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El Hierro: il video dell'eruzione sottomarina

13 Ott 2011 - ISOLE CANARIE - Queste sono alcune delle prime immagini della superficie del mare al largo della costa di La Restinga, vicino a El Hierro. Gli esperti stanno osservando la formazione di 'macchie verdi' sulla superficie del mare, circa 1 miglia e mezzo dalla costa, che sembrano crescere di dimensioni. C'è anche un forte odore di zolfo nell'aria e pesci morti sono stati rinvenuti. Nel frattempo,i tremori sull'isola di El Hierro continuano.

VIDEO DELL?ERUZIONE SOTTOMARINA 





Luce verde alle maxi-antenne del MUOS di Niscemi

C’è da scommettere che è solo questione di giorni. A Niscemi (Caltanissetta) stanno per essere installate le maxi-antenne di uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari delle forze armate Usa. La prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha infatti respinto la richiesta di sospensione dei lavori invocata dal Comune di Niscemi, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio (1.000 euro). La realizzazione degli impianti militari all’interno della riserva naturale “Sughereta”, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), ha preso il via dopo che l’1 giugno 2011, il dirigente generale dell’Assessorato regionale del territorio e ambiente, Giovanni Arnone, ha autorizzato la Marina militare Usa ad occupare l’area sottoposta a tutela.“Il ricorso si appalesa inammissibile, in quanto avente ad oggetto l’esecuzione del progetto positivamente valutato nella conferenza di servizi del 9 settembre 2008 anche con il nulla osta favorevole del Comune ricorrente, la cui possibilità di revoca appare dubbia”, scrivono i giudici del TAR siciliano. 


