale dell’aja: “Sapevano dell’11 settembre”?

Un avvocato italiano, l’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, sta preparando una denuncia al Tribunale internazionale penale dell’Aja perché, a suo dire, pur sapendo che era in preparazione l’attentato alle Twin Towers la Cia non fece nulla per fermarlo.
Oltretutto, secondo il presidente onorario aggiunto della suprema Corte di Cassazione, che a suo tempo indagò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che ora assiste la famiglia come avvocato, titolare dell’inchiesta sull’attentato al papa in piazza San Pietro e già presidente della commissione parlamentare antimafia, le Twin Towers crollarono non soltanto per l’impatto dei due aerei dirottati dai terroristi di Bin Laden.

I periti esperti della Nist, un’agenzia federale di sicurezza degli Usa, che hanno svolto un’indagine sull’attentato, ‘’sanno che in quei due grattacieli erano stati collocati degli ordigni, così come in un terzo palazzo adiacente alle Torri Gemelle, la torre numero 7, che crollò su se stessa, come si vede in alcune riprese televisive, senza che in questa ci fosse un impatto con un aereo, come avvenne nelle altre due”.
L’ipotesi di reato che Imposimato, come rivela il magistrato ad Affaritaliani, ha intenzione di formulare “insieme con altri studiosi ed esperti nell’adire presso la Corte penale internazionale dell’Aja, attraverso il procuratore della Corte stessa, è di concorso nelle stragi che l’11 settembre del 2001 causarono 3.000 morti alle Torri Gemelle più altri decessi nell’attacco al Pentagono”.
Di questa storia di presunte commistioni tra servizi segreti statunitensi e Bin Laden, c’è una vasta letteratura internazionale. Fantapolitica o realtà? Di certo, come ha detto qualche giorno fa Imposimato parlando con alcuni giornalisti a Latina, a margine del quarto convegno nazionale dei giudici scrittori, dell’attentato alle Torri Gemelle se ne é discusso nell’incontro di “Toronto Hearings”, un tribunale internazionale indipendente, una sorta di Tribunale Russel, che si è riunito dall’8 al 12 settembre scorsi a Toronto, in Canada, composto da giudici internazionali, che ha ascoltato 17 testimoni. A quell’incontro Imposimato c’era. Da qui la sua intenzione di ricorrere al Tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che ha arrestato e mandato sotto processo per genocidio gli autori dei massacri nella guerra di pulizia etnica in quei paesi sorti in seguito al crollo dell’ex Jugoslavia.

Imposimato, perché intende rivolgersi al Tribunale penale internazionale dell’Aja?
“Perché diversi esponenti di vertice della Cia pur sapendo della presenza di terroristi nel territorio Usa fin dal gennaio 2001 provenienti dall’Arabia Saudita e considerarti come sospetti terroristi e pur sapendo che essi erano arrivati a Los Angeles dal 15 gennaio 2001 per addestrarsi sugli aerei da usare come missili contro edifici americani, non informarono l’Fbi, che è l’unico organismo competente a contrastare il terrorismo in territorio americano, in tal modo lasciando che gli attentati avvenissero eseguiti l’11 settembre 2001”.

Chi porterebbe come imputati e come testimoni in questo processo?
“Chiederò di ascoltare gli scienziati e i testimoni che sono stati sentiti nella Ryarson University di Toronto lo scorso settembre, che hanno dimostrato come nelle cosiddette Torri Gemelle e nella terza torre, la numero 7, siano state inserite dolosamente bombe e ordigni incendiari ed altri elementi idonei ad accelerarne il crollo. Ritengo che non aver impedito il verificarsi dell’attacco da parte di chi aveva il dovere di impedirlo, sia una gravissima colpa”.

Fonte: http://affaritaliani.libero.it/roma/imposimato-denuncia-gl-usa-all-aja-sapevano-dell-11-settembre-10102011.html?refresh_ce.

I cambiamenti climatici minacciano il fiume Nilo!

L’acqua è sempre più a rischio nei Paesi dell’Africa meridionale, a causa dei cambiamenti climatici. Secondo uno studio condotto dal Challenge Program on Water and Food (Cpwf, consorzio nato nel 1993 tra ricercatori internazionali per contrastare l’aggravarsi della crisi idrica globale, sostenuto dalla Banca mondiale), l’emergenza clima modificherà, infatti, la portata di acqua nei maggiori fiumi africani. «I cambiamenti climatici — afferma in un rapporto il direttore del Cpwf — introducono un nuovo elemento di incertezza esattamente quando i Governi e i donatori stanno cominciando ad avere un dibattito aperto sulla condivisione delle risorse idriche e a considerare investimenti a lungo termine per aumentare la produzione di cibo». Lo studio lancia un allarme, in particolare, per il bacino del Limpopo, che ospita quattordici milioni di persone e si divide fra Botswana, Sud Africa, Mozambico e Zimbabwe. Prendendo come base i modelli del Panel intergovernativo per i cambiamenti climatici (Ipcc), lo studio ha riscontrato che il rialzo delle temperature e il declino delle piogge nel Limpopo nei prossimi decenni potrebbero avere un impatto importante su un ambiente già alle prese con un calo della produzione di cibo e crescita della povertà. Di qui, la necessità di rivedere le strategie per l’agricoltura. C’è forte preoccupazione anche per il bacino della parte alta del Nilo, che interessa Egitto ed Etiopia, ma anche per l’area del Volta. Un intervento utile per affrontare i cambiamenti sarà, quindi, quello di migliorare la gestione dell’acqua piovana ai fini delle colture e dell’allevamento, ad esempio cominciando a costruire piccoli serbatoi per catturare il prezioso oro blu da impiegare nei lunghi periodi di aridità nel Continente.

Austria senza neve,stagione sciistica compromessa

24 Novembre 2011 - La stagione sciistica in Austria rischia di essere compromessa a causa delle elevate temperature che hanno lasciato la piu' importanti localita' del Tirolo senza neve.Le temperature sono cosi' elevate che non si riesce nemmeno con i cannoni artificiali ad innevare le piste.


Le previsioni per i prossimi giorni non promettono nulla di buono secondo i meteorologici bisognera' aspettare ancora, ma prevedono un recupero per il mese di Dicembre, era da anni che un tale evento climatico accadesse sulle apli autriache.Le anomalie climatiche si stanno ripercuotendo in diverse zone del pianeta contribuendo al cambiamento degli stili di vita di milioni di persone, e' in atto una vera e' proprio strategia mirata a mettere in ginocchio l'intera umanita'.Secondo un articolo del The Guardian del 2004 i cambiamenti climatici provocheranno una catastrofe globale!
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2064923/Popular-Austrian-ski-resorts-report-worrying-lack-snow.html

Scossa di terremoto in Calabria 3,5 Richter

23 novembre 2011 - Una lieve scossa di terremoto di magnitudo 3,5 della scala richter e'  stata avvertita e registrata dall'Istituto Sismologico Europeo EMSC in Calabria nel sud Italia ad una profondita' di 2 km.L'epicentro e' stato localizzato a 130 km Se da Salerno 14 km NE da Scalea,3 km a N di Papasidero.

Creta,forte terremoto in mare a sud dell'isola

23 Novembre 2011 Secondo quando riportato dall'USGS una scossa di terremoto di magnitudo 5,3 della scala Richter ha colpito a sud dell'Isola Greca di Creta alle ore 12:17 UTC l'evento, localizzato in mare, e' avvenuto ad una profondita' di soli 9,7 km,l'epicentro e' stato localizzato a circa 111 km a sud di Iraklion .

 


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