Sappiamo che si trova sommerso a circa 140 chilometri a nord della Sicilia e 150 a ovest delle coste della Calabria, che è alto quasi 3mila metri, e che la sua sommità arriva a 450 dalla superficie del mare. Sul più grande vulcano d’Europa,
il Marsili, scoperto negli anni ’20 del secolo scorso e studiato più assiduamente a partire dal 2005 dal Cnr, non sappiamo però ancora abbastanza. A dirlo èGuido Ventura, ricercatore dell’Ingv (Istituo nazionale di geofisica e vulcanologia), che in un post sul blog dell’istituto sottolinea l’importanza di nuovi studi sull’attività del vulcano, che consentano di valutare i rischi di un potenziale risveglio, e in particolare la possibilità, per quanto remota, che causi unotsunami lungo le coste del Tirreno.
il Marsili, scoperto negli anni ’20 del secolo scorso e studiato più assiduamente a partire dal 2005 dal Cnr, non sappiamo però ancora abbastanza. A dirlo èGuido Ventura, ricercatore dell’Ingv (Istituo nazionale di geofisica e vulcanologia), che in un post sul blog dell’istituto sottolinea l’importanza di nuovi studi sull’attività del vulcano, che consentano di valutare i rischi di un potenziale risveglio, e in particolare la possibilità, per quanto remota, che causi unotsunami lungo le coste del Tirreno.
(foto:Dana Stephenson//Getty Images)
Le informazioni più recenti sul Marsili, spiega il ricercatore dell’Ingv, arrivano dai campioni prelevati dalla sommità e dai datigeofisici monitorati negli ultimi decenni. Si sa quindi che il vulcano è interessato da fenomeni di attività idrotermale esismica, e che le ultime due eruzioni sono avvenute rispettivamente 5mila e 3mila anni fa, ad una profondità di circa850 metri. Eventi simili, a profondità superiore ai 500 metri e con un basso indice di esplosività, non rappresentano un rischio per le attività umane: “l’unico segno in superficie – scrive Ventura –sarebbe l’acqua che bolle legata al degassamento e galleggiamento di materiale vulcanico (pomici) che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane”.
Il pericolo, spiega il ricercatore, è legato però a quello che ancoranon conosciamo sul vulcano. Del Marsili infatti sono documentate in tutto solamente quattro eruzioni, troppo poche per poter calcolare i suoi tempi di ritorno, cioè quanto trascorre in media prima che torni in attività. Non è dunque possibile stimare quando potrebbe avvenire la prossima eruzione, né quali sono i rischi concreti di un simile evento.
I pericoli arriverebbero infatti da un collasso laterale del vulcano, un fenomeno che può causare in alcuni casi tsunami, e per il quale i dati a disposizione non permettono di effettuare stimequantitative. Per questo, Ventura sottolinea la necessità di approfondire gli studi sul Marsili, perché per quanto il rischio sia remoto, un eventuale tsunami avrebbe effetti devastanti sulle regioni costiere del Tirreno.
“Nel record storico e geologico degli tsunami che hanno interessato le coste tirreniche non vi sono evidenze di onde anomale ricollegabili a collassi laterali del Marsili”, scrive il ricercatore. “Non è però detto che nel futuro questi non si possano verificare, e quindi una valutazione della stabilità del Marsili deve essere fatta raccogliendo più dati, così come più dati sono necessari relativamente all’attività sismica e deformativa del vulcano sommerso. Tale valutazione è, in termini di stima della pericolosità potenziale da tsunami, scientificamente importante e socialmente doverosa”.
fonte: http://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/05/21/studiare-vulcano-marsili/
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