Il riferimento è a una vicenda dai contorni tutt’altro che lineari, protagonista l’amministrazione comunale di Niscemi che, perlomeno nella prima fase dell’affaire MUOS, non ha dimostrato il giusto tempismo né la necessaria attenzione. Ricevuto il progetto d’installazione del MUOS Usa da parte della Regione Siciliana (3 aprile 2008), la relazione paesaggistica e la valutazione di incidenza ambientale da parte del 41° Stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella (14 maggio), due mesi e mezzo dopo il Capo ripartizione del Comune trasferiva a Palermo la relativa documentazione per procedere all’istruttoria sulla valutazione di incidenza ambientale. Il 9 settembre si svolgeva la Conferenza dei servizi presso l’Assessorato al territorio e ambiente, nel corso della quale giungeva incredibilmente il parere favorevole allo studio predisposto da US Navy dell’Amministrazione di Niscemi e dell’ente gestore della riserva naturale. Fortunatamente esplosero le proteste e la mobilitazione contro quello che veniva ribattezzato l’Eco-MUOStro di Niscemi di migliaia di cittadini delle province di Catania, Caltanissetta e Ragusa che costrinsero gli amministratori a fare retromarcia e richiedere a tre tecnici (un cartografo, un agronomo e un botanico dell’Università di Palermo), di analizzare approfonditamente lo studio per la valutazione d’incidenza ambientale della Marina militare Usa. Il 10 ottobre 2009 i professionisti presentarono una relazione che bollava impietosamente la valutazione del progetto MUOS come “incompleta e di scarsa attendibilità” e con una documentazione allegata “discordante, insufficiente e inadeguata”. Un mese e mezzo più tardi l’amministrazione comunale annullava il nulla osta ambientale che era stato rilasciato in precedenza. Un provvedimento che il TAR non ha ritenuto di dover prendere in considerazione, come sono state del tutto ignorate le risultanze della relazione dei tecnici dell’ateneo palermitano. Ben altra considerazione i giudici amministrativi hanno avuto invece per la relazione pro-MUOS del Dipartimento di Ingegneria elettrica, elettronica e delle comunicazioni della facoltà di ingegneria della stessa Università di Palermo (mai consegnata agli amministratori di Niscemi), che pare fornisca dati ultratranquillizzanti sulle emissioni elettromagnetiche degli enormi impianti radar. Una valutazione che non è assolutamente condivisa dal professore Massimo Coraddu dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che nei mesi scorsi ha effettuato una dettagliata analisi sul pericolo MUOS proprio per conto del Comune di Niscemi. Nessuna preoccupazione è stata espressa dal TAR per l’insostenibile impatto che i lavori del MUOS arrecheranno al territorio, alla flora e alla fauna della riserva “Sughereta”. La rilevanza degli interventi è però analiticamente descritta nell’autorizzazione dell’Assessorato Regionale, dove sono pure previste alcune prescrizioni per ammortizzare il più possibile gli effetti sull’ambiente. “Dovranno essere salvaguardati i due nuclei di vegetazione arbustive ed arborea rilevati dallo studio botanico e riscontrati nel corso del sopralluogo al limite sud-occidentale e sud-orientale dell’area d’intervento prevedendo lo spostamento della recinzione”, scrive il dirigente Giovanni Arnone. “A protezione delle scarpate circostanti l’impianto e delle canalette in terra, dovrà essere realizzato un impianto di specie arbustive con Phillyrea latifoglia, Pistacia lentiscus, Rosmarinus officinalis, Calicotome spinosa, Ampelodesma mauritanicus. Il periodo di esecuzione dei lavori dovrà essere compatibile con le esigenze degli uccelli migratori abituali (coturnice, ghiandaia e magnanina), evitando di effettuare i lavori di maggiore impatto nel periodo compreso tra aprile e giugno e l’impianto d’illuminazione dovrà essere realizzato mediante l’utilizzo di luci schermate e direzionali onde evitare l’inquinamento luminoso aereo. Dovrà infine essere garantito il contenimento delle polveri e ridotto l’impatto acustico con l’utilizzo di dispositivi di attenuazione del rumore”. Le azioni di sorveglianza delle prescrizioni sono state affidate all’Ispettorato delle foreste di Trapani. Compito ingrato, tenuto conto che i forestali si trovano di fronte i contractor e i marines della prima potenza bellica del pianeta. Immediata la reazione del sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino, alla bocciatura della richiesta di sospensione dei lavori. “Prendiamo atto che anche il TAR Sicilia non esprime solidarietà con la popolazione che ha espresso la propria contrarietà all’installazione dell’antenna statunitense MUOS”, afferma Di Martino. “Si tratta di un atto assolutamente impositivo che non tiene conto del principio di precauzione e quindi di tutela della salute e dell’ambiente. La nostra battaglia non si ferma qui, ricorreremo infatti al Cga. Niscemi non merita di essere trattata in questo modo”.Piena solidarietà ai cittadini e agli amministratori in lotta contro il “pesante e invasivo sistema di telecomunicazione satellitare, finalizzato al controllo del Mediterraneo da parte degli Stati Uniti d’America” è stata espressa dal consigliere nazionale di Italia Nostra, Leandro Janni. “Siamo disponibili ad intraprendere eventuali azioni legali contro il MUOS, esattamente come abbiamo fatto davanti al Tribunale amministrativo regionale di Cagliari, che meno di una settimana fa ha accolto a pieno le nostre richieste, sospendendo l’installazione della rete di radar della Guardia di finanza lungo le coste occidentali della Sardegna”. Un appello per rilanciare la mobilitazione e l’azione diretta contro i crescenti processi di riarmo e militarizzazione della Sicilia è giunto dagli attivisti no war. “Un primo appuntamento è il 15 ottobre a Catania per gli indignados che non potranno raggiungere Roma per la grande manifestazione nazionale contro le politiche neoliberiste della Banca Centrale Europea e del Fondo monetario internazionale”, afferma Alfonso Di Stefano della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella. “L’iniziativa avrà tra i suoi punti qualificanti proprio l’opposizione all’installazione del MUOS e ci confronteremo con gli aderenti dei comitati No MUOS locali per costruire una grande manifestazione a Niscemi a fine ottobre”.

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2011/10/luce-verde-alle-maxi-antenne-del.html



Fukushima, la tragedia continua!

La Compagnia di Elettricità di Tokyo (TEPCO in inglese) ha rilevato in agosto la presenza di plutonio 238, 239 e 240, oltre ad altri materiali radioattivi, nella più recente delle periodiche analisi del suolo che circonda la centrale nucleare di Fukushima e, di conseguenza, ha inviati i risultati all’Organismo di Sicurezza Nucleare e Industriale del Giappone (www.freepublic.com, 15-9-11).

In generale si stima che i livelli di radiazione che il disastro ha provocato in buona parte del paese siano sotto la soglia di pericolo per i suoi abitanti.

I dati di eventuali studi che certifichino tali stime brillano per la loro assenza, ammesso che esistano.

Uno dei modelli in voga per misurare i rischi umani è quello della Commissione Internazionale di Protezione radiologia, che non tiene conto della possibilità di anomalie nei neonati come conseguenza delle radiazioni. Lo specialista Paul Zimmerman ritiene che i governi non studino a fondo questi e altri effetti perché “la sfera della protezione dalle radiazioni è stata saturata e compromessa da interessi creati che favoriscono la proliferazione delle armi nucleari e radiologiche e dei reattori nucleari di uso commerciale” (www.dudeceptions.com, 8-2-2011).Che ci sia una lobby nucleare, è certo.

