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Sale l'allerta vulcanica anche in Colombia!


Bogota'-Sale l'allerta per i due vulcani colombiani Nevado del Ruiz ed il Cerro Machin dopo che le autorita' hanno registrato un aumento dell'attivita' sismica, nell' ultimo mese di Agosto,infatti centinaia di microterremoti hanno interessato le zone circostanti i due vulcani che sono molto vicini a centri abitati e potrebbero rappresentare un seria minaccia per le popolazioni locali.

Il Nevado del Ruiz, noto anche come Monte Ruiz, è uno stratovulcano andino localizzato nel Dipartimento di Caldas in Colombia. Lo stratovulcano rientra nella cintura di fuoco del Pacifico, una zona della crosta terrestre caratterizzata da instabilità dovuta alla grande quantità di attività tettonica. È il vulcano più settentrionale della cintura vulcanica andina e si trova circa 129 km a ovest di Bogotà, con la città di Armero nella valle sottostante. È anche il secondo vulcano attivo più elevato della Colombia con i suoi 5.389 metri sul livello del mare.
Il vulcano è composto da andesite e dacite. La sua eruzione nel 1985 ha prodotto un enorme lahar (flusso di fango vulcanico), che ha sepolto la città di Armero, causando secondo stime 23.000 morti in quella che divenne nota come la tragedia di Armero. Gli abitanti della città attorno al vulcano si riferivano alla montagna con l'appellativo di "leone addormentato", in riferimento ai quasi 150 anni di inattività prima del lahar che seppellì Armero.
Il Nevado del Ruiz è stato creato dalla subduzione della placca oceanica di Nazca sotto la placca continentale sudamericana. Gli stratovulcani nelle Ande, come il Nevado del Ruiz, di solito presentano eruzioni pliniane che producono flussi piroclastici.

Il Cerro Machin è un stratovulcano situato nel Dipartimento di Tolima , Colombia . Cerro Machin è un tappo vulcanico che è circa la stessa età (1.000.000 + anni) come Ruiz-Tolima Massif e ha l'apparenza di essere parte di quel sistema vulcanico. Le sue sorelle sono Nevado del Tolima , 17000 + piedi, Santa Isabel , 15.000 piedi, Nevado del Ruiz , 17.000 + piedi, e nove altri vulcani minori e un piede 10.000 vulcanica Parete Sud contenenti oltre trenta cupole vulcaniche.La sua ultima eruzione risalirebbe a circa 900 anni fa.


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Incendi boschivi colpiscono la Spagna!

13 settembre 2011 - SPAGNA - I vigili del fuoco supportati da aerei ed elicotteri hanno combattuto contro fiamme altissime nel sud della Spagna Lunedi, cercando di domare un incendio boschivo che ha costretto ad evacuare 200 persone, hanno detto i funzionari. Favorito da venti caldi, l'incendio si e' diffuso rapidamente nella provincia turistica di Malaga. Le autorità hanno fatto evacuare circa 200 persone provenienti da tre città - Marbella, Mijas, e Ojen.Molti residenti sono stati autorizzati a ritornare nelle loro abitazioni nelle prime ore di Lunedi. Un totale di 21 squadre di vigili del fuoco sono state impegnate con 11 camion e diversi veicoli aerei.


Scoperti altri 50 pianeti extrasolari simili alla terra

L’annuncio delle nuove scoperte è stato fatto oggi da da Michel Mayor dell’Università di Ginevra (Svizzera), coordinatore del gruppo di HARPS. La quantità di oggetti scoperti con questo strumento ha superato le più ottimistiche aspettativa e include una popolazione eccezionalmente ricca di super-Terre e pianeti simili a Nettuno, che ruotano intorno a stelle molto simili al nostro Sole.

I nuovi risultati mostrano che le scoperte si susseguono a ritmo sempre crescente. Negli 8 anni della sua attività, e nel corso di centinaia di notti di osservazione, HARPS ha studiato sistematicamente stelle come il Sole, utilizzando la tecnica della velocità radiale, scoprendo più di 150 nuovi esopianeti. Circa due terzi di tutti i pianeti extraterrestri con massa inferiore a quella di Nettuno (la massa del pianeta più esterno del Sistema Solare è circa 17 volte quella della Terra).

Con le prossime migliorie che verranno apportate sia all’hardware che ai sistemisoftware, HARPS verrà spinto ad un livello di sofisticazione tale che permetterà la ricerca di pianeti rocciosi simili alla Terra che potrebbero supportare la vita. Dieci stelle vicine simili al Sole sono state scelte per queste nuove osservazioni sistematiche. Si tratta di stelle che sono già state osservate da HARPS e perciò si sa che le loro velocità radiali possono essere misurate con molta precisione. Dopo due anni di lavoro, il gruppo di astronomi ha scoperto 5 nuovi pianeti di massa minore a 5 volte quella della Terra. HD 85512 b, uno di questi nuovi pianeti, ha probabilmente una massa pari circa a 3,6 volte quella della Terra e si trova ai confini della zona abitabile.


