11/11/2019 - Duecentotré navi da crociera che hanno navigato per i mari europei nel 2017 hanno inquinato più dei 260 milioni di auto che circolano nell’Unione Europea.
E tra le 50 città più inquinate d’Europa per i fumi tossici emessi dal turismo di lusso dei giganti dei mari, dieci sono italiane: anzi, al terzo posto assoluto c’è Venezia, preceduta solo da Barcellona e Palma di Maiorca.
E tra le 50 città più inquinate d’Europa per i fumi tossici emessi dal turismo di lusso dei giganti dei mari, dieci sono italiane: anzi, al terzo posto assoluto c’è Venezia, preceduta solo da Barcellona e Palma di Maiorca.
E l’Italia è, insieme alla Spagna, il paese europeo più colpito dalle emissioni delle grandi navi. I dati sulle emissioni li fornisce il rapporto pubblicato da Transport & Environment proprio in concomitanza con la Giornata mondiale dell’Ambiente: 62mila tonnellate di ossidi di zolfo, 155mila di ossidi di azoto, 10mila di polveri sottili e più di 10 tonnellate di CO2. Poco più di 200 navi da crociera, in particolare, producono circa 20 volte più ossidi di zolfo di tutte le auto d’Europa. Secondo il rapporto, Costa Crociere e MSC Crociere sono le compagnie che emettono la maggior quantità di inquinanti nei mari dell’Unione.
INQUINAMENTO NAVI DA CROCIERA VENEZIA -A Venezia ogni anno 68 grandi navi stazionano quasi 8mila ore in porto a motori accesi, emettendo 27.520 chilogrammi di ossidi di zolfo: 20 volte la quantità dello stesso inquinante prodotta dalle automobili nell’intera area comunale, Marghera e Mestre comprese. Nella stessa area ogni anno oltre 600mila chilogrammi di ossidi di azoto e quasi 11mila di particolato. L’inquinamento delle città di porto deriva in gran parte dallo stazionamento delle navi da crociera ormeggiate ai moli. “Queste città galleggianti – si sottolinea nel rapporto – devono tenere i motori accesi per funzionare e garantire i servizi di bordo ai passeggeri”.
In questo modo però vengono liberati nell’aria fumi altamente tossici che compromettono la qualità dell’aria, l’ambiente e la salute dei cittadini. Non è un caso quindi se, dopo lo schianto della Msc Opera, l’8 giugno è prevista una manifestazione degli attivisti No-Grandi Navi “per dire basta con questi mostri che inquinano e creano una situazione costante di pericolo”.
L’Officina pensiero e azione, ad esempio, è un’associazione che fa parte di Set, una rete che unisce dal 2018 realtà di varie città del Sud Europa, principalmente Spagna e Italia – che come dicevamo sono le più coinvolte dal turismo crocieristico. Quella che loro denunciano è una situazione molto diversa rispetto al quadro ottimista degli “economisti del Pil”. Prima di tutto, la turistificazione di massa ha generato una precarizzazione del diritto all’alloggio, dovuto all’acquisto o all’uso di immobili in città solo ed esclusivamente ad uso turistico.
INQUINAMENTO NAVI DA CROCIERA VENEZIA -Lo dimostra il boom di case in affitto su AirBnb, che a giugno di quest’anno erano 6.436 su un totale di 8.469 annunci. Significa che il 6% di tutte le case disponibili nel comune di Venezia sono case in affitto a breve termine; una percentuale che raddoppia nel centro storico dove, su 100 case, 12 sono diventate inaccessibili ai residenti. Quelle che restano, evidentemente, si dovranno adeguare a un prezzo di mercato distorto, diventando sempre più care e costringendo i veneziani a trasferirsi sulla terraferma. Questo dato dovrebbe far preoccupare specialmente perché indice di un trend in velocissima crescita: solo nel 2015 gli annunci erano circa 3mila e rispetto al 2018 si è registrato un aumento del 14%.
Anche il turismo “mordi e fuggi” di coloro che rimangono sulla nave e visitano Venezia solo per qualche ora porta con sé diversi svantaggi, sia per il turista stesso che per la città. Il primo non coglierà verosimilmente nulla della cultura del posto, ma tenderà a visitare i luoghi principali in un di tour de force a tappe studiato più per ottenere la foto di rito sotto la cupola di San Marco che per immergersi in una realtà magari molto diversa dalla propria. Ma questo, tutto sommato, è un aspetto che non a tutti necessariamente interessa. Dovrebbe invece preoccupare le istituzioni, sia locali che nazionali, il danno creato a Venezia nel lungo termine. A fronte di una spesa media per turista di 100-200 euro, la città perderà la sua autenticità, abbandonandosi a un fenomeno che gli studiosi chiamano “processo di Disneyficazione”. A Venezia lo esemplificano perfettamente i tornelli installati all’ingresso del centro storico.
In questo modo la città, così come le tutti gli altri luoghi presi d’assalto dell’orda di turisti della giornata, si sta trasformando in una vetrina fatta di negozi di souvenir e ristoranti per turisti. Non si tratta solo di un discorso culturale, ma anche economico: nel lungo termine questo significherà chiusura di negozi di commercianti e artigiani locali, apertura di grandi catene di residence o hotel – o appunto case su Airbnb – aumento sconsiderato di servizi per visitatori e drastica diminuzione di quelli per residenti. Fabio Carrera, professore del Worcester Polytechnic Institute e direttore del Venice Project Center, ha plasticamente mostrato gli effetti del turismo di massa sulla demografia della città comparando i dati sui visitatori con quelli sui residenti. Dal 1540 al 2013, la popolazione della Serenissima ha registrato picchi positivi e picchi negativi. Questi ultimi, spiega Carrera, sono dovuti principalmente alle epidemie di peste: ad esempio, intorno al 1626, la popolazione è calata da 140mila a circa 100mila abitanti. A stupire però è la costante diminuzione che si è verificata tra gli anni Trenta e gli anni Settanta e che continua ancora oggi quando, nei giorni “normali”, la popolazione di Venezia è pari a quella di turisti. Nei giorni di punta questi arrivano a essere due o tre volte il numero dei veneziani.
Martedì scorso il ministro delle Infrastrutture Toninelli ha convocato la prima riunione di questo governo per individuare un percorso alternativo al canale della Giudecca per il passaggio delle grandi navi a Venezia. Oltre alle istituzioni, tra cui il Mit, erano presenti le compagnie crocieristiche e le società che gestiscono l’attracco. Non sono stati chiamati in causa invece presenti i rappresentanti del Comitato No grandi navi. Dopo l’incidente all’isola del Giglio, nel 2012, l’allora governo Monti emise un decreto, il Clini-Passera, che vietava alle navi superiori alle 40mila tonnellate il transito nelle zone più delicate della città, richiedendo che fosse trovata una soluzione alternativa. A distanza di 7 anni questa non c’è ancora. Se per Salvini le crociere dovrebbero attraccare al porto di Marghera accanto alle petroliere – un luogo dichiarato sito a rischio incidenti rilevanti – Toninelli punta sugli attracchi diffusi “che permetteranno di non far passare più i colossi del mare a San Marco, ma di spostare da subito, già dalle prossime settimane, decine di navi sopra le 40mila tonnellate fuori dal canale della Giudecca” – ma sempre in Laguna.
Nell’incapacità della politica di trovare una soluzione che accontenti gli interessi delle compagnie pur salvaguardando una delle città più uniche al mondo, Venezia sta lentamente morendo, sacrificata per il guadagno a breve termine di poche centinaia di persone
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