Egli aggiunge: “Un sistema internazionale , motivato politicamente, di entità che stabiliscano canoni e difendono modelli antiquati sugli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti, si è auto-nominato autorità in questo campo. I governi, a loro volta, approfittano delle deficienze di questi modelli per legittimare la sicurezza dei loro programmi nucleari e nascondere le conseguenze nocive di questi programmi su gruppi di popolazione fiduciosi”. Se questo fosse così, la vigilanza e l’efficacia dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) e dell’Organismo Internazionale per l’Energia Atomica(OIEA) sarebbero da mettere in discussione.

E’ un tema discutibile e dibattuto. Uno studio congiunto dell’OMS, dell’OIEA e di altri organismi dell’ONU ha concluso che la catastrofe di Chernobyl ebbe uno scarso impatto sulla salute pubblica (www.iaea.org, aprile 2006).
Ma il rapporto menziona solo 350 fonti di informazione, scritte soprattutto in inglese, “quando in realtà esistono più di 30.000 pubblicazioni e non meno di 170.000 testimoni che si riferiscono alle conseguenze di Chernobyl”, nota la conosciuta tossicologa Janette D. Sherman (www.counterpunch.org, 5/6-3-11). Si trattava di testi scritti soprattutto in lingue slave e tre specialisti di Russia e Bielorussia si fecero carico del compito di tradurre circa 5.000 articoli di numerosi scienziati che studiarono in situ gli effetti dell’incidente. L’Accademia delle Scienze di New York divulgò la versione inglese nel 2009.

Il numero delle vittime di Chernobyl è il contenzioso principale: la OMS/OIEA hanno stimato che siano 9.000, ma gli scienziati che ottennero dati di prima mano considerano che, da aprile 1986 alla fine del 2004, morirono 985.000 persone, cento volte in più della cifra fornita da questi due organismi dell’ONU.

Può essere che una tale disparità abbia a che fare con l’accordo che questi firmarono nel maggio 1959.

Tale accordo stabilisce che quando una di queste organizzazioni si propone di iniziare un programma in un’area a cui anche l’altra è sostanzialmente interessata, “la prima deve consultare la seconda per mettere a punto la questione di mutuo accordo”. Riconosce anche che esse non sono obbligate ad interscambiare informazioni, fatto che molti noti scienziati e specialisti della salute pubblica criticano in relazione agli incidenti nucleari che colpiscono la popolazione.

Le differenze non finiscono qui. E’ noto che le truppe statunitensi usano munizioni fabbricate in gran parte con uranio impoverito e l’OMS, la OIEA, la Commissione Europea e altre prestigiose istituzioni come la molto inglese Royal Society sostengono che questi proiettili non hanno effetti pregiudizievoli né per i militari né per la popolazione civile che soffre la guerra. Bisognerà allora trovare un’altra spiegazione per l’improvviso incremento dei casi di cancro e di malformazioni fetali che si sono osservati a Fallujah, teatro di combattimenti prolungati, e in altre zone dell’Iraq.

Affiorano contraddizioni di diverso tipo. Lo scienziato britannico Christopher Busby, membro del Comitato Europeo sui Rischi da radiazione, segnala in no studio che “sono arrivate informazioni che bambini della zona contaminata di Fukushima hanno sofferto attacchi cardiaci, un fatto prevedibile quale conseguenza della contaminazioni interna del muscolo cardiaco con cesio 137 e altri radionuclidi” (www.bsrrw.org, 9-9-11).

Ma nella prefettura Tochigi, dove è stato sospeso l’invio di carne in agosto perché il suo livello di radioattività superava ampiamente il limite nazionale di sicurezza, i produttori agricoli di Kanama hanno offerto 5.000 pranzi a base di carne trita e riso agli alunni di otto scuole primarie nel quadro di una campagna lanciata per dimostrare che quella carne non fa danno e che, in fondo si può mangiare, cioè … si può vendere (//exskf.blogspot.com, 3-10-11). La proibizione è stata tolta perché si è stimato che il prodotto si trovava “sotto il limite provvisorio di sicurezza”.

Scoperto su Vesta un monte alto 3 volte l'Everest!


