Campi Flegrei, mancano i piani d’emergenzai. E se il Vesuvio eruttasse? “Nessuno saprebbe cosa fare”

Continuano le scosse a Nord-Ovest del centro urbano di Napoli. "Non c'entrano con il terremoto che ha distrutto Amatrice”, dicono gli esperti. Ma il continuo sollevamento e l’abbassamento del suolo nell’area ricorda a tutti l’esistenza di una minaccia quasi dimenticata, accendendo un faro sul rischio vulcanico nell’area ancora in attesa di un piano di salvataggio. Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale degli geologi, avverte: "C'è scarsa informazione nella popolazione che, ad oggi, non sa cosa potrebbe succedere"


Si fa presto a dire piano d’emergenza, ma se si vive sopra una bomba a orologeria è tutta un’altra storia. E se l’area in questione, oltre a essere sismica, è situata a due passi dallaSolfatara o sulle pendici di un vulcano la questione si complica. A pochi giorni dal terremoto che ha devastato alcuni paesi delCentro Italia, uno sciame sismico di lieve entità è stato registrato ai Campi Flegrei, campo vulcanico situato nell’area aNord-Ovest del centro urbano di Napoli: nell’arco di due ore, il 29 agosto, si sono succedute 45 scosse.



“Solo bradisismo, che non c’entra con il terremoto che ha distrutto Amatrice”, dicono gli esperti. Tra l’altro, secondo una ricerca basata sui dati raccolti negli ultimi 30 anni dall’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il sollevamento e l’abbassamento del suolo nell’area, a differenza di quanto avvenuto in passato, non è dovuto alla risalita del magma. Eppure quel fenomeno ricorda a tutti l’esistenza di una minaccia altrimenti quasi dimenticata. Se l’ultima eruzione del Vesuvio risale infatti al 18 marzo del 1944, quella ai Campi Flegrei risale al 1538. Il bradisismo accende un faro sul rischio vulcanico nell’area ancora in attesa di un piano di emergenza, così come quella attorno al Vesuvio. Per entrambe le zone gli iter vanno avanti, ma c’è tanto da fare: in primis sul fronte dell’informazione ai cittadini. “Soprattutto ai Campi Flegrei – spiega a ilfattoquotidiano.it il direttore generale della Protezione civile in Campania Italo Giulivo – c’è chi non è a conoscenza dei reali rischi con i quali convive”. E poi c’è la necessità che ai piani della Protezione civile si accompagni una risposta di tutti i Comuni interessati. Lo sottolinea a ilfattoquotidiano.it il presidente dell’Ordine degli geologi Francesco Peduto: “Molti comuni sono in colpevole ritardo e l’intera area continua ad essere ad altissimadensità demografica”.


IL BRADISISMO AI CAMPI FLEGREI - L’ultimo sciame sismico ha provocato scosse (con magnitudo massima di 1,7) avvertite dai residenti nella zona alta di Pozzuoli, vicino al vulcanoSolfatara, ma il lento sollevamento del suolo si registra periodicamente nell’area flegrea. Più significativo quello registrato nell’ottobre del 2015, a Pozzuoli: oltre centro scosse con la massima di magnitudo 2.3. I residenti della zona alta della città sono scesi in strada e il traffico è andato in tilt. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Vesuviano l’attuale fenomeno del bradisismo nell’area dei Campi Flegrei è dovuto a un flusso di acqua, causato dalla pressione dei gas nel sottosuolo. Alla risalita di magma, invece, è riconducibile il sollevamento di suolo massimo di circa 3,5 metri registrato nel porto di Pozzuoli dal 1969 al 1984. Il fenomeno, di fatto, fa riflettere su quanto si è fatto e quanto bisogna ancora fare in Campania. Il governatore Vincenzo De Luca ha promesso: “Saremo pronti, prima dell’autunno, con il piano di evacuazionee di messa in sicurezza di popolazioni e territori”.

I PIANI NAZIONALI E QUELLI COMUNALI - Per far fronte al rischio eruzione è prevista infatti l’adozione a livello nazionaledei piani di emergenza per il Vesuvio e per i Campi Flegrei, a cui si aggiungono quelli dei singoli comuni. Secondo i dati Istat, sono 675 mila gli abitanti dei 25 comuni della zona rossa del Vesuvio(che dovrebbero abbandonare le proprie case prima di una eruzione) e 550mila quelli dell’area più a rischio dei Campi Flegrei. Come racconta a ilfattoquotidiano.it Giancarlo Chiavazzo,responsabile scientifico di Legambiente Campania, i piani dei comuni dovrebbero prevedere “una serie di misure che riguardano i rischi sismici, vulcanici e idrogeologici”. La Regione ha ottenuto 14 milioni di euro di fondi Ue 2007-2013 “per incentivare i comuni della zona rossa a predisporre i piani di emergenza – continua Chiavazzo – ma molti non hanno rispettato i termini per la presentazione”. Su 530 enti che hanno preso parte al bando, 440 hanno sottoscritto la convenzione prevista, ma non tutti hanno completato l’iter. Ad oggi sono 135 i comuni dotati di un piano locale di Protezione civile, almeno cento sono rimasti al palo. Per il piano nazionale di emergenza per il Vesuvio sono stati individuati i gemellaggi tra i 25 Comuni e le Regioni e le Province Autonomeche accoglieranno la popolazione evacuata. Nella zona gialla (dove dovranno essere adottate misure di prevenzione, ma non sono previste evacuazioni) ricadono invece 63 Comuni e tre circoscrizioni del comune di Napoli. “Una bozza di piano di evacuazione è già pronta – spiega il direttore della Protezione civile per la Campania Italo Giulivo – e contiamo di presentare il piano operativo entro settembre alle Regioni, ognuna delle quali redigerà a sua volta un suo programma”.