Rappresentazione artistica del pianeta terrestre HD 85512b, che orbita attorno alla stella di tipo solare HD 85512. ESO/M. Kornmesser
Si tratta del pianeta di massa più piccola tra quelli scoperti con il metodo della velocità radiale, che potrebbe trovarsi all’interno della zona abitabile della propria stella, ed il secondo pianeta di piccola massa scoperto da HARPS all’interno della zona abitabile.

La sempre maggiore precisione delle nuove survey di HARPS permette in teoria di scoprire pianeti di massa inferiore a due volte quella della Terra. HARPS è così sensibile che può rivelare velocità radiali delle stelle di ampiezza molto minore di 4 km/h, la velocità di un pedone!

La scoperta di HD 85512 b è ben lontana dai limiti di HARPS e dimostra la possibilità di individuare altre super-Terre nelle zone abitabili che circondano stelle simili al Sole e questi risultati fanno pensare di essere vicini alla scoperta di altri piccoli pianeti rocciosi e abitabili intorno a stelle simili al nostro Sole.
Sulla base di questa eccezionale esperienza, nuovi strumenti sono in progetto per favorire questa ricerca, tra cui una copia di HARPS che verrà installata al Telescopio Nazionale Galileo (Italia) nelle Isole Canarie, per osservare le stelle del cielo settentrionale, così come un nuovo e più potente cercatore di pianeti, ESPRESSO, che verrà installato al VLT dell’ESO nel 2016. In un futuro più lontano lo strumento CODEX dell’E-ELT (European Extremely Large Telescope) spingerà questa tecnica ad un livello ancora più alto.

Focus.it

FUGA DI MASSA DI SPECIE ANIMALI VERSO IL POLO!

Sembra che la gigantesca catastrofe mondiale, scaturita dal global warming, sia così sgradevole che impedisce alle persone lungimiranti di dover dire, perchè previsto, come in realtà stanno le cose. Sappiamo cosa ci aspetta, sappiamo che ci avviamo ai 3° di aumento di temperature del pianeta. Corrono i ghiacci sull'artico, sciogliendosi sempre più velocemente, mentre migliaia di chilometri più a sud, diverse specie animali si mettono in cammino, stanche di vivere in ambienti che non li sfamano più e nei quali non riescono più a riprodursi. Quello che ci aspetta è uno sconvolgimento gigantesco, rispetto al quale quello che sta accadendo ora ci sembrerà un'inezia.

Le temperature sempre più alte costringono gli animali a spostarsi sempre più verso nord. E questo lo si sapeva, anche se non è chiaro se ciò dipende dalle attività umane o dai cicli climatici cui il nostro pianeta è soggetto.

Almeno da 40 anni gli scienziati osservano il fenomeno, ma ora le recenti migrazioni stanno diventando una fuga di massa che procede ad una velocità doppia rispetto alle previsioni. A stabilirlo è uno studio della Università di York, in Inghilterra, pubblicato sulla rivista Nature, il primo ad aver messo in relazione queste starne migrazioni ed il clima.

L'avvicinamento ai poli viaggia a 17 km all'anno, il che vuol dire che molte speci di animali si stanno allontanando dall'Equatore a 20 cm all'ora, in ogni ora del giorno, ogni giorno dell'anno. Per gli organismi che stanno migrando più in alto sulle montagne, il tasso medio di movimento è di circa due volte più veloce realizzato.

Alcuni si muovono molto velocemente, come gli uccelli di fiume, che in Gran Bretagna sono andati a vivere 150 km più a nord in pochi anni. Ci sono poi altri animali che si stanno dirigendo verso sud, solo perchè in pochi anni si è ridotto il loro habitat naturale.


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La tempesta tropicale Katia si abbatte su Scozia ed Irlanda


12 Settembre 2011 La tempesta tropicale Katia si e' abbattuta da questa mattina su Irlanda e Scozia con raffiche di vento che non si vedevano da almeno 15 anni.Infatti secondo l'agenzia meteorologica il vento ha soffiato fino a 80 mph,nella contea di Durhan nel nord un automobilista e' stato ucciso dalla caduta di un albero.

Numerose localita' sono rimaste senza elettricita',e sono stati sospesi la maggior parte dei traghetti tra l'Irlanda e la Gran Bretagna.Le autorita' hanno rinforzato le squadre di pronto intervento qualora ci fossero incidenti o interruzioni di viabilita' stradale.

La tempesta tropicale Katia si e' formata nell'Atlantico a largo delle coste di Capoverde ed e proseguita verso i Caraibi e la costa orientale degli Stati Uniti senza pero' toccare mai terra e poi si e diretta verso nord-est attraversando l'Atlantico e raggiungendo la costa nord-occidentale della Gran Bretagna.