La grande montagna presente al polo sud di Vesta ha lasciato tutti senza parole, specialmente perché nessuno si aspettava di trovare un picco quasi tre volte l'Everest su questo piccolo mondo. Il picco, visibile al centro dell'immagine, si alza a ben 22.000 metri sopra l'altezza media del terreno circostante. Un'altra struttura impressionante è la grande scarpata, visibile sulla destra dell'immagine. La scarpata limita parte della depressione sud polare ed i scienziati del team di Dawn pensano che queste caratteristiche intorno alla sua base sono probabilmente il risultati di cedimenti di terreno.


L'immagine è stata creata da un modello della topografia di Vesta ottenuto dai primi dati di questi due mesi e mezzo passati dalla sonda Dawn in orbita, e mostra una prospettiva obliqua della regione sud polare. L'immagine ha una risoluzione di circa 300 metri per pixel ed una scala verticale circa 1.5 volte quella della della scala orizzontale.
Dawn è entrato in orbita intorno a Vesta a metà Luglio. I membri della missione hanno rilasciato alcuni primi risultati durante la Riunione tra scienziati planetari europei e americani, ma discuterà in dettaglio tutte le nuove scoperte durante la conferenza che terranno per la Riunione Annuale della Società Geologica dell'America, a Minneapolis. Tra le altre cose, condivideranno anche le loro prime ipotesi intorno all'origine dei curiosi crateri di Vesta.

Sfruttare l'Himalaya per produrre energia solare

L'Himalaya, tra cui la catena del Monte Everest a 87 miglia a nord-est di Kathmandu, Nepal, ha un enorme potenziale per produrre energia elettrica solare.

Le alte vette dell'Himalaya potrebbero presto essere un faro per gli imprenditori avventurosi di energia solare. Lo suggerisce un nuovo studio che ha individuato nell'elevata regione asiatica di avere alcune delle più grandi potenzialità del mondo per catturare l'energia dal sole.


I deserti sono generalmente considerati come i focolai ideali per catturare l'energia solare, ma alcune delle regioni più alte e più fredde sono in grado di ricevere più energia dal sole di alcuni deserti, hanno detto Takashi Oozeki e Yutaka Genchi del National Institute of Industrial Science and Technology in Japan, autori della ricerca pubblicata su Environmental Science and Technology.

Oltre ad abbondanti quantità di luce solare, queste regioni sono più fredde rispetto ai soliti luoghi degli Stati Uniti del sud-ovest e i deserti dell'Africa del Nord. Le temperature più fredde aumentano l'efficienza operativa di alcune cellule solari fotovoltaiche, che trasformano la luce solare in energia elettrica.

Per impostare le celle solari in Himalaya sarebbe impegnativo. Perdite di trasmissione e nevicate dovrebbero essere presi in considerazione, hanno detto i due ricercatori. "La regione himalayana è particolarmente interessante perchè è vicina a regioni con grande fabbisogno energetico futuro, come Cina e India", scrive la coppia su Environmental Science and Technology.

Altre regioni fredde in grado di ricevere l'energia solare sono le Ande del Sud America e l'Antartide.

La scoperta si basa su un'analisi globale del potenziale fotovoltaico che prende in considerazione l'effetto della temperatura ambientale, qualcosa che il team dice che non è stato fatto prima.


Fonte

Un terremoto di magnitudo 6.8 colpisce a largo della costa orientale della Papua Nuova Guinea

(AGI) Port Moresby - Un terremoto di 6,8 gradi sulla scala aperta Richter ha investito le coste orientali di Papua Nuova Guinea, nell'Oceano Pacifico sud-occidentale. Non si segnalano tuttavia feriti ne' danni materiali degni di nota, grazie anche alla scarsa densita' demografica nelle aree interessate. Inoltre non e' stato diramato alcun allarme per un possibile 'tsunami'. L'epicentro e' stato localizzato a una profondita' di 45 chilometri al di sotto del fondale oceanico 


Magnitude Mw 6.8
Region EASTERN NEW GUINEA REG., P.N.G.
Date time 2011-10-14 03:35:15.0 UTC
Location 6.60 S ; 147.99 E
Depth 44 km
Distances 332 km N Port moresby (pop 283,733 ; local time 13:35:15.4 2011-10-14)
111 km E Lae (pop 76,255 ; local time 13:35:15.4 2011-10-14)
16 km E Finschhafen (pop 1,054 ; local time 13:35:15.4 2011-10-14)

Nel 2036 l'asteroide Aphosis in rotta di collisione con la terra!