CAMPI FLEGREI: AREE E GEMELLAGGI - A fine agosto sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale anche le disposizioni per l’aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico ai Campi Flegrei, firmate dal premier Matteo Renzi il 24 giugno scorso. Sette i comuni della provincia di Napoli soggetti ad alta probabilità di invasione di flussi piroclastici e, quindi, nella zona rossa. Definiti anche i gemellaggi con Regioni e Province autonome che accoglierebbero la popolazione, ma si attende la firma dei protocolli d’intesa tra questi Enti, la Regione Campaniae le amministrazioni comunali, con l’ok della Protezione civile. I comuni interessati e le relative Regioni o Province di accoglienza sono Pozzuoli (Lombardia), Bacoli (Umbria e Marche), Monte di Procida (Abruzzo e Molise) e Quarto (Toscana), oltre a parte del territorio dei comuni di Giugliano in Campania (Treno eBolzano), Marano di Napoli (Liguria) e alcune municipalità di Napoli, i cui abitanti troverebbero accoglienza tra Sicilia,Sardegna, Veneto, Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Puglia, Basilicata e Calabria, Lazio. Poi ci sono i territori della zona gialla che, in caso di eruzione, gli studiosi ritengono “maggiormente esposta a ricaduta di cenere vulcanica e di materiale piroclastico tale da richiedere specifiche misure di salvaguardia”. Sono interessati i comuni di Villaricca, Calvizzano, Casavatore, Melito di Napoli, Marano di Napoli(per la parte che non rientra nella zona rossa), Mugnano di Napoli e Napoli (anche in questo caso a esclusione del quartiere Ponticelli e dell’area rientrante nella zona rossa).


LE VIE DI FUGA - “Stiamo verificando ogni possibilità di allontanamento, su rete stradale, ferroviaria e via mare” spiega Giulivo. Ma le infrastrutture reggeranno? Cosa accadrà nelle aree dove già ora cadono calcinacci ogni volta che la terra trema? E ai Campi Flegrei accade spesso. Le vie di fuga sono pronte o sono invece, anche quelle, a rischio? Se lo scorso anno a Pozzuoli il bradisismo è stato particolarmente forte e il traffico è andato in tilt, cosa potrebbe accadere al passaggio di ambulanze, mezzi di soccorso e centinaia di auto? Senza parlare dei cantieri ancora aperti (quando non fermi) per strade e svincoli immaginati come vie di fuga. “Parliamo di piani ambiziosi e complessi – spiega Giulivo – ancora più perché non hanno un equivalente al mondo. Molto è stato fatto negli ultimi anni per la rete stradale, soprattutto per il piano del Vesuvio per la quale l’iter è più avanti, ma c’è tanto ancora da fare. Abbiamo tarato i nostri piani sull’attuale sistema, ma è nelle linee guida del Dipartimento nazionale della Protezione civile il miglioramento dell’intera rete”.