Esplosione nell'impianto nucleare di Marcoule in Francia



12 settembre 2011 - Marcoule - Una persona è deceduta e quattro sono stati feriti in un'esplosione a sud della centrale nucleare francese di Marcoule. Non ci sono state fughe radioattive dopo l'esplosione, causata da un incendio nei pressi di un forno in un sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, un funzionario della centrale nucleare francese lo ha riferito. Un perimetro di sicurezza è stato creato a causa del rischio di perdite radioattive. L'impianto produce combustibile MOX, che ricicla plutonio dalle armi nucleari. Si tratta di un importante sito, specializzato nello smantellamento degli impianti nucleari. Il centro di trattamento Centraco appartiene al fornitore di energia elettrica nazionale. L'impianto è situato nel dipartimento di Gard Languedoc-Roussillon, vicino alla costa mediterranea della Francia

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Incendi minacciano il Circolo Polare Artico!


La Terra si surriscalda e scioglie la crosta gelata , liberando immensi giacimenti di metano, pronti a incendiarsi. Dopo diecimila anni, sulle terre polari incombe un nuovo pericolo: il fuoco. Sono le fiamme, oggi, a minacciare i territori boreali di Siberia, Alaska e Canada: danni spaventosi, incalcolabili, se a prendere fuoco è la tundra artica, come in occasione del devastante rogo del 2007, col rilascio nell’atmosfera di una quantità di carbonio pari a quella immagazzinata dai ghiacci nei 50 anni precedenti. Il disastro, nella zona del fiume Anaktuvuk nel nord dell’Alaska, ridusse in cenere un’area di 1.039 chilometri quadrati, pari a una media provincia italiana, liberando nell’atmosfera  2,3 milioni di tonnellate di carbonio.

«Il riscaldamento globale -sta facendo finora sentire i maggiori effetti alle latitudini più settentrionali del pianeta». A parte il fenomeno dello scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia e della riduzione della superficie coperta dalla banchisa nell’oceano Artico, ciò che preoccupa maggiormente è quanto sta avvenendo sulla terraferma nelle regioni più settentrionali dell’America e della Russia. A preoccupare, in particolare, è lo scioglimento della parte superficiale del terreno permanentemente ghiacciato, duro come una roccia». Uno dei problemi, spiega Virtuani, è che il suolo, sgelando, diventa molle e fangoso: «Quello che preoccupa i climatologi è che la tundra ha immagazzinato per millenni sotto forma ghiacciata enormi quantità di carbonio e di metano, che ora con il disgelo vengono rilasciati nell’atmosfera».

Il metano in particolare è un potente gas serra, decine di volte più pericoloso dell’anidride carbonica. «Con il riscaldamento, oltre al rilascio di questi gas, aumenta in modo considerevole il pericolo di incendi come quello del 2007», continua Virtuani, sottolineando la fragilità dell’ecosistema della tundra artica, vulnerabilissimo dagli incendi, visto che ormai «le estati artiche stanno diventando più lunghe e soprattutto più secche», esponendo il permafrost altamente infiammabile a minacce sconosciute da secoli. «Se piccoli incendi avvengono ogni 80-150 anni, la tundra ha il tempo di rigenerarsi», spiega Sydonia Bret-Harte, co-autrice di un recente studio delle università dell’Alaska e della Florida, pubblicato il 28 luglio sulla rivista “Nature”. «Ma se ora avvengono con maggiore frequenza, diciamo ogni dieci anni, l’ambiente non ha il tempo per recuperare».

Il rogo dell’Anaktuvuk venne innescato da un fulmine. «Normalmente ci si aspetta che un incendio scoppiato in un terreno umido come il permafrost in via di disgelo si spenga rapidamente», aggiunge la studiosa dell’università dell’Alaska, «invece l’estate 2007 fu particolarmente secca, l’incendio non si spense e proseguì sotto traccia per settimane in una zona selvaggia dove era impossibile intervenire, finché in settembre forti venti estesero le fiamme». Il fumo era visibile fino a 24 chilometri di distanza da un campo dove erano situati gli studiosi. La situazione è seria: «Incendi di queste proporzioni sono assenti da 10.000 anni nella tundra artica», ricorda Michelle Mack, che studia gli ecosistemi boreali all’Università della Florida.

La differenza di un incendio nella tundra rispetto al rogo in una foresta alle nostre latitudini è che nella foresta le fiamme bruciano gli alberi e le foglie cadute, mentre nella tundra, oltre a ridurre in cenere muschi e licheni che ricoprono il suolo, brucia il suolo stesso, il permafrost, distruggendo almeno il 30% di materiale organico che contiene. Considerando la vasta estensione della terre glaciali – il permafrost ricopre per il 20-25% l’intero emisfero settentrionale – lo studio pubblicato su “Nature” per la prima volta mette in guardia dalla bomba ecologica rappresentata dagli incendi della tundra. Incendi, aggiunge il “Corriere”, che «possono condizionare l’emissione di gas serra e, anzi, secondo gli scienziati, diventarne il fattore più importante: ben più delle emissioni dei Paesi industrializzati e di quelli in via di sviluppo che tutti vogliono contenere».

 


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