Ma, è realistica la possibilità che un grande asteroide possa colpirci e provocare la nostra fine? Stavolta non ci riferiamo alle profezie degli antichi Maya o altri popoli dediti alla divinazione, ma, a passare notti insonni, in merito a potenziali "Deep Impact", sono gli scienziati della Nasa concordi con i colleghi dell'Agenzia spaziale Russa. Colpevole di questo è l'asteroide Aphosis, che sembra che nel 2036 circa si troverà in rotta di collisione con la Terra. Se ciò si dovesse verificare potrebbero esserci conseguenze devastanti per il genere umano.


Questo potenziale "distruttore" di 300/400 metri di diametro e di 200 miliardi di tonnellate di peso, se dovesse scontrarsi con la superficie terrestre potrebbe liberare un energia fino a 100 mila volte l'esplosione nucleare su Hiroshima. "Tra le soluzioni, la più interessante prevede l'invio di un'astronave capace di attirare il meteorite e di modificare così l'orbita su cui viaggia" afferma l'astrofisica Margherita Hack.

Aphopis risulta essere uno dei cento asteroidi che figurano nella lista della Nasa degli oggetti "a rischio" per il nostro pianeta. Prende il nome dal dio egizio Apopi che venne soprannominato appunto il "distruttore" e che, nel continuo conflitto con il dio-sole Ra, rappresenta lo scontro ancestrale tra il bene e il male. L'asteroide Aphopis secondo diversi calcoli potrebbe schiantarsi in un'area compresa tra l'Arabia e il Giappone, o tra il Madagascar e la Nuova Guinea, o in Siberia. Ma potrebbe anche finire nell'oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii. Per Anatoly Perminov, ex-capo dell'Agenzia spaziale Russa, nel 2029 l'asteroide potrebbe essere così vicino alla Terra da poter essere individuato anche ad occhio nudo.

Ma venendo ai dati storici, ai fatti realmente accaduti: a memoria d'uomo, quanti impatti asteroidali si contano nel passato? Il fenomeno dei meteoriti e delle stelle cadenti, era già noto agli antichi. Già lo storico latino Plinio il Vecchio narra che nel V secolo a.C. cadde sugli argini del fiume Egospotami un corpo del tutto identico a una stella e grande come un carro. Questi eventi nell'antichità erano visti come segni divini. Queste pietre celesti venivano custodite e spesso venerate nei templi di molte città greche o romane. Tutt'oggi la "pietra nera" alla Mecca viene venerata e, secondo una tradizione popolare islamica, sarebbe l'occhio di angelo caduto dal cielo; mentre secondo altri un oggetto divino che alla sua caduta era bianco e che divenne nero assorbendo i mali terreni. Ma si parla di caduta di pietre dal cielo anche nel medioevo in Sassonia e nell'Umbria. Si racconta di una pioggia di meteoriti a Siena nel giugno del 1974, delle dimensioni da pochi milligrammi a 3 kg di peso: questo avvenimento fu il primo ad essere documentato e studiato in modo scientifico. Nell'aprile 1803 accadde invece in Francia nel comune de L'Aigle. In diverse altre località del nostro globo comunque, troviamo narrazioni di cadute di oggetti stellari. Per arrivare a quello che fu probabilmente l'impatto più catastrofico della storia moderna, nel 1908 in Tunguska una località della Siberia: si verificò un evento disastroso a causa dell'esplosione di un asteroide sassoso (ad un'altezza di circa 8 km dalla superficie) di notevole dimensione, stimata dai 30 ai 100 metri di diametro, e che abbatté più di 60 milioni di alberi su 2150 chilometri quadrati. Il rumore dell'esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza. L'onda d'urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto. Vi è poi il celebre "Meteor Crater" in Arizona, che si suppone sia stato prodotto da un asteroide di composizione metallica di una trentina di metri di diametro, caduto probabilmente intorno ai 50.000 anni fa. Il cratere presenta un diametro di oltre un chilometro e una profondità di circa 200 metri. Mentre per quel che concerne l'ipotesi che un meteorite possa colpirci direttamente, ci sarebbero soltanto due casi conosciuti nei quali si sono verificati danni: nel 1911 un cane egiziano rimase ucciso (unica vittima registrata) a Nakhla; mentre nel 1954 in Alabama (USA) un meteorite di circa 4 kg si creò un varco nel tetto della casa è ferì in maniera lieve la signora Elizabeth Hodges nel suo soggiorno, dopo essere rimbalzato sulla radio.

http://www.catastrofe.it/astronomia-scienze-e-tecnologia/38-astronomia-scienze-e-tecnologia/277-un-asteroide-impattera-la-terra-per-gli-scienziati-accadra-nel-2036.html


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