LE INTENZIONI, I DUBBI E GLI INSEGNAMENTI DEL PASSATO - Pur dichiarandosi ottimista sul lavoro svolto dalla Protezione civile, Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale degli geologi solleva qualche dubbio. In primis “sullascarsa informazione nella popolazione che, ad oggi, non sa cosa potrebbe succedere né cosa fare in caso di eruzione”. A parte una recente esercitazione per controllare la catena di comando nell’eventuale evacuazione dei cittadini del comune di Ottaviano aFrosinone, l’ultima esercitazione risale al 2006. E per simulare l’evacuazione di migliaia di persone, con autobus e treni, i costi aumentano inevitabilmente. Se la Protezione civile della Campania ha annunciato che, approvato il piano, organizzerà entro il 2017 le prime esercitazioni (che non vedranno coinvolte tutte le popolazioni interessate), Peduto sottolinea l’importanza di questo strumento: “Andrebbero organizzate ovunque, in strada e a scuola, coinvolgendo bambini e genitori. Solo così potrà crescere una consapevolezza che al momento non c’è, come dimostra il fatto che circa 100 Comuni non hanno ancora provveduto all’adozione di un piano”. Il presidente del Consiglio nazionale degli geologi esprime perplessità anche sulla mancanza di piani comprensoriali “per assicurare una coerenza organizzativa almeno tra Comuni limitrofi” e sulla necessità di adottare nuove politiche abitative e urbanistiche. “Tanto più in aree a rischio vulcanico – spiegaPeduto – dove si è costruito fino a poche centinaia di metri dal cratere”. In attesa dei condoni. E dove “una trasformazione urbanistica è quantomeno consigliabile se porta a una diminuzione del 20-30 per cento della popolazione”. Finora i tentativi sono stati vani. Prova ne è il fallimento del Piano Vesuvia, programma dellagiunta Bassolino nel 2003 con cui si prevedeva di distribuire un bonus casa di 30mila euro alle famiglie disposte ad acquistare, costruire o ristrutturare abitazioni fuori dall’area rossa. Non funzionò, tra le altre cose, per le scarse risorse e perché le case svuotate via venivano affittate nuovamente in nero. Oltre al danno, anche la beffa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/05/bradisismo-mancano-i-piani-demergenza-ai-campi-flegrei-e-se-il-vesuvio-eruttasse-nessuno-saprebbe-cosa-fare/3012573/

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Suppongo che i segnali inizino alcuni giorni prima dell'eruzione. Almeno alcune ore prima. Il magma deve arrivare in superficie da alcuni chilometri di profondità. Ma in quei momenti c'è anche panico, siamo sicuri che le persone si metterebbero disciplinatamente in fila per allontanarsi ordinatamente dalla zona? Non mi risulta - cosa grave, secondo me - che si stiano facendo esercitazioni di evacuazione. Sicuramente grave mi sembra anche che le persone non siano sicure su dove saranno alloggiate. Alcune si dirigeranno spontaneamente verso familiari e parenti (che non abitino troppo vicino al vulcano, oso sperare), ma altri potrebbero avere problemi su dove andare.
Pochi giorni fa (agosto 2016) c'è stata qualche scossetta anche nell'isola di Ischia (l'acqua termale per cui l'isola è famosa da dove pensate arrivi?).
Non ci rimane che fare come al solito: speriamo. Se arriverà una eruzione o una scossa di terremoto, ri-diremo che ci sarebbe voluta la prevenzione, ...

Anonimo ha detto...

Dai vabbè, ma perchè riportate gli articoli dei media allineati? A scrivere per i giornali sono solo degli ignorantoni, che oltretutto scrivono per conto di qualcuno..... Inanzitutto i Campi Flegrei sono a livello giallo di allerta, ovvero a livello di attenzione, proprio perchè non stanno dormendo, e anzi, sono da tenere d'occhio costantemente. Poi non c'è stato abbassamento del suolo, è da anni che si stanno gonfiando, l'attuale velocità di sollevamento è 1,5 cm a mese circa. A sostenere che non si stanno gonfiando per il riempimento della camera magmatica è solo opinione di uno che è a dir poco in conflitto d'interessi dato che è coordinatore del deep drilling project e che per fortuna è stato rimosso dalla direzione dell'osservatorio vesuviano; secondo molti altri studi invece la camera magmatica si sta riempiendo. Questo supervulcano può pure prepararsi ad un'eruzione per secoli, potrebbe eruttare tra 1000 anni come tra un anno, nessuno sa... comunque l'attività attuale è più o meno in linea con quella degli ultimi anni, ed è degna di essere tenuta monitorata con attenzione. Se tutto fosse quieto e tranquillo non sarebbe a livello giallo ma verde. Oltretutto non necessariamente deve fare un'eruzione magmatica per fare danni, potrebbe fare danni anche solo con un'esplosione di falda.

Anonimo ha detto...

16:27 sono d'accordo con la tua versione, anche se sono meno catastrofista in quanto non credo ci siano i segni di una eruzione imminente(per imminente intendo di qualche anno), come hai detto bene tu, potrebbero passare altri 1000 anni se non più, comunque è una cosa inaccettabile che non si inizi con i piani di emergenza, che sono tra i più complicati del mondo, sia per la densità abitativa nella zona rossa, sia per il modo di approcciare dei napoletani, ormai abituati al loro Vesuvio in questa fase di quiescenza; far evacuare persone anziane e vecchie e arduo!!Una cosa è certa, prima o poi esploderà, che sia pleniano o sub-pleniano, esso farà danni. D'altronde è lecito dire che il vulcano essendo uno tra i più controllati al mondo, potremmo star sicuri che alla minima avvisaglia il popolo saprà e potrà decidere in tempo(prima dell'evacuazione ordinata) se e dove andare, magari con un piano sarebbe meglio, il panico è roba brutta, anche quello con un lungo lasso temporale.
Saluti.

 


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